La crudeltà delle parole, a volte, le rende simili a lame affilate. L’inappropriatezza di alcune parole, le rende fastidiose e oltremodo ingiuste, facendo sì che possano oltrepassare ogni limite di decenza, per ferire e infastidire. Particolarmente, in un momento tanto triste per il motociclismo, per lo sport italiano, e per la semplice sensibilità di tutti coloro che, di fronte ad immagini tanto tragiche, hanno sentito una stretta al cuore per un ragazzo di 24 anni, che ora non c’è più. Le parole in questione sono tutte quelle voci, che già da ieri mattina hanno preso a circolare, sul web e sulla stampa estera, andando a riferirsi al “ruolo” di Valentino Rossi, amico fraterno di Marco Simoncelli, nel tragico impatto di Sepang. Un ruolo che non esiste, quando si parla di una dinamica così fatale come quella accaduta, in cui ogni azione per evitare lo scontro appariva quantomeno impossibile. Parole inutili, ma dolorose, soprattutto per chi si trova suo malgrado ad ascoltarle, nonostante debba già combattere con la disperazione, l’angoscia, la tristezza della perdita di un amico, di un “fratello minore”, come Valentino Rossi, ieri sera, ha voluto ricordare. Parole che si accostano, poi, ad altre parole, ancor più insensibili, che fanno riferimento all’ipotesi di un ritiro di Valentino Rossi dalle gare dopo l’accaduto. Parole che, oggi, l’amico ed assitente di Valentino Rossi, Alessio Salucci, smentisce seccamente sulla pagina Twitter, spiegando che “Vale non sta assolutamente pensando di smettere, mi dispiace che circolino certe notizie false, soprattutto in momenti così”. In alcuni momenti, le parole non dovrebbero essere usate affatto, per rispetto, per decenza. A maggior ragione, non voci false e infondate che assumono i connotati di violento sciacallaggio.