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  • NBA: La lista e l’analisi dei free agent per il mercato più interessante della storia della NBA

    Parte oggi il mercato della NBA, e sarà l’Estate più calda dell’intera storia della NBA: mai così tanti campioni si sono ritrovati nella condizione di essere free agent tutti nello stesso anno!
    Volendo, anche una franchigia dalle potenzialità modeste, attingendo al mercato di questi 2-3 mesi potrebbe diventare una squadra da titolo, se ha creato spazio salariale per firmare qualcuno di questi grandi nomi.

    Di seguito proponiamo una scala gerarchica in base ai rapporti di forza che si sono venuti a creare nell’ultima stagione con annessa analisi del giocatore in questione. Alla fine daremo anche i nomi di 2 atleti che sebbene abbiano ancora il contratto garantito, secondo le ultime voci avrebbero chiesto di cambiare squadra.

    Ecco dunque la lista dei free agent (con almeno 15 nomi di lusso). Occhio alla top ten che si preannuncia fenomenale:

    40) Zydrunas Illgauskas (Centro, 35 anni, Cleveland Cavaliers): L’età è quella che è, ma la mano resta sempre pericolosa, anche dai 5-6 metri. Potrebbe essere molto utile per quelle squadre che hanno dei giovani centri in squadra e devono fare esperienza, visto che i suoi consigli potrebbero risultare molto utili.

    39) Amir Johnson (Ala Grande, 23 anni, Toronto Raptors): Durante l’infortunio di Chris Bosh, quest’anno, si è trovato catapultato in squadra e non ha demeritato, portando alla causa tantissima difesa, energia e anche qualche punto. Ancora in crescita tecnica, le squadre che stanno ricostruendo potrebbero anche puntare su di lui per il ruolo di ala grande.

    38) Kris Humpries (Ala Grande, 25 anni, New Jersey Nets): Nella stagione fallimentare di New Jersey ecco una piccola luce nel buio: il sostituto di Yi Jianliang ha prodotto alcune prestazioni fuori dal normale, ma è la continuità che manca. Un posto da titolare in una squadra di medio-bassa classifica potrebbe lanciarlo sul grande palcoscenico della NBA, anche perchè di “lunghi” nella Lega c’è sempre bisogno.

    37) Richard Jefferson (Ala Piccola, 30 anni, San Antonio Spurs): Stagione quasi fallimentare a San Antonio, in cerca di rilancio dopo una vita passata ad essere una delle stelle dei New Jersey Nets assieme a Jason Kidd e Vince Carter. Gli ultimi 2 anni a Milwaukee e San Antonio non gli hanno fatto certo onore ma il talento c’è e va riportato in superficie. Sarebbe ottimo anche come sesto uomo di lusso nel ruolo di ala piccola.

    36) Josh Howard (Ala Piccola, 30 anni, Washington Wizards): Talento pazzesco, ma qui il limite sono gli infortuni e la fragilità delle sue ginocchia, motivo per cui i Dallas Mavericks lo hanno tradato a metà stagione ai Wizards. Molto difficile che ritrovi l’esplosività perduta assieme ai suoi legamenti, ma la mano non cambia neanche se si hanno 60 anni e Howard se riuscisse a riciclare il suo gioco un pò più lontano da canestro potrebbe ancora dire la sua.

    35) Kyle Korver (Ala Piccola, 29 anni, Utah Jazz): Tremendo tiratore da 3, quest’anno ha avuto quasi il 54% dalla lunga distanza. Squadre povere nel settore degli specialisti da dietro l’arco dovrebbero farci un pensierino per risolvere i loro problemi.

    34) Wes Matthews (Guardia Tiratrice, 23 anni, Utah Jazz): Compagno di squadra di Korver a Utah, ha sorpreso il mondo intero in questa stagione: non draftato (ovvero nel Draft 2009 è finito fuori dai primi 60!) ha avuto un’occasione con i Jazz e ha dato prova di costanza, applicazione e sacrificio, riuscendo a prendersi in breve tempo il posto in squadra e diventando pericolosissimo sia dalla lunga distanza che da dentro l’area vista anche la stazza non indifferente. Molto vicino comunque al rinnovo con i Jazz.

    33) Drew Gooden (Ala Grande, 28 anni, Los Angeles Clippers): Per anni ci si è chiesti dove fosse il talento di questo “omone” che ha fallito in ogni squadra dove ha giocato, prima di arrivare, nell’ultimo giorno di mercato della scorsa stagione, ai Los Angeles Clippers, dove accanto a Kaman ha trovato la sua dimensione e fatto intravedere ottime cose: il problema è che dopo un anno di inattività per guai al ginocchio, il posto di ala grande titolare nei Clippers, sarà preso dalla prima scelta assoluta dello scorso Draft, ovvero Blake Griffin e ciò potrebbe spingere Gooden a trovarsi una nuova sistemazione.

    32) Derek Fisher (Playmaker, 36 anni, Los Angeles Lakers): Nella regular season sembra essere sempre un corpo estraneo nei Los Angeles Lakers, ma quando sente aria di playoff, il playmaker gialloviola si scatena e diventa essenziale per Kobe e compagni (e lo ha dimostrato ampiamente nella sua lunga carriera). Dovrebbe rinnovare per un’altro anno con i bi-campioni NBA.

    31) Nate Robinson (Playmaker, 26 anni, Boston Celtics): 175 centimetri scarsi di esplosività, non per niente ha vinto le ultime 2 edizioni dello Slam Dunk Contest all’All Star Game. Ma la testa va “curata” visti i numerosi sbalzi di concentrazione durante le partite che possono anche pregiudicare la vittoria di una gara.

    30) Jason Williams (Playmaker, 34 anni, Orlando Magic): Tornato in NBA dopo un anno sabbatico, il playmaker bianco dei Magic si ritrova senza una squadra ma le possibilità che Orlando lo rifirmi sono comunque alte: la sua esperienza sarà fondamentale anche in futuro per ritornare in Finale NBA.

    29) Ronnie Brewer (Guardia Tiratrice, 25 anni, Memphis Grizzlies): Non sarà mai un grande realizzatore ma la sua difesa è sempre di primo piano: autentico rubapalloni, non faticherà a trovare un ingaggio, anche se i problemi fisici quest’anno lo hanno molto limitato rispetto al solito standard di livello di gioco a cui ci aveva abituati.

    28) Travis Outlaw (Ala Piccola, 25 anni, Los Angeles Clippers): Ala piccola di livello assoluto, con un’altezza da ala grande che gli permette di tirare in testa agli avversari senza possibilità di essere stoppato dai suoi pari ruolo (un pò come succede per il fenomeno degli Oklahoma City Thunder Kevin Durant). Se è in serata può letteralmente incendiare il canestro avversario a suon di triple e tiri dalla media distanza, il suo pezzo forte del repertorio, ma quando si intestardisce nei momenti in cui la palla non entra risulta a dir poco dannoso per sè e per la squadra. Va “curato” in questi particolari e potrebbe essere un “big player” nei prossimi anni.

    27) Jermaine O’Neal (Ala Grande, 31 anni, Miami Heat): In forte parabola discendente come si è potuto vedere nell’ultimo anno disputato ad Indiana per poi essere ceduto prima a Toronto e poi a Miami. Il motivo di tutto ciò è oscuro, coi Celtics nei playoff ha avuto una percentuale realizzativa che ha sfiorato il ridicolo, ma il giocatore ammirato nei primi anni a Portland e in seguito ai Pacers non può essere scomparso nel nulla: serve dargli fiducia e non mortificarlo al primo errore, anche perchè è uno dei pochi “lunghi” che può abbinare classe e talento sia in attacco che in difesa vista la tecnica di tiro non indifferente.

    26) Shaquille O’Neal (Centro, 38 anni, Cleveland Cavaliers): Sull’orlo dei 40 anni, ormai più utile per far numero che per altri scopi, ha scritto la storia della Lega nei suoi anni ad Orlando, Lakers e Miami. Ma Shaq potrebbe ancora essere decisivo se centellinato con sapienza visto che la sua stazza sotto i tabelloni può risultare ancora decisiva per qualsiasi squadra.

    25) Mike Miller (Guardia Tiratrice, 30 anni, Washington Wizards): Ecco uno dei giocatori più completi dell’intera NBA: grandissimo tiartore dalla lunga distanza, ottimo passatore e anche efficace rimbalzista (quest’anno ha sfiorato più volte la tripla doppia, e nei Wizards sarebbe stata un’impresa di non poco conto!), appetito da diverse squadre non solo per le doti già elencate prima ma anche per un’intelligenza cestistica molto elevata, altruista quando serve, ma anche pronto a prendersi le sue responsabilità nei momenti difficili del match. Un jolly da non lasciarsi sfuggire, piace ad Orlando che lo portò nella Lega scegliendolo al Draft.

    24) Tracy McGrady (Guardia Tiratrice, 31 anni, New York Knicks): Lontano anni luce dal fenomeno che ha monopolizzato l’NBA negli anni passati tra Orlando Magic e Houston Rockets, visibilmente ingrassato, è in cerca di una squadra da titolo con campioni veri per fare il gregario (prima volta nella sua carriera) ed aiutare i suoi eventuali nuovi compagni a conquistare l’NBA.

    23) Raymond Felton (Playmaker, 26 anni, Charlotte Bobcats): Piccolo playmaker dalle mani buone ma con poca sapienza in regia, tuttavia sarebbe un’ottimo cambio per chi già possiede un buon regista per fargli tirare il fiato nei momenti di stanca delle partite. Se non sviluppa la sua visione di gioco non potrà ambire ad essere un titolare fisso e un uomo franchigia come più volte espresso nelle sue interviste. Comunque il talento non manca e neanche i suoi corteggiatori.

    22) Al Harrington (Ala Piccola, 30 anni, New York Knicks): Giocatore tuttofare, segna da 2 e da 3, prende rimbalzi e contribuisce, se tutto va per il verso giusto, alle vittorie di squadra. Ma se le cose vanno male finisce molto spesso con il perdersi nel marasma generale senza riuscire a trascinare i compagni, è questo il vero limite di un giocatore che avrebbe potuto sicuramente dare di più al mondo del basket americano. Tuttavia ci sono ancora almeno 5 anni di carriera, si attendono progressi nella sua tenuta mentale.

    21) Channing Frye (Ala Grande, 27 anni, Phoenix Suns): Reduce dalla migliore stagione della sua carriera ha mostrato evidenti miglioramenti, soprattutto mettendo in piedi un tiro da 3 letale che nessuno si aspettava da un quasi centro come lui. Ala grande che Portland ha mandato a Phoenix ma visti i problemi nel settore lunghi con gli infortuni di Oden e Przbylla avrebbe fatto meglio a tenere. Non mancano le pretendenti per lui ma i Suns vorrebbero tenerlo, sempre a cifre ragionevoli.

    20) Brendan Haywood (Centro, 30 anni, Dallas Mavericks): Centro da non sottovalutare, non spettacolare ma molto concreto, ha cambiato marcia ai Mavs quest’anno con il suo arrivo dai Wizards in cambio di Josh Howard. Peccato che i texani non abbiano sfruttato il secondo posto ottenuto in regular season ma le sue quotazioni sono in ascesa e non avrà difficoltà a trovare una squadra in vista del nuovo anno agonistico.

    19) J.J. Redick (Guardia Tiratrice, 26 anni, Orlando Magic): In ombra per un paio d’anni nella panchina degli Orlando Magic, è letteralmente esploso quest’anno: guardia bianca con un tiro letale, ha mostrato oltre alla sua tecnica di tiro e ai punti che può mettere assieme in una serata, anche un notevole progresso nella tenuta mentale. Molte volte ha salvato i Magic con le sue “bombe”, è chiamato alla riconferma per stabilizzarsi nella cerchia dei migliori tiratori NBA.

    18) Udonis Haslem (Ala Grande, 30 anni, Miami Heat): Sempre molto concreto e tenace, standard di rendimento molto stabile, non accusa cali a livello mentale. Può essere molto utile sia da titolare in ala grande che uscendo dalla panchina vista la grande disponibilità che dà al coach e alla squadra. Prezioso, a cifre ragionevoli Miami potrebbe tenerlo, visto che punta a creare una squadra con 3 “big free agent” per competere immediatamente per il titolo.

    17) Linas Kleiza (Ala Piccola, 25 anni, Olympiacos Pireo): Può sembrare strano vederlo così in alto, ma basta pensare alle ultime 2 stagioni di Denver per capire il perchè: anno 2008-2009 (con il lituano) e Denver dà filo da torcere ai Lakers in Finale di Conference. Anno 2009-2010 (con Kleiza all’Olympiacos) e i Nuggets vengono distrutti dai Jazz al primo turno dei playoff. Se inserito nel giusto roster è un tassello a cui non si può rinunciare, a Denver farebbero carte false per riaverlo ed accoppiarlo a Melo Anthony nei ruoli di ala (sempre che Anthony resti ai Nuggets!)

    16) Josh Childress (Ala Piccola, 27 anni, Olympiacos Pireo): Compagno di squadra, quest’anno, all’Olympiacos di Kleiza, è pronto a ritornare in NBA, ma bisogna dare tanti soldi a questo atleta che sa fare tutto ma che in alcuni momenti spegne la lampadina nella sua mente.

    15) Tyrus Thomas (Ala Grande, 24 anni, Charlotte Bobcats): Il problema per questo atleta dai mezzi fisici straordinari è il prezzo che richiede per il nuovo contratto: a Charlotte non sono disposti ad investire così tanto anche se lui ha trovato nel North Carolina la sua dimensione reale dopo il fallimento ai Bulls. Situazione in evoluzione, dopotutto è stato sempre una seconda scelta assoluta!

    14) John Salmons (Guardia Tiratrice, 30 anni, Milwaukee Bucks): Dopo la strepitosa metà stagione (febbraio-maggio) dopo il suo arrivo a Milwaukee che è stata trascinata ai playoff da questo folletto dalla mano sartoriale, ecco che le ambizioni di Salmons iniziano a venire a galla: vuole una squadra da titolo e probabilmente i Bucks lo perderanno, ecco perchè la franchigia del Wisconsin si è cautelata prendendo dai Golden State Warriors il suo sostituto naturale Corey Maggette.

    13) Luis Scola (Ala Grande, 30 anni, Houston Rockets): Uno dei giocatori più graditi a qualsiasi General Manager NBA, grazie alla sua applicazione e alla sua durezza nel gioco fisico anche contro avversari molto più quotati e grossi. Houston tentenna nella decisione se rinnovare il contratto e l’argentino rischia di allontanarsi inesorabilmente dal Texas.

    12) David Lee (Ala Grande, 27 anni, New York Knicks): Straordinario rimbalzista che nell’ultima stagione si è scoperto anche realizzatore. Molte volte vicino ai 20 punti e 20 rimbalzi, altre volte ha toccato e superato queste cifre riuscendo ad attirare l’attenzione su di sè di oltre mezza NBA. Portland farebbe carte false per prenderlo ed affiancarlo a Camby, Aldridge e Oden per il settore lunghi più forte e completo dell’intera Lega. Lui vorrebbe restare a New York se si realizzasse il sogno LeBron James, ma il suo desiderio contrasta con i soldi che richiede alla dirigenza arancioblu per i suoi servigi.

    11) Ray Allen (Guardia Tiratrice, 35 anni, Boston Celtics): Il tiratore più forte attualmente in NBA (in questi giorni c’è anche la discussione su chi tra lui e il grande numero 31 degli Indiana Pacers, tal Reggie Miller, che bruciava la retina avversaria suon di triple, alcune volte impossibili, sia più forte dalla lunga distanza) ha il contratto scaduto con i Celtics e vorrebbe restare sempre in una squadra da titolo, se non con i biancoverdi almeno con franchigie di pari livello. Il record di tiri da 3 punti segnati in una gara di Finale NBA (ben 8 bombe quest’anno in gara 2 contro i Lakers) potrebbe giocare a suo favore e dargli un’altra possibilità in un club pronto a diventare campione.

    10) Rudy Gay (Ala Piccola, 23 anni, Memphis Grizzlies): Atletismo incredibile e talento in esplosione per il capitano dei Memphis Grizzlies. A soli 23 anni è uno dei pezzi pregiati di questo mercato e i Minnesota T-Wolves farebbero follie per portarlo in squadra. In rampa di lancio per diventare un All Star al pari di altri campioni, potrebbe spostare gli equilibri della Lega con un eventuale trasferimento, almeno così sperano i Timberwolves…

    9) Yao Ming (Centro, 29 anni, Houston Rockets): Sarebbe uno dei top five tra i free agent di questa Estate, ma i dubbi sulle sue condizioni fisiche (caviglie e piedi visto il grande peso che sono costretti a sopportare quando scende giù dopo ogni salto) sono un’incognita da non sottovalutare. Probabilmente resterà a Houston, visto che è vicinissimo ai 30 anni ed è stato una vita intera in Texas,  ma New York un pensierino lo farebbe volentieri al centrone cinese per ritornare in alto e ai fasti di Pat Ewing che ha scritto la storia dei Knicks nel ruolo di centro.

    8) Carlos Boozer (Ala Grande, 28 anni, Utah Jazz): Etica del lavoro e forza mentale sono i punti forti di questa ala grande scelta qualche anno fa dai Cleveland Cavaliers addirittura al secondo giro del Draft e che in pochi anni è diventato uno dei lunghi più forti della Lega, che andando ai Jazz ha scomodato anche il paragone con il grandissimo Karl Malone, assieme a John Stockton la storia della franchigia di Salt Lake City. Le mani sono ottime anche dai 6 metri, la potenza devastante e anche se manca qualche centimetro è superlativo anche a rimbalzo arrivando sempre abbondantemente sopra la doppia cifra. Teoricamente sarebbe quasi da 20 punti e 20 rimbalzi a serata, gran colpo per chi vorrà metterlo sotto contratto visto che i Jazz e la politica al risparmio della dirigenza non sembrano dargli conferma nello Utah.

    7) Joe Johnson (Guardia Tiratrice, 29 anni, Atlanta Hawks): Voci contrastanti su questa guardia tiratrice dalla stazza fuori dal normale: proprio questo è il punto di forza di Johnson che sfrutta i centimetri e i chili in più per fare ciò che vuole contro i diretti avversari. C’è chi lo da in partenza, chi invece lo conferma agli Hawks visto che la squadra ha già un’ossatura molto forte. Molto difficile capire cosa farà, certamente Atlanta per tenerlo dovrà fare un super contratto al suo leader se non vorrà diventare una squadra da Draft Lottery il prossimo anno.

    6) Paul Pierce (Ala Piccola, 32 anni, Boston Celtics): Teoricamente il capitano dei Celtics sarebbe libero sul mercato, ma in realtà non è proprio così perchè dopo una vita passata in biancoverde basterà sedersi ad un tavolo e trovare un accordo tramite 2 parole tra amici di vecchia data per la permanenza di “The Truth” nel Massachusetts. Le sorprese sono escluse, almeno apparentemente…

    5) Amar’è Stoudemire (Ala Grande, 27 anni, Phoenix Suns): La novità dell’ultim’ora per questa ala grande dallo strapotere fisico quasi imbarazzante, dal talento meraviglioso e dalla capacità di essere un “finisher” devastante è che si è riavvicinato ai Phoenix Suns e nelle prossime ore ci potrebbe essere la tanto attesa firma per la permanenza nell’Arizona. I problemi sorgerebbero qualora non si giunga al lieto fine con Stoudemire che non gradirebbe l’ennesima trattativa saltata e potrebbe voltare le spalle alla franchigia arancioviola.

    4) Dirk Nowitzki (Ala Grande, 32 anni, Dallas Mavericks): Il leader indiscusso dei Dallas Mavericks ha deciso un pò a sorpresa di uscire dal contratto non esercitando la sua opzione di rinnovo. La mossa è di difficile comprensione ma dovrebbe rifirmare per i Mavs anche perchè per accontentare il tedesco la proprietà, con Mark Cuban in testa, proverà a far arrivare in Texas il fenomeno LeBron James. Difficile, ma per Cuban niente appare impossibile.

    3) Chris Bosh (Ala Grande, 26 anni, Toronto Raptors): L’ala grande più talentuosa di tutta l’NBA è stanca del Canada e tra tutti i giocatori in scadenza e senza contratto è quello più sicuro di non rifirmare per la squadra di appartenenza. Le opzioni sono chiare: o firmare per una squadra texana (visto che lui è nativo di Dallas) per riavvicinarsi a casa, oppure andare a Miami, Chicago o New York assieme a James e Wade per vincere subito il titolo NBA. C’è anche l’opzione Lakers ma per averlo, attraverso un “sign and trade” coi Raptors, i gialloviola campioni dovrebbero mettere sul piatto della bilancia Lamar Odom ed Andrew Bynum! Difficile, ma per accontentare Kobe Bryant non ci si pone limiti.

    2) Dwyane Wade (Guardia Tiratrice, 28 anni, Miami Heat): Guardia tiratrice dal talento smisurato, la migliore della Lega. Wade è di Chicago ma ultimamente le voci su di un suo passaggio ai Bulls si sono affievolite, a Miami è a casa e si trova ottimamente. Se gli Heat, che hanno il monte salari più basso della Lega, riuscissero ad affiancargli altri 2 fenomeni tra i free agent che sono sul mercato, allora Dwyane non si muoverebbe, altrimenti restano vive le opzioni New York e forse anche Clippers per via dello scenario Hollywoodiano che Wade gradisce particolarmente essendo fenomeno sia dentro che fuori dal campo.

    1) LeBron James (Ala Piccola, 25 anni, Cleveland Cavaliers): Il primo posto è suo, il free agent più ambito nella storia della Lega. Più di mezza NBA è in fila per assicurarsi i suoi servizi sul parquet, giocatore a dir poco devastante che ha solo 25 anni, su cui si può costruire la fortuna di una franchigia. All around player, sa fare tutto e con estrema naturalezza, punti, rimbalzi, assist, stoppate, palle rubate, attacco e difesa più una leadership indiscussa all’interno dello spogliatoio vista la sua forte personalità! stupisce che a Cleveland non sia riuscito ad arrivare sinora al bersaglio grosso, ovvero il titolo di campione NBA. M.V.P. delle ultime 2 stagioni, Chicago smonterebbe la squadra per firmarlo e farne l’erede di Michael Jordan, i Clippers documenti falsi per contrastare lo strapotere dei cugini gialloviola dei Lakers e del mito Kobe Bryant, New York ne farebbe la pietra miliare per il prossimo decennio per vincere più titoli possibili e farne uno degli atleti più ricchi del Mondo intero grazie ai guadagni di una grande città come la “Grande Mela”, Cleveland invece punta a convincerlo dandogli carta bianca per comporre lui stesso la squadra con atleti a lui graditi, e staff dirigenziale e tecnico, facendo leva anche sul fatto che James è nativo di Akron, cittadina a pochi chilometri da Cleveland, e che in Ohio LeBron è riverito più di un Imperatore. Situazione molto fumosa e ingarbugliata, una città intera soffre, spera e attende la sua decisione che potrebbe cambiare il destino della franchigia. L’impressione è che Cleveland resti la prima opzione ma mai come questa volta le certezze potrebbero prima vacillare e poi crollare da un momento all’altro! Non resta che attendere…

    Menzioni speciali per 2 atleti che non si liberano dagli attuali contratti, ma che hanno manifestato, come già detto all’inizio, il desiderio di cambiare aria, e sono:

    1) Chris Paul (25 anni) dei New Orleans Hornets, assieme a Deron Williams il più forte playmaker della Lega e che è in partenza per altri lidi, visto anche il progetto degli Hornets che sta ricostruendo partendo dai giovani. Non che Paul sia vecchio, anzi ha solo 25 anni, ma avendo raggiunto già un certo status nella Lega, ha voglia di vincere e non può farlo certamente con una squadra che puntando sui giovani sarà competitiva al massimo tra 4-5 anni. Lakers, Blazers, Mavericks sono alla finestra, ci vogliono ottime contropartite ma gli Hornets non precluderanno i sogni del numero 3. La sua permanenza pare veramente difficile.

    2) Carmelo Anthony (26 anni): La situazione qui è un pò complicata perchè Anthony ha esercitato (non come i suoi colleghi Bosh, James, Wade, scelti tutti nello stesso anno al Draft) l’opzione di rinnovo per un ultimo anno ma i Nuggets, benchè abbiano proposto anche il rinnovo per altre 3 stagioni dopo il 2011, non vorrebbero perdere la loro stella a parametro zero come rischiano ora i Cavaliers, gli Heat e i Raptors. Ecco perchè oltre al rinnovo da 65 milioni di dollari, la dirigenza di Denver sta guardando a possibili scambi con altre franchigie in modo che se Anthony non dovesse firmare l’estensione, sarebbe ceduto all’istante per continuare ad essere competitivi grazie ad una trade che lasci inalterato il livello di talento della squadra. Situazione in evoluzione, Anthony è legato a Denver e ai Nuggets ma non si opporrebbe ad una cessione per far guadagnare qualcosa alla sua squadra.

  • Le immagini dei Los Angeles Lakers campioni NBA 2010

    Al termine di una serie emozionante portata alla decisiva gara 7 [leggi l’articolo], i Los Angeles Lakers si sono imposti per 83-79 sugli eterni rivali dei Boston Celtics sul parquet amico dello Staples Center e hanno conquistato il 16esimo titolo NBA della loro storia bissando il successo dello scorso anno e vendicandosi della finale di due campionati fa quando furono i verdi a vincere l’anello. Niente da fare per Paul Pierce che ha visto la squadra della sua città (è nativo di Los Angeles) trionfare contro la squadra per cui gioca e di cui è il capitano indiscusso.

    Non poteva esserci finale migliore: di fronte le due franchigie più forti e titolate della National Basketball Association, i giocatori migliori della Lega erano in campo la scorsa notte per vincere l’anello. La storia parlava a favore dei Celtics che guidavano il confronto delle finali vinte (9-2) contro i gialloviola e vincendo 17 delle 21 finali disputate nella storia della franchigia; i losangelini invece avevano un maggiore numero di finali (31) con appunto 15 titoli.
    Kobe Bryant, al suo quinto titolo NBA in carriera, viene nominato Mvp delle finali; i Lakers così si portano a 16 titoli, a solo uno dai Boston Celtics che guidano l’albo d’oro con 17 successi e che sicuramente vorrano rifarsi l’anno prossimo, magari in una nuova battaglia, che non avrà mai fine, Celtics – Lakers.

    Clicca qui per vedere le immagini della finale NBA 2009-2010 tra Los Angeles Lakers e Boston Celtics

  • Finale NBA 2010: 16 volte Lakers, l’NBA è ancora gialloviola!

    Finale NBA 2010: 16 volte Lakers, l’NBA è ancora gialloviola!

    I Los Angeles Lakers sono nuovamente i campioni NBA. Dopo una tiratissima gara 7 i gialloviola sono riusciti a strappare letteralmente dalle mani degli avversari, i Boston Celtics, una partita che sembrava irrimediabilmente compromessa, riuscendo con caparbietà e prepotenza a prendersi un successo che vendica il KO di 2 anni fa per 4-2 subito proprio dai rivali di sempre biancoverdi.
    Lakers che portano a casa il loro 16esimo titolo, a solo una vittoria di distanza proprio dai Celtics che ancora sono la franchigia più titolata con 17 successi.
    Alla fine della partita e conseguentemente della serie, Kobe Bryant, leader indiscusso dei Lakers è stato eletto M.V.P. della Finale, premio che già aveva vinto lo scorso anno contro gli Orlando Magic battuti con un secco 4-1.
    Los Angeles campione dunque, ma i Boston Celtics devono mangiarsi le mani nel vero senso della parola per il modo in cui hanno buttato via la gara decisiva, che sembrava indirizzata sui giusti binari grazie ad un +13 a metà terzo quarto!

    La gara è stata molto emozionante, con i Celtics partiti molto bene e i Lakers con percentuali ridicole dal campo (25%) ma che con i molti rimbalzi offensivi si sono tenuti a galla: Boston però ha allungato nel finale, chiudendo i primi 12 minuti avanti di 9 (14-23).
    L’attacco di Boston nel secondo quarto s’inceppa e dopo meno di 2 minuti i Lakers sono già tornati a -4 con Artest che cattura l’11esimo rimbalzo offensivo dei californiani per il 19-23. I biancoverdi sbagliano 10 tiri in fila e L.A. ancora con Artest (ancora su rimbalzo in attacco, e fanno 13) sorpassa i biancovedi a capo di un 11-0 (25-23 a -7 minuti dalla fine). Rondo chiude la carestia con il canestro del 25 pari. Prosegue lo show di Artest, che ha 9 punti nel quarto contro i 6 di Boston a 3 minuti dall’intervallo. Dalla lunetta Ray Allen (0/5 da 3 nel primo quarto dopo la tripla iniziale) e Pierce riallugano per gli ospiti (29-33), il capitano biancoverde trova un canestro dall’angolo (31-37) ma ancora un pazzesco Artest (12 punti nel quarto) con 4 liberi tieni lì i Lakers, che vanno al riposo sotto di 6 (34-40) tirando con il 26% (e 6/12 ai liberi), con Kobe (8 punti con 3/14) e Gasol (6 punti con 3/12) disastrosi. Boston tira invece con il 44%, Pierce ha 11 punti con 6 rimbalzi, Rondo 6, 4 rimbalzi e 4 assist) ma sono i 12 punti della coppia Sheed-Big Baby a pesare. La lotta a rimbalzo tende a riequilibrarsi (29-23 per L.A., 14-13 nel solo 2° quarto) anche se quelli offensivi sono 15-2 per i padroni dello Staples. La differenza sin qui la fa la fantastica difesa dei Celtics.
    Nella ripresa Boston parte ancora forte e con 5 punti di KG (che subisce due falli da Kobe) e un arcobaleno e un layup su rimbalzo offensivo di Rondo fissa il massimo vantaggio (36-49 a 8 minuti dalla fine del periodo). Ma ecco che i Lakers trovano un minimo di ritmo offensivo e con Kobe (4/18 a questo punto del match), Gasol, Fisher e Odom (tap in sul 18° rimbalzo offensivo) con un 9-2 tornano a -6 (45-51). “Lamarvellous” (6 punti nel quarto) si ripete e i Lakers sono a -4 (53-57), Artest fallisce la tripla del -1 e si arriva agli ultimi 12 minuti della stagione sul 53-57 Boston. Kobe ha 5/20, Gasol 4/13, Artest 5/14 ma i 20 rimbalzi offensivi li tengono incollati agli avversari.
    Gasol porta i Lakers a -2 (55-57), poi una caterva di errori da ambo le parti prima del canestro di Garnett per il 55-59. Tre liberi di Kobe su un fantomatico fallo di Allen portano L.A. a -1 (58-59), un 2+1 di Artest conclude poi il lungo inseguimento dei californiani (61-61 a -7 minuti dalla fine del match). Si lotta solo sui nervi, dopo un 3/4 ai liberi di Ray Allen, Fisher pareggia nuovamente da tre (64-64) e Kobe dalla lunetta firma il primo sorpasso Lakers (66-64 a 6 minuti dal termine). Pierce e Allen sono 6/22 in coppia, brutto segnale per i Celtics in vista della volata. Ancora Kobe fa +4 L.A., che ora difende alla morte mentre l’attacco biancoverde è statico ed eccede negli isolamenti. Gasol dalla lunetta porta il parziale a 9-0 e i Lakers avanti di 6 (70-64). Pierce accorcia, Kobe fa 1 su 2 ai liberi (71-66), Garnett riporta i Celtics a -3 (71-68). I Celtics avrebbero bisogno di qualche stop difensivo ma ormai sono sulle gambe e finiscono col fare sempre fallo. Ancora lo spagnolo dalla lunetta per il 73-68, prima dell’ultimo sprazzo Celtics (Pierce per il 74-70 a -2 minuti). Odom fallisce la tripla che avrebbe ucciso il match ma dall’altra parte Pierce perde palla cercando di scaricare su Sheed. Gasol trova così il +6 (76-70) ad un minuto e mezzo dalla sirena che sa tanto di titolo. Ma Sheed risponde dall’arco (76-73), prima che Artest metta la sua seconda tripla su 7 tentativi per il nuovo +6. Ora non si sbaglia più, è un finale entusiasmante. Ray Allen dall’angolo segna ancora da tre (79-76 a -51 secondi), Kobe trova il ferro ma il 23° rimbalzo offensivo di L.A. permette a Gasol di servire Kobe. Sesto fallo di Sheed, 2/2 ai liberi e 81-76 a -25 secondi. Rondo s’inventa l’ennesima tripla a -16 secondi (81-79) e non è ancora finita! Kobe rischia di perdere palla sulla pressione dei Celtics, rimessa L.A., palla a Vujacic che subisce fallo. Mancano 11 secondi e l’ex Udinese, il più improbabile degli eroi, dalla lunetta li mette entrambi: 83-79 e, dopo l’errore da 3 di Rondo, lo Staples può esplodere. Stavolta è davvero fatta. Il titolo resta a Los Angeles.

    Boston può recriminare ma deve essere soltanto orgogliosa della sua stagione. Non è bastata una grande difesa che ha tenuto i Lakers a soli 34 punti nel primo tempo con percentuali ridicole (25%).
    Los Angeles chiude con il 32% alla fine ma ringrazia il suo strapotere sotto il tabellone dei Celtics dove strappa ben 23 rimbalzi d’attacco che testimoniano la maggiore fisicità dei Lakers e l’assenza di Kendrick Perkins per i Celtics.
    Ron Artest è senza dubbio l’MVP di gara 7: 20 punti e una difesa che ha cancellato Paul Pierce nel secondo tempo. Grande anche Gasol che va vicino al “20+20” mentre i tempi scenici di Fisher rimangono di purissima qualità con la tripla che fa partire il parziale che decide gara 7, serie e campionato.
    Per i Celtics, tanta amarezza e grande orgoglio. Non basta un super Garnett da 17 punti e 8/13 dal campo con Allen e Pierce che combinano per 8/29 dal campo. Rasheed Wallace è un mastino che predica pallacanestro ma il suo ultimo fallo arriva prima della sirena finale.

    Risultati NBA del 17 giugno 2010

    Los Angeles Lakers -Boston Celtics 83-79
    –> Lak: Bryant 23, Artest 20, Gasol 19 – Bos: Pierce 18, Garnett 17, Rondo 14

    LA SERIE DELLA FINALE NBA:

    Lakers-Celtics 4-3

    LOS ANGELES LAKERS CAMPIONI NBA

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  • Finale NBA 2010: La furia dei Lakers si abbatte sui Boston Celtics, si va a gara 7

    Dura molto meno del previsto gara 6 della Finale NBA tra Boston Celtics e Los Angeles Lakers, circa metà del primo quarto. Poi i padroni di casa gialloviola prendono il largo e i Celtics vengono affondati dalla furia devastante e dallo strapotere losangelino. Ci vorrà gara 7 per decidere chi sarà campione NBA.

    Il primo quarto sembra poter dare spettacolo, ma come già detto i biancoverdi si sciolgono subito di fronte alla determinazione degli avversari, complice anche l’infortunio al ginocchio (con probabile forfait per gara 7) del centro Kendrick Perkins che difensivamente è uno dei migliori giocatori di Boston. 28-18 il risultato della prima frazione di gara e match messo sui binari giusti e della tranquillità per i gialloviola, che non paghi del vantaggio accumulato rifilano altri 10 punti di scarto nel secondo quarto agli avversari tenendoli a soli 13 punti segnati e andando al riposo sul 51-31 facendo capire che la serata non prevederà sorprese: Artest, il solito Bryant e Gasol sono quasi enciclopedici, Odom è scatenato e a nulla quindi vale la buona performance di Ray Allen che segna quasi da solo i canestri biancoverdi.
    Il secondo tempo non cambia la miusica e i Lakers, forti dell’appoggio del pubblico e di un’ottima condizione fisica (testimoniata dalla spettacolare schiacciata di Shannon Brown nel terzo quarto) raggiungono il +25 alla fine del terzo periodo: 76-51 e gara fondamentalmente chiusa a doppia mandata!
    Il quarto quarto si apre con la continua ricerca verso un Gasol che è a 2 assist dalla tripla doppia mentre i Boston Celtics sono nelle mani dell’imprevedibile Nate Robinson che fa dell’alternanza tecnica una filosofia di vita.
    Le percentuali vanno a picco (3/18 combinato per le due squadre) e calano clamorosamente con le conclusioni velleitarie di Nate Robinson che diventano l’attrazione principale della prima metà del garbage time dell’ultimo quarto.
    Gasol arriva a 9 assist ed insieme a Kobe viene richiamato in panchina con ancora 5 minuti sul cronometro.
    Finisce 89-67 con 26 punti di Bryant, 17 punti, 13 rimbalzi e 9 assist di Gasol e 15 di un ottimo Artest. Poca roba per Boston invece i 19 punti di Ray Allen che è stato l’unico a brillare, Garnett è stato letteralmente divorato da Gasol e la squadra del Massachusetts è scomparsa rapidamente dal gioco. Tutto ciò vuol dire gara 7 (giovedì 17 giugno alle 3.00 di notte in Italia) da seguire ad ogni costo: vita o morte in uno scontro che si preannuncia epico e che potrebbe rimanere nella storia del basket mondiale.

    Risultati NBA del 15 giugno 2010

    Los Angeles Lakers -Boston Celtics 89-67
    –> Lak: Bryant 26, Gasol 17, Artest 15 – Bos: Ray Allen 19, Pierce 13, Garnett 12

    LA SERIE DELLA FINALE NBA:

    Lakers-Celtics 3-3

  • Finale NBA 2010: Pierce, Rondo e Garnett portano Boston sul 3-2

    Boston vince gara 5 di Finale NBA e ora si trova ad un passo dal 18esimo titolo della sua storia.
    Grande gara dei padroni di casa che sfruttano al meglio l’ultima gara casalinga e si portano per la prima volta in vantaggio in questa serie di Finale passando a condurre per 3-2. Al contrario i Lakers, per la prima volta in questi playoff, sono in svantaggio in una serie di post season: interessante vedere come reagirà la franchigia californiana in questa situazione delicata.

    Boston parte forte e si porta avanti 6-0 grazie al duo Rondo-Garnett.
    I Lakers, pur tirando male riescono però anche a portarsi in testa grazie a tanti secondi possessi convertiti in canestri. Tuttavia i Celtics riescono a chiudere in vantaggio il primo quarto sul 22-20.
    Il secondo quarto si apre con un’altra straordinaria dimostrazione d’energia del secondo quintetto dei Celtics che si portano sul +8 grazie ad una fantastica ed enciclopedica difesa di Rasheed Wallace e ai canestri di Tony Allen e Nate Robinson che fa fede alla sue parole del pre-partita. I Lakers si tengono a galla con i 6 rimbalzi offensivi e scendono ancora una volta sotto il 30% dal campo mentre gli avversari sorvolano il 60%. Verso la metà del quarto i Lakers tornano in partita grazie ad un paio di triple e arrivano al provvisorio -1. Da questo momento in poi la testa dell’incontro si alterna fino a quando Paul Pierce non decide di salire in cattedra e permettere alla sua squadra di chiudere avanti di 6 punti (45-39) all’intervallo lungo.
    Il secondo tempo si apre con Boston che inizia il quarto con una scorpacciata di canestri (7 dei primi 8, si arriva al 70% totale) di Paul Pierce con i Lakers che restano ancora aggrappati al match per merito della scarica terrificante di Kobe Bryant che decide di giocare in solitario per 12 punti e 4 canestri di fila. Il tutto con un Gasol ai limiti dell’imbarazzante dopo una stoppata subita da Garnett e due/tre difese oscene per il suo standard.
    L’irrealtà entra nel parquet e bacia le giocate di un Bryant a dir poco “jordanesco”: altri 3 tiri, altri 3 canestri (19 punti nei primi 7 minuti del terzo quarto) con il tabellone del TD Garden che sostituisce idealmente la scritta Lakers con quella di Kobe. Le giocate in negativo di Gasol si fanno fatica a contare mentre l’energia di Garnett (fantastico il suo gioco da 3 punti) e due canestri consecutivi di Allen portano i padroni di casa sul massimo vantaggio di 13 lunghezze.
    Il periodo va in archivio sul +8 Celtics (73-65).
    Nell’ultima frazione di gioco la panchina di Boston, come al solito, si comporta egregiamente: Wallace e Robinson infilano il canestro gialloviola ma Bryant ed Odom portano di nuovo i Lakers a contatto prima che si scateni Rajon Rondo nel momento migliore dei californiani: con tre pazzesche giocate infilza la voglia di rimonta dei Lakers. 2 recuperi, un canestro e un tap-in dopo un incredibile rimbalzo offensivo che si traduce per un confortante +12 a 3 minuti dalla sirena finale.
    Gli ospiti accorciano le distanze dalla lunetta (Bryant con un 3/3 fa arrivare i Lakers sul -5) mentre l’attacco dei Celtics si ferma drasticamente con Ray Allen che sbaglia la sua quarta tripla della sua serata.
    Boston sembra non voler vincere il match con Fisher che vince una proibitiva palla a 2 con Garnett con la palla che finisce nelle mani di Artest che si lancia in contropiede e Pierce che commette fallo. La decisione del capitano dei Celtics paga però sotto la forma dello 0/2 dell’ex Rockets.
    La rimessa successiva dei Celtics è di una complessità immane ma Rondo dopo una straordinaria ricezione di Pierce, appoggia per il +7.
    La girandola di liberi non muta il punteggio. Boston saluta il proprio pubblico nel migliore dei modi vincendo 92-86 e volerà per Los Angeles con in mano il match point per il titolo numero 18 della sua storia.
    Per i Lakers un fantastico Bryant non è bastato con i suoi 38 punti, poi quasi il vuoto con Gasol che nonostante i 12 punti e 12 rimbalzi non ha brillato, divorato dall’agonismo di un Garnett quasi leonesco. Bene Odom con 8 punti e 8 rimbalzi che è stato l’unico di supporto per il numero 24 gialloviola.
    Per Boston enciclopedico Pierce con 27 punti, doppia doppia per Garnett da 18 punti e 10 rimbalzi così come 18 sono stati i punti di Rondo.

    Risultati NBA del 13 giugno 2010

    Boston Celtics – Los Angeles Lakers 92-86
    -–> Bos: Pierce 27, Garnett 18, Rondo 18 – Lak: Bryant 38, Gasol 12, Fisher 9

    LA SERIE DELLA FINALE NBA:

    Lakers-Celtics 2-3

  • NBA playoff 2010, Finale: Monumentale Davis, Boston fa 2-2

    Boston vince gara 4 della serie di Finale NBA contro i Lakers con 2 protagonisti inattesi: Glen Davis e Nate Robinson. Sono loro a trascinare i biancoverdi al successo giocando un quarto periodo impeccabile che permette ai Celtics di battere i rivali di sempre, di pareggiare nuovamente la serie e di far ritorno a Los Angeles per giocarsi il titolo fuori casa, impresa difficile ma che con questi giocatori ora pare meno improbabile rispetto a prima. Le certezze per i gialloviola di avere in mano la serie si sgretolano al cospetto delle giocate dei 2 panchinari di Boston che con grandi canestri in serie ribaltano una partita per lunghi tratti molto più vicina al 3-1 che al 2-2.

    L’inizio è sfavillante per entrambe le squadre con i Celtics che cercano in tutti i modi di mettere in ritmo partita capitan Paul Pierce che rapidamente arriva già in doppia cifra nei punti segnati. Dall’altra parte i Lakers si mantengono a galla grazie alla collaudata coppia Gasol-Bryant che permettono ai campioni in carica, grazie alle loro giocate, di tenere il risultato quasi sempre in parità. Sull’ultimo possesso del primo quarto, la difesa dei Lakers sceglie di raddoppiare sull’effervescente Paul Pierce che riesce a trovare l’accorrente Nate Robinson libero sulla linea dei 3 punti. Nate infila la tripla che spezza la parità e spedisce sul +3 i padroni di casa.
    Il secondo periodo vede protagoniste le panchine delle 2 squadre con Glen Davis a fare la voce grossa ben aiutato dal solito Robinson e la coppia Jordan Farmar-Shannon Brown (8 dei primi 10 punti dei Lakers) che gestisce ottimamente l’attacco gialloviola. Iniziano a salire in cattedra le difese e si fa veramente tanta fatica a far canestro. I Lakers però hanno un giocatore che fa la differenza nei momenti di difficoltà e risponde al nome di Kobe Bryant: 3 canestri consecutivi (2 triple) per 8 punti che trafiggono il cuore e la difesa di Boston. Gli ospiti sembrano scappare via grazie ad una giocata in campo aperto di Lamar Odom e ad un canestro di “Ron Ron” Artest sulla linea di fondo che dà il +8 ma l’energia di Kevin Garnett ed il recupero di Rajon Rondo con conseguente canestro riportano la squadra di casa a stretto contatto.
    Il primo tempo si chiude sul +3 per i Lakers (45-42).
    Il secondo si apre con 4 bellissimi punti di Derek Fisher ma il solito Kevin Garnett genera un parziale di 6-0 che riporta in avanti i biancoverdi del Massachusetts. Bryant però si scatena e inizia a “bombardare” il canestro avversari con triple e jumper in sospensione che regalano il momentaneo +4 ai Lakers prima che sul finire di frazione Glen Davis con un rimbalzo offensivo segni il canestro del momentaneo -2 in un quarto in cui Bryant ha dato letteralmente spettacolo.
    L’ultimo periodo è spettacolare: gran giocata di Glen Davis che diventa il terzo Celtic a raggiungere la doppia cifra. E’ l’inizio di una escalation per l’ala di Boston che fa il bello e cattivo tempo e con altri 2 canestri, intervallati da un crescente Ray Allen (libero dalla marcatura di Fisher), fa esplodere il palazzo e spedisce i Celtics sul +7. Pazzesco “Big Baby” e 10-2 Celtics di parziale.
    Odom tiene a galla i Lakers mentre Rasheed Wallace dopo 4 proteste al limite pesca il preventivabile fallo tecnico degli arbitri. Sembra l’inizio della rimonta dei gialloviola ed invece la coppia più lunatica e imprevedibile della lega, Robinson-Wallace segna 5 punti in fila con la tripla del Rasheed che regala il massimo vantaggio ai Celtics (+9).
    Rivers manda sul cubo dei cambi tutti i titolari ancora fuori dal parquet ma il fantastico cuore della panchina di Boston e le improvvisazioni di Nate Robinson lo fanno ripiegare sulle sue idee con i Celtics che non riescono ad assestare il colpo del KO nonostante anche un passaggio del quarto a +11 con 3 minuti ancora da giocare ed i titolari ormai tornati sul parquet.
    Con 2 liberi Bryant riporta a -6 i Lakers ma Paul Pierce si prende i primi due tiri del secondo tempo infilandoli entrambi, il secondo con un gioco da tre punti.
    Allen però commette un’ingenuità sul tiro da 3 di Kobe che converte tutti i tiri liberi per il nuovo -6 ma Rajon Rondo genera la giocata più importante della sua gara 4 con la palla rubata sul tentativo di passaggio di Bryant ad Odom. Recupero più canestro in contropiede. Quasi un classico per il numero 9 Celtics.
    La sesta tripla di Bryant vale solo per fissare il definitivo risultato finale che dice: Celtics 96 Lakers 89. Boston pareggia. La serie si allunga e dovrà ritornare a Los Angeles.

    Per i gialloviola solito Kobe Bryant da 33 punti con ben 6 triple ma anche 7 palloni persi a volte molto sanguinosi (come l’ultimo, rubato da Rajon Rondo), bene Gasol con 21 punti (ma scomparso clamorosamente nell’ultimo quarto), unico altro Lakers in doppia cifra Lamar Odom con 10 punti. Male l’eroe di gara 3, Derek Fisher, con soli 6 punti.
    Per i Celtics invece ben 6 giocatori in doppia cifra, con 36 punti provenienti dalla panchina: Pierce è il top scorer con 19 punti, solo uno in meno per un monumentale Glen Davis, 18 punti in soli 22 minuti: punti, rimbalzi, attacco e difesa, sicuramente l’M.V.P.della partita!. 13 punti sono di marca Kevin Garnett, 12 a testa per Ray Allen e Robinson. 10 punti per Rondo ma decisivo quando la partita era nei momenti clou.
    L’appuntamento ora è per gara 5 in programma domenica 13. Poi si farà ritorno a Los Angeles.

    Risultati NBA dell’8 giugno 2010

    Boston Celtics – Los Angeles Lakers 96-89
    -–> Bos: Pierce 19, Davis 18, Garnett 13 – Lak: Bryant 33, Gasol 21, Odom 10

    LA SERIE DELLA FINALE NBA:

    Lakers-Celtics 2-2

  • NBA playoff 2010, Finale: Fisher espugna Boston e riporta i Lakers in vantaggio

    I Los Angeles Lakers riconquistano il vantaggio del fattore campo dopo averlo perso solo 48 ore fa, espugnando Boston per 91-84 con una fantastica prova forse del giocatore meno aspettato da tutti ovvero il playmaker Derek Fisher.

    Partono subito bene i Celtics spinti dal grande pubblico del “Garden” con un 12-5 che sembra far pensare che la vittoria in gara 3 sia una cosa alla portata degli uomini di Doc Rivers. I gialloviola però reagiscono da grande squadra quale sono e operano un break di 21-5 che li porta sul 26-17 e permette di chiudere la prima frazione di gioco sul +9.
    Ci si attenderebbe la reazione dei biancoverdi ma le aspettative sono deluse visto che Ray Allen sembra il lontano parente dello stratosferico tiratore di gara 2 e Paul Pierce non riesce a trovare il bandolo della matassa navigando sempre nel limbo dell’anonimato. Rapidamente i Lakers toccano il +17 ed è quasi un miracolo che i Celtics, sul finire del secondo quarto, riescano a ridurre il gap chiudendo sotto di 12 punti.
    Boston capisce che per riportarsi in partita deve iniziare a difendere meglio e il terzo quarto permette ai padroni di casa di ritornare in corsa chiudendo sul -6 (67-61). Trascinati da un immenso Kevin Garnett che non si vedeva a questi livelli dalla stagione del titolo 2008 della franchigia del Massachusetts a 9 minuti dalla fine i Celtics si portano sul -1 (69-70 con il canestro di Rajon Rondo). Sembra fatta per il riaggancio e conseguente sorpasso agli eterni nemici gialloviola ma qui sale in cattedra l’inatteso protagonista: Fisher segna 4 canestri consecutivi e con 11 punti ottenuti con 5 tiri segnati nell’ultimo periodo si prende letteralmente la squadra sulle spalle e la porta alla vittoria: il sipario cala a 48 secondi dalla sirena, quando la guardia 35enne resiste al tentativo di fallo di 3 avversari per 2 punti a cui si somma il libero supplementare. Boston va al tappeto! Lakers di nuovo in vantaggio.

    Per i Celtics grande Kevin Garnett con 25 punti e 6 rimbalzi, bene Glen Davis che ha cercato di mantenere i suoi compagni in partita durante lo show di Fisher segnando 12 punti, buon contributo sui 2 lati del campo di Tony Allen con 7 punti e un’ottima difesa. Le note dolenti provengono da Paul Pierce (15 punti ma quasi tutti segnati a tempo perso quando Los Angeles ormai veleggiava verso il successo), orrendo Ray Allen che in sole 48 ore passa da uno strepitoso record NBA ad una serata incredibilmente nera segnando solo 2 punti (su tiri liberi) e mettendo assieme un inguardabile 0/13 dal campo con conseguente 0/8 da 3. Fuori partita anche il formidabile playmaker biancoverde Rajon Rondo che dopo la spettacolosa prova di Los Angeles rimane un pò anonimo con soli 11 punti, 8 assist e una regia non degna del suo nome e molto lontana dai livelli ai quali ci ha abituato.
    Per i Lakers ci sono 29 punti di Kobe Bryant che dopo un inizio sfavillante ha un pò perso la mano con l’incedere dei momenti caldi (cosa molto strana per lui che è in quei frangenti che si esalta e si erge ad assoluto protagonista e dominatore) dovendo sfruttare 29 tiri per il suo bottino personale. 13 punti e 10 rimbalzi per un Gasol sempre consistente, bene Lamar Odom dalla panchina con 12 punti, 5 rimbalzi e la precisione assoluta dal campo (5/5), Bynum contribusce con 9 punti e 10 rimbalzi, Artest segna solo 2 punti dedicandosi anima e corpo alla difesa sugli avversari ma il protagonista assoluto è Fisher: 16 punti, decisivo nei momenti che contano, è sembrato di vedere gara 4 della Finale dello scorso anno quando le triple di Derek “il Pescatore” contro gli Orlando Magic regalarono prima il pareggio per il supplementare e poi la vittoria per il 3-1 nella serie in una partita dominata da Orlando e che sfuggì ai Magic quasi senza un motivo. O meglio, il motivo c’era ed aveva un nome, quello di Derek Fisher. Così come quest’anno!

    Risultati NBA dell’8 giugno 2010

    Boston Celtics – Los Angeles Lakers 84-91
    –> Bos: Garnett 25, Pierce 15, Davis 12 – Lak: Bryant 29, Fisher 16, Gasol 13

    LA SERIE DELLA FINALE NBA:

    Lakers-Celtics 2-1

  • NBA playoff 2010, Finale: Ray Allen mostruoso, Rondo spettacolare e i Lakers vanno KO in casa

    Un Ray Allen semplicemente mostruoso e un Rajon Rondo immarcabile permettono ai Boston Celtics di espugnare il parquet dei Los Angeles Lakers in gara 2 delle Finali NBA e di portare la situazione in parità (1-1) nella serie.
    Boston ha meritato di vincere la partita giocata sempre con energia al contrario di gara 1. Non sono mancati i colpi di scena e l’imprevedibilità che ha tenuto sempre in bilico il risultato fino agli ultimi minuti quando poi i Celtics hanno definitivamente allungato e vinto il difficile match infliggendo ai rivali gialloviola la prima sconfitta interna di questi playoff 2010.
    I biancoverdi ora, almeno sul piano emotivo, hanno dato una grossa spallata ai Lakers che sono chiamati a reagire prontamente nelle prossime 3 gare da giocare sul parquet avversario.

    Primo tempo da incorniciare per Ray Allen, il numero 20 dei Celtics infila ben 27 punti, reggendo quasi da solo l’intero attacco biancoverde e mettendo a referto tutte le prime 7 triple tentate! Gli ex campioni sembrano trasformati rispetto alla molle prima gara disputata a Los Angeles, mostrando un’arcigna difesa e una inaspettata solidità a rimbalzo condita da un attacco pungente guidato dalla sapiente regia di un Rajon Rondo autore di alcune giocate a dir poco spettacolari e ormai con pieno merito annoverato tra i migliori 2-3 playmaker della Lega. il numero 9 guida i contropiedi con magistrale abilità dato che il capitano Paul Pierce e l’altra stella Kevin Garnett latitano in zona offensiva.
    Boston riesce ad arrivare (grazie alla solita tripla di Allen) sul 52-39 a pochi minuti dalla fine del primo tempo, ma qui un super parziale gialloviola condito da un canestro di pura fantascienza di Kobe Bryant sulla sirena finale del riposo riporta in partita i padroni di casa (54-48) che riemergono dal fango e vanno negli spogliatoi con un minimo di fiducia in più in vista della ripresa.
    Ripresa che viene giocata sul filo dell’equilibrio, soprattutto nel terzo quarto con continui sorpassi e controsorpassi da una parte e dall’altra, con una situazione e un punteggio che resta sempre in bilico. Solo nell’ultimo quarto, con un parziale distruttivo di 16-4 messo in piedi dal solito Rondo con canestri, recuperi, stoppate e assist, i Celtics scappano via e non vengono più ripresi.
    Finisce 103-94, brutta botta per i Lakers campioni in carica e strafavoriti per la conquista del titolo anche quest’anno.
    Per Los Angeles 25 punti di Pau Gasol con 8 rimbalzi e 6 stoppate, bene anche Andrew Bynum con 21 punti, 6 rimbalzi e 7 stoppate, Kobe Bryant chiude a quota 21 ma con 20 tiri presi e subendo il problema falli che lo ha limitato per gran parte della partita. Poco altro dalle rimanenti star gialloviola con un’orrida prestazione di Ron Artest (6 punti e 1/10 dal campo) ed un inguardabile Lamar Odom da soli 3 punti. 6 miseri punti anche per Derek fisher, molto in difficoltà per tutto il match.
    I Celtics hanno avuto in Ray Allen e Rajon Rondo le frecce migliori: 32 punti per l’ex Seattle Sonics con uno strabiliante 8/11 da 3 (le 8 triple sono il record ogni epoca in una gara di finale) che in molti momenti ha tenuto da solo in piedi la sua squadra e i suoi compagni, tripla doppia da sogno invece per il super playmaker biancoverde che chiude con 19 punti (alcune giocate sono da applausi per la spettacolarità di esecuzione), 12 rimbalzi e 10 assist: ormai punto fermo della franchigia del Massachusetts, tutto passa per le sue mani, trasformando quello che tocca in oro per sè e i suoi compagni di squadra. Lo “zampino” di Rondo è praticamente ovunque. Bene anche Kendrick Perkins in una sostanziosa prova da 12 punti e una difesa che, per quanto Gasol e Bynum abbiano dominato, lo ha visto sempre combattere senza tregua non concedendo mai la facilità di tiro e rimbalzo agli avversari. Male Pierce con soli 10 punti (solo 2 canestri dal campo su 11 tentativi), male Garnett che chiude con 6 punti e 6 rimbalzi per via dei falli che lo hanno gravato e limitato per buona parte dell’incontro. Ottima prova del suo sostituto Glen Davis con 8 punti e 7 rimbalzi di cui ben 5 offensivi da vero lottatore indomito.
    La differenza è stata fatta dai rimbalzi (44-39 per i Celtics, che hanno ottenuto anche più rimbalzi offensivi segno che i biancoverdi sono stati più tonici e d energici sotto i tabelloni) e le alte percentuali in attacco, nel tiro da 3, di Boston: 11/16 da oltre l’arco per un 69% che ha demolito i Lakers fermi ad un misero 5/22 (22%).
    Si torna a Boston nel modo in cui voleva Boston, dopo una gara 2 spasmodica, intensa, giocata con il cuore e l’orgoglio. Ed i Boston Celtics ne hanno da vendere, la loro storia lo dimostra.
    Nel primo tempo il tiro assassino di Allen, nel secondo tutto lo strapotere di un piccolo grande playmaker e atleta, ovvero Rajon Rondo. Sono loro 2 a guidare la squadra di Doc Rivers al colpo dello Staples Center. Una vittoria che cambia la conformazione di una serie che si trasferisce a Boston per gara 3 in programma domani martedì 8 giugno. Boston si è presa il vantaggio del fattore campo come già fatto con Cleveland Cavaliers e Orlando Magic ma i campioni in carica sono una squadra fatta di ben altra pasta e vorranno espugnare almeno una volta il “Garden” per poter ritornare a giocare a Los Angeles.

    Risultati NBA del 6 giugno 2010

    Los Angeles Lakers – Boston Celtics 94-103
    –> Lak: Gasol 25, Bynum 21, Bryant 21 – Bos: R.Allen 32, Rondo 19, Perkins 12

    LA SERIE DELLA FINALE NBA:

    Lakers-Celtics 1-1

  • NBA playoff 2010, Finale: I Lakers vincono gara 1

    Va ai Los Angeles Lakers gara 1 delle Finali NBA 2010: allo Staples Center di Los Angeles i gialloviola battono agevolmente i Boston Celtics con un perentorio 102-89. Ancora una volta è Kobe Bryant il trascinatore dei californiani, che mette a referto 30 punti conditi da 7 rimbalzi e 6 assist. Ottima prova anche di Pau Gasol e di Ron Artest, con 23 punti e 14 rimbalzi il primo e 15 punti per il numero 37. Ai Celtics non bastano i 24 punti di Paul Pierce, e per tutto l’incontro i Lakers non hanno mai veramente sofferto, mantenendo i biancoverdi sempre a distanza di sicurezza. Dopo un primo periodo abbastanza equilibrato e con L.A. avanti di 5 lunghezze sui rivali di sempre, nel secondo quarto i gialloviola mettono la freccia e sul finire del primo tempo dilatano il loro vantaggio portandolo a 9 punti: all’intervallo i Lakers sono avanti per 50-41. Il periodo decisivo è il terzo quarto, nel quale il leader in maglia numero 24 e MVP delle Finals 2009 segna ripetutamente e affonda la difesa avversaria che alla sirena prima dell’ultima parte di gara sono avanti di 20 lunghezze (84-64). Il quarto periodo per i Lakers comincia con il solito momento di calo, un problema che gli uomini di Phil Jackson si portano dietro da un bel pò di partite, con Boston che dopo soli 3 minuti accorcia arrivando fino al -11, con i californiani che mettono a referto soltanto 1 tiro libero di Gasol. Ma al rientro di Bryant sul parquet la musica cambia, e i Lakers allungano nuovamente per poi amministrare il vantaggio accumulato fino agli ultimi 2 minuti della fine della gara, quando Pierce prova con orgoglio a riaprire il match,ormai congelato e portato a casa dai padroni di casa, con 3 canestri consecutivi. Finisce 102-89 per Kobe e compagni, domenica sempre allo Staples Center gara 2 di questa infinita battaglia che da decenni infiamma la rivalità tra le 2 franchigie.

    Risultati NBA del 3 giugno 2010
    Los Angeles Lakers – Boston Celtics 102-89
    –> Lak: Bryant 30, Gasol 23, Artest 15 – Bos: Pierce 24, Garnett 16, Rondo 13

    LA SERIE DELLA FINALE NBA:

    Lakers-Celtics 1-0

  • NBA playoff 2010, Finale: Los Angeles Lakers – Boston Celtics

    Los Angeles Lakers – Boston Celtics, ci risiamo!
    E’ la 12 volta che le 2 squadre, le più titolate nel panorama NBA, si affrontano nell’ultimo atto della stagione, le Finali, che decideranno il vincitore del campionato.
    Nelle 11 occasioni precedenti i Celtics guardano i rivali di sempre dall’alto verso il basso, forti di un record di 9 finali vinte contro le sole 2 dei Lakers.
    L’ultimo confronto sul palcoscenico più ambito è della stagione 2007-2008 quando i biancoverdi (ricostruiti dal General Manager Danny Ainge con gli acquisti di Kevin Garnett dai T-wolves e di Ray Allen dai Sonics) domarono in 6 partite i rivali gialloviola, chiudendo nell’ultima gara con un clamoroso +39 che ancora nessuno ha cancellato nella mente di tifosi, dirigenza e giocatori californiani.
    Le 2 franchigie, come già detto sono le più titolate nella NBA: 17 titoli per Boston, 15 per Los Angeles. Tuttavia i Lakers hanno disputato ben 30 finali (bilancio in perfetta parità 15 vinte e 15 perse), molto meglio il record dei Celtics che in 20 apparizioni sono usciti sconfitti solo in 3 occasioni (17 vinte e 3 perse).
    Insieme quindi hanno vinto 32 titoli sui 63 campionati finora disputati dalla Lega professionistica americana di basket e il prossimo, indipendentemente da chi vincerà sarà il 33esimo su 64 campionati totali, più della metà dei titoli della NBA sono finiti in mano a queste 2 squadre, ecco perchè sicuramente questa sfida rappresenta la finale più prestigiosa e la più attesa da parte di ogni tifoso appassionato di pallacanestro.
    Rispetto alla finale del 2008 è cambiato il vantaggio del fattore campo: 2 anni fa era a favore di Boston, ora sarà a favore di Los Angeles che ha conquistato in stagione regolare 7 vittorie in più rispetto agli storici rivali di sempre.
    Una piccola curiosità per gli amanti del basket è che i Celtics potrebbero essere la prima squadra nella storia della NBA a vincere l’”Anello” dopo aver concluso la regular season con più vittorie in trasferta che sul parquet amico.
    Quest’anno in regular season il bilancio è in parità con 1 vittoria per parte (entrambe vittorie in trasferta con il minimo scarto di un punto).
    Ecco perchè sarà una sfida dall’esito incerto.

    La stagione regolare per i Boston Celtics non è stata delle migliori, avendo ottenuto solo il quarto piazzamento nella Eastern Conference, superati non solo dalle 2 superpotenze Cleveland Cavaliers e Orlando Magic, ma addirittura degli Atlanta Hawks, cosa che in molti non si sarebbero aspettati alla vigilia del campionato. Il record di 50 vittorie e 32 sconfitte è praticamente uguale a quello ottenuto da Portland Trail Blazers, San Antonio Spurs e Oklahoma City Thunder, rispettivamente squadra sesta, settima e ottava classificata per i playoff nella Western Conference (le ultime per intenderci). Proprio per questo motivo nessuno con un record abbastanza modesto quale quello dei Celtics, si sarebbe aspettato una cavalcata così convincente fino alle Finali NBA di quest’anno.
    Ma i motivi per cui i tifosi biancoverdi possono ambire a sogni di gloria sono tanti, a partire da un gruppo forte e compatto come quello della vittoria del titolo del 2008, con tanta esperienza in più sulle spalle e una ritrovata energia fisica sulla quale in pochi addetti ai lavori avrebbero scommesso. Boston basa gran parte del suo gioco offensivo sull’asse Rajon Rondo-Paul Pierce il quale resta sempre la prima soluzione offensiva della squadra. Tuttavia il giovane playmaker risulta essenziale e fondamentale per via di un’acquisita imprevedibilità che rende la franchigia del Massachusetts praticamente di difficile lettura agli occhi dei giocatori avversari: ancora i Lakers ricordano la sua strepitosa gara 6 nella finale del 2008, dove chiuse con 21 punti, 7 rimbalzi, 8 assist e 6 steals. Logicamente molto del destino dei Celtics dipenderà dalla vena realizzativa di Paul Pierce, è per questo che nei momenti di difficoltà dovranno farsi trovare pronti sia Kevin Garnett che Ray Allen: il numero 5 della squadra del “Trifoglio” è tornato ad altissimi livelli dopo che lo scorso anno l’infortunio al ginocchio ne aveva limitato il talento, importante pedina su entrambi i lati del campo sia in attacco che in difesa. Allen invece ha mantenuto la sua costanza realizzativa specialmente nel tiro da 3 punti, cosa che potrebbe rivelarsi molto utile in questo ultimo atto della stagione. Un giocatore che magari è offuscato dalla luce dai 4 grandi componenti del quintetto ma di un’efficacia e di un’importanza fondamentali è Kendrick Perkins, che quest’anno ha migliorato le proprie statistiche disputando probabilmente la sua migliore stagione da quando è entrato nella Lega. Non male non solo i primi “attori”, ma anche i comprimari dei Celtics, che sono di notevole livello. Tuttavia Rasheed Wallace non ha disputato una stagione regolare eccezionale, ma arrivato alla post season si è totalmente trasformato, risultando decisivo in molte partite, specialmente quelle disputate contro i Cavs e contro i Magic. Importante è stato il contributo dato in questa stagione da Tony Allen, molto pericoloso sia in attacco che in difesa, e l’ormai consolidato sostituto di Garnett, ovvero Glen Davis, maturato e pronto nei momenti di difficoltà ad aiutare i compagni. A metà stagione Boston si è in un qualche modo giovata dell’energia dell’ultimo arrivato Nate Robinson, che quando decide di stare con la testa sul parquet risulta essere un ottimo giocatore. Anche l’arrivo di Finley, sempre a metà stagione, ha dato una certa qualità nel tiro dalla lunga distanza (il suo palmarès parla chiaro), inconstante, ma sempre pericoloso se in giornata, uno dei giocatori più eclettici dell’intera NBA, ovvero Marquis Daniels. Per finire l’analisi sul roster dei biancoverdi non possiamo esimerci dal parlare di coach Doc Rivers, che quest’anno ha affrontato momenti di vera difficoltà ma che alla fine ne è uscito da vero vincitore. Certamente il suo curriculum non è ai livelli del suo collega rivale Phil Jackson, ma la carriera di Rivers è tutta da scrivere, mentre Jackson la sua l’ha già scritta e sta continuando a farlo, e con risultati notevoli (è l’allenatore più vincente della storia dell’NBA).

    Ben altro piazzamento per i Los Angeles Lakers, primi nella Western Conference con il record di 57 vittorie e 25 sconfitte. Pronostici rispettati per la franchigia gialloviola, favoriti per il titolo in quanto campioni in carica. Per L.A. è la terza finale NBA consecutiva, ma bisogna dire che rispetto agli anni precedenti il roster si è rafforzato particolarmente, grazie anche ad una crescita generale del quintetto stesso e della panchina losangelina. Il gioco dei ragazzi di Phil Jackson si basa essenzialmente sull’asse Kobe Bryant-Pau Gasol: il numero 24 gialloviola, dopo una regular season abbastanza costante come rendimento, sta disputando dei playoff entusiasmanti, con 15 partite su 16 al di sopra dei 30 punti! E’ sicuramente l’arma in più di 1 squadra già molto forte in tutti i settori del campo, e tutte le giocate pregevoli passano dai suoi polpastrelli, come recentemente affermato dall’ultimo sconfitto dalla banda gialloviola, Alvin Gentry, coach dei Phoenix Suns, il quale ha chiaramente mostrato nelle finali di Conference di aver adottato tutte le strategie possibili per far marcare Kobe dai suoi uomini, definito poi dallo stesso allenatore “immarcabile” alla fine della serie, nonchè il migliore giocatore dell’intera Lega. In questi playoff inoltre Bryant ha impressionato gli addetti ai lavori anche in qualità di assistman e di rimbalzista, arrivando in molte partite a sfiorare la tripla doppia. L’MVP delle Finals del 2009 è stato senza dubbio il trascinatore assoluto e arriva alla sfida contro i Celtics più carico che mai, e in mente ha il chiodo fisso della vendetta, in quanto i suoi Lakers sono stati battuti proprio da Boston nel 2008. Per quanto riguarda lo spagnolo Gasol, ha inanellato prove superlative sia in attacco che in difesa, con molte doppie doppie nella post season; a volte risulta essere immarcabile sotto canestro e i suoi semiganci sono ormai un incubo per qualsiasi difesa avversaria. Inoltre il feeling con Kobe Bryant sembra ritrovato, anche in virtù dei molti tiri presi durante questi playoff; in difesa risulta essere sempre di più una garanzia, e il notevole apporto a rimbalzo fanno di L.A. una squadra insuperabile sotto canestro, anche grazie al supporto superlativo di Lamar Odom, il sesto uomo ideale della Lega. Raramente il numero 7 ha mancato la sua consueta doppia doppia, e durante questa post season si è riscoperto anche un notevole tiratore da 3 punti. Porta molta sostanza sul parquet che lo rende indispensabile per coach Phil Jackson: memorabili ormai sono i suoi rimbalzi offensivi, che consentono ai Lakers un maggior numero di tiri tentati dalla distanza. Un’altra pedina importante nello scacchiere di Los Angeles è sicuramente Ron Artest, acquistato quest’estate dagli Houston Rockets che si sta rivelando un giocatore determinante anche in fase offensiva (suoi i 2 punti che consentono ai Lakers di battere i Suns a gara 5 a meno di 1 secondo dalla sirena finale). Inoltre la sua media punti nelle ultime gare è notevolmente cresciuta, arrivando a mettere a referto 25 punti in gara 6 sempre contro Phoenix: inutile accennare la sua solidità difensiva, molto famosa da anni, e le sue marcature a uomo estremamente soffocanti, che inducono spesso il suo avversario a cercare tiri improbabili. Altra notizia importante in casa gialloviola è il suo nuovo feeling con il suo ex-nemico Kobe Bryant, il quale gli ha dimostrato una grande fiducia al suo arrivo a Los Angeles nonostante vecchi screzi di recente data (le semifinali di Conference contro Houston, nel quale i 2 stavano quasi venendo alle mani). Infine il numero 37 gialloviola si sta dimostrando molto efficace dal tiro dall’angolo. Una gradita sorpresa per i Lakers è il sempre più fondamentale apporto in fase offensiva da parte del playmaker Derek Fisher, che quando sente odore di playoff sembra trasformarsi in meglio partita dopo partita. Dopo una regular season al di sotto delle sue capacità, e con critiche piovutegli per la sua inefficenza al tiro e come uomo assist, il numero 2 si sta prendendo una grossa rivincita contro chi lo aveva duramente criticato, e la sua esperienza (36 anni ad agosto, con 4 titoli NBA alle spalle) si sta dimostrando utilissima alla causa gialloviola. Merito indubbiamente sempre di coach Phil Jackson, che gli ha sempre dato una grande fiducia, e le statistiche, al momento, gli stanno dando ragione. Per quanto riguarda il giovane centro Andrew Bynum, le sue condizioni fisiche, in particolare il suo ginocchio, è una grossa incognita in vista della Finale NBA, e nel resto dei playoff ha avuto un minutaggio particolarmente esiguo, nonostante parti sempre nel quintetto base. Resta da verificare il suo impiego quanto sarà utile a Kobe Bryant e compagni, al momento il suo menisco non necessita di essere operato. Dalla panchina si stanno dimostrando molto efficaci Jordan Farmar e Shannon Brown, che quando vengono messi sul parquet da Jackson, svolgono il loro compito egregiamente. Il playmaker ex UCLA è fondamentale nel tiro da 3, e molte volte le sue triple spaccano in due la squadra avversaria e indirizzano la gara a favore dei gialloviola; la guardia invece cresce di partita in partita ed è impressionante la sua integrità fisica, condite da schiacciate alla LeBron James e da una esplosività fuori dal comune. La grande varietà di lunghi nel roster dei Los Angeles Lakers non permette a Luke Walton e Josh Powell di avere a disposizione molti minuti di gioco: il figlio di Bill Walton negli anni precedenti, trovando più spazio, ha dimostrato di essere un giocatore molto utile, ma con i vari acquisti nel corso degli anni della franchigia californiana, è arrivato ai margini della rotazione. Powell, con un passato anche in Italia, pure essendo molto giovane, paga il fatto che i Lakers abbiano una rotazione molto ampia appunto tra i lunghi, anche se quando è stato chiamato in causa per via degli infortuni dei suoi compagni, si è dimostrato sempre utilissimo. Infine Sasha Vujacic, lo sloveno ex Udine, che quest’anno ha trovato davvero pochissimo spazio nella rotazione di squadra, e che negli anni precedenti è stato un giocatore fondamentale quando entrava dalla panchina. In panchina Phil Jackson offre ampie garanzie sul modo di condurre sia la singola gara che un’intera serie: il suo ricco palmarès parla chiaro, è l’allenatore più vincente nella storia dell’NBA con 10 titoli in sole 12 finali disputate, avendo superato l’anno scorso nella vittoria contro gli Orlando Magic Red Auerbach, storico coach dei mitici Celtics.

    Le chiavi della serie: innanzitutto la marcatura di Artest su Pierce. Il numero 37 gialloviola era stato acquistato pochi mesi fa per l’eventuale difesa su LeBron James in una ipotetica e probabile finale tra Cavaliers e Lakers. Non ci sarà James, ma visto il Pierce delle finali 2008 servirà il miglior Ron Artest per limitarlo in ogni zona del campo. Pierce poi avrà il difficile compito di limitare Bryant, cosa quasi impossibile tra l’altro vista l’attuale forma del 24 dei “Lacustri”, e questo doppio sforzo sui 2 lati del campo (evitare Artest e marcare Bryant) potrebbe spremerlo fisicamente.
    Poi cercare di limitare Rondo. Non è esagerato affermare che da qui passa gran parte della serie. Se Artest sulla carta può benissimo marcare Pierce, non altrettanto si può dire di Fisher sul playmaker biancoverde.
    Decisivo sarà lo scontro tra Gasol e Garnett: Gasol fu molto criticato per il suo atteggiamento contro i Boston Celtics di due anni fa, definito “soft”, ovvero morbido, molle. Lo spagnolo si è rifatto un anno più tardi, limitando alla grande Dwight Howard e risultando come una delle chiavi della vittoria dell’anello. Ora ritroverà Garnett. Più probabile che non escano vincitori da questo duello, tutt’al più un annullamento reciproco. Ad ogni modo, saranno due sorvegliati speciali.
    Infine le panchine ovvero gli uomini che entreranno a partita in corso. Occhi puntati principalmente su Odom da una parte e Wallace dall’altra, ma non solo. Anche Brown può rivelarsi un’arma importante contro le guardie Celtics, mentre Robinson può essere la variabile impazzita da utilizzare in momenti di crisi per l’attacco di Boston.

    I quintetti: Lakers che scenderanno in campo con Derek Fisher e Kobe Bryant come guardie, Ron Artest e Pau Gasol come ali e Andrew Bynum come centro. Poi ci sarà anche bisogno di Farmar Walton e Brown.
    Boston con ogni probabilità schiererà Rajon Rondo e Ray Allen come guardie, Paul Pierce e Kevin Garnett come ali e Kendrick Perkins nel ruolo di centro. Dalla panchina sarà fondamentale l’apporto di Nate Robinson, la difesa di Tony Allen, i “piazzati” di Michael Finley, la freschezza fisica di Glen Davis e l’apporto fondamentale da parte di Rasheed Wallace che già contro Cleveland e Orlando ha fatto vedere qualcosa di buono contribuendo alla clamorosa eliminazione degli ex favoriti al titolo del 2010 e ai vice campioni del 2009.

    Ultima considerazione: non sarà una riedizione delle Finals del 2008.
    Sono almeno 3 i motivi che ci spingono a dire che queste Finali rischiano di essere profondamente diverse rispetto a quelle del 2008. Ecco quali sono: 1) Il fattore campo rovesciato rispetto a 2 anni fa che ora è appannaggio dei Lakers (e potrebbe essere un fattore non di poco conto).
    2) I Lakers, rispetto a due anni fa, si sono rinforzati in quello che era il loro aspetto più debole: la difesa. Questo grazie all’acquisizione di Artest e ad una maggiore consistenza difensiva di Gasol. Attenzione, però. Lo spagnolo dovrà dimostrare di non temere nè il clima in trasferta nè la marcatura di Garnett, che riuscì a limitarlo.
    I Celtics, da parte loro, hanno aggiunto un ottimo attaccante come Rasheed Wallace e hanno a propria disposizione un Rajon Rondo nettamente migliorato, e che si è innalzato insieme a Paul Pierce come il trascinatore della sua squadra. Insomma, se nel 2008 i Lakers erano una squadra prettamente offensiva e i Celtics basavano la propria forza sulla difesa, ora le due squadre appaiono più equilibrate.
    3) I giocatori di entrambe le franchigie hanno fatto dei passi in avanti enormi sotto il profilo dell’esperienza. Tutti i giocatori chiave, da Bryant a Pierce passando per Gasol, Odom, Allen e via dicendo (eccezion fatta per Rondo) hanno superato la soglia dei 30 anni. E tutti loro hanno vinto un titolo, tranne che Artest. Non è un’eresia dire che si fronteggeranno i due roster più esperti dell’intera NBA.

    Sarà una sfida da non perdere e i motivi per stare al televisore incollati per un paio d’ore ci sono tutti e speriamo di averli elencati tutti.
    La sfida prenderà il via stanotte alle 3 ora italiana. Leggermente diverso il formato rispetto a tutti gli altri turni dei playoff, infatti le Finali hanno un formato di 2-3-2 per quanto riguarda le sfide in casa e trasferta rispetto al consueto e solito 2-2-1-1-1 degli altri turni. Ecco in dettaglio tutto il programma di queste attese “Finals”:

    Gara 1 Boston Celtics @ Los Angeles Lakers giovedì 3 giugno 2010 9.00 PM (03.00 in Italia)
    Gara 2 Boston Celtics @ Los Angeles Lakers domenica 6 giugno 2010 8.00 PM (02.00 in Italia)
    Gara 3 Los Angeles Lakers @ Boston Celtics martedì 8 giugno 2010 9.00 PM (03.00 in Italia)
    Gara 4 Los Angeles Lakers @ Boston Celtics giovedì 10 giugno 2010 9.00 PM (03.00 in Italia)
    Gara 5 * Los Angeles Lakers @ Boston Celtics domenica 13 giugno 2010 8.00 PM (02.00 in Italia)
    Gara 6 * Boston Celtics @ Los Angeles Lakers martedì 15 giugno 2010 9.00 PM (03.00 in Italia)
    Gara 7 * Boston Celtics @ Los Angeles Lakers giovedì 17 giugno 2010 9.00 PM (03.00 in Italia)

    *se necessaria

    IN COLLABORAZIONE CON LUCA NACCARATO.