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  • Celtics KO a Cleveland, Wade riscatta gli Heat, Belinelli affonda i Bucks

    Celtics KO a Cleveland, Wade riscatta gli Heat, Belinelli affonda i Bucks

    Il dopo LeBron James parte nel migliore dei modi per Cleveland che supera di misura Boston, che solo 24 ore prima aveva dato una lezione di gioco all’ex numero 23 dei Cavs ed alla sua nuova squadra, gli Heat.
    Sugli scudi Hickson con 21 punti, Gibson con 16 e Sessions con 14. Per Boston si salva Rondo grazie ai 18 punti e 9 assist. Opache le prestazioni di Allen e Pierce.

    I Nets battezzano il Prudential Center, nuovo impianto di Newark, con una vittoria grazie al duo Harris-Lopez che mette insieme 47 punti. Morrow decisivo con la tripla del sorpasso a pochi secondi dal termine. Detroit parte ancora male sebbene abbia 7 giocatori in doppia cifra.

    Decisivo il terzo quarto con un parziale di 25-8 che spacca il match in 2 a favore di Miami che va su un comodo +25. Wade protagonista con 30 punti, James solo 16 (e 9 palle perse, peggio delle 8 di ieri a Boston). Buona la prova, per i Sixers, del rookie Turner.

    Dopo una preseason perfetta da 8-0 ecco che nel momento più importante i Grizzlies si sciolgono come neve al sole. Atlanta passa in trasferta grazie a percentuali altissime da campo e con un Joe Johnson super da 22 punti. favoloso Josh Smith in difesa con ben 5 stoppate.

    Senza Evans fermo per squalifica, i Sacramento Kings espugnano il Target Center di Minneapolis in un match molto gradevole e con il risultato in bilico per tutti i 48 minuti. Decidono la freddezza di Udrih ed i 2 canestri di Landry nel finale dell’ultimo quarto. 22 punti con 11 rimbalzi per l’ex Rockets coadiuvato da un promettente Cousins che chiude la sua prima in NBA con 14 punti, 8 rimbalzi e ben 5 assist. Solo 11 punti per Love mentre Ridnour prende il timone della squadra chiudendo con 20 punti e buone percentuali, ma sono cifre che non bastano ai T-Wolves.

    Un ottimo Marco Belinelli da 18 punti e 6 rimbalzi in 36 minuti di gioco aiuta gli Hornets a battere dei coriacei Bucks che nonostante 5 uomini in doppia cifra devono arrendersi a Paul (17 punti e 16 assist) e West (22 punti). Milwaukee resta a contatto per tutto il match e raggiunge il -1 con la quinta tripla di Delfino (19 pts) ma il tiro fallito da Gooden e la quarta palla persa di Salmons fanno alzare la bandiera bianca nonostante il 15+15 di Bogut.

    Il trio Durant-Westbrook-Green (79 punti sui 106 di squadra) spazza via i generosi Bulls di un mai domo Derrick Rose. Durant ne firma 30, Westbrook 28 e Green 21 ed i Thunder volano grazie ad un quarto quarto al limite della perfezione. Noah incredibile con 18 punti e 19 rimbalzi.

    Vittoria abbastanza semplice per i Dallas Mavericks, trascinati da un ottimo Nowitzki da 28 punti e 13 rimbalzi. Per Charlotte si salva Thomas autore di 22 punti.

    Popovich non sarà contento dei 109 punti subiti ma gli Spurs conquistano ugualmente la vittoria con una grande prestazione offensiva e con le 3 stelle in grande spolvero. 65 punti per il trio Parker-Ginobili-Duncan con il caraibico apparso un buonissime condizioni: 22 punti con soli due errori al tiro (10/12). Ginobili infila 5 delle 9 triple degli Spurs mentre Parker ai 20 punti aggiunge anche 9 assist. Bene anche Jefferson che apre il parziale di 18-5 che risulterà decisivo nell’ultimo quarto. Indiana tira meglio (53%) ma perde troppi palloni (23) nonostante la grande gara del duo Hibbert-Granger (20/36 dal campo per 54 punti, 28 per il centro, 26 per l’ala).

    Nella rivincita del primo turno degli scorsi playoff di Western Conference i Nuggets stritolano i Jazz grazie ai 23 punti di Anthony. Male Utah che delude e non va oltre il 38% dal campo con più palle perse (22) che assist (21). Solo 3/10 per Williams che chiude da top scorer dei Jazz con 17 punti. Invisibile in neo acquisto Jefferson.

    Non c’è più Don Nelson ma la sua pallacanestro rimane l’anima della Oracle Arena. Partita da 250 punti totali con i Warriors che trionfano sui Rockets per la prima volta dal dicembre 2007 mentre Houston perde la seconda volata nel giro di 24 ore. Fantastica la prestazione di Monta Ellis che piazza 46 punti con un incredibile 18/24 dal campo. Doppia doppia per Lee (17 punti +15 rimbalzi) e per un ottimo Curry da 25 punti ed 11 assist. Ai Rockets non bastano i 42 liberi segnati (17/17 per Martin) e la monumentale prova di Scola, autore di 36 punti e 16 rimbalzi.

    Dopo il successo sui Suns, Portland concede il bis e va a prendersi la vittoria allo Staples Center contro i Clippers. Fondamentale è il dominio sotto il canestro dei Blazers che catturano 21 rimbalzi offensivi (13 per la coppia Aldridge-Camby). Si conferma Batum (15 pts, 3/4 da 3) mentre Roy timbra una doppia doppia con 22 punti e 10 rimbalzi. Clippers che segnano solo 17 punti negli ultimi 12 minuti nonostante il buon esordio di Griffin, autore di 20 punti e 14 rimbalzi. Male Kaman che sbaglia 14 dei 18 tiri presi.

    Toronto-New York: commento e tabellino

    Risultati NBA del 27 ottobre 2010

    Cleveland Cavaliers-Boston Celtics 95-87

    • Cle: Hickson 21, Gibson 16, Sessions 14; Bos: Rondo 18, Davis 14, Pierce 13

    New Jersey Nets-Detroit Pistons 101-98

    • N.J.: Lopez 25, Harris 22, Morrow 13; Det: Prince 14, Stuckey 14, Villanueva 14

    Philadelphia 76ers-Miami Heat 87-97

    • Phi: Turner 16, Williams 15, Young 15; Mia: Wade 30, Jones 20, James 16

    Memphis Grizzlies-Atlanta Hawks 104-119

    • Mem: Conley 23, Gay 21, Arthur 19; Atl: Johnson 22, Bibby 19, Pachulia 17

    Minnesota Timberwolves-Sacramento Kings 116-117

    • Min: Ridnour 20, Beasley 17, Telfair 15; Sac: Garcia 22, Landry 22, Udrih 18

    New Orleans Hornets-Milwaukee Bucks 95-91

    • N.O.: West 22, Belinelli 18, Paul 17; Mil: Delfino 19, Maggette 16, Gooden 15, Bogut 15, Jennings 15

    Oklahoma City Thunder-Chicago Bulls 106-95

    • Okl: Durant 30, Westbrook 28, Green 21; Chi: Rose 28, Noah 18, Gibson 16

    Dallas Mavericks-Charlotte Bobcats 101-86

    • Dal: Nowitzki 28, Terry 22, Butler 13; Cha: Thomas 22, Wallace 16, Jackson 14

    San Antonio Spurs-Indiana Pacers 122-109

    • S.A.: Duncan 23, Ginobili 22, Parker 20; Ind: Hibbert 28, Granger 26, Collison 19

    Denver Nuggets-Utah Jazz 110-88

    • Den: Anthony 23, Afflalo 22, Billups 14; Uta: Williams 17, Millsap 15, Bell 12

    Golden State Warriors-Houston Rockets 132-128

    • G.S.: Ellis 46, Curry 25, Lee 17; Hou: Scola 36, Martin 28, Hayes 16

    Los Angeles Clippers-Portland Trail Blazers 88-98

    • Cli: Gordon 22, Griffin 20, Butler 16; Por: Roy 22, Aldridge 19, Batum 15
  • NBA 10/11: Analisi Northwest Division

    NBA 10/11: Analisi Northwest Division

    Nella nostra analisi alla scoperta delle 30 franchigie della NBA, l’ultima Division da esaminare è la Northwest. Anche questa sembra una divisione equilibrata, se escludiamo i Minnesota Timberwolves che sono destinati a fare da comparsa ma possono trovare anche motivi per sorridere visto che i tanti giovani messi a roster un giorno potranno riportare i “Lupi” nel giro del basket che conta. A dividersi lo scettro restano in 4: Oklahoma City Thunder, Utah Jazz, Denver Nuggets, Portland Trail Blazers. Per logica, dopo lo stupendo campionato passato, chiuso con il traguardo delle 50 vittorie, e visto che dati alla mano è la squadra più giovane (e forse talentuosa, assieme agli Heat) della NBA, diamo per favoriti i Thunder. Gli aggettivi per questa squadra si sprecano: oltre al talento si abbina un atletismo fuori dal comune, la corsa è il punto forte di questa squadra che, se non si è preparati fisicamente, rischia di mandare negli spogliatoi gli avversari, “con la lingua di fuori” ogni partita. Ad un gruppo già forte, costruito a furia di scelte alte al Draft sono stati aggiunti 2 ottimi tiratori da 3 (Cook da Miami, vincitore anche della gara del tiro da 3 punti all’All Star Game 2009, e Peterson da New Orleans) ed un centro di grande prospettiva come Cole Aldrich (arrivato dal draft via Hornets come 11esima scelta assoluta). Potenzialmente sarebbero secondi dietro ai soli Lakers ad Ovest ma occhio alla gioventù che in questi casi rischia di essere un’arma a doppio taglio per via della poca esperienza quando arriveranno i momenti decisivi. Subito dietro sarà lotta durissima tra Nuggets (che saranno competitivi se resterà Anthony, altrimenti saranno dolori in Colorado), Blazers (che devono valutare il rientro dopo l’ennesimo infortunio di Greg Oden) e i Jazz, rimasti molto competitivi nonostante la perdita di un talento come Boozer andato ai Bulls. Sarà importante ridurre al minimo gli errori in una divisione così equilibrata, per prevalere non bisogna lasciarsi andare a distrazioni.

    DENVER NUGGETS: I Nuggets sono la squadra più difficile da capire in questo momento. E gran parte del merito è dovuto al fatto della situazione instabile di Carmelo Anthony: se il numero 15 resterà (e deve farlo volentieri) Denver potrà ambire a raggiungere la finale di Western Conference, perchè le potenzialità della squadra sono ottime. Se vorrà andare via, o peggio ancora giocherà controvoglia, la situazione in Colorado precipiterà drasticamente. A nulla varrà avere un quintetto discreto se la punta di diamante andrà verso altri lidi: anche se Billups resta un solido play, Afflalo un’ottima guardia, Martin un top player tra le ali grandi e Nenè un bravo centro, senza Anthony la squadra perde molto in termini di punti, talento e pericolosità. Non servirebbe neanche usare il neo acquisto Al Harrington, nè puntare sul talento (peraltro discontinuo) di J.R. Smith per ovviare ad una eventuale partenza. Se il roster resterà questo, Denver, sotto la guida di un tecnico bravo e preparato come George Karl potrà andare lontano. I playoff sono il traguardo minimo, coltivando il sogno del ritorno alle finali di Conference. Altrimenti si prospettano tempi duri. I tifosi sperano almeno che, se proprio ci si deve privare della “Stella”, la cessione venga monetizzata al massimo, solo così si potrebbe sperare in un futuro un pò meno buio.

    Arrivi: Shelden Williams, Al Harrington.
    Partenze: Johan Petro, Malik Allen.
    Scelte al Draft: nessuna
    Probabile quintetto base Playmaker:
    Chancey Billups
    Shooting Guard: Arron Afflalo
    Small Forward: Carmelo Anthony
    Power Forward: Al Harrington (in attesa del rientro di Martin)
    Center: Nenè

    ROSTER

    Guardie: Chauncey Billups, Anthony Carter, Ty Lawson, Arron Afflalo, J.R. Smith
    Ali: Al Harrington, Chris Andersen, Carmelo Anthony, Renaldo Balkman, Kenyon Martin, Shelden Williams, Gary Forbes Centri: Nenè, Melvin Ely
    Head Coach: George Karl

    MINNESOTA TIMBERWOLVES: In poco più di un anno il nuovo G.M. Kahn ha letteralmente cambiato volto ai giovani T-Wolves. Ma questa trasformazione, anche se in pochi riescono a comprenderne le scelte e le valutazioni, potrebbe ben presto portare ad un futuro migliore a Minneapolis: tanti giovani e tanti volti nuovi che vogliono rifarsi dopo un inizio di carriera non facile in NBA. Oggi Minnesota dovrebbe scendere in campo con le stesse guardie dello scorso anno, Flynn e Brewer, anche se all’inizio ci sarà Ridnour visto che Flynn è alle prese con un infortunio. I 2 lunghi dovrebbero essere Love e Beasley anche se Milicic è sempre insidioso alle loro spalle. Soprattutto l’ex Miami Heat, fatto fuori dalla dirigenza della Florida, vuole dimostrare che non ha nulla da invidiare al ben più noto Bosh che ne ha preso il ruolo ed il posto in squadra in quel di South Beach. Il ruolo di ala piccola è il rebus più complicato dato che Wesley Johnson, rookie dalle potenzialità illimitate (scelto con il numero 4) dovrebbe partire titolare, ma, dopo la buona preseason disputata, Martell Webster potrebbe mettere in difficoltà coach Rambis. Anche se la perdita di Al Jefferson pesa (ma il giocatore aveva ormai finito i giorni in Minnesota) tuttavia ci sono buoni motivi per essere moderatamente ottimisti: questo sarà un anno agonistico di valutazione per la dirigenza che potrà visionare tanti giovani e decidere su chi puntare per un buon progetto futuro e chi sacrificare perchè non idoneo alle idee di squadra. Certamente “Minnie” passerà ancora per il Draft il prossimo anno, quindi niente post season, ma è incoraggiante che dopo tanto tempo (circa 4 anni ormai) si intraveda un progetto tecnico per far uscire i Wolves dall’anonimato. In attesa di vedere se Rubio, quando lascerà Barcellona, giocherà a Minneapolis oppure vorrà essere ceduto altrove. Per ora l’obiettivo minimo è di migliorare il pessimo record dello scorso anno (e su questo non ci vorrà molto, almeno così si spera).

    Arrivi: Luke Ridnour (Milwaukee Bucks), Michael Beasley (Miami Heat), Kosta Koufos (Utah Jazz), Nikola Pekovic (Panathinaikos), Anthony Tolliver (Golden State Warriors), Martell Webster (Portland Trail Blazers), Sebastian Telfair (Cleveland Cavs)
    Partenze: Ryan Gomes (Clippers), Ramos Session e Ryan Hollins (Cavs), Al Jefferson (Utah Jazz)
    Scelte al draft: Wesley Johnson (pick n.4), Lazard Hayward (pick n.30)
    Probabile quintetto base
    Playmaker: Jonny Flynn
    Shooting Guard: Corey Brewer
    Small Forward: Wes Johnson
    Power Forward: Michael Beasley
    Center: Kevin Love

    ROSTER

    Guardie: Wayne Ellington, Jonny Flynn, Luke Ridnour, Sebastian Telfair, Martell Webster, Maurice Ager
    Ali: Michael Beasley, Corey Brewer, Lazar Hayward, Wesley Johnson, Anthony Tolliver,
    Centri: Kosta Koufos, Kevin Love, Darko Milicic, Nikola Pekovic
    HEAD COACH: Kurt Rambis

    PORTLAND TRAIL BLAZERS: Sono ormai 4 anni che i Blazers sono ritenuti la squadra con il miglior progetto tecnico dell’intera NBA. O meglio lo erano, perchè a partire dalla seconda metà della scorsa stagione, di questo “titolo” (che lascia il tempo che trova ma che alcune volte è utile nell’indicare i futuri dominatori di uno sport di squadra) si sono appropriati di prepotenza i Thunder. I Blazers quindi partono un pò con i fari spenti quest’anno ed hanno da chiedere al campionato che li attende solo ed esclusivamente una cosa: che gli infortuni (tremendamente lunga la lista dei giocatori non disponibili in questi ultimi 2-3 anni) li lascino finalmente in pace. Se ciò avvera i Blazers potranno sicuramente dire la loro visto che la scorsa annata, senza l’apporto di giocatori fondamentali in vari ruoli (Oden, per buona parte di tempo Roy), sono riusciti lo stesso a portare a casa ben 50 vittorie, solo 7 in meno rispetto ai Lakers che hanno avuto il miglior record della Western Conference. Proprio da Oden si deve ripartire: il centrone dalle potenzialità illlimitate ha disputato solo 82 partite sulle 246 disponibili da quando nel Draft del 2007 è stato chiamato dalla franchigia dell’Oregon con il numero 1 assoluto (sacrificando quindi un fenomeno come Kevin Durant chiamato con la scelta numero 2 dai Seattle Sonics). In pratica ha disputato un solo anno intero sui 3 disponibili, gli infortuni lo hanno tormentato fin dall’inizio (basti pensare che il primo anno, quello da rookie, è stato saltato completamente per un’operazione di microchirurgia al ginocchio). Anche lo scorso anno Oden ad un certo punto ha dovuto arrendersi nel momento in cui per prendere un rimblazo si è fratturato la rotula. Il ritorno in campo non dovrebbe tardare ad arrivare ed in Oregon sperano che questa serie incredibile di infortuni e (sfortune) sia arrivata al capolinea, lasciando dimostrare a Greg che gli analisti che per impatto lo paragonavano al giovane Shaq O’Neal avevano pienamente ragione. In effetti vedendo giocare (per quel poco che si è potuto vedere tra l’altro) Oden, si ha questa impressione, le potenzialità per essere il miglior centro della Lega ci sono tutte (è una forza della natura, con una potenza vista poche volte) e diventare il vero erde di o’Neal potrebbe anche non essere un’eresia. Bisognerà vedere il suo recupero sui parquet. Intanto il numero 52 in allenamento sta dando buoni segnali. Giocatori fondamentali per il progetto sono sicuramente Roy come guardia titolare (di cui tutti conosciamo le capacità cestistiche) e LaMarcus Aldridge in ala grande chiamato ad esplodere definitivamente quest’anno, poi Miller come play e Batum in ala piccola (giocatore molto sottovalutato ma vero “steal of the Draft” da parte di Kevin Pritchard quando lo scelse). A dare una mano è arrivato Wes Matthews da Utah, mentre Fernandez spinge per andare via. Babbitt, preso al Draft tramite Minnesota, potrebbe rappresentare il vero punto di svolta tra i tiratori. Camby darà il solito apporto di sostanza sotto il canestro. Peccato per il giovane Pendergraph, ala grande con ottime prospettive, fuori per tutta la stagione (ma non c’è da meravigliarsi visto che si parla dei Blazers) prima ancora di iniziare a giocare. A proposito di Pritchard, 2 parole sull’ex manager che ha costruito questi Blazers: forse silurato con troppa fretta in Estate, dopo il Draft, è ancora nel cuore dei tifosi, visto che i supporters rossoneri imputano la mancanza di vittorie al proprietario Paul Allen. L’obiettivo è puntare sempre più in alto, quindi un miglioramento delle 50 vittorie pare auspicabile per Portland. Sperando nell’integrità fisica, poi, ogni traguardo pare raggiungibile.

    Arrivi: Wes Matthews (Utah Jazz)
    Partenze: Jerryd Bayless (New Orleans Hornets) Martell Webster (Minnesota Timberwolves) Juwan Howard (Miami Heat), Ryan Gomes (Clippers)
    Scelte al Draft: Luke Babbitt (pick 16, da Nevada University via Minnesota Timberwolves), Elliot Williams (undrafted, da Mmphis University), Armon Johnson (undrafted, da Nevada University) Probabile quintetto base
    PG- Andre Miller
    SG- Brandon Roy
    SF- Nicholas Batum
    PF- LaMarcus Aldridge
    C- Greg Oden

    ROSTER

    Guardie: Andre Miller, Brandon Roy, Armon Johnson, Patty Mills, Elliot Williams, Wes Matthews, Rudy Fernandez.
    Ali: Nicholas Batum, LaMarcus Aldridge, Dante Cunningham, Luke Babbitt.
    Centri: Marcus Camby, Greg Oden, Joel Przybilla, Fabricio Oberto/Jeff Pendergraph.
    Head Coach: Nate McMillan

    OKLAHOMA CITY THUNDER: La vera squadra del futuro visto che è la più giovane in NBA. I Thunder sembrano essere la squadra che nei prossimi 10 anni potrebbe rendere la vita impossibile a tutti. Secondo molti analisti già quest’anno i Thunder potrebbero essere una contender per il titolo, ad Ovest la seconda piazza dietro i Lakers potrebbe essere un obiettivo facilmente raggiungibile se la crescita dei tanti giovani del roster non subirà rallentamenti. La squadra inoltre sembra molto profonda anche in panchina e se già lo scorso anno, dopo 50 vittorie in stagione, nel primo turno playoff i Los Angeles Lakers hanno avuto parecchie difficoltà nel portare a casa la serie contro OKC, quest’anno ci si aspetta un ulteriore miglioramento (sensazionale gara 4 in cui i Lakers sono stati annientati sotto 21 punti di scarto). Scott Brooks è stato incoronato allenatore dell’anno nella passata stagione, grazie soprattutto al netto miglioramento del numero di vittorie, tuttavia deve ancora dimostrare di saper condurre questi Thunder verso traguardi sempre più ambiziosi.
    Da parte sua Brooks è bravo a lavorare coi giovani, ha una solida base di buoni giocatori, una superstella in continua ascesa, ma attualmente non ha ancora il carisma di altri suoi colleghi. Può solo migliorare e diventare uno degli allenatori più preparati del panorama NBA. Chi è già, invece tra i migliori in NBA è il G.M. Sam Presti, un 35 enne in continua ascesa che ha costruito pezzo per pezzo questi Thunder e che è corteggiato dai Top-Team della Lega. Assieme a Durant il pezzo forte di questa franchigia. Analizzando il roster non si può non parlare di Kevin Durant: a Portland si stanno mangiando le mani per non averlo scelto al posto di Oden, a Seattle la situazione è ancora peggio visto che solo ora si stanno rendendo conto di cosa avevano realmente ottenuto al Draft del 2007. Gli analisti di Espn prevedono che Durant sarà la stella più splendente della seconda decade del ventunesimo secolo. Il destino dei Thunder è nelle mani di Durant, capace di diventare il più giovane capocannoniere della NBA a 21 anni e dopo solo 3 stagioni nella Lega. Durant è il prototipo di giocatore moderno: un condensato di tecnica, forza ed agilità con enormi margini di miglioramento negli anni. Trova il canestro avversario con una facilità disarmante, sta iniziando ad avere una buona propensione a rimbalzo che lo potrebbe portare a chiudere ogni match in doppia doppia. L’attitudine difensiva cresce di partita in partita. E quando comincerà a coinvolgere maggiormente i compagni nel gioco, il rischio è che si assista ad un egemonia, sua e della sua squadra (almeno ad Ovest, ma il rischio è per tutta la Lega). Votato a Settembre come MVP dei Mondiali in Turchia, Durant ha dimostrato di essere, a soli 22 anni (compiuti da poco) anche un leader, capace di condurre la squadra ed i compagni al successo. E queste sono doti che serviranno nel futuro luminoso del numero 35. E tutto ciò è dovuto alla testa del ragazzo che non va mai fuori dalle righe, crede fermamente nell’amicizia dei suoi compagni di squadra (che lo adorano) e mostra una maturità fuori dal comune (leggere gli infiniti ringraziamenti a familiari, amici e compagni di squadra ogni qualvolta ottiene qualche riconoscimento importante, ultimamente ha voluto condividere la copertina di Sport Illustrated con Sefolosha e Krstic, imponendolo alla famosissima rivista sportiva). Questo è ciò che piace, del ragazzo, alla gente: la sua riconoscenza, il suo modo di fare, ed è inevitabile che per tutte queste cose sia messo in contrapposizione al “nuovo nemico pubblico” LeBron James, divenuto molto impopolare negli States dopo la decisione di abbandonare i Cavaliers. Non ci stupiremmo se tra qualche anno il nuovo numero 1 della NBA diventasse lui, intanto in molti lo danno come il probabile MVP della stagione regolare. Vedremo cosa sarà capace di fare il numero 35.
    Accanto a lui un altro talento in piena esplosione, Russell Westbrook: autore di una maiuscola stagione da sophomore, Westbrook è un atleta incredibile nel suo ruolo; sempre presente in campo nella passata stagione, dove ha migliorato il suo rendimento sia in termini di punti che (soprattutto) di assist. Il playmaker è al pari di Durant un rebus per i pari ruolo avversari, vuoi per la tecnica vuoi per il fisico che gli consente di dominare gran parte dei pari ruolo avversari su ambo i lati del campo vista la sua più che discreta capacità di difendere. Bisogna migliorare nel tiro da 3 ma le prospettive per farlo sono ottime, a quel punto nulla sarebbe vietato al numero 0.
    A completare il trio c’è Jeff Green, ala grande atipica con un ottimo tiro da 3, scelto nello stesso Draft di Durant. Nella pasata stagione il limite di Green sono stai i centimetri ed i muscoli concessi ai pari ruolo più alti e grossi (vedi Gasol), ma quest’anno, in preseason, il numero 22 sembra aver messo su qualche chilo utile per contrastare gli avversari. Proprio per questo la dirigenza aveva pensato ad una trade per scambiarlo con un’ala grande più adatta a questo tipo di gioco ma ora sembra che Green si sia preso il posto di titolare inamovibile. Completano il quintetto Harden, sophomore che quest’anno dovrebbe prendere il posto da titolare in guardia visto il netto miglioramento nei tiri da 3 punti e nell’ottenere falli dagli avversari in penetrazione, e Krstic come centro, che però dovrà guardarsi dal rookie Aldrich che scalpita alle sue spalle, che oltre ad una innata propensione al rimbalzo, alla stoppata ed alla difesa nel pitturato, crescendo di partita in partita potrebbe creare problemi agli avversari anche in attacco viste le mani molto educate e tecniche e visto che la stazza non è da sottovalutare. Un combattente nato, sicuramente il miglior centro uscito dal Draft insieme a Cousins. Dalla panchina saranno fondamentali la difesa di Sefolosha che farà rifiatare Harden, Eric Maynor, anche lui sophomore, che già lo scorso anno è stato un ottimo cambio per Westbrook (nonostante la giovane età ha innate capacità di controllo della partita), Serge Ibaka, congolese tutto muscoli ed atletismo che darà qualche minuto di riposo a Green, ed i tiri da 3 del veterano Peterson ed del talentino Cook (arrivato, per niente, da Miami, già vincitore della gara da 3 punti dell’All-Star Game 2009). Insomma non solo i titolari ma anche i cambi sembrano ottimi per questa squadra.
    A Seattle ancora le autorità si stanno disperando per aver lasciato andare via nel Luglio 2008 una squadra del genere, che avrebbe portato notorietà e vantaggi economici anche in città (cosa che sta avvenendo ad Oklahoma City). Dispiace per i tifosi dei Sonics che ancora hanno nostalgia dei bei tempi che furono e delle partite alla Key Arena.
    Sul sito ufficiale della NBA per quanto riguarda i Thunder, gli esperti hanno messo una piccola dicitura: “Ready to take flight” ovvero “Pronti a spiccare il volo”. Semplicemente niente di più esatto!

    Arrivi: Royal Ivey (Bucks), Daequan Cook (Heat), Morris Peterson (Hornets).
    Partenze: Mustafa Shakur (Hornets), Ethan Thomas (Hawks), Kyle Weaver (tagliato),Kevin Ollie (fine carriera)
    Scelte al draft: Cole Aldrich (pick 11, da Kansas University via New Orleans Hornets), Tibor Pleiss (Germany), Ryan Reid (pick 57, da Florida State), Latavious Williams (pick 48, da Tulsa 66ers, DNBL)
    Probabile quintetto base
    Playmaker: Russel Westbrook
    Shooting Guard: James Harden
    Small Forward: Kevin Durant
    Power Forward: Jeff Green
    Center: Nenad Krstic (o Cole Aldrich)

    ROSTER

    Guardie: Daequan Cook, James Harden, Royal Ivey, Moris Peterson, Thabo Sefolosha, Russel Westbrook, Eric Maynor.
    Ali: Kevin Durant, Jeff Green, Serge Ibaka, DJ White, Nick Collison.
    Centri: Cole Aldrich, Nenad Krstic, Byron Mullens.
    HEAD COACH: Scott Brooks

    UTAH JAZZ: A prima vista i Jazz potrebbero sembrare indeboliti rispetto allo scorso anno. Ma chi pensa ciò sbaglia ed anche di grosso. Anche dando un’occhiata all’ottima preseason, dove Utah è stata la migliore squadra assieme a Magic e Grizzlies (8-0 il record, battendo per ben 2 volte i bicampioni dei Los Angeles Lakers a domicilio) non si può non vedere che la partenza di Boozer è stata ampiamente coperta con l’acquisizione di Al Jefferson che in termini di talento non ha nulla da invidiare all’illustre predecessore. Il colpo è stato accolto con grande entusiasmo da tifosi e critica, che hanno salutato Big Al come l’erede designato di Malone e “Booz”. Anche dal punto di vista economico, numerosi sono stati i vantaggi ottenuti, poiché il contratto dell’ex T-Wolves è più corto e meno oneroso di quello firmato dall’uomo dell’Alaska con i Chicago Bulls. Inoltre il talento del neo arrivato Gordon Hayward, stella di Butler University, compensa la perdita di un onesto tiratore da 3 punti come Korver, ed anche se Hayward in preseason non ha brillato nel tiro dalla lunga distanza pare un tiratore di gran lunga migliore rispetto a Korver. Il G.M. O’Connor ha poi firmato Raja Bell, soffiandolo ai Lakers e 2 comprimari di lusso come Earl Watson e Francisco Elson per rinforzare la squadra in ogni reparto. Per quanto riguarda Bell il suo è un ritorno nella squadra che lo aveva definitivamente lanciato all’inizio della sua carriera nella Lega, quindi conosce già in parte i principi del sistema; inoltre è un ottimo difensore sugli esterni, il che permetterà a Kirilenko di liberarsi dalle numerose incombenze difensive ed essere decisivo come sa in aiuto e con qualche energia in più da spendere in attacco. Discreto tiratore dall’arco, risulterà un ottimo innesto a condizione che riesca a guarire definitivamente dall’infortunio che lo a colpito nell’ultima stagione. Ovviamente le fortune della squadra passeranno dalle mani del suo playmaker, ormai entrato di diritto nell’olimpo dei giocatori di prima fascia NBA, quel Deron Williams che tanti invidiano ai Jazz: lo scorso anno, il numero 8 ha mostrato durante il primo turno di playoff un arsenale a dir poco illimitato di soluzioni offensive, trascinando la squadra praticamente da solo alla sfida contro i Lakers. Al secondo turno ha sofferto decisamente la fisicità in aerea dei lunghi di Los Angeles, ma con le assenze di AK47 e Okur la squadra non avrebbe comunque potuto fare di meglio. Il ritorno dei 2 europei in squadra sarà la chiave di volta della prossima stagione: tutti e 2 arrivano da un’annata decisamente deludente e vogliono riscattarsi: il russo è all’ultimo anno del suo faraonico contratto ed il turco non vuole perdere il suo posto in quintetto a favore del rampante Millsap, ipotesi non del tutto remota ed attuabile anche in alcuni momenti della partita nei quali si volesse giocare Small-Ball. Ipotizzabile un quintetto con Williams, Miles, Kirilenko, Jefferson ed Okur,ma le soluzioni in panchina per Sloan abbondano: Millsap in primis, Bell, Watson e lo scalpitante rookie Hayward. Sloan nella sua oltre ventennale esperienza in quel di Salt Lake City può dirsi sicuramente soddisfatto. Con la sua grande esperienza potrà condurre i Jazz ad una stagione da protagonisti. Le previsioni per questa stagione sono molto simili a quelle del passato recente: sicuramente Williams e compagni hanno assicurato un ruolo importante nei prossimi playoff, ipotizzabile l’arrivo tra le prime 5 ad Ovest visto che i primi 2 posti sembrano assegnati Lakers ed Oklahoma City. Da quel momento in poi, si dovrà lottare, forse anche contro ed oltre le proprie possibilità, per riuscire ad arrivare il più lontano possibile.

    Arrivi: Al Jefferson (da Minnesota Timberwolves), Raja Bell (F.A.), Francisco Elson (F.A.), Earl Watson (da Indiana Pacers)
    Partenze: Carlos Boozer, Kyle Korver (ai Chicago Bulls), Wesley Matthews (ai Portland Trail Blazers), Kosta Koufos (ai Minnesota Timberwolves)
    Scelte al draft: Gordon Hayward (pick 9 da Butler)
    Probabile quintetto base
    Playmaker: Deron Williams
    Guardia: C.J. Miles
    Ala Piccola: Andrei Kirilenko
    Ala Grande: Al Jefferson
    Centro: Mehmet Okur

    ROSTER

    Guardie: Raja Bell, Deron Williams, Ronnie Price, Earl Watson,
    Ali: Jeremy Evans, Gordon Hayward, Al Jefferson, Andrei Kirilenko, C.J. Miles, Paul Millsap,
    Centri: Francisco Elson, Mehmet Okur, Kyrylo Fesenko
    Head Coach: Jerry Sloan

    ANALISI PACIFIC DIVISION
    ANALISI SOUTHWEST DIVISION
    ANALISI CENTRAL DIVISION
    ANALISI SOUTHEAST DIVISION
    ANALISI ATLANTIC DIVISION

  • NBA: Poche ore al via, cresce l’attesa per Heat e Lakers

    NBA: Poche ore al via, cresce l’attesa per Heat e Lakers

    Mancano poche ore al via della nuova stagione NBA che si aprirà alle ore 19.30 locali (l’1.30 circa in Italia) con l’attesissima sfida tra i nuovissimi e scintillanti Miami Heat del trio delle meraviglie LeBron James-Dwyane Wade-Chris Bosh che faranno visita ai “vecchi Big Three” di Boston ovvero Paul Pierce-Kevin Garnett-Ray Allen (aiutati ormai in pianta stabile dal playmaker Rajon Rondo). Alle ore 10.00 locali (le 4.00 italiane) invece seconda partita che vedrà impegnati i Suns a Portland. Mentre chiusura con il botto poco più tardi, alle 10.30 (le 4.30 in Italia), con l’esordio dei bicampioni dei Los Angeles Lakers, in casa contro i Rockets, dove ci sarà anche la consegna, tramite una piccola cerimonia, degli anelli ai gialloviola per il trionfo dello scorso campionato.

    Tutti gli occhi sono puntati su queste 2 franchigie: degli Heat già abbiamo accennato, l’altra, i Lakers di Kobe Bryant e Phil Jackson, sono probabilmente ancora la squadra da battere anche quest’anno ma potrebbero essere arrivati al “canto del cigno” alla fine di questa stagione vista l’età media non più verdissima. In molti dicono che lasceranno strada proprio agli Heat, che è opinione comune, hanno acquisito tantissimo in termini di talento, forza fisica, tecnica, e chi più ne ha più ne metta. E ciò pare lampante visto che nel basket moderno mai nessuna squadra era riuscita ad ammassare così tanto talento nel giro di poche ore, riuscendo a rifirmare l’uomo franchigia Dwyane Wade (dopo Kobe Bryant la migliore guardia nel panorama NBA) e ad affiancargli in un lasso di tempo ridottissimo Chris Bosh dai Toronto Raptors (forse la migliore ala grande per talento puro nella Lega, peccato che alcune volte la tenuta mentale non sia altrettanto eccellente) e LeBron James dai Cleveland Cavaliers, il più forte giocatore di pallacanestro sulla faccia della Terra secondo il giudizio di moltissimi esperti NBA. Messi assieme questi 3 giocatori e reperiti sul mercato altri onesti comprimari, gli Heat si presentano ai nastri di partenza allo stesso livello dei Lakers (anzi, qualche agenzia di scommessa li dà anche per favoriti) e se non già da quest’anno, saranno la squadra da battere nei prossimi campionati. L’atmosfera sui parquet d’oltreoceano sarà particolarmente “calda” per gli Heat (che tradotto in italiano signica letteralmente “caldo”!): LeBron James infatti in pochi mesi ha visto il suo indice di gradimento pubblico calare più velocemente di quello di Obama e, dopo il fiasco dello show televisivo nel quale ha annunciato la sua “decisione” di andare a Miami, è diventato decisamente impopolare. Gli Heat così dovranno convivere con l’etichetta di squadra antipatica per la maggior parte dei tifosi a stelle e strisce. Nessun problema, sostengono i “Big Three”, le sentenze comunque le darà soltanto il campo da gioco come al solito.

    Poi dopo i 2 “dream team” tutte le altre outsider, in primis gli Orlando Magic del centro più forte della Lega, Dwight Howard, ruolo che più di ogni altro riesce a spostare gli equilibri di una franchigia. Magic molto equilibrati e compatti, che dovranno guardarsi dai soliti Celtics, sempre più vecchietti con l’aggiunta di Shaq O’Neal, ma sempre pericolosi.
    A seguire, tutte le altre squadre con gli Oklahoma City Thunder pronti ad esplodere, dopo l’ultima ottima stagione, sotto la guida del fenomenale Kevin Durant che il mondo intero ha potuto ammirare negli ultimi Mondiali di Turchia a Settembre (premiato come M.V.P. del torneo). E vista l’età di Kobe Bryant (32 anni ma si va per i 33) ecco che il numero 35 nativo di Washington è incredibilmente diventato l’anti-LeBron: il pubblico ed i tifosi americani lo amano immensamente, la faccia da ragazzino (e lo sarebbe anche visti i 22 anni compiuti il 29 settembre), un viso”pulito” e tante buone azioni che la gente non fa fatica a leggere ed interpretare, lo hanno portato incredibilmente alla ribalta ponendolo in contrasto con il “nuovo nemico pubblico James”. Gli applausi per Durant sono arrivati anche la settimana scorsa quando il giocatore, scelto dalla famosissima rivista “Sports Illustrated” come uomo copertina, ha voluto dividere la cover del settimanale con 2 suoi compagni di squadra, l’ex Biella Thabo Sefolosha ed il serbo Nenad Kristic. Questa la dichiarazione del numero 35 Thunder:

    • Mi sembrava giusto, di loro si parla troppo poco e meritano un po’ di pubblicità, i successi della squadra non sono solo merito mio ma soprattutto loro”.

    Kevin Durant può seriamente puntare al premio di M.V.P. stagionale e facendo ciò potrebbe anche trascinare i Thunder dove nessuno osa immaginare: tanto talento abbonda tra le file degli ex Seattle Sonics (ed inoltre sono la squadra più giovane della Lega!) pronti già ora ad essere i vice Lakers ad Ovest, in attesa di prenderne il posto tra un anno ed iniziare a sfidare gli Heat per il predominio nella Lega.

    Tutte le altre squadre sembrano avere un qualcosa in meno rispetto a questi 5 top-team, ma le sorprese in NBA sono sempre dietro l’angolo: d’altra parte basta un’operazione di mercato per proiettare una squadra mediocre tra le possibili contender al titolo (come potrebbe diventarlo New York se riuscisse ad acquisire Carmelo Anthony dai Nuggets).

    Tra i nuovi giocatori che si affacciano al palcoscenico della NBA da tenere d’occhio la prima scelta assoluta del Draft 2010 di Washington, John Wall. E la prima scelta assoluta del Draft 2009 Blake Griffin (L.A. Clippers) che è considerato rookie a tutti gli effetti visto che lo scorso anno poco prima di debuttare in regualr season un brutto infortunio lo ha tolto di mezzo per tutto l’anno. Sono loro 2 a giocarsi il titolo di debuttante dell’anno e succedere così a Tyreke Evans dei Kings, ma attenzione ad un’altro debuttante proprio di Sacramento, DeMarcus Cousins, centro dalle enormi potenzialità, quinta scelta assoluta dei californiani che però in ordine di gradimento dopo una buona preseason ha già scavalcato nelle gerarchie dei critici sia la seconda scelta assoluta Evan Turner, la terza, Derrick Favors e la quarta Wes Johnson.

    Un in bocca al lupo speciale va ai nostri 3 connazionali della NBA: a Marco Belinelli, che nella sua nuova casa di New Orleans dovrà dimostrare di poter restare nella Lega dopo anni in cui non ha mostrato la sua classe (nè ai Warriors, nè ai Raptors); a Danilo Gallinari che spera di poter proseguire la sua avventura ai Knicks e non essere mandato a Denver come contropartita di Melo Anthony; ad Andrea Bargnani, che si è trovato catapultato all’improvviso come uomo franchigia dei Toronto Raptors dopo il tradimento di Chris Bosh e dovrà essere il vero leader ed uomo squadra di un gruppo in ricostruzione.

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  • NBA, preseason: Miami perde contro gli Hawks, Belinelli delude contro i Thunder

    NBA, preseason: Miami perde contro gli Hawks, Belinelli delude contro i Thunder

    I nuovi Miami Heat di LeBron James cadono nuovamente, questa volta contro gli Atlanta Hawks, ed ora il record in preseason è addirittura perdente: 3 vittorie e 4 sconfitte. Non bastano i 38 punti di LeBron per portare a casa il successo, Atlanta mette 5 uomini in doppia cifra (Mike Bibby con 13 punti, Al Horford che ne ha aggiunti altri 12 con Josh Smith e Crawford a quota 11, oltre allo spettacolare Joe Johnson da 27) a cui va aggiunto un ottimo Marvin Williams (finalmente decisivo) con la bomba ad un minuto dalla fine (93-88 Hawks) per 9 punti totali ed 11 rimbalzi. Miami paga ancora l’indisponibilità di Wade, ma se il limite di una formazione costruita per vincere è solo un’assenza (per quanto importante) c’è da iniziare a preoccuparsi.

    Dopo la straordinaria prestazione di solo 24 ore fa, Marco Belinelli incappa in una serata pessima: contro gli Oklahoma City Thunder solo 2 punti in 20 minuti per l’italiano che segna un brutto 0/5 dal campo (i 2 punti solo in lunetta) con 3 palle perse. Ottima invece la prova degli avversari a tratti devastanti, con un gioco spumeggiante che ha fatto valere la superiorità tecnica ed atletica della squadra di Kevin Durant (19 punti, 5 rimbalzi ed anche 8 assist per lui), ben aiutato dai soliti Westbrook (crescita spaventosa di partita in partita per il play, alla fine 17 punti) e Green (14 punti). Da segnalare i 13 punti di Cook, il tiratore da 3 punti che per quasi 2 anni non sono riusciti a trovare ad OKC e che ora fornisce di un’arma in più la franchigia neonata dell’Oklahoma, ed il rientro in campo dopo l’operazione al dito di Krstic che ha dato solidità in difesa e a rimbalzo. Thunder che si candidano ad essere la possibile outsider per il titolo se la continua crescita dei giovani della squadra procederà secondo i tempi previsti, senza intoppi.

    Nelle altre partite della notte 26 punti di Sessions guidano i Cavaliers alla vittoria su Milwaukee, gli Spurs si impongono nel derby con i Rockets, Brandon Roy (23 punti) guida i Blazers al successo sui Nuggets (inutili i 21 di Anthony), mentre i campioni dei Lakers demoliscono i Warriors con un sonoro 120-99 (23 punti per Gasol, Bryant tenuto a riposo).

    Risultati preseason NBA 21 ottobre 2010

    New Orleans Hornets-Oklahoma City Thunder 86-101

    • (N.O.: West 24, Belinelli 2; Okl: Durant 19)

    Golden State Wariors- Los Angeles Lakers 99-120

    • (G.S.: Curry 19; Lak: Gasol 23)

    Miami Heat-Atlanta Hawks 89-98

    • (Mia: James 38; Atl: Johnson 27)

    Milwaukee Bucks-Cleveland Cavaliers 77-83

    • (Mil: Douglas-Roberts 16; Cle: Sessions 26)

    Denver Nuggets-Portland Trail Blazers 83-90

    • (Den: Anthony 21; Por: Roy 23)

    Houston Rockets-San Antonio Spurs 103-111

    • (Hou: Martin 21; S.A.: Blair 17)
  • NBA: Presentate le nuove maglie per la stagione 2010-2011

    NBA: Presentate le nuove maglie per la stagione 2010-2011

    Sono state presentate le nuove maglie per la stagione agonistica 2010-2011.
    La principale novità dello sponsor tecnico, l’Adidas, consiste nella leggerezza del tessuto che, a quanto riportano molti esperti dell’azienda tedesca, aprirà una nuova era per quanto riguarda lo sviluppo dei tessuti che si utilizzeranno nella progettazione delle future maglie.
    La nuova tecnica realizzativa è stata chiamata “Revolution 30”.

    Per quanto riguarda più propriamente le divise delle 30 franchigie del basket d’oltreoceano sono da riportare alcune novità: alcune squadre hanno cambiato logo in Estate e quindi l’Adidas ha preso la palla al balzo per disegnare delle nuove maglie da gioco. E’ il caso dei Golden State Warriors e degli Utah Jazz, con un ritorno al vintage molto gradito dai tifosi delle squadre. I Warriors passano al blu (molto più tenue rispetto a quello degli ultimi anni) e visto che il nuovo logo prevede la raffigurazione del ponte che attraversa la baia di San Francisco, (lo spettacolare Golden Gate), anche sulle maglie è stato impresso il segno distintivo della baia! L’effetto non è da disprezzare!

    Ritorno al passato, come già detto, anche per i Jazz, che rispolverano sia nel logo, che nelle divise, la famosa nota musicale e sanciscono il ritorno al classico colore viola che fu tanto famoso ai tempi del duo Stockton-Malone.

    Cambio di maglia anche per i Cavaliers che orfani di James, probabilmente hanno deciso di tagliare tutti i ponti con il recente passato: il color vinaccia ha lasciato posto ad un bordeaux con rifiniture in giallo ed il nome della città e della franchigia (a seconda dell’uso della maglia da trasferta o di casa) ha assunto contorni più sobri.

    Piccoli aggiustamenti ma neanche troppo evidenti per i Los Angeles Clippers e per i Minnesota Timberwolves (dove dalle maglie sono scomparsi gli alberelli in verde quasi fluorescente che facevano le rifiniture dei bordi) per lasciare spazio ad un colore molto più scuro che ora definisce i contorni.

    Ci si attendeva qualche novità nel logo e nelle divise da gioco degli Oklahoma City Thunder del nuovo fenomeno Kevin Durant, visto che nella tormentata e movimentata Estate del 2008, quando i Sonics di Seattle furono rilocati dalla Lega ad Oklahoma City, i colori sociali ed il design del logo furono introdotti in fretta e furia visto che l’avvio della stagione regolare incombeva sulla squadra. Invece tutto è rimasto fermo, magari l’anno prossimo sarà quello giusto per vedere qualcosa di nuovo sulle maglie della piccola città del “Mid-West” degli Stati Uniti.

    Guarda tutte le maglie della stagione 2010-2011

  • Mondiali di basket Tuchia 2010: Il trionfo degli Stati Uniti. Le immagini

    Mondiali di basket Tuchia 2010: Il trionfo degli Stati Uniti. Le immagini

    Ecco le immagini della finale del Mondiale di basket di Turchia 2010 disputatasi ad Istanbul tra i padroni di casa turchi e gli Stati Uniti dell’M.V.P. del torneo Kevin Durant.
    La gara è stata vinta dagli americani per 81-64 grazie alla straordinaria prova proprio di Durant che ha chiuso con 28 punti con ben 7 triple, risultando quasi immarcabile.
    Stati Uniti che tornano sul tetto del Mondo 16 anni dopo, ed è il trionfo per un gruppo di ragazzi quasi sconosciuti che sono stati chiamati in nazionale per le defezioni di tutti i “Big” dell’NBA, e che sono riusciti nell’impresa di vincere il torneo, quando invece nel Mondiale precedente i vari ed osannati James, Bryant, Anthony e soci avevano fallito, guardando il trionfo della Spagna.

    Proprio la Spagna ha deluso più di tutte, chiudendo al sesto posto, ed ha pagato molto più del previsto il forfait (annunciato da tempo comunque) della sua stella Pau Gasol.

    Argentina quinta grazie ad un Luis Scola monumentale ed a tratti il vero antagonista di Durant nella corsa al titolo di miglior giocatore della competizione. Scola ha vinto la classifica marcatori con 27 punti abbondanti di media.

    Quarta la sorprendente e giovane Serbia che ha puntato su un nucleo di ragazzini ed è stata ripagata nel migliore dei modi, sfiorando anche l’accesso alla finalissima visto che per 38 minuti ha guidato l’incontro di semifinale contro i padroni di casa turchi, venendo poi sorpassata negli ultimi secondi di gioco. Un futuro luminoso attende questa nazionale.

    Terza classificata l’ancor più sorprendente Lituania, arrivata al Mondiale grazie ad una wild-card che ha permesso a molti di conoscere un gruppo di giovani talenti guidati da un leader che si appresta a tornare in NBA nel migliore dei modi dopo 2 anni passati in Europa tra le fila biancorosse dell’Olympiacos Pireo: stiamo parlando di Linas Kleiza che ha dimostrato di essere uno dei giocatori più completi, un ‘ala dal potenziale molto alto che darà una grossa mano ai Toronto Raptors che lo hanno ricevuto quasi per nulla dai Denver Nuggets (che si staranno mangiando le mani dopo le strepitose prestazioni in questo Mondiale da parte del talento gialoverde).

    Seconda la Turchia, e non si poteva chiedere di più, visto che gli Stati Uniti, grazie al talento di Durant, avevano una marcia in più. Buone notizie dal redivivo Turkoglu che dopo l’ “Annus Horribils” a Toronto, cercherà di rilanciarsi a Phoenix.

    E poi gli U.S.A., di nuovo in vetta al Mondo, grazie ad un fenomeno di 21 anni, ben coadiuvato da gregari eccezionali quali il suo compagno ai Thunder Russell Westbrook, il sempre utile Lamar Odom e l’atletico Andre Iguodala, sacrificatosi in difesa nelle marcature più assurde con ottimi risultati e che ha messo da parte per amore del gruppo il suo talento offensivo. Ed un plauso particolare al coach Mike Krzyzewski che si sta dimostrando un allenatore particolarmente vincente e con le idee ben chiare.

    GUARDA LE IMMAGINI DELLA FINALE

  • Super Durant trascina gli Stati Uniti alla vittoria: è oro mondiale!

    Super Durant trascina gli Stati Uniti alla vittoria: è oro mondiale!

    Una prova monumentale di uno strepitoso ed incontenibile Kevin Durant da 28 punti e 5 rimbalzi trascina gli Stati Uniti alla vittoria sui padroni di casa della Turchia ai Mondiali di basket. Nasce una stella luminosissima in questa sera del 12 settembre 2010, un giocatore che non ha nulla da invidiare a coloro che, stelle ormai riconosciute nel panorama NBA, invece, a questo Mondiale hanno deciso di rinunciare, quasi come se fosse solo un peso: ma non per un ragazzino-prodigio di soli 21 anni che già aveva fatto vedere al Mondo intero cosa è in grado di fare laureandosi come il più giovane marcatore di sempre della storia della NBA nell’ultima stagione disputata. Ora la definitiva consacrazione in questo torneo per un talento puro come pochi altri e che ora andrà posto nell’elite del basket assieme ai più noti colleghi che rispondono al nome di LeBron James, Kobe Bryant e così via. Tecnica, fisico, agilità, velocità, talento, esplosività e tanta etica del lavoro, straordinaria per un ragazzo così giovane che potrebbe perdersi facilmente nei meandri del protagonismo come tanti suoi coetanei. Ma evidentemente preferisce essere ricordato per le sue imprese sportive piuttosto che per qualche bravata tipicamente giovanile. Il futuro, e la prossima decade, saranno sicuramente suoi se il suo talento potrà essere espresso sui parquet più prestigiosi, lontano da infortuni che potrebbero minarne l’efficienza.
    Una partita, quella disputata dagli Stati Uniti, subito nata sotto il segno del giocatore degli Oklahoma City Thunder, e che la Turchia ha cercato di non farsi sfuggire dalle mani come ha potuto, opponendo strenuamente tutte le sue armi, ma il divario è parso veramente incolmabile. Onore comunque ai giocatori turchi che sono arrivati all’appuntamento finale da imbattuti, distrutti in questa finale sia a rimbalzo (42 a 34) che nei tiri da 3 punti (11 a 7 le bombe totali) e la medaglia d’argento vale quasi come una d’oro. La vera medaglia d’oro invece ha stampata la faccia sorridente e ingenua di un ragazzo di 21 anni che ha griffato questo Mondiale con le sue eccezionali giocate.

    Finale 1°-2° posto: U.S.A.-TURCHIA 81-64

    Inizio di partita col turbo per Durant che firma subito 2 triple d’autore e con un’altro canestro da 2 punti mantiene gli Stati uniti in leggero vantaggio sul 14-12. Arriva però l’unico sorpasso turco della gara sul 15-14 ma non c’è da gioire perchè poco dopo, in un contrasto con Billups, Turkoglu si fa male al ginocchio e deve abbandonare momentaneamente il parquet per le necessarie cure mediche.
    Furbescamente gli “States” capiscono che è il momento di assestare un mega parziale agli avversari privi del loro leader. E così avviene, una bomba di Curry riporta in vantaggio gli americani sul 20-17, ed il quarto si chiude sul 22-17 grazie a 2 tiri liberi di Russell Westbrook per il 22-17: Durant ha già la metà dei punti di squadra, ben 11 sui 22 totali e la difesa turca fa fatica a trovare le necessarie contromisure sul talento dei Thunder.
    Il secondo quarto si apre con la grande difesa degli Stati Uniti. In attacco invece, intelligentemente, visto che la Turchia intasa l’area e ostruisce gli spazi sotto il tabellone viene proposto sistematicamente il tiro dalla lunga distanza che sembra funzionare piuttosto bene vista la serata di grazia di Durant: proprio il numero 5 con la quarta tripla firma il primo vantaggio in doppia cifra degli “States” (31-21) a 5 minuti dalla fine del primo tempo. La quinta bomba dà invece il 34-24 ed il fenomeno americano ha già a referto 20 punti!
    Si arriva allo scadere della prima frazione con il punteggio di 42-32 U.S.A.

    Il secondo tempo inizia proprio come era cominciato il primo: altre 2 triple di rara bellezza di Durant (la sesta e la settima) consentono un ulteriore allungo sul 48-32. Ma non finisce qui perchè gli Stati Uniti sfiorano ripetutamente il +20. A questo punto Tanjevic cerca di sistemare le cose, soprattutto in difesa e grazie ad un ritrovato Turkoglu in zona offensiva la Turchia riesce ad arrivare fino al -11 (52-41) a 4 minuti dalla fine del terzo quarto. Rudy Gay ridà fiato e scaccia le paure con un jumper da centro area per il 54-41 e Westbrook mette 3 punti d’oro per il momentaneo +16 a 2 minuti dalla sirena del mini-intervallo. Uno spento Ilyasova cerca di ricucire lo strappo, ma una magia del solito immarcabile Kevin Durant ristabilisce le distanze (59-43). Il terzo quarto va in archivio sul 61-48 Stati Uniti.
    L’ultima frazione di gioco vede un canestro da 3 di Odom che uccide definitivamente la partita (68-50) anche se ancora ci sono 8 minuti da giocare sul cronometro. Odom si scatena e con altri 2 punti dà il massimo vantaggio ai suoi sul +20 con un magistrale contropiede (70-50). Turkoglu prova a suonare la riscossa per i padroni di casa ma la definitiva mazzata alle speranze turche la danno Rose e ancora lo scatenato Odom: Rose si prende canestro e fallo in penetrazione (72-52) e il libero aggiuntivo che esce dal ferro viene corretto dall’ala dei Los Angeles Lakers per il massimo vantaggio di 22 punti (74-52). Tunceri segna una tripla ma oramai mancano poco meno di 5 minuti. Westbrook continua a dare spettacolo e con un tiro da 3 porta il risultato sul 79-59, i turchi rispondono con altri 3 punti ma la gara si trascina, tra l’entusiasmo della panchina americana e dei pochi tifosi sugli spalti gremiti quasi interamente da supporter biancorossi, verso la fine, passando per una girandola di cambi che servono a Durant per prendersi la standing-ovation di tutti i presenti. Finisce 81-64, buone anche le prove di Westbrook (13 punti, 6 rimbalzi e 3 assist) e di Odom (15 punti e 11 rimbalzi) per non parlare dell’ottima difesa di Iguodala, sempre prezioso su qualsivoglia avversario, anche il più alto.
    Per gli U.S.A. e’ il primo titolo iridato in 16 anni. La Turchia esce tra gli applausi dei 15000 del Dome, gli Stati Uniti impazziscono di gioia per un successo meritato e sudato come non mai nel passato.
    Kevin Durant si prende il titolo di miglior giocatore del torneo, a tratti onnipotente e devastante: 7 triple segnate (su 13 tentativi) in una finale Mondiale sono un biglietto da visita che pochi possono presentare. Il titolo degli “States” è praticamente suo!

    U.S.A.: Durant 28, Odom 15, Westbrook 13, Rose 8, Gay 6, Billups 4, Iguodala 4, Curry 3, Gordon 0, Chandler 0, Love 0, Granger 0. All.: Krzyzewski.
    Turchia: Turkoglu 16, Erden 9, Ilyasova 7, Onan 7, Tunceri 7, Arslan 6, Asik 5, Gonlum 4, Savas 3, Guler 0, Ermis 0. All.: Tanjevic.

  • Super Durant porta gli Stati Uniti in finale

    Super Durant porta gli Stati Uniti in finale

    Un immenso ed a tratti irresistibile e spettacolare Kevin Durant porta gli Stati Uniti in finale ai Mondiali in corso di svolgimento in Turchia. Il fenomeno degli Oklahoma City Thunder con 38 punti ha largamente rubato il palcoscenico a tutte le altre stelle, dimostrando che nei momenti che contano il vero terminale offensivo resta sempre e solo lui.
    Trascinatore, realizzatore, leader, il tutto a soli 21 anni, se gli “States” si metteranno al collo la medaglia d’oro lo dovranno innanzitutto a questo bimbo prodigio del basket, che con il duro lavoro quotidiano sta raggiungendo livelli di eccellenza difficili da pronosticare ad inizio carriera.
    “K.D.” in questa partita ha veramente esagerato demolendo praticamente da solo la difesa lituana nel primo tempo: 17 (su 23 punti della squadra) alla fine del primo quarto, 24 (su 42 totali) all’intervallo. E nei momenti di riposo del devastante Durant ci hanno pensato il suo compagno ai Thunder Russell Westbrook (12 punti ed 8 rimbalzi) un rigenerato Lamar Odom con 13 punti e 10 rimbalzi e la difesa di Iguodala e Kevin Love, quest’ultimo sempre prezioso su ambedue i lati del campo, a segare le ambizioni lituane.
    Paga caro, la Lituania, la serata negativa della sua stella Linas Kleiza, ben contenuta dalla difesa a stelle e strisce, che lo porta d un misero 1/11 dal campo per un fatturato di 4 miseri punti e 5 palle perse! Di meglio non fanno i suoi compagni che latitano nel tiro dalla lunga distanza e sorprendentemente sembrano molli sulle gambe nella partita più importante.

    Semifinale 1: U.S.A.-LITUANIA 89-74

    La Lituania cerca di partire forte ma un grande Durant segna 12 dei primi 14 punti di squadra bersagliando il canestro gialloverde da ogni posizione, e quando le maglie difensive degli Stati Uniti si stringono bene ecco che la forbice tra le 2 squadre inizia ad essere importante con la doppia cifra di vantaggio (23-12 alla fine del primo quarto).
    Kemzura risponde a questa situazione con il quintetto leggero con Jankunas da centro e la zona 2-3, ma in attacco i lituani continuano a faticare contro la prima linea difensiva che non lascia spazio alle penetrazioni, mentre Kleiza si disperde inspiegabilmente. Gli “States” accelerano sul +15 (29-14), prima di subire un mini-parziale negativo innescato da Pocius (31-23): qui si torna ad innescare Durant, che riceve anche una mano importante dal fido Westbrook ( autore anche di una stoppata terrificante su Kalnietis in uno dei momenti migliori della Lituania, a dimostrazione di un atletismo pazzesco), per riallargare il gap sul 42-27 all’intervallo lungo.

    Come già detto, Durant è a quota 24 punti e Kemzura gli mette addosso la marcatura ad uomo di Pocius, ad inizio terzo quarto, e sfruttando l’isolamento della stella dei Thunder, che non riceve più il pallone, la Lituania rientra fino al -10 (50-40) grazie a qualche buon tiro dal perimetro. Durant però prende le misure al suo marcatore e sforna 2 canestri d’autore portando gli U.S.A. sul +12 (65-53) all’ultimo intervallo del terzo quarto.
    Nell’ultimo periodo i gialloverdi baltici accusano la stanchezza e soprattutto in difesa perdono lucidità: la dimostrazione sono i 2 voli sopra il ferro ancora dell’immarcabile Durant (77-64).
    E quando il numero 5 piazza la tripla in faccia al povero Pocius il divario diventa incolmabile sull’82-64. Curry aumenta ancora il divario sul +20 (89-96), qui gli “States” si fermano per non umiliare l’avversario e Jasaitis firma un parzialino di 5-0 per fissare il punteggio finale.
    Con un Kevin Durant così il primo posto nel torneo è sempre più vicino.

    U.S.A.: K. DURANT (38 pts), L. ODOM (10 rbs), D. ROSE (3 ast)
    Lituania: R. JAVTOKAS (15 pts), R. JAVTOKAS (9 rbs), J. MACIULIS (2 ast)

  • Stati Uniti in semifinale, super Durant manda KO la Russia

    Stati Uniti in semifinale, super Durant manda KO la Russia

    USA-RUSSIA 89-79

    Gli Stati Uniti hanno battuto la Russia nel terzo quarto di finale dei Mondiali di basket in Turchia.
    Buona la prova degli americani che nel secondo tempo hanno operato l’allungo decisivo non voltandosi più indietro conducendo senza troppi affanni la partita fino al termine. Sugli scudi il solito Kevin Durant autore di 33 punti con 5 rimbalzi, ben assistito da Billups con 15 e dal compagno di squadra ad Oklahoma City Russell Westbrook che ne ha messi a referto 12.
    La Russia ha fatto ciò che ha potuto ma si è trovata con troppi problemi di falli che l’anno costretta al cedimento al cospetto dei più quotati avversari e soprattutto di Durant che ha fatto il bello ed il cattivo tempo nella metacampo degli europei.

    Il piano russo è molto ovvio in avvio di partita: difesa forte e fisica, utilizzo dei lunghi a centroarea, gestione a ritmo basso e tanta tattica (zona e falli spesi a centrocampo) per impedire agli States di esprimere il loro atletismo in campo aperto. E nel primo tempo la tattica di Blatt porta anche un discreto successo, le triple di Bykov e Vorontsevich tengono i russi avanti (8-9), prima che Durant e Billups rispondano per il controsorpasso americano (15-9): la Russia alterna difesa a zona e ad uomo, ferma sistematicamente le transizioni in maniera fallosa, e nella girandola di cambi dalla panchina (per i tanti falli compiuti), Blatt trova anche rincalzi all’altezza della situazione come il baby-playmaker Khvostov (8 e 5 assist) ed il dominio a centro-area di Mozgov (13 punti). I pick’n’roll tra i 2 sono quasi devastanti, e con un Vorontsevich ancora una volta spettacolare in difesa e a rimbalzo (doppia doppia da 14 punti e 12 rimbalzi), i russi chiudono il primo quarto sul 25 pari. Gli “States”, privati della loro arma principale ovvero il contropiede in campo aperto, si reggono soltanto sull’istinto di Kevin Durant (33 punti, 11/19 al tiro), che al primo intervallo è già a quota 13.
    Khvostov e Vorontsevich allungano all’inizio del secondo quarto sul +4 (25-29), prima che i problemi di falli dello stesso Khvostov e Mozgov rompano gli equilibri trovati da Blatt. Bykov tiene a galla i russi per un paio di minuti (30-35) con attacchi sagaci e pazienti, ma quando le mani dei tiratori si raffreddano ed il centro-area perde peso con l’uscita del futuro centro dei New York Knicks, gli Stati Uniti rientrano con Eric Gordon, Durant ed Iguodala (12-0 di parziale contro la zona per il 42-35). La Russia si sblocca soltanto con un piazzato di Vorontsevich dalla media a 30 secondi dalla sirena, e all’intervallo lungo si trova sotto di 5 lunghezze, 44-39. Durant ha già toccato quota 17, e l’importanza della stella dei Thunder nell’economia offensiva della squadra di “coach K” è testimoniata dal fatto che, oltre a lui, soltanto Rose e Iguodala hanno messo a referto più di un canestro su azione.

    Nel secondo tempo le brutte notizie arrivano solo per i russi dato che Mozgov compie 2 falli consecutivi e arriva a quota 4: richiamato in panchina, la zona pitturata perde di peso e centimetri e Russell Westbrook ne approfitta per piazzare i primi contropiedi in campo aperto con il divario che si allarga sul +15 (65-50). La Russia, con un Ponkrashov e un Monya ampiamente sotto tono rispetto al solito, costruisce pochissimo in attacco e continua a latitare dall’arco, e il mini parziale di 4-0 firmato da Vorontsevich e Kaun serve soltanto per fissare il 70-56 all’ultimo intervallo.
    Quarto periodo che si apre ancora peggio del terzo visto che Gordon e Durant portano gli U.S.A. sul massimo vantaggio (81-63). La Russia prova a rientrarre ma prima una tripla di Billups e poi Durant con un paio di canestri uccidono definitivamente la gara: termina quindi 89-79 e gli americani raggiungono Turchia e Serbia nelle semifinali ed attendono il risultato di stasera tra Lituania ed Argentina per conoscere la loro prossima avversaria.

    USA: K. DURANT (33 pts), L. ODOM (12 rbs), C. BILLUPS (5 ast)
    Russia: S. BYKOV (17 pts), A. VORONTSEVICH (12 rbs), D. KHVOSTOV (5 ast)

  • Mondiali di basket Turchia 2010: Quinta vittoria per gli Stati Uniti

    Mondiali di basket Turchia 2010: Quinta vittoria per gli Stati Uniti

    Quinta partita e quinta vittoria per gli Stati Uniti ai campionati del Mondo di basket in corso di svolgimento in Turchia.
    La squadra di Mike Krzyzewski ha avuto qualche difficoltà nel primo tempo ma ha poi dilagato nella ripresa grazie ad un attivo Eric Gordon che ha chiuso con 21 punti (13 messi a segno nella ripresa). 14 punti a testa invece per il duo degli oklahoma City Thunder, Kevin Durant e Russell Westbrook.
    Il Team Usa avanza senza intoppi, agli ottavi lunedì troverà l’Angola, quarta nel gruppo A, certamente un’avversaria tutt’altro che irresistibile, almeno sulla carta.

    Come detto poco fa, la Tunisia mette in difficoltà i più blasonati avversari soprattutto nella prima frazione ed il merito è della buona propensione a rimbalzo degli africani. Al riposo il parziale vede davanti la squadra a stelle e strisce ma di poco, solo 6 il margine sugli avversari (39-33).
    La musica cambia però nella ripresa: gli Usa tornano dagli spogliatoi con maggiori motivazioni e lasciano appena 24 punti agli avversari in due quarti, costringendoli a tirare con un misero 27.8% totale dal campo. Eric Gordon inizia l’ultimo parziale con 8 punti consecutivi, e gli americani sforano presto quota +30 (78-47 a 7 minuti e 13 secondi dalla sirena finale, firmato Kevin Love, altra ottima prestazione per il lungo di Minnesota). Il risultato viene chiuso in cassaforte e la partita si trascina fino alla fine. Gli “States” terminano imbattuti il girone B, come era nei pronostici. Ma non è stato tutto rose e fiori dato che il Brasile nella terza giornata ha messo in mostra i limiti di questa squadra.

    GRUPPO B

    USA: E. GORDON (21 pts), A. IGUODALA (6 rbs), R. GAY (2 ast)
    Tunisia: M. KECHRID (15 pts), S. MEJRI (8 rbs), N. DHIFALLAH (2 ast)