Tag: NBA

  • All Star Game 2016: il meglio dell’Nba saluta Kobe

    All Star Game 2016: il meglio dell’Nba saluta Kobe

    San Valentino? No anche meglio è tempo di All Star Game nel magico mondo dell’Nba.

    La partita tra i migliori giocatori della stagione segna inesorabilmente l’arrivo a metà stagione e mette in mostra il meglio che il campionato sportivo più famoso e bello del mondo può offrire.

    Sede della manifestazione quest’anno sarà Toronto dove si affronteranno al solito le formazione rappresentanti l’Eastern e Western Conference  mentre il giorno precedente ci sarà la partita tra rookie e sophomore (i giocatori al primo e secondo anno) la quale vedrà affrontarsi i giovani rappresentanti degli Usa contro il Resto del Mondo.

    Proprio nel Resto del Mondo ci sarà un pizzico d’Italia perche la formazione sarà condotta in panchina dal neo coach della nazionale italiana e vice allenatore dei San Antonio Spurs: Ettore Messina.

    Contorno di questi due match saranno come al solito spettacolari sfide di schiacciate, tiri da 3, skills challenge e il celebrity match che vedrà affrontarsi  una insolita sfida tra team Usa capitanata dal sempre presente Kevin Hart e Team Canada capitanata dal rapper Drake, anche lui un grande tifoso Nba spesso presente nelle prime file dei palazzetti Nba.

    Prima di concentrarci sui quintetti di partenza per questa edizione che si preannuncia storica, andiamo a ripercorrere e a riproporre qualche numero che questa storia dell’All Star game l’ha costruita.

    La prima edizione si tenne nel 1951 a Boston mentre la passata stagione  si è tenuta nel magico tempio del Madison Square Garden.

    Il primatista di presenze in questa sfida è Kareem Abdul Jabbar con ben 18 presenze seguito da uno che l’All Star Game lo ha sempre considerato molto poco visto anche la sua riluttanza a stare sotto i riflettori: Tim Duncan.

    Recordman di punti in una sola partita non poteva che essere Wilt Chamberlain, the Big Dipper , che nel 1962 segnò 42 punti; un grande risultato che è stato sfiorato da un altro grandissimo attaccante come il play di Oklahoma Russel Westbrook che con questa prestazione è anche l’Mvp in carica. wilt

    Parliamo di Mvp e come primatista di vittorie abbiamo un nome che ritroveremo anche più avanti nel nostro articolo; lui è il 4 volte vincitore del titolo di miglior giocatore nella partita delle stelle ma anche il primatista di punti totalizzati con 280 punti  in 14 partite. Lui è l’uomo più votato di questa edizione lui è l’uomo simbolo di questa stagione Nba, lui è Kobe Bryant e chi se no.

    Dietro alla stella dei Lakers c’è un gruppetto niente male che ha conquistato 3 Mvp a testa e dove troviamo Oscar Robertson, Shaquille O’Neal e sua maestà aerea Micheal Jordan.

    Maggior numero di punti? Sempre Kobe con 280 ma Lebron è a solamente due punti e da lui e nel futuro ci sarà sicuramente il sorpasso.

    Ultima statistiche che andiamo ad analizzare è invece quella degli assist dove a farla da padrone, per adesso, è un’altra leggenda Lakers Magic Johnson con  127 assist totali anche se Chris Paul, primatista nella media assist per partita, ha buone possibilità di raggiungerlo essendo già a 90.

    magic

    Dopo aver fatto un excursus nella storia dell’All Star Game andiamo ad analizzare il programma di quest’anno e i roster delle due formazioni.

    Si parte venerdì quando oltre alla oramai consueta partita delle celebrità la quale vedrà affrontarsi ex campioni del calibro di Tracy Macgrady, Rick Fox e Chauncey Billups ma anche l’attuale mvp Wnba Elena delle Donne.

    Dopo le ex stelle entreranno in campo le stelle del futuro, rookie e sophomore divisi in team Usa e Resto del Mondo. Il Resto del mondo schiera la coppia Porginzis e Wiggins mentre il team Usa risponde con alcuni talentini niente male come Parker, Lavine e Karl-Anthony Towns.

    Sabato dopo l’All Star Game della lega di sviluppo D-League è tempo della tripletta Skills Challenge, gara del tiro da tre punti e ovviamente gara delle schiacciate. Per la prima gara difficile fare pronostici essendo in gara un mix di bigmen come Cousin e Anthony Davis insieme a due fulmini come Thomas e Beverley (campione in carica della manifestazione). Gara delle schiacciate che vedrà favorito d’obbligo il giovane Zack Lavine che ha dimostrato da quando è entrato in Nba di avere capacità aeree e di coordinazione fuori dal comune. Ma tutti gli occhi saranno puntati sulla gara del tiro da 3 punti dove si affronteranno i migliori tiratori della lega, i nomi fanno veramente paura: Klay Thompson, il barba James Harden, padrone di casa Kyle Lowry, Chris Bosh e ovviamente Steph Curry.

    KobeUn parterre di grandi campioni molti dei quali si affronteranno nel grande match a chiusura della serata, Est contro Ovest: Durant contro Lebron, Curry contro Anthony insomma il meglio del meglio per gli occhi di tutti gli appassionati del mondo Nba. In una grande festa di sport dove l’ospite d’onore sarà sicuramente la stella dei Lakers Kobe Bryant che saluterà il pubblico di Toronto nella sua ultima uscita da All Star, l’ennesimo grande tributo che il suo mondo gli sta regalando in questa stagione storica. Avendo imparato a conoscere l’uomo Kobe oltre che il giocatore questa non sarà certo come l’ultimo All Star Game di Jordan dove il più grande di sempre camminò per il campo concentrandosi solamente per il tiro del sorpasso prima che la festa venisse rovinata negli ultimi secondi della partita. Kobe giocherà per vincere un altro Mvp, lui che è l’uomo più competitivo della Lega, lui che ha litigato con tutti quelli (compagni o avversari) non la pensassero come lui, lui che giocherà la sua ultima grande partita e siamo sicuri che lo farà al massimo delle sue forze. Per la cronaca l’ultimo All Star Game di Jordan fu deciso da due tiri liberi del numero 8 dei Lakers, non  c’è bisogno che vi dica il nome vero?

     

     

  • L’Italia spinge il Gallo verso l’All Star Game 2016

    L’Italia spinge il Gallo verso l’All Star Game 2016

    Canta il Gallo in quel di Denver, tra le alte montagne della città americana oramai le giornate cestistiche sono scandite da un solo numero l’8.
    L’8/8/1988 nasceva in quel di Sant’Angelo Lodigiano Danilo Gallinari, figlio di Vittorio ottimo giocatore che ha passato gran parte della sua carriera a Milano.
    L’8, un numero nel suo destino che Danilo ha portato con se anche quando nel 2008 si è trasferito oltre oceano per misurarsi con i mostri dell’Nba, prima i Knicks con il suo padre adottivo Mike D’Antoni (tuttora i tifosi newyorkesi lo rimpiangono) e poi Denver dove il ragazzone italiano ha compiuto una crescita costante che lo ha portato ad essere uomo simbolo della franchigia.

    Danilo Gallinari
    Danilo Gallinari

    Gli ultimi anni non sono stati fortunati e facili per lui, un serio infortuno al legamento del ginocchio sinistro lo ha tenuto fermo per una stagione intera, nella quale la sua Denver ha rivoluzionato parecchio ricostruendo un gruppo che è passato dal secondo turno dei playoff, nel roster trovavamo giocatori del calibro di Andre Iguodala, Ty Lawson e Afflalo, ad essere una squadra da zone basse della classifica.

    Il Gallo non si è dato per vinto e dopo molti mesi di sofferenza è tornato ad essere quel giocatore che tutti i tifosi americani si erano abituati ad applaudire, il giocatore del “lo famo strano” (grazie al suo talento di segnare anche i canestri più difficili), quel giocatore che agli Europei di quest’estate in Germania ha dato dimostrazione di essere di un altro pianeta rispetto a molti dei suoi avversari.

    In nazionale oramai veste i panni del leader in campo, l’uomo dell’ultimo tiro che dopo la sconfitta con la Serbia ha espresso al mondo tutta la sua frustrazione: “mi sono rotto le palle di perdere sempre”. Una rabbia agonistica che ha riversato in questa stagione Nba, dove Denver probabilmente non riuscirà a raggiungere le posizione necessarie per accedere ai playoff ma il prodotto dell’Olimpia Milano sta portando avanti una stagione che lo vede a 18.9 punti di media punti che annichiliscono di fronte a quelli delle ultime 5 partite nella quali Danilo ha chiuso con 26.6 di media, un periodo magico coronato con l’ultima vittoria contro i campioni in carica di Golden State dove oltre a 28 punti il nostro portacolori è stato decisivo con l’ultima difesa sull’Mvp della passata stagione Steph Curry.

    Numeri da grande giocatore, numeri e giocate da All Star Game per questo è partita una campagna mediatica (alla quale anche noi aderiamo): Mandiamo il Gallo all’All Star Game. La partita delle stelle dove i più grandi giocatori del più grande campionato professionistico al mondo si sfidano in tre giorni di autentico spettacolo. Un occasione unica nella vita che Danilo ha dimostrato di meritarsi, ma per raggiungerla ha bisogno dell’aiuto di tutti i tifosi italiani e non solo, ha bisogno di voti che attraverso il sito dell’Nba lo possono mandare dritto dritto a Toronto. Le votazioni per i quintetti di Est e Ovest sono aperte fino alle 6 italiane di martedì 19 gennaio. Si vota online oppure via social, indicando nome e cognome del giocatore seguito dall’hashtag #NBAVOTE su Twitter, Facebook e Instagram (sui social c’è un limite di 10 voti al giorno). I quintetti verranno annunciati giovedì 21 gennaio, una settimana prima di quando verranno rese note le riserve, scelte dai voti dei coach di ciascuna conference.
    Tutti insieme ce la possiamo fare….

  • Diario di un tifoso a NY: Knicks-Lakers

    Diario di un tifoso a NY: Knicks-Lakers

    Il sogno di una vita si realizza finalmente posso approdare nella Grande Mela, in una delle culle dello sport americano, in una delle culle della storia dell’ Nba: New York.

    Arrivo in fronte al Madison Square Garden e appena entrato  comincio a pensare a quanti grandi atleti sono passati da qui,  penso alla mia infanzia vedendo Jordan e Ewing affrontarsi  davanti ai più esigenti tifosi della Lega, penso a questo a mille altre cose ma oggi è un grande giorno oggi è Knicks contro i Lakers, due squadre che sono la storia di questo sport. Oggi è Carmelo Anthony contro Kobe Bryant.

    Il numero 24 è il vero motivo di questa partita, si perché questa stagione sarà l’ultima per uno dei più grandi campioni che i parquet di tutto il mondo abbiano mai visto, in un grande tour di celebrazioni che il 5 volte campione Nba andrà a compiere in tutte le 82 partite di questa stagione.

    La gente è qui soprattutto per lui, le casacche con il 24 si sprecano in tribuna e ogni tanto spunta una numero 8 che sa molto di vintage ma la partita è anche molto altro. Innanzitutto la presentazione qualcosa di spettacolare, il parquet si trasforma diventando un grande schermo multi colore dal quale spuntano i starting five della squadra di casa, il capo da gioco si illumina di laser e mille altre luci e noi spettatori in tribuna possiamo solamente applaudire a bocca aperta. Il pubblico si scalda per Anthony ma soprattutto per quello che sta diventando uno dei nomi più caldi di questo inizio stagione: Kristaps Porziņģis. Il giocatore lituano arrivato con un po’ di scetticismo dopo la  criticatissima scelta da parte della dirigenza di Phil Jackson durante l’ultimo draft, sta conquistando sempre più tifosi grazie ad un ottima mano dalla distanza e una buona autorità sotto canestro che lo hanno fatto diventare dopo la Summer League subito titolare nel quintetto del buon Derek Fischer.

    I Lakers, invece, schierano tanti ragazzi interessanti sui quali peserà il futuro della franchigia come ad esempio D’Angelo, Randle e Clarkson. Ma per loro non è ancora il momento di essere gli uomini copertina per adesso la qualità in campo la portano sempre i vecchietti in giallo blu Bryant e un Metta World Peace in versione senatore che gestisce i ragazzi con esperienza e una inaspettata tranquillità.

    Kobe gioca i primi due tempi con una maglietta viola sotto la casacca ma finalmente al inizio del terzo quarto rispunta la fascetta sul bicipite e sembra tutto come una volta,mentre il pubblico della Grande Mela lo fischia e cerca di farlo innervosire. Spike Lee fa il suo consueto show dalla prima fila del Madison, memore di partite in cui Kobe a casa dei Knicks distruggeva letteralmente il canestro da ogni posizione. Purtroppo i segni di infortuni e un po’ di ruggine addosso dopo le tante partite saltate nelle ultime due stagioni si fanno sentire ma ogni volta che ha la palla tra le mani succede qualcosa di magico. Lo guardi e sai che uno cosi non passerà più è come vedere Ronaldo negli ultimi anni di carriera, sai che non è piu quello di prima, sai che non vincerà più niente ma sei anche consapevole del fatto che stai ammirando un giocatore che ha qualcosa di unico dentro di se. Si perché Kobe non sarà stato il più forte ma in questo sport un “agonista” come lui faccio fatica a ricordarlo. Ha sempre cercato di essere come Jordan, negli atteggiamenti, nella gestualità e nella voglia di vincere. Kobe si è fermato ad un titolo dal più grande di tutti ma tutto questo non ha importanza, come non ha importanza pensare a quanti tiri prende in una partita e a quanto poco passi quel pallone; quando la partita si fa calda lui mette gli occhi del Black Mamba (soprannome che si è autoassegnato) e per la preda c’è poco da fare.

    Anthony capisce la magia che c’è nell’aria e dopo qualche minuto di assestamento comincia a salire di giri un canestro dopo l’altro, ma soprattutto in difesa mostra qualcosa di non usuale per lui. Il numero 7 di NY non è mai stato un gran difensore o meglio non lo è mai voluto essere, per non sprecare energie preziose nella fase offensiva. Invece contro Kobe sfoggia una difesa da finale di playoff i due si scontrano, si intrecciano e non si lasciano un centimetro di spazio libero; un grande scontro tra due grandi giocatori ma soprattutto un riconoscimento di grandezza da parte di Carmelo verso uno dei più prolifici realizzatori di sempre.

     

    LOS ANGELES, CA - DECEMBER 29: Carmelo Anthony #7 of the New York Knicks and Kobe Bryant #24 of the Los Angeles Lakers talk during the first half at Staples Center on December 29, 2011 in Los Angeles, California. NOTE TO USER: User expressly acknowledges and agrees that, by downloading and or using this photograph, User is consenting to the terms and conditions of the Getty Images License Agreement. (Photo by Jeff Gross/Getty Images)

    Uno scontro che si conclude solamente all’ultima sirena quando i due si stringono in un lungo abbraccio circondato da tutto il pubblico newyorchese che si alza in piedi consapevole che probabilmente Kobe non passerà più da queste parti e che uno come lui nasce ogni 100 anni.

    Per la cronaca la partita la vince New York ma IT DOESN’T MATTER.

    Lasciamo il Madison con ancora gli occhi pieni di magia ma il nostro sogno non è finito qua tra qualche giorno si va a Brooklyn, fermata metro Barclays Center per Nets- Celtics.

  • Kobe Bryant si ritira: l’annuncio ufficiale.

    Kobe Bryant si ritira: l’annuncio ufficiale.

    Kobe Bryant si ritira a fine anno. E’ ufficiale.
    Bastano quelle poche parole sopra per far venire la tristezza a molti, sia fan che haters, sia estimatori che detrattori di quello che senza ombra di dubbio è stato il miglior giocatore di basket del primo decennio degli anni 2000, nonchè uno dei migliori giocatori della storia della NBA.

    The Black Mamba il suo ritiro lo annuncia nello stile che da qualche anno accompagna ogni decisione della NBA, con una lettera dal titolo “Dear Basketball” su The Player Tribune, in uno stile simile a quella di LeBron James quando decise di tornare a giocare con i Cleveland Cavaliers, ma probabilmente più toccante. Nel dire tra le altre cose “Questa stagione è tutto quello che mi resta. Il mio cuore può sopportare la battaglia la mia mente può gestire la fatica ma il mio corpo sa che è ora di dire addio“,  il trentasettenne giocatore dei Los Angeles Lakers decide così di dire a tutti che ormai fisicamente è al limite, che non può reggere più i ritmi che richiede il basket professionistico della NBA.

    Kobe Bryant, un campione nei numeri

    Se ne andrà dopo due stagioni in cui gli infortuni si sono fatti sentire ed hanno avuto la meglio, con solo 41 partite giocate (quando nella NBA in una sola stagione sono ben 82), ma andrà via anche lasciando tanto ai posteri. Porterà con se, dopo 20 stagioni con i Los Angeles Lakers, 5 anelli di campione NBA, in cui 2 volte è stato eletto anche MVP delle Finals, 2 titoli di miglior realizzatore della lega, caratteristica quella dei punti fatti che lo posiziona anche al terzo posto di tutti i tempi, dietro altre due leggende come Kareem Abdul Jabbar e Karl Malone, dove finirà con probabilmente oltre 33.000 punti realizzati. Porterà con se anche un titolo di MVP della Regular Season, periodo in cui per 11 volte è stato inserito nel quintetto dei miglior giocatori e 9 volte nel quintetto dei miglior difensori del campionato. Porterà con se, infine, oltre a 2 Ori Olimpici, ben 17 convocazioni all’All Star Game (senza escludere una possibile diciottesima, se non altro come tributo), manifestazione in cui per 4 volte ha vinto anche il titolo di MVP, una delle quali a pari merito con l’amico-nemico Shaquille O’Neal, ed una volta lo Slam Dun Contest.

    I Record Individuali

    Kobe Bryant lascerà la pallacanestro con molti record imbattuti, innanzitutto dettati dalla giovane età in cui ha iniziato a giocare nel basket professionistico. E’ stato il più giovane giocatore dell’All Star Game,  ad essere stato scelto nel NBA All-Defensive Team, ad avere vinto lo Slam Dunk Contest e a realizzare punti per stacco di 1.000 da 26.000 a 32.000.
    Suoi molti record all’All Star Game, nei quali è il miglior realizzatore sia come punti totali (280) che come canestri totali realizzati (115), è colui che ha recuperato più palloni (37) insieme nientemeno che a Michael Jordan, più tiri da 3 punti segnati totali (17,), ed infine è colui che ha preso il maggior numero di rimbalzi offensivi (10).
    Quando Kobe Bryant smetterà di calcare i parquet avrà, Stephen Curry permettendo, il record di maggior tiri da 3 segnati in una partita (12) e sarà il solo oltre Wilt Chamberlain ad aver segnato 50 o più punti in 4 gare consecutive, oltre ad essere l’unico cestita nella storia NBA sia a segnare almeno 600 punti nella postseason per tre anni consecutivi, sia ad aver segnato oltre 30.000 punti e distribuito oltre 6.000 assist in carriera.

    Insomma già a questo punto le statistiche Kobe Bryant su NBA.com basterebbero a dire quasi tutto sulla stella dell’NBA, ma tante altre possono mostrare il suo valore in termini di numeri, come gli 81 punti realizzati in una partita, seconda prestazione di tutti i tempi, o come tutti gli altri record di franchigia da lui detenuti, quali il maggior numero di punti realizzati in carriera, nei playoff ed in una singola stagione. Ma soffermarsi solo sui numeri di Kobe sarebbe troppo riduttivo, è stato tanto altro.

     

    Kobe Bryant si ritira: Un campione oltre i numeri

    Il vero valore di Bryant si è visto in molte cose,  nella sua etica lavorativa ad esempio, sempre pronto a migliorarsi e a lavorare sodo, definito dal Commissioner NBA Adam Silver come “Uno dei più grandi giocatori della storia del gioco“, e sempre secondo le sue parole “Che stesse giocando le Finals o provando un tiro dopo mezzanotte in una palestra vuota, Kobe ha un amore incondizionato per questo sport“.

    Che Kobe fosse un predestinato probabilmente era scritto, figlio d’arte, di quel Joe Bryant che molti ricorderanno in Italia nelle file della Pallacanestro Reggiana, o chi come me ricorderà la sua presenza ed i suoi 69 punti quando militava in serie A2 nella Viola Reggio Calabria, ma che già nella NBA giocò degnamente, muove i suoi primi passi nel basket nella nostra penisola, prima di tornare negli USA. Negli States fin dalle High School dice la sua, vincendo il titolo statale quando militava nella Lower Merion High School, team dove tra l’altro batte il record di punti nel quadriennio liceale per la zona di Philadelphia detenuto dal non per niente sconosciuto Wilt Chamberlain.

    Salta totalmente il college e sentendosi pronto per il mondo dei professionisti, a 18 anni nel 1996, si dichiara eleggibile per il Draft NBA, uno di quelli con più talenti nella storia, al pari di quelo del 1984 (l’anno di Michael Jordan) e del 2003 (l’anno di LeBron James), venendo scelto dagli Charlotte Hornets come tredicesima scelta assoluta al primo giro, ma Kobe ha le idee ben chiare, vuole giocare con i Lakers, motivo per cui viene chiamato non tra i primi dieci da altri team (su tutti i New Jersey Nets), e viene subito ceduto dagli Hornets in cambio di Vlade Divac, nella stagione in cui arriva alla corte dei lagunari anche Shaquille O’Neal. Già trovarsi in mezzo a talenti del calibro di Allen Iverson, Steve Nash, Ray Allen, e Predrag Stojakovic è di per se una vittoria.

    kobe Bryant si ritira ufficialmente a fine stagione | ph. Facebook official
    kobe Bryant si ritira ufficialmente a fine stagione | ph. Facebook official

    L’anno da rookie è abbastanza tranquillo, gioca come riserva di Eddie Jones e di Nick Van Exel, in compenso si aggiudica lo Slam Dunk Contest dell’All-Star Game, riuscendo a mettersi in luce per le doti atletiche, anche se sul piano caratteriale mostra tutta l’immaturità quando nei playoff, in gara 5 contro gli Utah Jazz sbaglia con tiri corti per ben tre volte i possessivi decisivi, condannando così alla sconfitta i Lakers. Il successivo anno le cose migliorano tantissimo, riceve grazie ai voti dei tifosi la sua prima convocazione nel quintetto base all’All Star Game, inoltre compete per il titolo di sesto uomo dell’anno, arrivando secondo dietro il veterano Danny Manning. Mentre nel suo terzo anno diventerà finalmente titolare dei Los Angeles Lakers, conquistando un posto che non lascerà fino a fine carriera.

    Il primo salto di qualità lo fa con l’arrivo di Phil Jackson alla guida dei Lakers, con il plurivincitore di titoli NBA (ben 6 con i Lakers di Michale Jordan, due three peat) ed il suo triangolo i Lakers di Shaq e del Black Mamba vincono tre titoli consecutivi dal 2000 al 2002. Kobe dimostra di essere ormai maturo, completo ed oltremodo forte, ma la scena è di Shaquille che è il dominatore assoluto della lega. Negli anni successivi il rapporto tra Shaquille O’Neal e Kobe Bryant si logora sempre di più, fino ad arrivare ad una completa rottura, con la cessione del centro ai Miami Heat inoltre anche Phil Jackson abbandona la squadra, così per qualche anno tutto è nelle mani di Kobe, almeno fino al ritorno di Phil come Head Coach dei lagunari.

    Prima di tornare alla vittoria Kobe ha dovuto ripulire la sua immagine, ha dovuto superare una accusa di presunto stupro, l’accusa di violenza sessuale gli fece perdere diversi contratti, fra tutti quello con la Adidas, in favore poi della Nike (chi ci ha guadagnato poi è da vedere no?). Il nostro eroe ha vissuto anni bui, sia nella vita privata che sul campo, fino al punto in cui il suo numero 8 divenne l’attuale 24, e li fu la rinascita.

    Bryant ormai leader incontastrato dei Lakers si permette di fare la voce grossa con la dirigenza, chiede garanzie, ottenendo come compagno Pau Gasol nel 2006, seppur dovrà attendere ancora tre anni per vedere nuovamente il titolo e l’anello NBA. Nel 2008 vince il titolo di MVP, il miglior giocatore della lega, ma il suo sogno si infrange alle finali con i Boston Celtics, in quella rivalità che non si vedeva dai tempi di Magic Johnson e Larry Bird, è il successivo anno che invece incoronerà ancora una volta il Black Mamba, questa volta anche con il primo dei due titoli consecutivi di MVP delle Finals, oltre che dei due titoli consecutivi della sua nuova era.

    I Los Angeles Lakers dopo di allora non avranno più possibilità di vincere alcun titolo, anche perchè escono fuori i sempre forti San Antonio Spurs, i Dallas Mavericks e soprattutto i Miami Heat di James, Wade e Bosh, ma in ogni caso Bryant non smetterà di essere tra i migliori giocatori della lega, mostrando sempre il meglio di se, tirando fuori ottime prestazioni e dimostrando di essere un campione al di la delle vittorie e della squadra.

    Gli ultimi anni a causa degli infortuni, dell’età e della fisicità richiesta in NBA sono stati una fase calante per lui, e negli ultimi giorni si vedono prestazioni anche penose, prove che sarebbe meglio non vedere, ma tutto, e ancor di più dopo la lettera di ieri, diviene ora un tributo a Kobe Bryant, l’ultima occasione per vederlo e l’anno in cui The Black Mamba appese le scarpe al chiodo.

    Lui chiude con un “Ti amerò per sempre, Kobe“, noi chiudiamo con un grazie di tutto Kobe, grazie per averci fatto gioire, incazzare, sognare, amare, odiare, ma soprattutto grazie per aver reso questo sport ancora più grande.

  • Italians do it better: un Mago ai Nets

    Italians do it better: un Mago ai Nets

    Secondo tempo nel nostro focus all’interno degli italiani presenti nel campionato Nba, seconda tappa che ci porta a Brooklyn dove stanno di casa i Nets di Andrea Bargnani.

    L’ex prima scelta del  draft Nba 2006 si trova ad affrontare la seconda scommessa della sua carriere finora molto altalenante; il lungo romano infatti dopo i primi  anni  d’assestamento di Toronto la passata stagione ha deciso di emigrare in quel di Ny salvo poi spostarsi di qualche miglia stabilendosi ai Nets con un contratto al minimo salariale rifiutando molte oltre offerte come quella dei Kings.

    Una nuova maglia e una nuova sfida per un giocatore che in questi anni ha mostrato delle mani da autentico poeta di questo gioco ma due grossi problemi che potrebbero minare il suo prosieguo nel più difficile campionato cestistico al mondo: capacità difensive e infortuni.

    Il suo corpo spesso lo ha tradito in una lega dove il fisico ha un ruolo di assoluto protagonista, cosi come la difesa (fondamentale oltre al rimbalzo) dove il Mago non è ancora riuscito ad adeguarsi agli standard che un giocatore con i suoi cm e il suo ruolo deve portare in campo tutte le sere.

    andrea-bargnani-7279066154

    Lui è un giocatore unico nel  suo genere perché ci sono pochi lunghi con una capacità di aprire le difese con il suo tiro dalla lunga distanza e le capacita balistiche sia fronte che spalle al canestro però sotto canestro si lotta duro e i rimbalzi molte volte valgono più dei canestri ( Rodman insegna).

    Intorno al portacolori italiano una squadra che ha perso il suo giocatore più rappresentativo delle passate stagioni Deron Williams, che porta il suo contratto pesante e le sue caviglie fragili in quel di Dallas dove non sarà la stella numero 1 della squadra di Nowitzki  ma saprò ritrovarsi in una lega nella quale era arrivato per dominare.

    La regia della squadra è affidata al sempre ottimo Jarret Jack capace di far girare al meglio la squadra di Lionel Hollins (coach a 5 stelle), una squadra quella costruita dal magnate Prokorov che ha in Joe Johnson il suo punto di forza dal punto di vista offensivo (per la difesa ripassare ad un altro domicilio) il suo punto di forza ma anche un grosso problema essendo uno dei giocatori più pagati della lega.

    Insieme a questi due c’è quello che può essere considerato il fulcro della squadra e il giocatore più determinante della franchigia che fino a pochi anni fa doveva essere la prossima armata dominatrice della Nba, salvo poi bloccare tutto a causa di problemi finanziari del proprietario,  Brook Lopez.

    Anche lui come Bargnani spesso vittima di infortunio e dotato di una velocità paragonabile a quella di un frigorifero ma sotto canestro Lopez è sempre fattore soprattutto se riuscirà a mantenere un minutaggio dignitoso.

    Tanti problemi e poche soluzioni per questi Nets i quali comunque potrebbero fare la loro parte in una corsa ai playoff della Eastern Conference dove il livello non eccelso potrebbe comunque far risplendere il talento di Andrea Bargnani e compagni.

  • La grande festa dell’NBA a Milano, Boston Celtics non fanno sconti all’Olimpia

    La grande festa dell’NBA a Milano, Boston Celtics non fanno sconti all’Olimpia

    Grande festa dell’NBA a Milano quella andata in scena ieri 06 Ottobre al Forum d’Assago. Ma l’Olimpia Milano gioca insieme da poco e purtroppo si vede tanto.
    I Boston Celtics giocano insieme da pochissimo, anzi, sono alla prima partita insieme, e si vede pochissimo. Sta tutta qua la differenza tra le due squadre e una delle giustificazioni ai 33 punti di distacco che gli NBA infliggono agli italiani. Aldilà della differenza di scuola e, come dice il coach Brad Stevens, della differenza di peso sotto canestro, gli oltre 30 punti di differenza nascono dalle poche soluzioni offensive che Milano riesce a trovare sotto canestro. Ovvio che non è qua che bisogna capire come sta l’Olimpia, tra l’altro reduce dagli USA per la trasferta contro il Maccabi, quindi ancora sotto jet lag e inoltre concentrata sulla prima partita di campionato contro Trento.
    Ieri doveva essere una festa, e così è stato. Il Forum è pieno con oltre 11.000 spettatori. Numerose anche le presenze sugli spalti di personaggi famosi del mondo sportivo e non solo.

    Osservato speciale è Gentile, visto che la domanda che tutti si fanno è: “Ma quando andrà a giocare in NBA?“. A parte il primo quarto, in cui gioca poco perché esagera con i falli, Alessandro entra in partita e alla fine sarà il migliore realizzatore di Milano. Può giocare in NBA? Diciamo che i segnali incoraggianti ci sono, e se continua di questo passo Houston, che ne ha i diritti, potrebbe chiamarlo presto. Intanto ieri ha capito ancora meglio come si viene marcati negli Stati Uniti, visto che addosso aveva Crowded, uno che evidentemente non fa differenza se gioca in regular season, in un’amichevole contro Milano oppure nel campetto sotto casa sua: marca con una cattiveria agonistica che spaventa.

    Per Boston ottimo l’inserimento di David Lee, appena arrivato e capace di giocare da regista anche se tecnicamente un regista non è. Una delle armi a disposizione del coach Stevens che, non avendo stelle assolute, punta parecchio sul collettivo. E il collettivo, a giudicare da questa loro prima partita insieme, c’è. Molto bene anche Isaiah Thomas: parte dalla panchina, ma continua a segnare con quella faccia che dice: “Beh, cosa c’era di così difficile?“. Alla fine sarà il miglior realizzatore di Boston.
    Nota tecnica: è alto 1 metro e 75. Anche se non si nota, visto che va a schiacciare serenamente.

    Infine, se lo spettacolo in campo è grande, durante gli intervalli, i time out e prima della partita è tutto una grande festa. I Celtics sbarcano e si portano tutto il necessario per festeggiare: cheerleader, acrobati, saltatori sui trampolini, gadget e tutto quello che fa spettacolo aldilà del gioco. C’è poco da fare: quando ci si mettono, nella NBA, sanno come divertire il pubblico.

  • L.A Clippers: un Pierce in più per la lotta ai playoff

    L.A Clippers: un Pierce in più per la lotta ai playoff

    “Ora o mai più, ora o mai più” questa cantilena rimbalza nella testa dei tifosi della squadra meno nobile di Los Angeles. I Clippers da quando Doc Rivers è stato assunto dalla dirigenza per essere allenatore della squadra, stanno continuando un percorso di crescita interna che dovrebbe portarli all’anello di campioni, un progetto che si fonda su due giocatori simbolo come Chris Paul e Blake Griffin probabilmente la miglior coppia di tutta la lega.

    Intorno a loro è stata costruita una squadra che ha nella rinnovata panchina la nuova forza sulla quale puntare per arrivare a quell’anello sogno proibito di tutte le squadre Nba; la free agency ha portato a Los Angeles: Josh Smith e Prigioni da Houston, Wes Johnson dai Lakers, Stephenson da Charlotte, Aldrich dai Knicks, Hayes da Toronto.

    Smith e Stephenson sono probabilmente i due pezzi più interessanti della campagna acquisti; il primo se impiegato dalla panchina come accaduto in quel di Houston può essere assolutamente decisivo nelle rotazioni del reparto lunghi. Un reparto che ha vissuto un momento difficile quest’estate quando sembrava fatto l’accordo da parte di DeAndre Jordan con Dallas, fortunatamente per i tifosi di “Lob City”  alla fine il figlio prodigo è tornato sui suoi passi scatenando le ire della dirigenza di Marc Cuban.

    Stephenson, deve dimostrare che le qualità mostrate negli anni di Indiana sono pronte a essere utilizzate per un obiettivo finale importante, “Born Ready” deve rifarsi dopo la deludente stagione di Charlotte e probabilmente in una squadra nella quale non dovrà essere la punta di diamante  riuscirà ad esprimersi più liberamente senza troppe pressioni addosso sia a livello offensivo che difensivo (la sua specialità).

    clippers 2

    Due giocatori che saranno fondamentali ma non come l’ultimo acquisto di Doc Rivers; il suo numero è il 34, la sua carriera è stata la dimostrazione di una capacità di leadership e talento fuori dal comune che lo hanno issato al gruppo di eletti nella storia di questo sport, il suo soprannome è la verità e all’anagrafe lui è Paul Pierce.

    Pierce è quel tipo di giocatore che serviva in uno spogliatoio come quello di L.A, si perché la sue esperienza, il suo carisma saranno fondamentali per permettere a due stelle come Paul e Griffin di fare un passo avanti senza dimenticare che l’ex bandiera di Boston nei Playoff si trasforma ed è ancora in grado di fare la differenza sia in penetrazione che con il tiro di fuori.

    Pierce dopo Boston e Nets torna nella sua Los Angeles per quell’ultima rincorsa all’anello e lo fa insieme a un allenatore con il quale ha condiviso i grandi anni dei Celtics e con il quale spera di portare la metà “sfortunata” della città angelina a quelle finals sogno di tutte le squadre nba.

    Allenatore esperto, panchina rinforzata, reparto lunghi rafforzato e un futuro Hall Of Fame che potrà aiutare le due stelle già presenti in organico; gli ingredienti ci sono tutti ora sta ai Clippers  “cucinare” una grande stagione.

  • Esce NBA 2K16, ecco le novità di quest’anno

    Esce NBA 2K16, ecco le novità di quest’anno

    NBA 2K16 non tarda l’appuntamento e come ogni anno a fine Settembre, quando i videogame di basket e calcio si affacciano con nuove edizioni, arriva sul mercato con interessanti novità.
    Ufficialmente in vendita dal 29 Settembre, per le piattaforme Playstation 4, Playstation 3, Xbox360, XboxOne e PC, prodotto da 2K Games che non ha negli ultimi mesi mancato di rilasciare informazioni. Il videogame della serie NBA 2K si presenta ancora una volta come il concorrente da battere nelle simulazioni di pallacanestro, con sempre maggiori funzionalità, un realismo sempre più intenso ed una aderenza al basket giocato sempre più vera.

    NBA_2K15_PS4_FOB_CURRY_ITA

    La prima novità di NBA 2K16 è visibile già dall’esterno, sono infatti ben tre le cover dedicate a tre tra i migliori atleti dello scorso anno, a rappresentare i giocatori del basket americano quest’anno la sorte è toccata a Stephen Curry (l’MVP della stagione 2014/15) dei Golden State Warriors, James Harden degli Houston Rockets e Anthony Davis dei New Orleans Pelicans, con una novità essenziale, le copertine saranno distribuite in modalità del tutto casuale, però in ogni confezione saranno presenti le altre due in modo da poter scegliere quella che più aggrada i fan.

    Inoltre ci sarà una edizione speciale, la Michael Jordan Special Edition che conterrà, oltre naturalmente al videogioco, il poster di Michael Jordan NBA 2K16, un mini Fathead da muro ispirato a Jordan, le scarpe Jordan XIV per il Mio Giocatore. la T-shirt Jordan per il Mio Giocatore, la Divisa Jordan per il Mio Giocatore, 30.000 punti VC, MioTeam VIP+, 3 pacchetti smeraldo e l’esclusiva Moment Card.

    A livelli cinematografici con La Mia Carriera – A Spike Lee Joint

    La modalità La Mia Carriera cambia ancora, questa volta con il nome di La Mia Carriera – A Spike Lee Joint, fa capire subito che NBA 2K16 assume anche una connotazione cinematografica, con la storia della modalità a singolo giocatore scritta e diretta dal regista di “He Got Game”, infatti Spike Lee non è un novellino del settore, oltre ad essere tifoso dei New York Knicks ha avuto anche già l’esperienza diretta alla guida del film sopracitato.
    La narrativa porterà il videogiocatore a vestire i panni di un ragazzo, che uscito dalla High School cercherà di realizzare il suo sogno di giocare e diventare una stella nella NBA. Le sfide in campo si arricchiscono dell’interazione con la vita di tutti i giorni, ponendo anche un confronto con le persone che circondano il personaggio e mettendolo alla prova nel prendere le decisioni migliori per il proseguo della carriera.

    [jwplayer mediaid=”198819″]

    [jwplayer mediaid=”198827″]

    La rivoluzione nel multiplayer con 2K Pro-Am

    La modalità Il Mio giocatore si arricchisce di una nuova caratteristica che rivoluziona il gioco, parliamo di 2K Pro-Am, il modo per giocare online con il massimo delle personalizzazioni, che permette di essere subito operativi, con zero tempi di attesa ed il matchmaking praticamente immediato grazie al fatto che  ad una lobby possono collegarsi fino a 40 giocatori contemporaneamente. Grazie a 2K Pro-Am sarà possibile giocare partite 5 vs 5, con le regole della NBA, oppure giocare nella crew degli amici.
    All’interno di questa modalità sarà possibile personalizzare moltissimi aspetti, a partire dalle maglie, con propri loghi e colori, fino ad arrivare al parquet, senza dimenticare il nome della squadra. Il proprio contributo online sarà riportato in una apposita classifica aggiornata giornalmente ed utile ad affrontare utenti di pari livello.

    [jwplayer mediaid=”198820″]

    La colonna sonora più grande della storia dei videogame (e con i migliori DJ)

    In NBA 2K la musica è sempre stata una componente fondamentale, tutto è iniziato nel in NBA 2K13, alla cui realizzazione ha partecipato Jay-Z, seguendo dopo la playlist di NBA 2K14 a cura di LeBron James e quella di NBA 2K15 a cura di Pharrel Williams, oggi in NBA 2K16 la colonna sonora raggiunge un livello superiore, grazie alla collaborazione in produzione di tre tra i migliori DJ al mondo: il leggendario produttore hip hop DJ Premier, il rinominato DJ Khaled ed il produttore rap-pop DJ Mustard. Saranno presenti olre 50 canzoni tra cui 6 tracce esclusive.
    La colonna sonora di NBA 2K16 è suddivisa in 6 diverse playlist, oltre alle 3 curate personalmente da DJ Premier, DJ Khaled e DJ Mustard, ci sarà la playlist denominata “Around the World” che conterrà successi internazionali, la 2K Classics Mixtape che riproporrà le canzoni già presenti nelle passate edizioni del videogame preferite dai fan, ed infine una playlist globale contenente ben 50 canzoni di tutti i generi.
    Da notare che per la prima volta sarà presente un brano di artisti italiani, si tratta di “Fragili” dei Club Dogo (feat. Arisa).

     

    Giocare come se fosse reale

    Come ogni anno sono stati migliorati i movimenti e le animazioni, aumentando la fluidità e guadagnandone in realismo. La fisica della palla sul ferro viene gestita ancora meglio, i giocatori interagiranno tra loro in diversi modi, sono evidenziate le caratteristiche personali, le singole giocate e i tratti distintivi, l’intelligenza artificiale degli avversari è più veritiera. La novità più importante però in tali termine è forse quella dei 30 allenatori che avranno il loro personale modo di allenare, chiamare gli schemi e posizionare in campo la squadra, tra l’altro adattando nei vari momenti e di partita in partita le loro tattiche.

    [jwplayer mediaid=”198825″]

    Tra EuroLeague e Leggende Moderne

    Torna anche quest’anno l’EuroLeague, dove ci saranno le 25 migliori squadre d’Europa, con 8 nuove squadre, oltre alle italiane Dinamo Banco di Sardegna Sassari ed EA7 Emporio Armani Milano ci saranno ad esempio Real Madrid, Fenerbache Ulker, Alba Berlino e CSKA Mosca.
    Un’altra novità molto gradita ai fan più giovani è l’introduzione dei Team Leggenda degli ultimi quindici anni, ben 12 nuove squadre per deliziare tutti.  Avremo così, tra le altre, modo di giocare con i Miami Heat del 2012/13 che guidati da LeBron James, Dwayne Wayde e Chris Bosh conquistarono il secondo titolo consecutivo, oppure potremo giocare con i Cleveland Cavaliers del 2006/07 o ancora con i i Phoenix Suns del 2004/05.

    Nell’attesa del 29 Settembre 2015, data di uscita ufficiale di NBA 2K16, le premesse ci sono tutte, ora non ci resta altro che averlo in mano e testarlo, ma siamo sicuri che non deluderà le aspettative.

     

  • Riposa in pace…Big Mo

    Riposa in pace…Big Mo

    Se ne va un altra stella del firmamento Nba, nella notte di domenica ha lasciato i parquet di questo mondo Moses Malone. Giocatore unico che ha attraversato un epoca cestistica e influenzato alcune grandi star come Barkley, Olajuwon e David Robison.
    E’ stato un pioniere nel salto dal liceo al basket professionistico, nel 1974, quando invece di andare al college a Maryland firmò per gli Utah Stars in Aba in uscita dalla scuola. ” pratica che poi divenne abbastanza comune nel mondo Nba, per esempio Kevin Garnett e Kobe Bryant per citarne solo due.
    Malone era un giocatore moderno con un esplosività fuori dal comune e un senso del rimbalzo innato che sebbene non altissimo, 208 centimetri, gli permetteva di affrontare e mettere in difficoltà centri del calibro di Kareem Abdul Jabbar.
    Fu premiato per tre volte miglior giocatore Nba, nel 1979 e nel 1982 a Houston e nel 1983 a Philadelphia. Era il centro di quei Sixers ’83 che hanno vinto il titolo Nba contro i Lakers di Jabbar e Magic, finale in cui è stato eletto miglior giocatore a 25.8 punti e 18 rimbalzi di media.
    In una formazione che vedeva al suo interno giocatori del calibro Mo Cheeks e Julius “Doctor J” Erving, ma che vide ” Mo” come miglior realizzatore e miglior rimbalzista della squadra. La stagione del 1983 fu per loro una cavalacata trionfale fino ai playoff  quando vinsero il titolo perdendo un solo incontro in tutta la post season, sbagliando per poco la previsione di “Fo-Fo-Fo”(che sta per “Four Four Four”, quattro quattro quattro) secondo il quale Philadelphia avrebbe imposto un cappotto in ogni serie di quei playoff.
    E’ rimasto ai Sixers fino al 1986, solo un quadriennio in 21 anni da professionista con una carriera da “doppia doppia” di media, 20.6 punti e 12.2 rimbalzi girando nove squadre, dodici volte all’All Star Game, sei volte miglior rimbalzista (cinque di fila dal 1980 al 1985), ottavo ogni epoca per punti segnati (27.409) e sesto per rimbalzi (16.212), uno dei soli quattro giocatori Nba con Jabbar, Chamberlain e Hayes (non proprio gli ultimi arrivati) a chiudere con almeno 25mila punti e 15mila rimbalzi, e guadagnandosi cosi il titolo di più grande rimbalzista offensivo della storia.
    Nel 2001 a coronamento e a tributo della sua grande carriera fu introdotto nell’Nba Hall of Fame, l’arca della gloria dove siedono tutti i più grandi giocatori della storia  e dove Malone ha guadagnato il diritto di stare.
    malone
  • NBA Finals 2015: Warriors all’overtime sui Cavaliers in Gara 1

    NBA Finals 2015: Warriors all’overtime sui Cavaliers in Gara 1

    Le NBA Finals 2015 sono iniziate, con l’avvio della serie più attesa dell’anno per gli amanti del basket si arriva alla vera lotta per il titolo NBA. La finale vede coinvolte i Golden State Warriors e i Cleveland Cavaliers, due squadre che possono tranquillamente aspirare al titolo e meritarlo. I primi forti di una stagione al top, con un record in Regular Season di 67 vittorie e 15 sconfitte, una marcia nei playoff senza alcun, arrivano in finale dopo 40 anni, e con un collettivo molto forte, uno Stephen Curry che, oltre ad aver vinto il titolo di MVP della stagione, macina record sui tiri da 3 punti, un quintetto di tutto rispetto ed una panchina che da ottimo supporto ai titolari. I secondi hanno un nome su tutti, LeBron James, il prescelto, che tornato all’ovile continua a collezionare record di varia natura, senza poi dimenticare al suo fianco Kyrie Irving che in prospettiva futura sarà uno dei migliori giocatori della lega, JR Smith che sembra avere messo la testa a testa e dare un grande apporto al team, ma senza l’infortunato Kevin Love, si presentano comunque come contender di tutto rispetto.

    Foto credit nba.com
    Foto credit nba.com

    Gara 1 delle NBA Finals 2015 si rivela essere una partita interessante, risolta solo dopo un tempo supplementare a favore dei Golden State Warriors, che vede più volte cambi di vantaggio e vede spesso i padroni di casa dover rincorrere i Cleveland Cavs. Sono così serviti 53 minuti di gioco per vedere i padroni di casa prevalere sugli ospiti per 108-100, ma non senza sofferenza,anzi addirittura i Warriors si sono trovati sotto di 14 punti, contro dei Cavaliers che fin dall’inizio girano benissimo sotto la guida di LeBron James, che a fine partita segnerà a tabellino 44 punti, 8 rimbalzi e 6 assist, ma che porterà con se anche un 2-8 al tiro da 3, 6-10 ai tiri liberi e il possibile tiro della vittoria sbagliato. D’altro canto i Warriors nel corso della partita hanno avuto le solite giocate spettacolari di Stephen Curry che seppur meno preciso del solito dalla linea dei 3 punti (2-6 per lui) fa notare la sua presenza nei momenti che contano, alla fine saranno per lui 26 punti e 8 assist.
    La vera differenza arriva dalla panchina, se dalla sponda Cleveland sono solo tre i giocatori utilizzati che realizzano un totale di 9 punti, tutti per mano di un J.R. Smith che porta con se un 3-10 da 3 punti ed un 3-13 in totale, non una delle sue migliori prestazioni, dalla sponda Golden State sono invece 34 i punti, distribuiti su cinque giocatori e che danno ad Andre Iguodala la possibilità di mostrare il suo ben noto valore, 15 per lui i punti con un ottimo 2-3 da 3 punti e 6-8 totale

    Come già detto serve però un overtime per risolvere la partita, dopo un ultimo quarto che vede finalmente Klay Thompson in azione segnare 7 dei suoi 21 punti totali, e i due tiri liberi del pareggio segnati da un superlativo Timofey Mozgov, ma vede anche come già detto l’errore della possibile vittoria da parte di James prima e di Shumpert subito dopo. Ruolo chiave giocato dai primi otto tiri sbagliati in questo frangente di tempo da parte dei Cavaliers, con Tristan Tompson che nonostante i 15 rimbalzi totali non da più apporto, e con poco da imputare all’infortunio di Kyrie Irving (che comunque segna a referto 23 punti, 7 rimbalzi e 6 assist) a partita ormai chiusa, così come importanti sono i 4 tiri liberi consecutivi che intelligentemente si procura Curry.

    Gara 1 delle NBA Finals 2015 porta così segnato un Golden State Warriorsv – Cleveland Cavaliers 108-100, e un poco come da attesa vede i Warriors ed il sorriso di Steve Kerr, almeno momentaneamente, in vantaggio a tenere dalla propria il fattore campo, inoltre li pone in una posizione ancora più favorita e lascia ai Cavs e a David Blatt solo lontane speranze.

    Golden State Warriorsv – Cleveland Cavaliers 108-100
    Golden State Warriors: Curry 26 (8 assist), Thompson 21, Iguodala 15.
    Cleveland Cavaliers: James 44 (8 rimbalzi, 6 assist), Irving 23, Mozgov 16. Thompson 15 Rimbalzi.

    [jwplayer mediaid=”197694″]