Mike D’Antoni, ex coach dei Phoenix Suns, dei New York Knicks e dell’Olimpia Milano, torna a sedersi su una panchina Nba, sostituendo l’esonerato Mike Brown come head coach dei Los Angeles Lakers. Il 61enne allenatore, in Italia dal 1977 al 1994 nelle file dell’Olimpia Milano, prima come playmaker e poi come allenatore, ritorna dopo 8 mesi dalle dimissioni rassegnate sulla alla dirigenza dei Knicks, avendo la meglio sull’altro illustre candidato a guidare i giallo-viola nella stagione in corso, Phil Jackson, il quale seppur acclamato dai tifosi e dall’ambiente losangelino, sembra abbia chiesto un lauto stipendio alla dirigenza dei “lacustri” avendo inoltre libera scelta sul personale e l’opzione di saltare alcune gare in trasferta della squadra.
Nelle file gialloviola il coach naturalizzato italiano ritrova così Steve Nash, dopo la bellissima parentesi ai Suns durante la quale il playmaker canadese ha vinto per 2 anni consecutivi (2004/2005 e 2005/2006) il titolo di MVP della stagione, non riuscendo però a ad approdare alle Finali ed Nba per poter vincere il titolo, ma interpreti comunque di un gioco rapido e scintillante che ha portato Phoenix ad essere una delle migliori squadre della lega per gioco e realizzazione, con una media di oltre 110 punti a partita. Meno fortunata la parentesi ai New York Knicks che seppur iniziata con grandi prospettive e buoni risultati, si è conclusa malamente dopo un trend negativo che ha portato alle sue dimissioni nonostante in squadra avesse giocatori del calibro di Carmelo Anthony, Amar’e Stoudemire e Tyson Chandler.
Per lui quindi inizia una nuova avventura, ma anche una grossa responsabilità, ovvero portare i Lakers in alto lottando conseguentemente per il titolo e cercando di convincere gli scettici che in lui non ripongono tanta fiducia visto la prediligenza di un gioco totalmente offensivo lasciando a desiderare lasciando a desiderare in quella difensiva. Importante sarà anche la gestione dei campioni nello spogliatoio, dare loro degli schemi adatti al suo gioco e valorizzare tutti i componenti del roster affidandosi in particolare ai senatori della squadra come Bryant, Gasol e World Peace.
Intanto i Lakers post-Brown, guidati dal coach ad interim Bickerstaff, ottengono la seconda vittoria di fila allo Staples Center contro i Sacramento Kings dopo aver liquidato facilmente i Golden State Warriors. In attesa del debutto di D’Antoni, previsto tra circa due settimane per via di un’operazione al ginocchio che lo ha costretto ad un periodo di riposo, la squadra gialloviola sembra essersi ripresa dopo le rovinose cadute in pre-season e nelle prime uscite della stagione.
Clamoroso colpo di scena nella Nba: i Los Angeles Lakers hanno infatti sollevato dall’incarico l’ormai ex coach Mike Brown dopo un disastroso avvio di stagione (preseason compresa) di cui è stata protagonista la squadra gialloviola. L’head coach 42enne ex Cavaliers ha pagato con l’esonero l’ennesima sconfitta patita all’EnergySolution arena di Salt Lake City contro gli Utah Jazz, sconfitta che segue quelle precedenti, tra cui il derby contro i Clippers perso malamente da Bryant e compagni.
Il comunicato ufficiale della franchigia losangelina specifica inoltre che il vice di Mike Brown, Bernie Bickerstaff, è stato nominato coach ad interim, in attesa di ingaggiare un nuovo head coach: tra i papabili spiccano i nomi di Mike D’Antoni, che così ritroverebbe Steve Nash dopo gli anni trascorsi a Phoenix, ma anche leggende del basket a stelle e strisce quali Jerry Sloan, ex coach degli stessi Jazz che ha guidato per 23 anni con ottimi risultati seppur non ha mai potuto fregiarsi del titolo Nba, sfiorato per due volte nelle Finals contro i Chicago Bulls di un certo Michael Jordan. Ma Sloan non è l’unica leggenda Nba ad essere accostata alla panchina gialloviola: infatti i tifosi sognano il ritorno di Phil Jackson, il quale ha lasciato proprio i Lakers un anno e mezzo fa decidendo di ritirarsi a vita privata: i rumors che circolano in queste ore parlano di un tentativo della nuova stella losangelina Dwight Howard in procinto di convincere Coach Zen a ritornare sulla panchina con cui ha vinto 5 anelli dal 2000 al 2010.
La notizia, se vera, avrebbe del clamoroso e porterebbe alla franchigia gialloviola quel tatticismo e quella voglia di vincere che con Brown è mancata, ma gli addetti ai lavori non si sbilanciano su un suo possibile ritorno. Ritorno che potrebbe essere quello di Brian Shaw, già vice di Jackson durante l’avventura a Los Angeles e ora allenatore in seconda degli Indiana Pacers, ma attualmente il favorito sarebbe proprio D’Antoni, sebbene la mancanza di un equilibrio difensivo, contrapposta ad uno spettacolare repertorio offensivo, alimenta più di un dubbio alla dirigenza dei Lakers.
La stagione per i “lacustri” si è subito complicata, complice le 4 sconfitte nelle prime 5 uscite con squadre non irresistibili, anche se c’è tutto il tempo per rimediare perchè la stagione è lunga ed è appena all’inizio: già stanotte scenderanno in campo allo Staples Center contro i Golden State Warriors, in panchina ci sarà Bickerstaff in attesa che il proprietario Jerry Buss e il general manager Mitch Kupchak decidano a chi affidare una squadra che già da quest’estate è stata costruita per puntare a vincere il titolo con gli importanti acquisti di Nash e Howard.
E’ partita la stagione NBA 2012/2013 con 3 gare in programma nella notte, 2 delle quali dei veri e propri big match (Miami Heat-Boston Celtics e Los Angeles Lakers-Dallas Mavericks).
Iniziamo la nostra analisi dalla partita di contorno ovvero Cleveland Cavaliers-Washington Wizards: la gara viene decisa dalla premiata ditta dei CavsIrving–Varejao, con il rookie dell’anno della scorsa stagione capace di infilare ben 29 punti ed il centro che sfiora una sontuosa tripla doppia chiudendo con 9 punti, ben 23 rimbalzi (di cui 12 offensivi) e 9 assist (suo massimo in carriera). Grande contributo per i Cavaliers anche da Tristan Thompson che chiude in doppia doppia (12 punti e 10 rimbalzi) e dal rookie Dion Waiters che alla fine totalizza 17 punti e 3 recuperi. Dominio assoluto di Cleveland a rimbalzo, 54 a 39, ma gara che fino a 5 minuti dalla sirena ancora è in bilico sull’80 pari dopo che Washington recupera un passivo di 16 punti a partire dal terzo quarto (61-45). I Wizards però, ancora privi della stella John Wall ancora per circa un mese, sbagliano 14 dei 15 tiri finali una volta raggiunta la parità e così Irving e Varejao chiudono la pratica con un parziale di 14-4.
E’ festa grande a Miami per la consegna degli anelli di campioni del Mondo ai giocatori degli Heat per la vittoria del campionato della scorsa stagione ai danni degli Oklahoma City Thunder nelle Finals NBA. Festa raddoppiata dal successo di LeBron James e compagni sui Boston Celtics nella gara di apertura. Partita ad alto punteggio ma con il passare dei minuti Miami prende il controllo delle operazioni anche grazie a Wade (che nel secondo quarto taglia il traguardo dei 15mila punti in carriera) e James che guidano gli Heat al 62-54 a metà gara. I padroni di casa provano a chiudere i conti nel terzo quarto (93-76 alla fine del periodo) e si portano sul 100-82 a 9 minuti e mezzo dal termine. James però deve rientrare negli spogliatoi per crampi, Boston ne approfitta per riportarsi in partita con un super Barbosa (16 punti solo nell’ultimo quarto) che riduce ad una manciata di punti il divario a 2 minuti dalla conclusione. Wade e Bosh però non tremano e dalla linea del tiro libero chiudono i giochi. James termina la sua partita con 26 punti, 10 rimbalzi, 3 assist e 2 recuperi in soli 28 minuti sul parquet (l’ultimo periodo in campo solo 3 minuti prima del suo rientro anticipato negli spogliatoi), Wade top scorer con 29 punti, doppia doppia per Bosh da 19 punti e 10 rimbalzi, positive le prove dei nuovi arrivi Ray Allen (19 punti per il grande ex) e Rashard Lewis (10). Per i Celtics 23 punti di Pierce, 15 di Bass, 16 di Barbosa e grande gara di Rondo con 20 punti, 7 rimbalzi e 13 assist, in ombra Garnett con soli 9 punti che non saluta nè all’inizio e nè a fine match l’ex compagno Ray Allen.
La sorpresa della notte arriva direttamente da Los Angeles: i Dallas Mavericks (privi del leader Dirk Nowitzki fermo per infortunio e di una pedina chiave come il centro Kaman) espugnano con pieno merito il parquet dei Lakers per 99-91. Dopo 8 KO di fila in preseason arriva ancora una sconfitta per l’armata gialloviola alla prima in campionato, i Lakers assomigliano ad un’accozzaglia di campioni più che ad una vera squadra, ma le cose dopotutto non potranno che migliorare nelle prossime partite e la franchigia di Los Angeles sarà comunque la squadra favorita nella Western Conference a raggiungere la finale NBA. Iniziano bene i Lakers che tirano quasi con il 60% dal campo nel primo quarto ma gli ospiti restano a contatto (29-25). E’ la panchina texana che rivolta la gara come un calzino e che permette a Dallas di chiudere avanti a fine primo tempo 48-46. Terzo quarto da incubo per i padroni di casa, Brand e Wright prendono il controllo delle operazioni, Collison in regia regala giocate d’autore e così i Mavs si portano 74-66 alla fine della terza frazione. I Lakers non riescono a reagire e sprofondano sul -16 (93-77) a 5 minuti dalla fine, Howard prova a caricarsi la squadra sulle spalle ma viene tradito dai tiri liberi (ne sbaglia 11 su 14) e così Dallas controlla la situazione e gestisce il vantaggio fino alla sirena. Per i padroni di casa panchina inesistente (17 punti contro i 37 di quella texana), 64 dei 91 punti totali arrivano da Bryant (22 punti con un ottimo 11/14 dal campo), Gasol (23 punti, 13 rimbalzi, 6 assist e 3 stoppate, di gran lunga il migliore dei suoi, unico in attivo anche nel conto del plus/minus) ed Howard (doppia doppia da 19 punti e 10 rimbalzi ma con la pecca dei tiri liberi), male Nash (che si è spento dopo un buon avvio) e Jamison (5 miseri punti dalla panchina). I Mavs trionfano nonostante le assenze portando 6 uomini in doppia cifra, il migliore è Collison con 17 punti, seguìto da Wright con 14, Mayo con 12 e da un terzetto a quota 11 punti ciascuno ovvero Marion-Carter-Beaubois. Fondamentale nel successo ospite anche Brand con 8 punti ed 11 rimbalzi e note positive dal redivivo Eddy Curry, il giocatore più pesante della Lega che dopo qualche anno di inattività tra New York e Miami chiude con una buona prova sotto canestro da 7 punti e 4 rimbalzi in 17 minuti, impegnando anche Dwight Howard suo diretto rivale in campo.
Si è conclusa la preseason NBA. In attesa del’inizio della nuova stagione che prenderà il via domani notte, 30 ottobre 2012, con 3 match in programma (Cleveland Cavaliers-Washington Wizards, Miami Heat-Boston Celtics e Los Angeles Lakers-Dallas Mavericks le sfide della prima giornata), proviamo ad estrapolare qualche indicazione dalle partite amichevoli che si sono giocate in questo mese di ottobre, tenendo ben presente che i dati messi in luce ed emersi sono ovviamente molto sommari trattandosi di match non ufficiali.
Il primo tra tutti i dati che emerge da questa preseason è il record negativo dei Los Angeles Lakers, il peggiore nella storia gloriosa della franchigia con ben 8 sconfitte e nessuna vittoria ottenuta. Un evento impensabile vista la faraonica campagna acquisti che ha portato tra le fila gialloviola campioni del calibro di Steve Nash (in cabina di regia) e Dwight Howard (sotto canestro) e l’aggiunta di un sesto uomo di lusso come Jamison. Ovviamente tutti hanno avuto un minutaggio limitato onde evitare infortuni, da Bryant a Gasol, da Nash allo stesso Jamison per non parlare poi di Howard che ha saltato la prima parte del pre-campionato per rientrare solo nelle ultime partite. Ovviamente la brutta preseason disputata non toglie ai Lakers lo status di team favorito della Western Conference ma comunque tutto ciò ha dimostrato che nessuna squadra è imbattibile per quanto forte possa essere sulla carta.
Non molto meglio è andata ai campioni in carica dei Miami Heat, che chiudono con un record in parità d 4 successi ed altrettante sconfitte. Anche per loro vale lo stesso discorso dei californiani, in regular season si vedranno altri giocatori e un altro tipo di gioco, i favoriti per il titolo restano sempre loro grazie al talento straordinario di LeBron James.
Chi sorride è invece Philadelphia che ha ottenuto il miglior record (6-1) al pari dei Toronto Raptors di Andrea Bargnani, reduci da 5 vittorie di fila. Il nuovo corso canadese promette bene, con 3/5 dello starting five nuovi di zecca (Kyle Lowry playmaker, Landry Fields in guardia e Jonas Valanciunas come centro) ed un leader nel “Mago” chiamato alla stagione della consacrazione.
Un gradino sotto ai Raptors troviamo i Chicago Bulls di Marco Belinelli (5-2) che attendono con ansia il ritorno in campo dell’infortunato Derrick Rose (previsto per gennaio dopo la rottura dei legamenti del ginocchio nei passati playoff). Belinelli però dovrà elevare il suo rendimento dato che è stato uno dei più deludenti in preseason e se vorrà avere spazio dovrà migliorare anche la sua fase difensiva, da sempre la sua lacuna.
Ampiamente previsti i record negativi di Charlotte Bobcats (1-7), Orlando Magic (in piena ricostruzione dopo la cessione di Dwight Howard, 2 sole partite vinte e 6 sconfitte) e Washington, sorprende in negativo invece la preseason dei Boston Celtics che chiudono con 3 successi e 5 KO. Male anche Denver che fa registrare 3 vittorie e 4 sconfitte, ma al di là di questo si è intravisto un bel gioco e la crescita della squadra procede molto bene, i Nuggets faranno strada anche nei playoff molto probabilmente e Danilo Gallinari ha ormai assunto la leadership del team. Anche per lui sarà la stagione della verità.
A pochi giorni dal via della regular season NBA il mercato ci regala un clamoroso colpo di scena: gli Houston Rockets infatti prendono James Harden, fortissima guardia degli Oklahoma City Thunder, lo scorso anno eletto miglior sesto uomo della Lega.
Una notizia a sorpresa, visto che Harden era uno dei pilastri fondamentali della squadra dell’Oklahoma che ora va a rinforzare notevolmente il team texano. La rottura tra la guardia e la sua ormai ex franchigia si è consumata in poche ore, vista l’impossibilità del rinnovo contrattuale (il giocatore sarebbe stato free agent “ristretto” alla fine di questa stagione).
I Thunder per trattenere Harden hanno messo sul piatto un’offerta da 55,5 milioni di dollari complessivi per 4 anni, il giocatore avrebbe desiderato invece il massimo salariale di 60 milioni netti. Situazione irrealizzabile per Oklahoma City che avrebbe così sforato il salary cap. Si sono fatti avanti i Rockets che hanno acquisito Harden assieme al centro Cole Aldrich, alla guardia Daequan Cook ed all’ala piccola Lazar Hayward. Percorso inverso per le guardie Kevin Martin (veterano di mille battaglie ma con seri problemi fisici) e Jeremy Lamb (rookie, prima scelta di Houston all’ultimo Draft). Inoltre i Thunder hanno ricevuto 2 prime scelte ed una seconda ai prossimi Draft per completare il pacchetto e far quadrare i conti dello scambio.
Tutti contenti dunque (forse un pò meno i fans e i tifosi di Oklahoma City) con Houston che prende una possibile superstar ed un gruppo di giovani che potrebbero dare consistenza alla panchina, mentre ai Thunder approdano un giocatore dal sicuro rendimento, tiratore perimetrale micidiale ma con l’incognita degli infortuni, ed un esordiente molto promettente ma tutto da costruire (e si sa che in questi casi è la fortuna a recitare un ruolo importante).
Ovviamente si dovrà vedere quanto questa cessione potrà incidere sullo spogliatoio di Oklahoma City, dato che Harden era uno dei pilastri della formazione, un giocatore determinante nella conquista della Finale NBA dello scorso anno, serie che però ha visto progressivamente la buona vena nei playoff della guardia barbuta, cosa che ha fatto pendere l’go della bilancia della sfida a favore dei Miami Heat di LeBron James capaci di vincere per 4-1 e mettersi al dito l’anello tanto agognato.
I suoi compagni di squadra, da Durant a Westbrook passando per Ibaka e perkins, auspicavano un felice esito del rinnovo contrattuale. Ma tutto ciò non è avvenuto ed ora i Thunder escono dalla situazione con qualche incognita rispetto alle certezze degli ultimi mesi.
Harden ora avrà un ruolo fondamentale ed importante per quanto riguarda la crescita dei Rockets, squadra giovane e con il futuro tutto da scoprire. Sicuramente sarà la superstar della squadra, il finalizzatore per eccellenza che dovrà provare a trascinare la franchigia di Houston, anche con l’apporto di Jeremy Lin, acquisito nella free agency estiva dai New York Knicks, playmaker capace di tutto come ha già dimostrato nella Grande Mela.
Per vedere chi avrà avuto ragione in questa situazione non servirà molto tempo dato che la regular season NBA è alle porte ed il campo, come si sa, prima o poi emette sempre le sue sentenze.
David Stern dice addio alla NBA di cui è l’attuale commissioner: dal febbraio 2014, data in cui si compiranno i 30 anni del suo mandato (entrò in carica nel lontano 1984), il ruolo chiave nella gestione della Lega sarà affidato al suo vice Adam Silver.
Dopo mesi (circa un anno precisamente) in cui si erano rincorsi parecchi rumors su un’eventuale decisione del genere, il 70enne Stern ha deciso di fugare ogni dubbio circa il suo futuro ed ha dichiarato di aver fatto sapere ai 30 proprietari delle franchigie NBA la sua strategia di uscita dal mondo della pallacanestro professionistica americana.
Il numero 1 attuale della Lega andrà in pensione nel febbraio 2014 (quindi resterà in carica ancora per circa 15 mesi) dopo ben 30 anni di attività, poi lascerà il comando al suo fido vice Adam Silver. Già nei difficili momenti dello scorso anno, con l’ingarbugliata situazione del lockout che ha bloccato il campionato fino a Natale 2011, Stern aveva anticipato il desiderio di farsi da parte ma poi puntualmente arrivavano le smentite di rito.
Arrivato nella Lega nel 1966 come consulente legale, Stern è riuscito a scalare ben presto posizioni nelle gerarchie della Lega anche per la sua forte personalità e nel 1984 ha avuto il ruolo di commissioner.
Personaggio molto controverso, da un lato è riuscito a portare l’NBA ai vertici dello sport mondiale rendendola ricca e dandole grandissima esposizione a livello internazionale. Dall’altro però pesano anche alcune decisioni che hanno fatto storcere il naso sia ai tifosi che ai maggiori analisti di questo sport e che hanno minato la sua reputazione e la sua integrità.
La sua fortuna è stata quella di essersi trovato al posto giusto nel momento giusto visto che il suo inizio come commissioner è coinciso con il momento migliore della NBA in cui spopolavano talenti del calibro di Magic Johnson, Larry Bird ma soprattutto Michael Jordan. Con Stern al comando la Lega ha iniziato a guardare al di là dei confini nazionali, arrivando fino all’espansione in Canada (Toronto e Vancouver, successivamente però poi fatta fuori dallo stesso commissioner), i momenti bui sono stati invece i 4 lockout (l’ultimo lo scorso anno) e le varie vicende dei trasferimenti (o sparizioni addirittura) di franchigie più o meno storiche, con città e tifosi che hanno perso la propria squadra e che sono stati “costretti” a vederla poi giocare in altri luoghi degli Stati Uniti restando per lo più impotenti.
Il ruolo di commissioner, come già detto, dal febbraio 2014 passerà ad Adam Silver che avrà davanti comunque un difficile compito: quello di tenere in alto il nome della NBA che Stern è stato così bravo a promuovere durante il suo mandato. Silver avrà anche una grossa opportunità, quella di dimostrare che la Lega non si piega ai piccoli o grandi giochi di potere (sensazione che sotto la guida di Stern si è sempre avuta) ma che ha a cuore la passione dei suoi tifosi che poi alla fine è la parte portante di tutto il movimento. Vedremo se Silver riuscirà ad essere il commissioner ideale, intanto ringraziamo anticipatamente Stern per tutto ciò che ha fatto per la NBA.
Dopo aver esaminato la Eastern Conference, passiamo in rassegna i team della Western Conference che da molti anni ormai si rivela molto più competitiva ed equilibrata rispetto a quella delle squadre poste ad Est della NBA. Questa l’analisi delle Division e delle franchigie che si apprestano a giocare nel campionato 2012/2013.
SOUTHWEST DIVISION
Dallas Mavericks: Gli ex campioni NBA si apprestano a disputare una stagione completamente (o quasi) rinnovati. Squadra più giovane ed inserimenti mirati come Darren Collison in regia, Kaman al centro dell’area, Elton Brand lungo di lusso dalla panchina e O.J. Mayo nel ruolo di guardia sperando che possa esplodere. L’avvio non sarà facile visto che i Mavs dovranno fare a meno per un pò di tempo del leader tedesco Nowitzki per alcuni problemi al ginocchio. Tuttavia Dallas può essere tranquillamente annoverata tra le squadre che parteciperanno ai playoff.
Houston Rockets: Chi farà più fatica a conquistare un posto per la post season è Houston che al momento pare meno attrezzata per raggiungere questo obiettivo. Le fortune dei Rockets passeranno dalle mani di Jeremy Lin, fantastico nella scorsa annata ai Knicks fino a quando non si è infortunato. Ma il resto del team è troppo giovane ed inesperto per poter puntare in alto. Forse sarebbe meglio perdere qualche partita in più e puntare ai primi posti della Draft Lottery per poter continuare il processo di costruzione.
Memphis Grizzlies: Squadra come al solito molto interessante e completa, che però potrebbe pagare la cessione di Mayo che dalla panchina portava sempre il suo discreto contributo (un pò come Harden ai Thunder). Memphis ha un grande settore lunghi e un back court completo e con la giusta dose di fortuna nessun traguardo pare vietato preventivamente. Rudy Gay è chiamato alla stagione della sua definitiva consacrazione.
New Orleans Hornets: Gli Hornets sono in piena ricostruzione e tutto pare andare a gonfie vele visto che in un Draft ricco di talenti come quello del 2012 il team della Louisiana ha scelto davvero bene: Anthony Davis (il giocatore più simile a Dwight Howard) come prima scelta assoluta, a completare l’opera è arrivato Austin Rivers, figlio di Doc (coach di Boston) che ha già fatto intravedere lampi del suo talento. Anche il resto della squadra non è male e già in questo primo anno di rilancio si potranno avere buoni risultati. Ovviamente i playoff appaiono lontani ma gli Hornets, mattone dopo mattone, cercheranno di rientrare nei piani alti del basket NBA.
San Antonio Spurs: Ultima grande occasione per i texani che proveranno ancora una volta l’assalto al titolo. Le potenzialità per vincere ci sono tutte ma vista l’alta età media dei giocatori chiave ci sarà bisogno del contributo di tutti per dare modo a Ginobili, Duncan e Parker di poter riposare ed essere più freschi al momento della post season. La squadra è molto competitiva e possiede una panchina profonda e lunga, vedremo molto presto cosa riusciranno a fare i neroargento.
PACIFIC DIVISION
Golden State Warriors: Team molto interessante questi Warriors, il quintetto titolare è di gran livello con Curry in regia, Thompson guardia tiratrice (atteso a progressi notevoli), il rookie Barnes come ala piccola (che se trova la mano dalla distanza diventa inarrestabile) e la coppia di lunghi David Lee-Andrew Bogut che potenzialmente appare devastante. Non c’è molto talento in panchina (a parte 2/3 cambi) e per questo Golden State probabilmente non potrà ambire ai playoff. Ma il futuro sorride a questa squadra dopo qualche anno al di sotto delle previsioni.
Los Angeles Clippers: La squadra meno blasonata di Los Angeles dovrà provare ad alzare l’asticella degli obiettivi. Lo scorso anno fu semifinale di Conference ad Ovest con conseguente sconfitta pesante contro gli Spurs. Ora Chris Paul, Blake Griffin e compagni dovranno cercare di ottenere un risultato migliore ma non sarà facile nell’agguerrita Western Conference. Il talento c’è per poter puntare in alto, esperienza e gioventù si fondono in un bel mix ma servirà anche avere i nervi saldi nei momenti di difficoltà. Solo così si potrà arrivare in alto.
Los Angeles Lakers: I gialloviola dopo la grande campagna acquisti del mercato estivo sono la più seria candidata della Western Conference (assieme ai Thunder ovviamente) alla Finale NBA: sono arrivati in rapida sequenza uno dei migliori playmaker del momento e della storia NBA come Steve Nash, un grande ricambio in panchina come Jamison ed il centro più forte della lega, ovvero Dwight Howard. Questi giocatori vanno a rinforzare un gruppo che già può contare sul fenomeno indiscusso Kobe Bryant, su Pau Gasol (una delle ali grandi più forti della NBA) e su World Peace (alias Ron Artest) rendendo il roster dei Lakers uno dei miglior e più competitivi. Non sarà facile battere Oklahoma City nel testa a testa che si svilupperà nella stagione ma Los Angeles ha dato un segnale forte alla NBA, chi vorrà vincere dovrà fare i conti (necessariamente) con questi Lakers che puntano decisamente al titolo dopo un paio di stagioni non all’altezza del loro blasone.
Phoenix Suns: Restyling in casa Suns con i viola-arancio che si presentano ai nastri di partenza come una delle possibili sorprese della stagione. La squadra non ha delle vere e proprie “Stelle” considerando l’addio di Nash, ma un gruppo solido e valido in ogni reparto che potrà dare molto fastidio a tutti. L’obiettivo è quello di arrivare ai playoff, cosa non così sicura ma neanche impossibile. Beasley dovrà far vedere il suo vero potenziale, finora molto nascosto. Attenzione al rookie Marshall, playmaker che potrà diventare uno dei migliori della Lega.
Sacramento Kings: La mina vagante della Western Conference. Finalmente, dopo una decina di anni di Draft Lottery, a Sacramento ci sono le basi per far bene. La squadra è molto interessante ma soprattutto giovane e futuribile. A dare man forte sotto canestro ad un potenziale fenomeno come Cousins è arrivato Thomas Robinson dal Draft. In cabina di regia gran colpo con l’acquisto di Aaron Brooks che assieme ad Evans e Thornton promette scintille. Fredette dovrà elevare il suo rendimento, per completare questa squadra e renderla perfetta per l’approdo ai playoff serve un’ala piccola di livello, capace di segnare e difendere al tempo stesso. Ma a Sacramento possono guardare con fiducia al futuro, anche se il rischio di perdere la franchigia incombe sempre, dato che i Maloof (i proprietari dei Kings) non vogliono sborsare molti soldi per i rinnovi dei giocatori e per la costruzione della nuova Arena e da Seattle premono forte per acquistare una squadra talentuosa ed in rampa di lancio per ricreare i tanto rimpianti SuperSonics.
Nba | foto tratta dal web
NORTHWEST DIVISION
Denver Nuggets: Il team di Danilo Gallinari punta deciso ai traguardi più alti ed in effetti nulla pare precluso a priori. Il “Gallo” ha attorno a sè compagni di alto livello come il play Ty Lawson, l’ala grande Faried (la vera sorpresa della scorsa stagione), il centro McGee (dal potenziale enorme ma dalla testa deficitaria), in più dai Sixers è arrivato un top player come Andre Iguodala (sacrificando un onesto comprimario come Afflalo ora ad Orlando). Chiaro dunque che le potenzialità dei Nuggets appaiono illimitate, considerando anche la panchina lunga, da sempre punto di forza della franchigia del Colorado. Per Denver sarebbe possibile anche l’approdo alla Finale di Conference se tutto procederà nel verso giusto.
Minnesota Timberwolves: Reduci da una buona stagione nello scorso torneo, i Timberwolves sono chiamati a migliorarsi ed a centrare (dopo molti anni) la post season. L’obiettivo non pare poi così irraggiungibile anche se a Minneapolis la partenza sarà ad handicap visto l’infortunio alla mano di Kevin Love (che salterà sicuramente il primo mese di regular season) e la degenza di Rubio (che sta recuperando dall’infortunio al ginocchio che lo ha messo KO nello scorso campionato con i Timberwolves in lotta per un posto playoff). I loro recuperi saranno fondamentali per le fortune di Minnesota che in Estate ha completato il roster con le acquisizioni di Kirilenko e Brandon Roy, tornato nel grande basket dopo aver annunciato solo 12 mesi fa il suo ritiro dalla scena a soli 27 anni.
Oklahoma City Thunder: Assieme ai Lakers la grande favorita dell’Ovest. Squadra giovanissima ma già vincente, assetto collaudato, talento a bizzeffe, a questi Thunder non manca proprio nulla per aggiudicarsi il titolo di campioni NBA. E’ cambiato poco rispetto all’ultima (quasi) trionfale annata (vista la sconfitta in Finale contro i Miami Heat di LeBron James), è arrivato Perry Jones III dal Draft, giocatore molto simile a Jeff Green, l’unico pezzo importante perso per strada del progetto vincente partito da Seattle nel 2007. Il gruppo è rimasto intatto e si sente unito e pronto a togliersi finalmente grandi soddisfazioni. Con un asso come Kevin Durant, al momento il secondo giocatore più forte della lega dopo James, nulla è precluso. Ibaka ha rinnovato il contratto ed a centro area dispenserà ancora una volta le sue stoppate, l’incognita è Harden che invece ha il contratto in scadenza e per esigenze di salary cap potrebbe essere piazzato a qualche altra squadra anche in corso di campionato per non perderlo a zero a luglio. Ma per il resto la corazzata Thunder è pronta a (ri)scrivere la storia.
Portland Trail Blazers: Portland è in una fase delicata, di ricostruzione, e per questo non ci si potrà aspettare molto dai giovani Blazers. Tutto ciò che arriverà in questo campionato sarà solo un guadagno, in attesa di vedere una squadra vincente nell’immediato futuro. Attenzione al rookie Damian Lillard, un playmaker moderno dalle capacità illimitate.
Utah Jazz: I progressi dei Jazz sono evidenti, la forza della squadra è indubbiamente il settore lunghi, con Jefferson, Millsap, Kanter e Favors che rappresentano quasi il meglio che si può trovare sotto canestro. Meno completo il back court. Ma le fortune della squadra dello Utah dovranno essere costruite nelle gare in trasferta, da sempre punto debole di questa franchigia, vista invece la difficoltà degli altri team a giocare a Salt Lake City, parquet quasi inespugnabile. Lotteranno per aggiudicarsi l’ultimo posto playoff.
Tra circa una settimana prenderà il via la stagione NBA 2012. Questa è una breve analisi del nuovo campionato che si preannuncia molto combattuto e come al solito molto emozionante. Iniziamo il nostro viaggio NBA partendo dalla Eastern Conference.
ATLANTIC DIVISION
Boston Celtics: Sarà una stagione dal doppio obiettivo per Boston, ovvero tentare l’ultimo assalto al titolo (ipotesi comunque difficile) ed al tempo stesso far crescere i giovani acquisiti tra Draft e mercato nelle ultime 2 annate, che saranno la colonna portante dei Celtics del futuro. In particolare occhi puntati su Jeff Green (che ritorna in campo dopo un anno di stop per problemi cardiaci) e Jared Sullinger che guideranno la truppa biancoverde nel prossimo decennio assieme al fenomenale playmaker Rajon Rondo. Importante sarà l’esperienza che porteranno Garnett e Pierce ma la perdita di Ray Allen, volato ai rivali degli Heat, è pesante nonostante l’acquisizione di un altro cecchino dal perimetro come Jason Terry.
Brooklyn Nets: L’obiettivo per la prima stagione a Brooklyn è di migliorare il rendimento dello scorso anno e magari entrare nel novero delle 8 squadre che prenderanno parte ai playoff. Sfumato il sogno estivo Dwight Howard (che avrebbe reso i Nets una corazzata) le armi principali saranno Deron Williams e Joe Johnson (preso dagli Hawks), ma per puntare in alto il centro Brook Lopez sarà chiamato ad elevare e di molto il suo rendimento. Le speranze a Brooklyn passano dai suoi miglioramenti.
New York Knicks: New York ha puntato decisamente sull’esperienza, molti veterani hanno deciso di accasarsi ai Knicks e proprio per questo ora New York ha uno dei roster più “anziani” della storia NBA. Gli acquisti di Camby, Thomas e Wallace rendono i Knicks una delle migliori squadre sotto canestro (si aggiungono a Stoudemire e Chandler), Carmelo Anthony dovrà trascinare i suoi compagni ai traguardi più alti e dimostrare di essere allo stesso livello delle “Stelle” LeBron James e Kevin Durant. Potrebbe pesare la perdita di Jeremy Lin, eroe della scorsa stagione, lasciato partire verso Houston. Al suo posto in cabina di regia il cavallo di ritorno Felton.
Philadelphia 76ers: Perso Andre Iguodala (andato a Denver) è arrivato Andrew Bynum il che rende i Sixers una delle migliori squadre sotto canestro (al suo fianco giocherà Spencer Hawes capace di punire anche dalla distanza). L’assenza dell’ex capitano “A.I.”sarà mitigata da Evan Turner, decisamente in rampa di lancio. Holiday pronto a diventare uno dei migliori playmaker della lega. Con un pò di fortuna Philadelphia potrebbe togliersi tante soddisfazioni quest’anno.
Toronto Raptors: Prosegue la ricostruzione graduale in Canada, Bargnani e compagni in questo torneo devono necessariamente migliorare il record dell’anno scorso. Le basi ci sono tutte, ma sembra improbabile un loro approdo alla post season, a meno che il nostro “Mago” non diventi un giocatore dominante su entrambi i lati del campo, in quel caso non sono escluse sorprese.
CENTRAL DIVISION
Chicago Bulls: Il punto focale della nuova stagione dei Bulls sarà il recupero di Derrick Rose, reduce da un grave infortunio al ginocchio negli scorsi playoff. Con il playmaker in piena forma Chicago sarà decisamente una delle più serie candidate al titolo, le fortune del team dell’Illinois passano dalle sue mani e dalle sue giocate. Sarà interessante vedere anche l’inserimento del nostro Marco Belinelli (dopo lungo corteggiamento finalmente approdato nella squadra che fu del grande Michael Jordan) nel sistema offensivo dei “Tori”. A meno di clamorosi crolli i Bulls non dovrebbero scendere dai primi 4 posti nella Eastern Conference.
Cleveland Cavaliers: “errare umanum est, perseverare autem diabolicum” è un brocardo latino che evidentemente non conoscono in Ohio. Dopo aver sprecato la quarta scelta assoluta nello scorso Draft per un giocatore assolutamente normale come Tristan Thompson (dopo aver selezionato al numero 1 il fenomeno Irving) ecco che i Cavs ci sono ricascati. La quarta scelta del 2012 ha portato a Cleveland Dion Waiters (guardia di riserva a Syracuse in NCAA), chiamata incomprensibile vista l’abbondanza di talento presente nel Draft (forse uno dei migliori degli ultimi 25/30 anni). Il giocatore, sia chiaro, non è un brocco, ma neanche quell’atleta che sposta gli equilibri, come dovrebbe essere chi viene selezionato così in alto. Altra stagione perdente per i Cavaliers, sperando che poi nel prossimo Draft non vengano commessi i soliti vecchi errori.
Detroit Pistons: Il processo di ricostruzione e di crescita dei Pistons procede decisamente bene. Il reparto lunghi ora è completo e annovera il talentuoso Greg Monroe ed il potentissimo rookie Andre Drummond un centro che può fare la differenza in partita ma che tira i liberi peggio di Shaq O’Neal. Buono anche il reparto di guardie/playmaker (da tenere d’occhio soprattutto Brandon Knight), mentre per fare il definitivo step verso l’alto serve un’ala piccola di livello assoluto, che probabilmente verrà selezionata al Draft dell’anno prossimo. Detroit potrebbe essere la mina vagante ad Est, in attesa di completare la squadra e ritornare nei piani alti della Lega.
Indiana Pacers: Indiana ha mantenuto invariata l’ossatura della squadra che ha ben figurato lo scorso campionato. Proprio per questo i Pacers guardano alla nuova stagione con speranza, sarà difficile arrivare al titolo, ma per diventare campioni NBA tutti dovranno fare i conti con il team di Danny Granger, Roy Hibbert, David West e Paul George.
Milwaukee Bucks: Ultima chiamata per la squadra del Wisconsin, un altro fallimento (lo scorso anno non furono raggiunti i playoff) non sarà più tollerato dalla dirigenza che eventualmente provvederà, in caso di ulteriori delusioni, a ricominciare da zero. Nel back court il punto forte dei Bucks con la coppia Jennings-Ellis potenzialmente da 50/60 punti a partita e 15/20 assist in combinata. Da valutare il settore lunghi, che con la perdita di Bogut (andato ai Warriors proprio per avere Monta Ellis) potrebbe essere il settore meno competitivo della franchigia. Importante aver rifirmato Ilyasova ma non può essere il turco il sostituto di Bogut, dovranno essere trovate valide alternative. Incombe sui Bucks anche il rischio trasferimento da Milwaukee con Seattle pronta ad accogliere la franchigia per ricreare i SuperSonics, una stagione perdente darebbe modo di far pensare proprio in questa direzione.
Nba | foto tratta dal web
SOUTHEAST DIVISION
Atlanta Hawks: Scambiato volutamente il leader Joe Johnson (per abbassare il monte ingaggi) per gli Hawks la nuova stagione non dovrebbe essere ricca di soddisfazioni. Il team pare indebolito dal mercato anche se potenzialmente i playoff potrebbero essere raggiunti. Punto di forza della squadra il front court con Josh Smit ed Al Hordford. Ma quanto peserà ora la mancanza di un gran tiratore e giocatore talentuoso come lo era Johnson nel sistema offensivo di Atlanta? La risposta l’avremo sicuramente tra pochi mesi.
Charlotte Bobcats: Dopo l’orrendo campionato 2011/2012, culminato con la peggiore percentuale di vittorie della storia NBA, i Bobcats guardano al futuro con un pò più di fiducia grazie all’acquisizione di Michael Kidd-Gilchrist, seconda scelta assoluta al Draft 2012, ala piccola con potenziale devastante sui 2 lati del campo, in grado di elevarsi ai livelli di Anthony, Durant e James (se tutto andrà per il verso giusto). Ovvio che il processo di crescita a Charlotte sia solo agli inizi, le “Linci” saranno una delle squadre più deboli della stagione, ma l’importante sarà far dimenticare l’ultimo torneo e porre le basi per un grande futuro (da valutare i progressi del lungo Biyombo). Jordan guarda al mercato di Seattle per aumentare gli introiti visto che in North Carolina il team non riscuote molto successo.
Miami Heat: Sono ancora loro i favoriti di questo torneo, dopo aver vinto il campionato 2011/2012. La squadra è rimasta invariata con l’aggiunta di un fenomeno come Ray Allen che potrà dare un gran contributo con i suoi tiri da 3 punti (migliore cecchino della storia NBA). Resta un pò corto il reparto lunghi, con Bosh che probabilmente partirà da centro pur preferendo giocare da ala grande. In questo caso sono da valutare le voci che vorrebbero il centro Oden vicino agli Heat, con l’ex prima scelta assoluta al Draft del 2007 che ha recuperato dai milioni di guai fisici che lo hanno tormentato negli ultimi 5 anni. Sarebbe un innesto importante sotto canestro perchè se Oden riuscisse ad esprime almeno la metà del suo vero potenziale Miami diventerebbe imbattibile, considerando che in squadra ci sono 2 dei migliori 10 giocatori della Lega come Wade e James (che ormai è il numero uno indiscusso della NBA). Heat favoriti per il titolo ma non con così grande distacco dalle altre pretendenti.
Orlando Magic: E’ facile pronosticare una stagione perdente per i Magic che dopo la cessione di Dwight Howard (ai Lakers, così come era successo una quindicina di anni fa con Shaquille O’Neal), centro leader indiscusso ad Orlando, hanno accumulato tantissime scelte nei prossimi Draft per ricostruire una squadra vincente. Saranno tempi durissimi nei prossimi 3 anni per i tifosi dei Magic, il team non appare in grado di superare, al momento, le 25 vittorie stagionali.
Washington Wizards: Neanche il tempo di iniziare che per Washington arrivano subito brutte notizie con l’infortunio di John Wall. I Wizards non saranno una squadra competitiva e i playoff restano un miraggio, la ricostruzione ancora è nel pieno del suo svolgimento. Probabile che i capitolini saranno una delle peggiori 4-5 squadre della stagione, l’importante sarà far crescere i tanti giovani presenti nel roster e puntare a ritornare nei pian alti nei prossimi 2 anni.
Nell’ultimo appuntamento dell’NBA Europe Live Tour 2012 colpaccio del Barcellona che imita il Fenerbahce di Simone Pianigiani (vittorioso qualche giorno fa contro i mitici Boston Celtics) e supera gli ex campioni NBA dei Dallas Mavericks per 99-85. Si conclude con un sostanziale pareggio il viaggio in Europa delle franchigie americane con 2 vittorie e 2 sconfitte per parte.
Nel successo dei catalani da segnalare però l’assenza del leader dei texani Dirk Nowitzki messo KO dal ginocchio (problema risolvibile in qualche giorno), una mancanza che si è fatta sentire tra i Mavs apparsi davvero sterili in attacco. Nel primo quarto il Barcellona prova la fuga, ma Dallas impatta sulla sirena per il provvisorio 21 pari.
I problemi offensivi degli ospiti vengono mitigati da una buona difesa di squadra che permette di andare al riposo lungo sotto di soli 2 punti (42-40). Il primo strappo al match degli spagnoli arriva ad inizio ripresa grazie alla grande regia di Huertas che porta la sua squadra sul 53-45. Carlisle chiama timeout ma le cose non cambiano molto e Navarro con una tripla fissa il provvisorio 64-51. Il quarto si chiude con il Barcellona avanti per 74-56 e la gara sembra ormai in archivio.
Nell’ultimo periodo Dallas alza la pressione e si porta sul -10 nei primi minuti, Collison e Carter guidano un altro parziale per il provvisorio -6 (83-77 a 5 minuti dal termine) ma quando i Mavs ormai sembrano rientrati in partita ci pensa Pete Mickeal (aiutato dal solito Navarro) a chiudere i conti: a fine gara 19 punti per entrambe le stelle catalane, tra le fila degli americani 14 punti di Collison e doppia doppia di Kaman da 15 punti e 10 rimbalzi. Dopo Philadelphia 76ers (2006) e Los Angeles Lakers (2010) il parquet di Barcellona miete un’altra vittima illustre.
Nelle altre gare della notte, successo che dà morale ai Bulls (in attesa del recupero dall’infortunio ai legamenti del ginocchio di Derrick Rose) che superano i Grizzlies per 92-88. Bene anche i Milwaukee Bucks che stendono i Cleveland Cavaliers (reduci ieri dal successo stentato contro la Montepaschi Siena) con il risultato di 97-80.
Bella partita tra New Orleans e Charlotte, dove gli occhi erano puntati tutti sulla sfida tra le prime 2 scelte assolute all’ultimo Draft, ovvero Anthony Davis (centro degli Hornets) e Michael Kidd-Gilchrist (ala piccola dei Bobcats). Successo dei padroni di casa della Louisiana con Davis che vince anche il confronto diretto con il rivale, ex compagno di squadra lo scorso anno a Kentucky University. Davis è il miglior realizzatore del match con 22 punti e 9 rimbalzi, mentre l’ala di Charlotte chiude con soli 10 punti (in aggiunta 3 rimbalzi e 4 assist). Da segnalare per New Orleans la doppia doppia dell’altro lungo Robin Lopez (18 punti e 13 rimbalzi), 15 i punti del neo acquisto Ryan Anderson dai Magic (tutti su tiro da 3, con 5/6 per lui). Per i Bobcats il top scorer è Ben Gordon con 15 punti, seguìto da Mullens con 14. Attenzione agli Hornets che nonostante la giovane età della squadra presentano una formazione molto interessante e ricca di talento capace di dare fastidio a chiunque in vista della stagione NBA. L’agguerrita Western Conference sforna un altro team molto futuribile e dalle potenzialità illimitate.
Nella notte si sono disputate 3 partite valide per la preseason NBA, in campo anche la nostra Montepaschi Siena, che a Cleveland ha affrontato i Cavaliers, ed Andrea Bargnani che con i suoi Toronto Raptors ha sfidato il RealMadrid.
Non è andata bene a Siena, che perde anche la seconda ed ultima gara in territorio americano, ma a differenza del match disputato 2 giorni fa contro SanAntonio (una disfatta con i campioni d’Italia seppelliti sotto 30 punti di scarto), gli uomini di coach Banchi giocano una gara ottima sotto tutti i punti di vista ma devono cedere nel finale agli avversari ed escono sconfitti per 91-85.
Un KO onorevole però quello della formazione italiana, che è rimasta in partita per tutto il match e, cosa più importante, è riuscita in alcuni frangenti anche a fare paura alla franchigia NBA (certamente di un livello inferiore rispetto agli Spurs ma pur sempre una squadra professionistica americana).
Siena riesce a chiudere in vantaggio il primo quarto (22-17 il parziale) ed anche il primo tempo (36-33), poi però si fa riprendere dai Cavaliers, va sotto nel punteggio fino al -10 nel terzo periodo ed a 3 minuti circa dalla fine della gara, i Cavs sono sopra di 11 e in totale controllo. O così Almeno sembra, perché i campioni d’Italia con una tripla di Kangur a 18 secondi dal termine si riportano a -4 (85-89) mettendo i brividi ai tifosi di Cleveland. Solo il tiro dell’israeliano Casspi, pochi attimi dopo, fissa il punteggio sul 91-85 chiudendo la pratica. Rispetto alla prova contro gli Spurs, netto miglioramento nella selezione dei tiri e mira più precisa, anche se ancora non eccelsa (34.6% dal campo contro il 49.3% dei Cavs), alcuni giocatori sono saliti di livello. Come Hackett (14 punti con 5/6, 5 rimbalzi, 4 assist, 2 recuperi e 1 stoppata) e Janning (21 punti con 2/6 da 2 ed un ottimo 5/8 da 3). Anche Brown ha fatto un’ottima gara (22 punti, miglior realizzatore, ma con 6/18 dal campo). Per quanto riguarda Cleveland il top scorer è Samardo Samuels con 14 punti. Ora per Siena ci sarà il lungo ritorno a casa poche ore prima del debutto (venerdì) in Eurolega.
Bene anche i Raptors di Andrea Bargnani che affondano il Real Madrid: gara in salita per i canadesi che vanno sotto di 10 punti in avvio (20-10). Il secondo quintetto dei Raptors sistema le cose ed alla fine del primo quarto il punteggio è di 29-22 per Toronto (parziale di 19-2). La partita procede a fiammate, il Real ritorna avanti sul 44-40, i canadesi rispondono ribaltando il punteggio ed arrivando anche sulla doppia cifra di vantaggio. Il Madrid non ci sta e pareggia a quota 65. E’ il rookie Terrence Ross (settima scelta assoluta all’ultimo Draft) a dare lo strappo decisivo in favore dei suoi con 2 triple di fila. Il Real non si rialza più e Toronto vince 102-95. Per i Raptors il top scorer è DeRozan con 18 punti, 16 sono di Lucas e 14 di Bargnani, per gli spagnoli 17 punti di Mirotic e 10 dell’ex NBA Rudy Fernandez.
Nell’ultima gara della notte prosegue il momento positivo dei Golden State Warriors che dopo aver battuto ieri i Los Angeles Lakers hanno la meglio per 83-80 sugli Utah Jazz. Rientro dall’infortunio per Stephen Curry (11 minuti, solo 2 punti ma 6 assist), brilla il solito David Lee (19 punti, 14 rimbalzi, 5 assist e 4 recuperi) che quando rientrerà il centro Bogut formerà una coppia da sogno sotto canestro. 14 punti sono di Rush, 11 di Thompson e 9 del rookie Barnes (partito dalla panchina). Per i Jazz 13 punti a testa per Millsap e Marvin Williams mentre Kanter chiude con una doppia doppia da 12 punti ed 11 rimbalzi.