Tag: miami heat

  • NBA: McGrady ad Atlanta, Battier a Miami

    NBA: McGrady ad Atlanta, Battier a Miami

    Mercato aperto solo da qualche ora in NBA ma ci sono già tanti colpi da segnalare. Shane Battier, nell’ultima stagione gregario di lusso prima agli Houston Rockets e poi ai Memphis Grizzlies, decide di firmare per i vice campioni in carica dei Miami Heat. Per lui ci dovrebbe essere un contratto da 5 anni. Miami aggiunge così difesa ed esperienza nel suo roster senza dimenticare che Battier è uno dei migliori tiratori da 3 punti della Lega, che sarà molto utile sugli scarichi di LeBron James e Dwyane Wade.

    Tracy McGrady, Detroit Pistons | © Harry How/Getty Images

    Altra notizia di rilievo è la firma di Tracy McGrady con gli Atlanta Hawks che con l’ingaggio da parte dell’ex stella di Orlando Magic e Houston Rockets rinunceranno quasi certamente a Jamal Crawford.

    Nelle prossime ore potrebbe esserci un doppio colpo per i New York Knicks che in attesa dell’evolversi della situazione Chris Paul pensano a Tyson Chandler ed a Grant Hill per puntellare il roster.

    Detroit rinnova il contratto a Tayshaun Prince: per lui un quinquennale da 27 milioni di dollari.

    Greg Oden è vicino a prolungare la sua esperienza in Oregon con i Portland Trail Blazers. Ecco perchè i Miami Heat hanno ingaggiato il centro, ex New York Knicks, Eddy Curry. Lascia la squadra della Florida il pari ruolo Jamaal Magloire: il giocatore nato a Toronto torna a casa, firmando un contratto con i Raptors di Andrea Bargnani e va a rinforzare una delle peggiori difese della Lega.

    I Sacramento Kings hanno offerto un quinquennale da 20 milioni di dollari a Chuck Hayes, centro degli Houston Rockets ormai libero sul mercato. Nei prossimi giorni l’accordo verrà finalizzato.

    Come riserva di Tony Parker i San Antonio Spurs hanno ufficializzato l’acquisto di T.J. Ford.

    I Phoenix Suns hanno raggiunto un accordo con Shannon Brown per un contratto annuale da 3,5 milioni di dollari. Mossa prevedibile vista la possibile perdita di Grant Hill.

    Chiudiamo con il botto: Caron Butler rifiuta San Antonio e Chicago e firma per 3 anni a 24 milioni di dollari con i Los Angeles Clippers!

    Leggi anche

  • NBA, Lakers su Howard. Miami tenta Oden

    NBA, Lakers su Howard. Miami tenta Oden

    Venerdì 9 dicembre il mercato NBA aprirà ufficialmente ma in questi giorni sono già tante le voci di possibili trattative tra le squadre. Sulla cresta dell’onda c’è sempre Dwight Howard, centro degli Orlando Magic, a cui scadrà il contratto alla fine di questa stagione. “Superman” non sembra intenzionato a rifirmare con la franchigia della Florida (fatale la sconfitta nel primo turno playoff dello scorso torneo contro gli Atlanta Hawks) essendosi ormai convinto che sarebbe difficile arrivare a vincere il titolo con il suo attuale team e starebbe vagliando con attenzione le offerte pervenute al suo agente in modo da scegliere poi la squadra potenzialmente migliore per puntare alla vittoria del campionato. I più interessati all’acquisizione di Howard sono i Los Angeles Lakers che se riuscissero nel colpaccio porterebbero via da Orlando un altro grande centro dopo aver strappato qualche anno fa, a suon di milioni di dollari, Shaquille O’Neal. La storia potrebbe (il condizionale è comunque d’obbligo vista la lunga lista di pretendenti) ripetersi dato che i Magic non vogliono assolutamente perdere a parametro 0 il loro giocatore simbolo il che significherebbe l’ennesima ricostruzione della loro giovane storia. I gialloviola sono pronti a mettere sul piatto della trade 2 giocatori da scegliere in una rosa di 3 ed i nomi sono di tutto rispetto dato che comprendono il centro Andrew Bynum, ragazzo dalle numerose qualità e potenzialità, un pò fragile fisicamente ma sempre uno dei migliori nel suo ruolo, l’ala grande di nazionalità spagnola Pau Gasol, giocatore su cui tecnicamente non si può discutere ed infine il versatile Lamar Odom. Lo scambio permetterebbe ai Lakers di avere un atleta dominante come nessun altro in NBA a centro area ed ai Magic di restare sempre altamente competitivi. Secondo alcune fonti il trasferimento dovrebbe essere praticamente fatto ma attenzione agli inserimenti di altri team dell’ ultima ora dato che ad Orlando comunque conviene scatenare un’asta per ottenere quanto più possibile dalla cessione di Howard.

    Dwight Howard, Orlando Magic | © Kevin C. Cox/Getty Images

    Sempre a proposito di centri si sta facendo strada prepotentemente la voce che vede i Miami Heat dei “Big Three” Wade-James-Bosh interessati allo sfortunato centro dei Portland Trail Blazers Greg Oden. L’ex Ohio State University, prima scelta assoluta di Portland al Draft del 2007, paragonato da molti esperti a Shaquille O’Neal per l’impatto che avrebbe potuto avere nella Lega e per la potenza fisica fuori dal comune assimilabile a quella del giovane Shaq nelle sue migliori stagioni ai Magic ed ai Lakers, in 4 stagioni è riuscito a scendere in campo solo per 82 partite (in pratica un solo torneo su 4) a causa di gravissimi infortuni ad entrambe le ginocchia. A gennaio è previsto il suo ennesimo ritorno sul parquet ma ai Blazers sono indecisi sul da farsi visto che il giocatore è free agent con restrizione, ovvero libero sul mercato ma pareggiando l’offerta migliore che perverrà all’agente del centro la squadra dell’Oregon potrà tranquillamente tenerlo in squadra avvalendosi del suo diritto. Miami ha evidenziato nell’ultima stagione grandi problemi a centro area e seppur sia arrivata in Finale (persa però contro i Mavericks di Dirk Nowitzki) punta ad un massiccio rafforzamento del roster. Un Oden in salute sarebbe l’ideale, non solo per gli Heat ma per qualsiasi franchigia NBA. Tuttavia l’incognita sulle sue reali condizioni fisiche sono tante e permangono nonostante le rassicurazioni dello staff sanitario dei Blazers. Il team della Florida potrebbe usare la sua eccezione salariale da 5 milioni di dollari all’anno per strapparlo ai biancorossoneri, staremo a vedere l’evolversi della situazione.

    Restano sul mercato altri 2 centri di rilievo, Tyson Chandler che ha rifiutato la proposta di rinnovo dei Dallas Mavericks campioni in carica ritenendola troppo bassa e Marc Gasol, fratello minore di Pau, che sta valutando il prolungamento di contratto con i Memphis Grizzlies anche se la prima offerta della franchigia del Tennessee non ha soddisfatto del tutto lo spagnolo.

    Chiudiamo il discorso mercato parlando di un grandissimo giocatore come Grant Hill: la 39enne ala piccola, nell’ultima stagione ai Phoenix Suns, non sembra accusare il peso dell’età che avanza e dopo l’ottima regular season con la squadra dell’Arizona starebbe pensando ad un team di vertice per chiudere la carriera magari vincendo un titolo. Se Chris Paul andasse ai New York Knicks (rendendo quindi gli arancioblu una seria pretendente all’anello) il suo ingaggio da parte della franchigia della Grande Mela sarebbe cosa certa per unirsi al fantastico trio che si formerebbe con Paul in cabina di regia, Carmelo Anthony star indiscussa del Madison Square Garden ed Amar’è Stoudemire a dominare a centro area. Hill darebbe qualità ed esperienza ad una panchina molto carente come quella dei Knicks, ma su di lui attenzione alle mosse di Chicago Bulls e Los Angeles Clippers.

    Leggi anche:

    NBA, MARCO BELINELLI NEL MIRINO DEI CHICAGO BULLS

  • NBA: Calendario pronto, poche modifiche nelle 66 partite in programma

    NBA: Calendario pronto, poche modifiche nelle 66 partite in programma

    Saranno pochissime le modifiche che verranno apportate al calendario NBA. Il programma resta così sostanzialmente invariato e chi sperava in una riformulazione per equilibrare, per ogni squadra, i match sulla carta più facili e quelli più difficili (a causa delle 16 gare cancellate) è rimasto un pò deluso. La stagione regolare sarà di 66 partite, prenderà il via il 25 dicembre, giorno di Natale, con 3 sfide stellari come New York Knicks-Boston Celtics, Los Angeles Lakers-Chicago Bulls e la rivincita dell’ultima Finale NBA Dallas Mavericks-Miami Heat. La fine è fissata invece per il 26 aprile, 2 giorni dopo si apriranno i playoff che termineranno al massimo il 26 giugno (giorno in cui è stata programmata gara 7 di finale).  L’All Star Game si disputerà ad Orlando (come nelle previsioni), ma la data è ancora incerta e potrebbe essere spostata, rispetto al già programmato 26 febbraio.

    Nba | foto tratta dal web

    Ogni squadra dovrà scendere in campo 2 volte in più al mese rispetto a quanto disposto precedentemente, si apre la possibilità di avere i “back to back to back” ovvero una serie di 3 partite in 3 giorni per ogni team, uno sforzo notevole per i giocatori che non avranno neanche il tempo per rifiatare e recuperare dagli sforzi delle gare precedenti. Ovviamente a causa delle sfide cancellate non tutte le squadre si affronteranno almeno una volta nell’arco della stagione (era questo il punto che spingeva alcuni addetti ai lavori ad una riformulazione del calendario per avere incontri tra tutte le 30 franchigie). Ogni formazione giocherà 48 partite contro avversarie della stessa Conference: 2 volte in casa e 2 in trasferta contro 6 squadre (sicuramente con le altre 4 della stessa Division di appartenenza), una volta in casa e 2 in trasferta contro 4 squadre e 2 in casa e una in trasferta contro altre 4. Le altre 18 partite saranno contro squadre della Conference opposta: contro 3 squadre è prevista doppia sfida con una gara in casa ed una in trasferta, contro altre 6 squadre ci sarà solo il match casalingo e contro altre 6 invece solo quello in trasferta. Si aspetta la ratifica dell’accordo raggiunto qualche giorno fa tra associazione dei giocatori e proprietari, poi il 9 dicembre si apriranno i training camp e ci sarà l’inizio del mercato (con almeno 2 gare di preseason per team).

    Intanto arrivano le prime indiscrezioni sui dettagli dell’intesa che ha portato come logica conseguenza la cancellazione del lockout: i giocatori nella prossima stagione riceveranno il 51,15% dei proventi ovvero i guadagni della Lega che nella scorsa annata hanno superato i 4 miliardi di dollari, e riceveranno i 66/82 dello stipendio fissato nei loro contratti. Ad esempio Kobe Bryant, il giocatore più pagato con 25,2 milioni di dollari, vedrà il suo salario ridursi a 20,3 milioni. Il salary cap, il tetto salariale, resterà invariato fino al 2013 sui livelli della passata stagione (58 milioni), ma i team saranno molto più scoraggiati ad entrare nella luxury tax (la tassa che obbliga qualsiasi squadra che sfori quota 70 milioni in stipendi ai giocatori di pagare un dollaro aggiuntivo alla NBA per ogni dollaro che superi quella cifra). Ma la clausola che potrebbe cambiare sin da subito il mercato si chiama “Amnesty”: i team potranno scaricare (nel vero senso della parola) un atleta a loro scelta (sotto contratto nella stagione 2010-11) senza far pesare il suo ingaggio nel monte salari e liberando quindi denaro per inseguire i free agent. Una scelta innovativa che permetterà alle franchigie enormi risparmi ed ai giocatori di non sedersi sugli allori una volta ottenuto il contratto della vita (come è spesso successo in questi ultimi anni): Washington ad esempio, che ha sotto contratto Rashard Lewis e i suoi oltre 22 milioni di dollari di stipendio (attualmente è il secondo atleta più pagato della Lega, una sproporzione abnorme tra rendimento e salario), potrebbe tranquillamente tagliare l’ala ex Seattle Sonics e risparmiare interamente tutta quella montagna di soldi senza gravare sul bilancio cosa che prima non era possibile.

  • NBA, Durant, Wade e Pierce pronti a giocare in Europa

    NBA, Durant, Wade e Pierce pronti a giocare in Europa

    Con il lockout NBA che rischia di restare in vigore per tutta l’annata 2011/2012, le Star della Lega si preparano allo sbarco in Europa per poter disputare qualche partita di alto livello e mantenere una forma fisica decente in vista del futuro.

    Kevin Durant | foto tratta dal web

    Dopo le dichiarazioni di Dirk Nowitzki, che ha fatto sapere di essere interessato ad un ingaggio nella sua Germania (il Bayern Monaco preme forte su di lui) ma che non disdegnerebbe neanche una eventuale esperienza in Spagna (Real Madrid favorito visto il rifiuto di Dwight Howard di muoversi dagli States), Turchia o Cina, arrivano novità importanti anche da altri 3 grandissimi giocatori: Kevin Durant, Dwyane Wade e Paul Pierce sono in trattativa con diverse squadre per poter giocare nel “Vecchio Continente”.

    Il più vicino allo sbarco è il fenomeno degli Oklahoma City Thunder, il suo agente Aaron Goodwin, ha confermato di aver avviato una trattativa con il Bayreuth, una più che modesta formazione teutonica che occupa attualmente il 14esimo posto nella Bundesliga con un record di 3 partite vinte e 5 perse. Il vincitore delle ultime 2 edizioni della classifica marcatori NBA darebbe lustro e prestigio ad un campionato ancora molto povero tecnicamente.

    • Non siamo in dirittura d’arrivo ma sono abbastanza ottimista!”

    Ha detto Goodwin in un’intervista nelle ultime ore. Anche se resta l’ostacolo assicurazione: infatti Durant ha altri 82,3 milioni di dollari garantiti con Oklahoma City, ed il 2% di quella cifra (necessaria per l’assicurazione) è superiore al milione e mezzo di dollari. Un pò la stessa situazione di Andrea Bargnani che ha influito notevolmente nel suo mancato accordo con la Virtus Roma di qualche settimana fa.

    Anche Paul Pierce dei Boston Celtics ha fatto sapere al suo agente di essere disposto a giocare in Europa e su di lui si sono subito fiondate Saragozza ed Unicaja Malaga (favorita quest’ultima visto che può disputare l’Eurolega). Il problema nell’eventuale accordo risiede sempre nella polizza assicurativa ma con un pò di sacrificio da entrambe le parti niente può essere escluso a priori. Intanto Thiago Splitter dei San Antonio Spurs ha trovato un’intesa temporanea con il Valencia che ha battuto la concorrenza dell’Olimpia Milano e del Caja Laboral che spingeva forte sul ritorno del suo ex giocatore. E sempre per restare in Spagna, a Barcellona, assieme ai fratelli Gasol, si allena ora anche Ricky Rubio. Presto i 3 giocatori potrebbero apporre le loro firme su contratti a tempo con i blaugrana per giocare nella Liga fino alla fine del lockout NBA.

    Interessato all’esperienza oltreoceano è anche Dwyane Wade: l’asso dei Miami Heat non ha ancora in mente una destinazione precisa ma in questi giorni valuterà il da farsi con il suo agente:

    • Nell’eventualità che la stagione NBA salti del tutto voglio capire se sia possibile giocare a pallacanestro ad alto livello da qualche altra parte. Ho già perso un anno in passato e non voglio perderne un altro, perché non mi rimane ancora tantissimo tempo per giocare a basket

    Si attendono, quindi, importanti novità nei prossimi giorni.

  • NBA: Nonostante il lockout ecco il calendario 2011/2012

    NBA: Nonostante il lockout ecco il calendario 2011/2012

    La NBA ha reso noto il calendario per la stagione 2011/2012 che prenderà (in teoria) il via il primo novembre. Il tutto è condizionato però dal lockout che sta bloccando completamente ogni movimento delle squadre da circa un mese e che secondo molti esperti non avrà una fine breve, con l’alto rischio di far saltare tutto il prossimo campionato. Per scongiurare questo rischio e far partire la regular season nei tempi previsti i proprietari ed i giocatori dovranno trovare un accordo entro i primi giorni di settembre (molto difficile comunque che ciò accada). Altrimenti si potrà trovare un accordo non oltre l’inizio di gennaio 2012 (ovviamente la stagione sarà ridotta quasi della metà come successe nel 1998/1999). Il termine ultimo è fissato quindi per il 7 di gennaio, senza accordo per quella data la stagione verrà cancellata completamente.  

    nba.com
    La Lega ha tuttavia diramato il calendario ufficiale, 82 partite per ogni team per un complessivo di 1230 match. Come già detto l’apertura è prevista l’1 novembre ed in campo scenderanno 6 squadre per 3 partite con i campioni in carica dei Mavericks impegnati nella difficile sfida con i Bulls. A completamento del primo giorno altri 2 incontri molto interessanti con i Rockets che faranno visita ai Jazz ed i giovani e promettenti Thunder in trasferta sul parquet dei Lakers chiamati a riscattare la deludente ultima annata.   Sfide da non perdere il giorno di Natale con una classica come New York Knicks-Boston Celtics, la rivincita della finale 2011 Dallas-Miami e Lakers-Chicago. Per il “Martin Luther King Day” del 16 gennaio lo spettacolo è assicurato: si inizia con Bulls-Grizzlies, per poi continuare con Thunder-Celtics e finire con Lakers-Mavericks. Per quanto riguarda i derby italiani il programma è questo: Belinelli sfiderà Gallinari per 4 volte (27 novembre e 9 marzo a Denver, 6 gennaio e 1 febbraio a New Orleans), mentre il “Gallo” incontrerà Bargnani il 27 gennaio in Colorado e il 30 marzo a Toronto, l’ultimo derby tricolore, quello tra il “Mago” e Belinelli è fissato per il 18 dicembre (a New Orleans) e per il 29 febbraio (in Canada). La stagione regolare terminerà, secondo il calendario appena uscito, il 18 aprile: dopo pochi giorni il via ai playoff, ovviamente il tutto sotto stretta condizione di trovare un accordo al più presto tra le parti in causa.

  • NBA: I voti della stagione. Southeast Division

    NBA: I voti della stagione. Southeast Division

    L’analisi della stagione della Eastern Conference si conclude con la Southeast Division, dopo che nei giorni scorsi avevamo fatto il punto sulla Central e sull’Atlantic Division.

    ATLANTA HAWKS: 7. La stagione degli Hawks può dirsi senza dubbio positiva. Nonostante un record poco entusiasmante in regular season (44-38) Atlanta è stata l’unica squadra della Eastern Conference, nel primo turno dei playoff, a sovvertire il pronostico avverso, che vedeva favoriti gli Orlando Magic con il vantaggio del fattore campo, eliminandoli con il risultato di 4-2. Anche nel turno successivo la squadra della Georgia ha sfiorato l’impresa contro il team con il miglior record della Lega, i Chicago Bulls, ma alla fine Joe Johnson e compagni si sono dovuti inchinare ad uno straordinario Derrick Rose che ha condotto la sua squadra in Finale di Conference contro Miami. Dopo questi risultati Atlanta spera di migliorare ulteriormente nella prossima stagione. Anche se il rischio di perdere giocatori importanti in questa off season è alto dato che Jamal Crawford probabilmente andrà via e Josh Smith, uno dei punti fermi degli Hawks, nativo proprio di Atlanta, non è più tanto sicuro di restare e far parte del gruppo. La formazione per come è strutturata ora è di ottimo livello ed ogni ruolo, oltre ad avere un interprete di grande impatto ed esperienza, è coperto bene anche da ottimi rincalzi in panchina. Sarebbe un peccato vedere una squadra così competitiva perdere un pezzo alla volta per tornare nel limbo dell’anonimato in cui gli Hawks hanno vissuto per molte stagioni prima di ricostruire qualche anno fa tramite scelte oculate di mercato e buone intuizioni al Draft. Tuttavia, per una franchigia che non ha forti investitori, il bilancio ed il rispetto della soglia del salary cap sono un’esigenza primaria, non resta che vedere come si comporterà la dirigenza e quali decisioni verranno prese.

    nba.com

    CHARLOTTE BOBCATS: 4,5. Una delle poche squadre della NBA su cui si ha una certezza: assenza di progetto tecnico! Dopo aver conquistato i playoff per la prima volta nella loro breve storia (sono stati fondati nel 2004 come expansion team dopo la fuga degli Hornets a New Orleans) nello scorso campionato (con uno sweep subìto da parte degli Orlando Magic per 4-0), a Charlotte hanno pensato bene di distruggere tutto quello che di buono si era fatto negli anni precedenti: perso sul mercato dei free agent un ottimo playmaker come Raymond Felton, i ‘Cats hanno svenduto il centro Tyson Chandler, finito a Dallas in cambio di poco e niente, che è diventato un pilastro essenziale nella squadra di Dirk Nowitzki, prezioso elemento nella conquista del titolo da parte dei Mavs, secondo molti esperti diventato nel giro di una sola stagione il secondo centro più forte della Lega dietro al solo Dwight Howard. Da tutto ciò si capisce come risulti incomprensibile l’operato della dirigenza della franchigia del North Carolina, e parecchie critiche sono piovute sulla testa di Michael Jordan, presidente del team che non ha dimostrato di possedere (finora) qualità manageriali di primo piano. Il futuro dei Bobcats non appare roseo e la squadra pare destinata a vivere ancora stagioni di anonimato, anche perchè la città di Charlotte non riscuote molto fascino nei giocatori come potrebbero avere altre grandi città. L’unica speranza è cercare di attirare qualche top player grazie alla presenza proprio di Jordan, il più grande giocatore di basket di tutti i tempi, anche perchè se il roster del team restasse questo non ci saranno grandi prospettive di crescita.

    MIAMI HEAT: 8. La squadra della Florida nello scorso mercato ha fatto “tabula rasa” riducendo al minimo i giocatori in squadra per poter avere molto spazio salariale e prendere sul mercato degli agenti liberi 2 fenomeni come LeBron James e Chris Bosh oltre a poter riconfermare il leader Dwyane Wade. Poi si è passati a mettere sù un supporting cast soddisfacente per i 3 fenomeni, ma tutto ciò non ha portato i risultati sperati, ovvero il titolo NBA, perso in Finale, nonostante il vantaggio del fattore campo, contro i Dallas Mavericks, in una riedizione della Finale del 2006, dove i Mavs e Nowitzki si sono presi la rivincita a discapito della squadra rossonera. In tanti davano ad inizio stagione Miami come favorita al titolo assieme a Boston e Lakers e tra queste squadre gli Heat hanno avuto il merito di essere quella arrivata più avanti. L’inizio di campionato non è stato dei migliori anche perchè la chimica tra i giocatori era tutta da perfezionare, ma con il passare del tempo Wade e compagni hanno fatto vedere tutto il potenziale con filotti di vittorie di 10 o più partite che hanno portato un buon record finale di 58 vittorie e 24 sconfitte. Anche nei playoff il team si è comportato egregiamente annientando gli avversari con secchi 4-1 (prima Philadelphia, poi Boston ed infine Chicago) rendendo il proprio parquet un fortino inespugnabile fino a quando sul loro cammino non sono arrivati i Mavericks: qui qualcosa si è rotto (o meglio non sono state prese le adeguate contromisure contro Dallas) il che ha portato Miami a soccombere nella finalissima per il titolo. Il voto alto nonostante la sconfitta deriva anche dal fatto che Miami ha comunque intrapreso una via che viste le grandi potenzialità potrebbe portare la squadra di James e Wade al titolo nei prossimi anni, a patto che coach Spoelstra (molto criticato dagli esperti NBA per le scelte fatte in Finale), oltre all’ottimo sistema difensivo dimostri di essere in grado di mettere sù anche un dignitoso sistema offensivo che èsuli puramente dal talento fisico e tecnico dei suoi “Big Three”. Se ciò si verificasse sarebbe Miami la squadra da battere nel futuro prossimo, un team che farebbe paura a qualsivoglia avversario che incroci la loro strada.

    ORLANDO MAGIC: 6. Il voto deriva dalla media della stagione regolare (un 7 pieno merito del record di 52 vittorie e 30 sconfitte) e la pessima prestazione al primo turno playoff (voto 5) con l’eliminazione subìta per mano di Atlanta. Non ci sono scuse per i Magic che hanno rivoltato nel corso della stagione la squadra come un calzino portando in Florida Jason Richardson ed il figliol prodigo Turkoglu cedendo la riserva di Howard, Marcin Gortat, Vince Carter e Pietrus ai Phoenix Suns. E’ stato agginto anche un top player (un pò caduto in disgrazia negli ultimi anni per via di guai fisici e legali) come Gilbert Arenas preso dai Wizards in cambio di Lewis ma tutto ciò non solo non ha portato miglioramenti ma ha fatto regredire il livello di gioco raggiunto in questi anni dalla squadra di coach Stan Van Gundy (e tutto questo lo si è visto nella serie contro Atlanta). Per Orlando il futuro ha un grosso punto interrogativo dato che nell’Estate 2012 il giocatore franchigia, il centro Dwight Howard, potrebbe essere libero di cercarsi una nuova squadra e secondo le ultime dichiarazioni non ha intenzione di rinnovare il contratto con i Magic. Ragion per cui il prossimo anno si aprono 2 strade: una è quella di cedere Howard per qualcosa di buono (come fatto da Denver con Carmelo Anthony) e non restare a bocca asciutta per diventare un team come Cleveland e Toronto dopo gli addii di James e Bosh con conseguenze catastrofiche, oppure tenere duro e cercare di arrivare a vincere il titolo per invogliare Howard a restare in una squadra vincente. Al momento Orlando ha bisogno di qualche ritocco per competere contro i cugini degli Heat e delle altre potenze della Lega, ma con delle buone operazioni di mercato nessun obiettivo pare vietato alla formazione che dopotutto ha un vantaggio rispetto a tutte le altre, ovvero contare sul centro più forte della NBA che non è cosa da poco.

    WASHINGTON WIZARDS: 5. Squadra in ricostruzione i Wizards, che con un pò di fortuna lo scorso anno dal Draft sono riusciti a prendere un fenomeno come John Wall che già in questo primo campionato ha mostrato lampi di classe accecante. Ci saranno da definire parecchie scelte anche nel corso della nuova stagione, come un nuovo coach e chi affiancare a Wall per avere un grande progetto tecnico per il futuro. Saranno scelte non facili ma inevitabili per la costruzione della squadra del futuro. Tra le squadre ultime classificate Washington è stata una di quelle con il record casalingo meno peggio (20 vittorie e 21 sconfitte) ma ha da “aggiustare” parecchie cose in trasferta (3 vinte e 38 perse!) dato che mette in evidenza come i Wizards siano stati la peggiore squadra esterna della NBA. Dal Draft arriverà, quest’anno, la sesta scelta assoluta, serve un buon giocatore che si integri alla perfezione con Wall, il futuro nella Capitale dipende anche (ma non solo) da questo.

    LEGGI I VOTI DELL’ATLANTIC DIVISION

    LEGGI I VOTI DELLA CENTRAL DIVISION

    LEGGI I VOTI DELLA SOUTHWEST DIVISION

    LEGGI I VOTI DELLA PACIFIC DIVISION

    LEGGI I VOTI DELLA NORTHWEST DIVISION

  • NBA Finals: Le Pagelle Dei Miami Heat

    NBA Finals: Le Pagelle Dei Miami Heat

    Dopo aver dato i voti alla squadra Campione, i Dallas Mavericks, passiamo ai perdenti, i Miami Heat, secondo molti i veri favoriti in queste Finals 2011 che sono usciti non solo sconfitti ma anche distrutti dal confronto con i texani.

    DWYANE WADE, 7,5: Finchè regge fisicamente è lui l’unico appiglio della franchigia della Florida. Talento purissimo con un innato senso per il canestro, atletismo ai limiti dell’irreale, per stazza fisica e modo di giocare ricorda più di chiunque altro il più grande giocatore di basket di tutti i tempi, ovvero Michael Jordan. Il problema è che molto probabilmente non è al pari dell’ex fenomeno dei Bulls sul piano psicologico (in primis perchè l’immenso Mike non si lasciava andare a gratuiti siparietti con i compagni finchè la partita non era finita), tuttavia cerca di salvare tutto il salvabile e da questa serie è l’unico che esce con un voto positivo (assieme a Mario Chalmers). La mazzata definitiva alle sue ambizioni ed al suo fisico è inferta da Brian Cardinal che dopo pochi minuti di gara 5 (con la serie sul risultato di 2-2) lo mette KO provocandogli un infortunio all’anca che limita di molto la sua efficacia da quel momento in poi, e Miami affonda irrimediabilmente. Avrebbe avuto un posto di diritto nella “leggenda” se pur infortunato avesse condotto la sua squadra ed i suoi compagni al titolo (così come fece proprio Jordan in passato contro i Jazz, oppure il rivale attuale in questa Finale Dirk Nowitzki che non si è curato del suo infortunio al dito e della febbre in gara 4 risultando anzi sempre decisivo). Nel 2006 era stato proprio lui a svoltare l’inerzia delle Finals sempre contro i Mavs, in gara 3, quando sotto di 13 punti a 6 minuti dal termine e con 2 gare già perse sul groppone, la stella degli Heat diede vita ad uno show che permise alla sua squadra di vincere la partita e successivamente di portare a casa anche le altre 3 chiudendo i conti sul 4-2, diventando l’M.V.P. della serie e portando in Florida un titolo insperato. Sembra passata ora una vita da quel momento anche perchè gli avversari di allora si sono presi, ampiamente, la loro rivincita. Resta l’impressione che sia stato l’unico dei Big Three a non mollare mai.

    MARIO CHALMERS, 7: Se Miami avesse vinto il titolo, la città avrebbe dovuto ringraziare molto di più lui che il tanto osannato LeBron James. Gioca tutte le 6 partite a livello altissimo, è sempre presente nel momento del bisogno, e dimostra di essere molto migliorato perchè da 3 infila canestri a ripetizione ed in questa specialità pare a molti l’unico vero giocatore affidabile. A Dallas buca (sia in gara 3 che in gara 5) per 2 volte la retina avversaria con tiri da centrocampo, poi logicamente il talento non è dei migliori e non può essere lui a risolvere le partite, ma quando viene chiamato in causa fa il suo lavoro ed anche alla grande, Bibby (l’altro play in squadra) esce distrutto dal confronto con lui, sarà il titolare nel ruolo di playmaker per i prossimi anni (sempre che in Florida non decidano di stravolgere tutto). Gran bella sorpresa.

    UDONIS HASLEM, 6: Dopo un lungo infortunio la condizione fisica non può essere al meglio ma pian piano il lungo dei rossoneri riusciva a dare sempre qualcosa in più. L’unico in grado di poter difendere come si deve su Nowitzki (lo dimostra il tiro sbagliato dal tedesco sulla sirena finale di gara 3 con una difesa eccellente del numero 40 di Miami), ma la sua abnegazione non è bastata, troppi compagni di squadra hanno “toppato” nel momento cruciale della serie. Anche lui sarà una pedina importante per gli Heat del futuro. Anche perchè con lui si esauriscono i giocatori di Miami con un voto sufficiente.

    MIKE MILLER, 5,5: Su di lui lo staff dirigenziale della Florida aveva puntato tantissimo in Estate ma le aspettative non sono state rispettate. Lo scorso anno si era dimostrato l’unico giocatore da salvare dei Washington Wizards, ala piccola atipica con una fortissima propensione al rimbalzo e mago nel recupero dei palloni vaganti, eccellente nelle percentuali da 3 punti, buon realizzatore, molto spesso vicino ai 20 punti. E’ stato l’ombra di sè stesso in questa annata e nelle Finals ha dimostrato il suo disagio. Probabilmente gli verrà data una seconda occasione, ma in un’altra squadra renderebbe meglio.

    CHRIS BOSH, 5: Di lui si ricorda un lampo in gara 3, con il jumper decisivo che aveva riportato avanti per 2-1 gli Heat nella serie. Poi scompare nelle successive gare, abbina buoni primi tempi con seconde frazioni di gara da “desaparecidos”: Tyson Chandler non gli concede nulla, farebbe meglio a non “gasarsi” troppo e restare più umile, perchè al momento se la franchigia della Florida dovesse sacrificare una delle 3 stelle, lui sarebbe il prescelto. Alcune volte le cifre non dicono tutto, soprattutto se i punti si mettono a segno all’inizio per poi scomparire nella mediocrità nei finali di gara, dove invece un’altro signore (Nowitzki) si diverte a piazzarne ben 62 negli ultimi quarti.

    MIKE BIBBY, 4: Arrivato a metà stagione per risolvere i problemi in cabina di regia di Miami, non solo non incide ma risulta addirittura dannoso. Per ovviare alle sue mancanze Chalmers deve fare gli straordinari.

    LEBRON JAMES, 4: Mezzo voto in meno perchè alcune volte appare veramente puerile ed infantile nei modi di fare (si veda lo “scimmiottamento” che ha fatto di Dirk Nowitzki con la febbre), un famoso coach della NFL un giorno ha detto: “Qualche volta per avanzare di un miglio, bisogna tornare indietro di un metro”. La sensazione è che lui debba mettere in opera questo insegnamento, ed i motivi sono sotto gli occhi di tutti. E’ il grande sconfitto della serie, non incide come dovrebbe perchè nei finali di gara si limita ad una decina di punti (e poco più) mentre il leader avversario, un tedesco che non ha mai abbandonato la nave con cui era partito per l’avventura NBA, ne infila ben 62 e dimostra cosa vuol dire portarsi e caricarsi una squadra, uno Stato che sogna con le sue prodezze, sulle spalle.
    Dovrà sorbirsi ancora una volta un’Estate di critiche (dopo quelle dello scorso anno per via di “The Decison”), vedremo come ne uscirà, di certo c’è che a 27 anni sulle sue dita non c’è traccia di “anelli” NBA, se prima c’era la scusa che a Cleveland lui doveva fare ogni cosa (segnare, difendere, essere leader, trascinare un’intera città) ora questa scusa non può reggere più perchè a Miami ha tutto ciò che ha sempre sognato. Nel momento in cui Wade si infortuna ci si aspetterebbe che prenda lui il comando delle operazioni ma fallisce miseramente, alcune volte sfiora il ridicolo perchè invece di prendersi le sue responsabilità delega Mario Chalmers come prima opzione offensiva, una cosa che, per quanto abbia giocato bene il buon Mario, non può essere ammessa da un giocatore con il suo talento che ha la nomea di “Prescelto” per succedere a Michael Jordan! Anche Dan Gilbert (proprietario dei Cavaliers che con James si è lasciato malissimo) è riuscito a levarsi un sassolino dalla scarpa: sul social network Twitter la prima cosa che l’owner di Cleveland ha scritto appena finita la Finale è stato un incisivo “nel basket non esistono le scorciatoie!”. Chi vorrà intendere, intenda…

    ZYDRUNAS ILLGAUSKAS, JOEL ANTHONY, ERICK DAMPIER: La batteria di lunghi di Miami risulta a tutt’ora NON PERVENUTA.

    ERIK SPOELSTRA, 5: Esce demolito dal confronto con il rivale Carlisle, prova anche ad imitarlo quando nelle ultime 2 gare rispolvera Eddie House (così come Carlisle aveva piazzato Barea in quintetto al posto di Stevenson) ma ovviamente le mosse vanno studiate prima di essere messe in pratica. Ha il merito di aver costruito un ottimo sistema difensivo, ma la pallacanestro giocata dalla sua squadra nella metà campo degli avversari è orribile, se non fosse per i contropiedi spettacolari che allestiscono i Big Three: gioco statico, assenza totale (o quasi) di schemi, si vedono per gran parte del tempo i famosi “uno contro uno” dei 3 “tenori”. Dallas ha mostrato una circolazione offensiva di palla da manuale, l’attacco dei Mavs è stato il migliore visto nella Lega, ma coach Carlisle ha vinto le Finali dando ai suoi giocatori anche una buona impronta difensiva, cosa che prima, in regular season si era vista poco e niente. Spoelstra non ha saputo essere la suo livello, perchè all’ottima difesa non è riuscito a dare un attacco in grado di essere prolifico. Ecco la vera sconfitta dell’allenatore di Miami.

    LEGGI LE PAGELLE DEI DALLAS MAVERICKS

  • NBA Finals: Le pagelle dei Dallas Mavericks

    NBA Finals: Le pagelle dei Dallas Mavericks

     

    nba.com
    Diamo i voti ai protagonisti delle Finals NBA 2011, iniziando ovviamente dalla squadra Campione, i Dallas Mavericks.   Ed iniziamo, come sembra più giusto, dal giocatore simbolo dei texani, colui che è anche stato eletto M.V.P. delle finali (poco alla volta seguiranno tutti gli altri): DIRK NOWITZKI, 10: Leader vero di una squadra che per 13 anni è stata un’eterna incompiuta, il momento più importante per lui e per il team avviene nell’Estate scorsa quando decide di rinnovare nuovamente il contratto con i Mavericks piuttosto che cercare la “scorciatoia” (come invece ha fatto qualche altra star della Lega!) di andare ad unirsi ad altri campioni per tentare l’assalto al tanto agognato titolo. Scelta giustistissima perchè con i nuovi innesti (Tyson Chandler su tutti) i texani  diventano una formazione forte e competitiva e, come si è visto in questi playoff, sicuramente la squadra con il gioco più lineare e pulito dell’intera NBA. Ma il condottiero è sempre e solo lui, il tedesco di Wuzburg, splendido atleta di 215 centimetri dalla mano favolosa. Straordinario in gara 2 quando è decisivo nella vittoria a Miami, ancora di più in gara 4 quando con un infortunio al dito e quasi 39 gradi di febbre mette KO gli avversari con una prestazione che si avvicina a quella di Michael Jordan (anche lui con 39 di febbre) nella Finale del 1997 sul campo degli Utah Jazz di Stockton e Malone. Niente e nessuno è riuscito, questa volta, a rovinare il suo sogno, ha tenuto una media di 26,5 punti e 9,5 rimbalzi a partita, segnando nei decisivi quarti periodi ben 62 punti! Manca la lode per via dei primi 2 quarti di gara 6 dove ha tirato male (3 punti con 1/12 dal campo) ma ovviamente  rispolvera il suo talento nel finale con 10 punti (sui 21 totali) che sugellano la vittoria biancoblu. Immenso. JASON TERRY, 9,5: E’ lui l’uomo in più quando Nowitzki non può essere presente, è lui il compagno ideale per supportare il tedesco nei momenti decisivi. La guardia nata a Seattle gioca dei playoff di livello assoluto (da leggenda il record NBA per i playoff di 9/10 dalla lunga distanza in gara 4 contro i Lakers, una prestazione che ha spazzato via gli ex campioni e posto fine “all’Era Phil Jackson” con i gialloviola). Non trema mai, sempre sicuro di sè e dei suoi mezzi. Era uno dei 2 reduci (l’altro era Nowitzki) della Finale del 2006 sempre contro gli Heat (serie che però venne persa da Dallas), il desiderio di vendetta era grande e questo lo ha motivato a tal punto da diventare devastante anche per la coppia James-Wade. JASON KIDD, 9: A 38 anni riesce a reggere in marcatura sia su James che su Wade, nonostante i 2 avversari abbiano rispettivamente 12 e 10 anni di meno, dimostra che non serve l’atletismo per limitare chi dell’atletismo fa la propria arma principale (Derrick Rose dei Chicago Bulls, M.V.P. della regular season, a soli 22 anni nella serie precedente aveva sofferto la coppia degli Heat non riuscendo ad opporsi difensivamente, spazzato via dal vigore fisico dei 2 assi di Miami). Una lezione per tutti, dal grande “Giasone”, con 2 movimenti di piede riesce a sbarrare la strada ed a tamponare le giocate “uno contro uno” dei temibili avversari. Abbina a tutto ciò la solita, grande vena di playmaker (un vero piacere guardare la circolazione di palla dei Mavs) e nel momento di piazzare il tiro da oltre l’arco è una sentenza. Titolo stra-meritato anche per lui. J.J. BAREA, 8,5: Prende il posto in quintetto dopo gara 3 con i Mavericks sotto 2-1 nella serie, diventa così importante che non lascia più il posto da titolare ed i texani vincono tutte le altre 3 partite consecutive. La variabile impazzita della serie, un portoricano di soli 175 centimetri che si diverte a fare il bello e cattivo tempo a suo piacimento, quasi non si crede ai propri occhi quando lo si vede sgusciare via nell’area intasata ed affollata da bestioni di 210 centimetri per appoggiare il tiro al canestro, sembra quasi un prestigiatore che fa sparire il pallone e lo fa riapparire nel canestro quando ormai è troppo tardi per fermarlo. Abbina a queste qualità un favoloso tiro da 3 punti che lo rende in pratica indecifrabile per la difesa avversaria. Diventa in definitiva una pedina irrinunciabile nello scacchiere di coach Rick Carlisle. TYSON CHANDLER, 8: Fantastica la storia di questo centro di quasi 2 metri e 20, perchè negli ultimi 3 anni la sfortuna si era abbattuta su di lui e sulle sue caviglie. Dopo essere esploso a New Orleans con Paul e West, gli infortuni convinsero la dirigenza a sbarazzarsi di lui in uno scambio con i neonati Thunder quasi per nulla, ma Oklahoma City dopo le visite mediche lo rispedì al mittente dicendo che non era integro e la sua carriera a forte rischio. Alla fine dell’anno lo presero i Bobcats in uno scambio con Okafor ma a Charlotte non entusiasmò e così dopo solo un anno venne in pratica regalato a Dallas. Qui risorge e in questa prima stagione diventa uno dei centri più affidabili della Lega, presenza intimidatrice in difesa, ottimo rimbalzista in attacco con licenza di schiacciare a piacimento sugli assist di Kidd. La sua favolosa annata si denota dal fatto che nelle ultime 3 partite delle Finals annulla il rivale Chris Bosh in tutti i secondi tempi (dopo che lo stesso Bosh aveva deciso gara 3 con un jumper per il provvisorio vantaggio di 2 ad 1 per Miami nella serie). Copre nel migliore dei modi l’unica lacuna che i Mavs hanno avuto per tutti questi anni, ovvero il ruolo di centro, diventando così essenziale. SHAWN MARION, 7,5: Quando dopo le prime partite di regular season si è infortunato Caron Butler, ala piccola titolare, nessuno poteva immaginare l’importanza che avrebbe avuto Marion in questa stagione. Invece l’ex giocatore di Phoenix, Toronto, e Miami, dato per molti come per finito, si trasforma improvvisamente e diventa parte irrinunciabile del sistema di gioco di Carlisle. In molti dicevano negli anni passati che solo Mike D’Antoni ai Suns era riuscito a renderlo un vero fenomeno, ora si sa che non è così perchè le qualità ci sono, bastava solo avere fiducia in lui, ripaga Dallas nel migliore dei modi possibili con grandi giocate difensive sia su Wade che su James ed in attacco è semplice ed efficace chiudendo con una media punti di 13 a partita. DESHAWN STEVENSON, 7: Da tempo va ripetendo che LeBron James è un giocatore sopravvalutato, oggi gli si deve dare ragione. Le ruggini risalgono a quando era un punto fermo dei Washington Wizards e puntualmente la sua squadra veniva eliminata dai Cleveland Cavaliers del “Prescelto” nei playoff della Eastern Conference. Compie anche lui la sua vendetta nel modo e nel momento migliore possibile, anonimo nelle prime 3 partite quando da titolare non riesce ad opporsi agli avversari, uomo di sostanza quando viene spostato in panchina per far spazio a Barea dopo gara 3. Preciso dalla lunga distanza, da quel momento in poi svolge il suo compito nel migliore dei modi, forse perchè (merito di coach Carlisle) partendo come sostituto svanisce come per magia tutta la pressione che gravava sulle sue spalle. Anche lui diventa un prezioso tassello per il completamento del puzzle. Menzione d’onore a Brian Cardinal, che di talento ne ha ben poco, ma si dimostra un fido gregario quando viene chiamato in causa, soprattutto in difesa dove si può notare la sua durezza ed a farne le spese è Wade che nel primo quarto di gara 5 rimedia un infortunio all’anca che deciderà in negativo le sorti degli Heat. Voto 6,5. Coach RICK CARLISLE, 10: Capolavoro tecnico-tattico-psicologico per questo allenatore che a prima vista potrebbe essere più famoso per la somiglianza con l’attore Jim Carrey che per altre qualità. Nella sua carriera ha dimostrato di poter diventare uno dei migliori ma non è mai stato apprezzato a pieno, in Texas ha trovato la sua dimensione costruendo una squadra splendida nel suo modo di giocare la pallacanestro. Ma il suo genio esce fuori quando capisce che apportando qualche aggiustamento alla difesa (nonostante gli interpreti non siano più ragazzini per l’età) può mandare in confusione Miami. E così avviene, ridicolizza nelle scelte in ogni singolo istante e momento il suo collega Spoelstra, tiene in pugno la serie permettendo psicologicamente ai suoi ragazzi di esprimersi al meglio ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti dato che i suoi giocatori nell’ultimo quarto spesso e volentieri annichiliscono gli Heat con super rimonte. Anche per lui vale il discorso fatto per tutti gli altri, il titolo è ampiamente meritato. Gli auguriamo che sia il primo di una lunga serie, così la sua incredibile somiglianza con Jim Carrey passerà sicuramente in secondo piano. LEGGI LE PAGELLE DEI MIAMI HEAT

  • NBA Finals: La premiazione dei Dallas Mavericks [Video]

    NBA Finals: La premiazione dei Dallas Mavericks [Video]

    nba.com
    Queste le immagini della premiazione dei nuovi Campioni NBA dei Dallas Mavericks. La squadra texana in Finale ha battuta per 4 partite a 2 i rivali dei Miami Heat, secondo molti i veri favoriti nella corsa al titolo 2011. I Mavericks hanno però dimostrato, sopratutto nel corso dei playoff, di non temere nessuno e di essere la migliore squadra tra quelle partecipanti alla post season. Le perle di questa splendida cavalcata sono sicuramente l’eliminazione degli ex campioni dei Los Angeles Lakers, schiantati in semifinale di Conference con un netto ed inequivocabile 4-0 (sommersi sotto una miriade di tiri da 3 punti) e proprio la serie di Finale contro Miami che ha messo in atto la vendetta dei texani contro la squadra che 5 anni fa riuscì a ribaltare una serie che pareva ormai segnata ed a prendersi il titolo di Campioni proprio ai danni dei Mavs. Miglior modo, per scacciare via i brutti ricordi, non poteva esserci per Dirk Nowitzki (eletto M.V.P. delle Finali) e compagni. LEGGI L’ANALISI DI GARA 6 [jwplayer config=”120s” mediaid=”81040″]

  • NBA Finals: Top 5 Miami Heat-Dallas Mavericks [gara 6]

    NBA Finals: Top 5 Miami Heat-Dallas Mavericks [gara 6]

    Ecco le migliori 5 azioni di gara 6 delle Finals NBA tra Miami Heat e Dallas Mavericks. La partita è stata vinta da Dallas che grazie al successo ha conquistato il punto decisivo che ha messo fine alla serie di Finale, che si è chiusa sul 4-2 in favore dei texani.

    Per la prima volta nella loro storia i Mavs si laureano campioni NBA, un successo aspettato per tanto tempo, ottenuto proprio contro i rivali di 5 anni fa che beffarono proprio i Mavericks in una delle Finali più pazze finora mai viste.

    Vittoria ampiamente meritata per Dallas che ha dimostrato in questi playoff di essere la squadra più forte. Delusione in casa Heat, soprattutto per LeBron James che ancora una volta (anche con una squadra diversa dai Cavaliers) manca l’assalto al tanto desiderato titolo.

    LEGGI l’ANALISI DI GARA 6

    [jwplayer config=”120s” mediaid=”81024″]