La parola fine per la carriera di Riccardo Riccò è stata sancita questa mattina a Roma dal Tribunale Nazionale Antidoping che ha inflitto all’ex corridore modenese ben 12 anni di squalifica.
Accolta in pieno quindi la richiesta dell’accusa della Procura Antidoping del Coni avanzata il 12 ottobre scorso che comunque in molti avevano abbastanza criticato, vedendo nella radiazione la richiesta di sanzione più giusta da infliggere a Riccò.
Era il 6 febbraio 2011 e Riccò viene portato d’urgenza al Pronto Soccorso dell’ospedale di Pavulla, ai medici che lo soccorsero, stando al referto, Riccò disse di essersi fatto “una autotrasfusione con il sangue che conservava in frigo da 25 giorni”. A confermarlo ci furono le dichiarazioni di otto testimoni, tra cui il personale del 118 e i dottori del pronto soccorso Giuseppe Barozzi e Paolo Maffei. L’infermiere che gli praticò la prima flebo notò inoltre un ematoma sul braccio, tipico di una puntura da ago. La difesa del corridore invece avanzava l’ipotesi di un’infezione sanguigna causata da una flebo infetta, sostenendo che Riccò in quel periodo stesse facendo una cura di ferro. Spiegazione non fornita ai medici di Pavullo né a quelli di Baggiovara, che lo tennero in cura per 12 giorni, ma tirata fuori solo otto mesi dopo. La superperizia ordinata dal giudice Francesco Plotino a tre esperti invece confermò che le condizioni di Riccòfossero riconducibili a una trasfusione di sangue mal conservato.
Si certo, 12 anni allontanano per sempre l’ex cobra dalle strade come atleta ma forse una radiazione poteva allontanarlo anche da qualsiasi coinvolgimento futuro che Riccò potrebbe avere ancora nel mondo del ciclismo. Riccardo Riccò all’apice della sua carriera era da molto additato come l’erede di Marco Pantani, la sua andatura con le mani basse in salita ha fatto trepidare di gioia molti tifosi (compreso chi vi scrive), purtroppo dei poveri illusi che hanno creduto ad una farsa sin dalle sue prime pedalate. Già pescato positivo al CERA durante il Tour del 2008, Riccardo Riccò si era rimesso in gioco promettendo di aver fatto tesoro dei suoi errori, diciamo di gioventù ma quando lo scorso 6 febbraio 2011, il modenese fu ricoverato d’urgenza ed in condizioni gravissime all’ospedale di Pavullo tutti avevano sospettato ma nessuno avrebbe mai pensato che si potesse giocare così tanto con la propria vita
Vincenzo Nibali vince la 47° edizione della Tirreno – Adriatico grazie all’ottima prestazione nella cronometro finale con arrivo a S. Benedetto del Tronto, vinta dal “Treno di Berna”, Fabian Cancellara.
La corsa denominata “dei due mari” non poteva non essere vinta dallo “squalo dello stretto”, il soprannome di Vincenzo Nibali che ha addentato come un vero e proprio squalo sia le insidiose curve presenti sul tracciato della cronometro finale che l’americano Chris Horner.
Non era partita alla grande questa Tirreno – Adriatico per il capitano della Liquigas – Cannondale che aveva perso troppo tempo nella cronosquadre d’apertura, ma dalla tappa di Chieti in poi, lo squalo ha attuato la sua fantastica rimonta sull’americano Horner. Il Nibali visto a Prato di Tivo e quello di oggi a cronometro può tranquillamente essere ritenuto alla pari sia del migliore Cadel Evans che di Andy Schlecke quindi che sia l’anno giusto per poter vincere qualcosa di veramente importante?
Nella cronometro finale lo svizzero Fabian Cancellara ha preceduti tutti con una media stratosferica (superiore ai 52 km orari), ottimo secondo posto per Daniele Bennati con l’australiano Cameron Meyer a chiudere il podio. Maglia azzurra della classifica generale quindi a Vincenzo Nibali che si aggiudica anche quella rossa della classifica a punti, la maglia bianca del miglior giovane va all’olandese Wouter Pouls, mentre quella verde del miglior scalatore va all’italiano Stefano Pirazzi.
Bellissima vittoria per Vincenzo Nibali che aggiunge la Tirreno – Adriatico alle tappe vinte al Giro d’Italia ed alla Vuelta del 2010. Il programma del forte messinese al momento non è chiaro, sicuramente il prossimo obiettivo sarà correre una Milano – San Remo a tutta e magari piazzare la stoccata vincente sul Poggio per poi aiutare Peter Sagan, qualora venisse ripreso. La Liquigas lo vorrebbe alla partenza del Tour per lasciare la corsa rosa ad Ivan Basso ed infatti, la condizione fantastica di Nibali, non sembrerebbe quella giusta per arrivare in forma nella corsa rosa e quindi, anche con i miglioramenti evidenti visti a cronometro, si può legittimamente sperare di trovare un erede del grande Marco Pantani, nell’albo d’oro della Grande Boucle
TOUR
3376 come i milioni di euro dispensati in totale dall’organizzazione;
450 mila come gli euro che si aggiudicherà il vincitore dell’edizione 2010;
9 come i successi finali dei corridori italiani (i leaders sono Bartali, Coppi e Bottecchia con due edizioni vinte);
198 come gli iscritti al Tour de France 2010;
3 come gli arrivi in salita di quest’anno (Morzine Avoriaz, Ax 3 Domaines e Toumalet);
350 come i prelievi di sangue previsti dalla Wada per la lotta al doping; 190, invece, i controlli delle urine;
1987 come l’anno in cui l’irlandese Roche colse il ‘triplete’ Giro-Tour-Mondiale;
8 come il numero maggiore di successi colti in una singola edizione da Pellissier nel ’30, Merckx nel ’70 e ’74 e Maertens nel ’76;
34 come il record di successi di tappa colto da Eddy Merckx;
1998 come l’anno in cui Marco Pantani colse l’accoppiata Giro-Tour;
7 come i Tour vinti da Lance Armostrong, leader assoluto di questa speciale graduatoria (dal 1999 al 2005) e come le maglie a pois, identificative del miglior scalatore, conquistate dal francese Virenque e come le partecipazioni totali del ‘Cannibale’ Merckx;
14 come i Tour corsi da Poulidor dal ’64 al ’76, 8 dei quali conclusi sul podio (ma mai sul gradino più alto);
8 come i secondi di distacco nel Tour del 1989 tra LEmond e Fignon;
96 come i giorni totali nei quali Merckx si è fregiato dell’insigne del primato, cioè i giorni in cui ha vestito la Maglia Gialla.
Una notizia sconvolgente ha scosso il mondo del ciclismo questa sera: l’ex baby fenomeno belga Frank Vandenbroucke è stato trovato senza vita nella sua camera d’albergo in Senegal. Notizia che riporta immediatamente alla mente quel 14 febbraio 2004, quando nella stanza D5 del residence “Le Rose” di Rimini fu ritrovato il corpo senza vita di un’eroe tragico della storia di questo sport: Marco Pantani, morto solo.
FRANK Doveva essere l’anno della rinascita, l’anno del ritorno al ciclismo, perfino del ritorno alla vittoria, invece il 2009 è stato per Frank l’anno della fine, la fine di tutto. Come il suo alter ego italiano Marco Pantani, Frank Vandenbroucke è stato trovato senza vita in una camera d’albergo. Le vicende di questi due campioni sono per molti aspetti simili, e rappresentano la pericolosità di uno sport e di una società che sembrano sempre più impazziti e senza regole. Forti, fortissimi in gara, ma fragili ed indifesi una volta spenti i riflettori. Il doping è senza dubbio il regista malefico di queste storie, ma c’è anche dell’altro. Le luci della ribalta, soprattutto in uno sport come il ciclismo, sono un’arma a doppio taglio. Più vinci, più sei idolatrato, più c’è il rischio che se commetti un errore la gente ti attacchi un’etichetta indelebile. Loro due l’errore l’hanno commesso, e purtroppo ne hanno pagato le conseguenze con la vita. Proprio pochi giorni fa Vandenbroucke aveva dichiarato di volersi affidare al centro Mapei Sport per tornare ad essere veramente credibile, e togliersi di dosso l’etichetta di corridore dopato. Il prof.Aldo Sassi aveva accettato la sfida, ma purtroppo la notizia di quest’oggi spegne tutti i sogni. Per l’ex baby prodigio belga non ci sarà la possibilità di rivincita.
Vandenbroucke si trovava in Senegal per un periodo di vacanza dopo le fatiche di una stagione che l’aveva addirittura visto vittorioso a La Boucle de l’Artois, rompendo così un digiuno che durava dal 1999. E’ stato trovato senza vita nella sua camera d’albergo, sembra a causa di una embolia polmonare. Aveva soli 34 anni, proprio come Pantani!
TENTATIVO DI SUICIDIO La vita di Frank Vandenbroucke era già stata sull’orlo della fuga qualche anno fa, quando il corridore belga tentò il suicidio. ”Ero depresso come non mai – ha dichiarato lo stesso Vandenbroucke –. Ho deciso di farla finita io…Sono andato a prendere la bottiglia di vino più caro della mia cantina, un Château Petrus del 1961. Ho fatto un brindisi. Ho scritto una lettera d’addio “Non c’è bisogno di un’autopsia, ho iniettato 10cc di Atractapid. Per favore non lasciate che apra gli occhi”. Ero solo – continua Vandenbroucke -. Ho messo su la maglia di campione del mondo, mi sono iniettato la sostanza e poi sono andato sul mio letto e ho aspettato di morire. Ero così felice. Non avrei più dovuto preoccuparmi. E’ stata mia madre che mi ha trovato il giorno dopo”. Il 6 Giugno 2007 il belga fu stato ricoverato in gravissime condizioni, ma Frank riuscì a ristabilirsi, a tornare alle corse, fino a desiderare una nuova vita. Ora però la tragica notizia, il belga se n’è andato per sempre, portandosi dietro le sue vittorie e la sua leggenda. A noi però rimane il solito sconforto di fronte all’ennesima, tragica, morte nel ciclismo!
[via: sport.periodicoitaliano.info]