Radiazione confermata per Luciano Moggi e Antonio Giraudo. A far rimanere tale la decisione della Corte di Giustizia della Figc ci ha pensato infatti l’Alta Corte di Giustizia Sportiva, che insieme ai due ex dirigenti bianconeri ha confermato la condanna anche all’ex vicepresidente federale Innocenzio Mazzini.
I tre erano stati condannati dopo i fatti di Calciopoli e agli stessi è stata applicata la pena massima prevista dall’ordinamento sportivo. La decisione dell’Alta Corte, presieduta da Riccardo Chieppa, è stata ufficializzata nella mattinata di oggi attraverso un comunicato che riporta solamente il dispositivo ma non la motivazione che ovviamente sarà resa nota nei prossimi giorni e che di sicuro non placherà le polemiche, specie per ciò che riguarda i diretti interessati.
La decisione dell’Alta Corte rappresenta l’ultimo atto di quella che è la giustizia sportiva per ciò che concerne il caso Calciopoli. Sin dall’inizio le richieste erano quelle di una radiazione di Giraudo, Moggi e Mazzini. Ma inizialmente il presidente Giancarlo Abete, non avendo le idee chiare su chi avrebbe dovuto prendere la decisione su un’eventuale preclusione degli imputati, chiese un parere alla Corte di Giustizia federale e quindi all’Alta di Corte di Giustizia Sportiva presso il Coni.
A seguito di tale richiesta fatta da Abete venne approfondito il discorso e si individuò una nuova norma di giustizia per indicare il percorso giuridico – sportivo, approvata dalla Federcalcio. In tal modo si svolse un nuovo processo davanti alla Commissione disciplinare che 15 giugno sentenziò la radiazione, poi ribadita poi il 9 luglio anche dalla Corte Federale. Quindi è toccata all’Alta Corte di Giustizia presso il Coni l’ultima parola, almeno per ciò che concerne la giustizia sportiva. E si perché i tre “radiati” possono ancora ricorrere per vie diverse da quella sportiva attraverso un tribuna italiana o la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Staremo a vedere dunque cosa accadrà.
Nella torbida vicenda del falso dossier ai danni del dirigente della Roma Baldini, entra in scivolata Luciano Moggi. L’ex direttore tecnico della Juventus è intenzionato a querelare Paolo Calabresi delle Iene, nota trasmissione serale di Italia Uno. L’attore avrebbe citato il nome di Moggi nell’ambito della truffa tentata contro la società capitolina, per via di un “insolito” incontro richiesto dall’ex bianconero nei giorni in cui lo stesso Calabresi stava realizzando i filmati decisivi che avrebbero svelato l’inganno perpetrato nei confronti di Baldini e Mauro Baldissoni, consigliere d’amministrazione della Roma.
Cerchiamo di ripercorrere le tappe che hanno poi portato Moggi ad intraprendere un’azione legale per diffamazione contro Paolo Calabresi.
MASSONE – Nell’ultimo periodo va di moda la parola massone, come se fosse diventato sport nazionale affibbiare a qualcuno l’etichetta di maestro venerabile o semplicemente massone. Ovviamente più la persona è importante maggiore è la resa dello scoop in termini economici. E’ quello che hanno fatto due presentatori radiofonici, Roberto Renga e Giuseppe Lomonaco, attualmente indagati dalla procura della Repubblica. Secondo quanto dichiarato dalla “iena” Calabresi, Renga lo avrebbe avvicinato chiedendogli se fosse interessato ad una storia di massoneria, che aveva come attore principale il direttore dell’area tecnica della Roma Franco Baldini. Calabresi, d’accordo con i propri capi, organizzò un successivo incontro, durante il quale Renga mostra all’attore documenti e sms che proverebbero l’appartenenza alla massoneria di Baldini, segnalando come fonte la Digos. Tesi confermata dal collega di Renga, Giuseppe Lomonaco.
MARCIA INDIETRO – A questo punto però si verifica la clamorosa marcia indietro dello stesso Lomonaco, appena quest’ultimo si accorge che Calabresi in realtà stava filmando il tutto con una telecamera nascosta. Una retromarcia repentina che ha fatto cadere il castello di accuse false nei confronti della nuova dirigenza giallorossa, e che ha convinto la stessa “iena” a denunciare il fatto.
MOGGI – Tra massoni, sms, documenti e leggende metropolitane ecco che spunta il nome di Luciano Moggi. Perché? Sempre Calabresi racconta di aver ricevuto una “strana” chiamata dall’ex dirigente della Juventus. In che senso strana? L’attore non si è ancora spiegato il motivo della telefonata, sopratutto perché Moggi non l’aveva mai cercato. L’unico incontro fra i due c’era stato nel 2007, quando Calabresi fece uno scherzo all’ex bianconero travestendosi da cardinale. Inoltre destò stupore agli occhi di Calabresi l’arco temporale in cui ricevette la telefonata, ovvero negli stessi giorni in cui era stato dal presentatore radiofonico Roberto Renga.
QUERELA – Alla telefonata seguì poi un incontro nello studio legale di uno dei due avvocati di Moggi. Anche in questo caso Calabresi si domandò il motivo per il quale Moggi l’avesse voluto ricevere, sopratutto il perché della presenza dei suoi legali. La “iena” afferma che l’ex dirigente sportivo non ha accennato in alcun modo alla vicenda relativa al falso dossier nei confronti di Baldini, e sempre lo stesso Calabresi si è detto sorpreso per la domanda rivoltagli da Moggi in merito al suo figlio più giovane, che milita nelle giovanili della Roma. L’attore ha infine espresso i propri dubbi riguardo il comportamento di Moggi, insinuando un presunto coinvolgimento dello stesso ex bianconero nella vicenda Baldini. Di conseguenza Moggi ha chiesto ai suoi avvocati di intraprendere le vie legali nei confronti di Calabresi. Come andrà a finire?
Il 4 aprile prossimo l’Alta Corte di giustizia sportiva si riunirà per confermare o meno la radiazione di Moggi, Giraudo e Mazzini, quest’ultimo ex vicepresidente della Federcalcio. Fra meno di una settimana quindi verrà scritto l’ultimo capitolo della vicenda Calciopoli, che nel 2006 ha stravolto per sempre il mondo del calcio italiano. I legali dell’ex direttore generale della Juventus hanno già dichiarato l’intenzione di procedere oltre la giustizia sportiva, qualora la sentenza fosse negativa, volgendo quindi il pensiero già alla Corte di Giustizia di Strasburgo. Difficile infatti immaginare come nell’ultimo grado di giudizio vengano “magicamente” ridotte le condanne inflitte ai due bianconeri e al vice di Carraro, sancite nei due precedenti processi.
E’ passato quasi un anno da quando la Commissione Disciplinare della Federcalcio radiò dal mondo del calcio il direttore generale della Juve Luciano Moggi, l’amministratore delegato bianconero Antonio Giraudo e il vicepresidente della Federcalcio Mazzini. Quel 15 giugno del 2011 veniva posto il sigillo (quasi) definitivo al processo Calciopoli, lo scandalo scoppiato nell’estate del 2006, poche settimane prima dell’inizio del Mondiale tedesco che vide il trionfo degli azzurri guidati da Marcello Lippi. Fu proprio la Juventus la squadra a subire la maggiore penalizzazione, con la retrocessione in Serie B la stagione seguente e la revoca degli ultimi due scudetti, quelli del 2004-2005 e del 2005-2006, quest’ultimo assegnato d’ufficio all’Inter.
Contemporaneamente alla retrocessione in Serie B, la Juventus perse la cosiddetta cupola, e la triade composta da Moggi, Giraudo e Bettega venne sciolta. Roberto Bettega però, allora vicepresidente bianconero, non venne coinvolto nello scandalo di Calciopoli e tornò nuovamente alla Juve nella stagione 2009-2010 per ricoprire l’incarico di consulente di mercato, per poi lasciare definitivamente la società sei mesi dopo.
Sei anni dopo e due sentenze, Moggi attende l’ultimo grado di giustizia sportiva per conoscere il suo futuro. I cinque avvocati che sostengono l’ex direttore generale juventino non hanno voluto rilasciare dichiarazioni in merito alle loro aspettative in merito alla decisione che l’Alta Corte decreterà il prossimo 4 aprile, sebbene abbiano lasciato trasparire pessimismo. Sentenza già scritta? Forse, anche per questo i biglietti per l’Alsazia sono già pronti, destinazione Strasburgo.
Il tribunale di Napoli ha pubblicato questa mattina le motivazioni delle condanne per Calciopoli uno degli scandali più pesanti dal punto di vista mediatico che ha colpito il mondo del calcio.
“Uso delle schede straniere”, questo è l’elemento “ben più pregnante e decisivo” che ha portato alla condanna di Luciano Moggi per associazione a delinquere, uso delle schede delle quali è risultata la disponibilità procurata da Moggi a designatori e arbitri.
“Sussiste prova della responsabilità dell’imputato Moggi a carico del quale si ravvisano elementi utili per ravvisare la condizione attribuitagli di capo“. È questa la conclusione del tribunale che ha firmato la condanna che ha chiuso in primo grado il processo su Calciopoli. I giudici riferendosi alla “contaminazione degli arbitraggi attraverso le sollecitazioni adoperate dall’ex Direttore sportivo della Juventus nei confronti degli arbitri e da costoro accettate con riferimento alla parte delle competizioni svoltesi nella stagione 2004/2005, oggetto dell’imputazione ritengono che la prova della responsabilità può ritenersi raggiunta“.
Difatti, nelle 558 pagine di motivazione e’ indicato il “rapporto diffusamente amichevole degli arbitri con Moggi, che non perde valore indiziante solo perche’ dagli atti emerge il rapporto di altri arbitri non imputati e addirittura di taluno degli arbitri imputati, come De Santis, altrettanto amichevole con dirigenti sportivi curanti interessi diversi da quelli di Moggi, ad esempio Meani, ben potendo configurarsi l’esistenza dell’associazione“. In particolare, il giudice si sofferma sul “trattamento” riservato da Luciano Moggi a Pier Luigi Pairetto, nel 2005 designatore degli arbitri. “Si ipotizza la turbativa dell’incontro con il risultato 2-1 tra Juventus e Udinese, svoltosi a Torino il 13 febbraio del 2005 per il quale si ritiene acclarata la responsabilità di Moggi, Pairetto e Bergamo, poichè una incidenza sull’andamento della partita potè in effetti derivare da quella che appare una smodata collaborazione tra Bergano e Moggi per la formazione della griglia, nella quale collocare la partita, che accresceva la possibilità che fosse sorteggiato un arbitro gradito“, sostiene il giudice. Soluzione alla quale cooperava di necessità Pairetto, “rappresentato come aperto alla collaborazione nelle conversazioni telefoniche”. Inoltre, si legge ancora che da questa telefonata intercetta si “è riusciti a risalire ai numeri delle utenze telefoniche svizzere, decisive per l’andamento dell’indagine“.
Nelle motivazioni si mette in risalto “il rapporto diffusamente amichevole degli arbitri con Moggi, che non perde valore indiziante – si legge nella sentenza – solo perché dagli atti emerge il rapporto di altri arbitri non imputati e addirittura di taluno degli arbitri imputati, come De Santis, altrettanto amichevole con dirigenti sportivi curanti interessi diversi da quelli di Moggi, ad esempio Meani (ex dirigente del Milan addetto al settore arbitri, ndr), ben potendo configurarsi l’esistenza dell’associazione“. Un altro elemento significativo, ad avviso del tribunale, è rappresentato dal tempestoso dopopartita di Reggina – Juventus con i momenti di tensione tra Moggi e l’arbitro Paparesta. “Pur se è risultato non vero quello che lo spavaldo Moggi andava dichiarando in giro, e per telefono, cioè di aver chiuso l’arbitro Paparesta nello spogliatoio…nondimeno va valutata la reazione di Paparesta a quella che era pur sempre stata una protesta fuori misura di Moggi per gli errori dell’arbitro, di non inserimento cioè del comportamento furioso nel referto arbitrale, reazione che va interpretata come un effetto del timore reverenziale nei confronti della persona“. Il tribunale parla inoltre del “rapporto disinibito con i rappresentanti della Figc“, con cui Luciano Moggi intratteneva dei rapporti ben più intimi di quelli puramente professionali e che, in alcuni casi, andavano a riguardare anche la nazionale.
Andrea Agnelli va controcorrente. Il presidente della Juventus, in un’intervista rilasciata a Studio Sport XXL che andrà in onda sabato notte alle ore 00.30, afferma la sua predilezione verso Luciano Moggi, abbracciando virtualmente anche Giraudo, ovvero i due che insieme a Roberto Bettega costituivano la “famigerata” triade, la quale era riuscita a portare ai vertici del calcio italiano ed europeo il club bianconero durante gli anni ’90 e i primi del 2000.
Calciopoli ancora non è stata dimenticata, né dai tifosi juventini né dal numero uno della società juventina. Il più giovane degli Agnelli, ora alla guida della Vecchia Signora, era ancora un ragazzo quando la squadra di Lippi riusciva a trionfare nelle competizioni nazionali ed internazionali. Ha vissuto direttamente tutta l’epopea di Moggi, il quale è ancora oggi definito dai tifosi del club torinese uno degli uomini fondamentali per il ciclo vincente della Juventus, un autentico “mago” del calciomercato.
Andrea Agnelli, non curandosi della bufera che potrebbe scatenare con le sue dichiarazioni, afferma che Moggi è stato“il più bravo di tutti”. Dolci parole anche per Giraudo, il quale viene rappresentato come un padre per il giovane presidente bianconero, un punto di riferimento importante con cui non sono mancate a volte anche delle accese discussione, come è normale in un rapporto così stretto.
Durante l’intervista ribadisce un concetto trasformato in vero e proprio simbolo e filosofia di vita dalla Juve, “vincere non è importante, è l’unica cosa che conta” (copyright della leggenda Boniperti, a cui Agnelli ha accostato Alessandro Del Piero, uno dei maggiori complimenti fin qui espressi in favore del capitano juventino, giunto quest’anno all’ultima stagione con la maglia della Signora).
A sorpresa vede in Andrea Barzagli l’acquisto più importante di quest’anno, grazie al quale la squadra di Antonio Conte ha fatto un salto di qualità importante dal punto di vista dell’equilibrio tattico. Non rimpiange Del Neri, a cui gli viene riconosciuta l’attenuante di essere arrivato all’inizio del rinnovamento della squadra e dell’assetto societario, mostrandosi comprensivo per il fatto che non sia riuscito ad essere competitivo in una situazione complicatissima.
Infine, alla domanda su chi sia il giocatore bianconero che più ha amato in questi anni, il presidente Agnelli a sorprese fa il nome di Montero, mentre per le figure ideali sceglie Torricelli insieme a Nedved.
Calcio scommesse , Gervasoni fa i nomi dei calciatori di Serie A coinvolti nello scandalo scommesse. Nella deposizione rilasciata agli inquirenti e al procurato capo di Cremona Roberto Di Martino, l’ex difensore del Bari tira in ballo Lazio, Lecce, Chievo e Genoa. Oltre alle squadre e le relative partite truccate, Gervasoni parla anche dei giocatori corrotti che venivano contattatidagli slavi e il capo degli zingari Gegic.
Tutti dentro signori e signore, va in scena il più grande scandalo del calcio italiano, difronte al quale anche lo stesso Moggi e la presunta cupola si tolgono il cappello e fanno chapeau. Aveva ragione Di Martino quando nelle giornate precedenti sosteneva come lo scandalo scommesse fosse soltanto al primo stadio. Se la maggior parte degli addetti ai lavori sospettava che le leghe minori fossero oggetto delle attenzioni privilegiate da parte di vere e proprie associazioni a delinquere finalizzate alle scommesse illegale, in pochi potevano immaginare che lo scandalo si sarebbe allargato anche alla Serie A, mietendo vittime illustri. Di ieri la notizia del coinvolgimento del centrocampista biancoceleste Mauri e il capitano del ChievoPellissier. Oggi la mannaia mediatica cade su Milanetto del Genoa e alcuni importanti giocatori di Lecce e Bari.
Il nome di Omar Milanetto è stato fatto da Gervasoni in merito alla partita Lazio-Genoa del 14 maggio scorso, terminata 4-2 per i padroni di casa. Nella deposizione, tratta dal “Messaggero“, Gervasoni spiega : “Ho appreso da Gegic che gli slavi si incontrarono lo stesso giorno della partita con Zamperini, che poi li mise in contatto con Mauri della Lazio. Gli slavi si incontrarono anche con Milanetto del Genoa, che a sua volta incontrò altri giocatori della sua squadra”. Milanetto attualmente milita nel Padova, dopo essersi trasferito quest’estate dal club rossoblu.
Oltre al centrocampista ex Genoa, Gervasoni tira in ballo anche gli ex giocatori del Lecce Rosati e Benussi. Oggi Rosati è al Napoli, come vice De Sanctis, mentre Benussi difende i pali del Palermo. I due portieri sarebbero coinvolti nella combine di Lecce-Lazio, ultima partita della stagione 2010-2011, conclusasi con il punteggio di 2-4 in favori degli ospiti biancocelesti. Gervasoni afferma: “Gegic mi disse che tramite Zamperini, lui e gli slavi si misero di nuovo in contatto con Mauri della Lazio per manipolare la suddetta partita. Successivamente, avuto questo contatto con Mauri, furono corrotti 6 o 7 giocatori del Lecce tra i quali ricordo solo Benussi e Rosati”.
Finisce nel mirino degli investigatori Palermo-Bari disputata nel maggio scorso e che aveva visto la vittoria dei rosanero per 2-1 contro i biancorossi già condannati alla Serie B. Secondo Gervasoni sarebbero stati numerosi i calciatori del Bari coinvolti nella combine: il portiere Padelli, i difensori Parisi, Rossi, Masiello e il centrocampista Bentivoglio. Di seguito le dichiarazioni dell’ex Bari rilasciate agli investigatori riguardo questo match di campionato: “La prima partita di A combinata di cui parlai è Palermo-Bari del 7 maggio 2011, finita 2-1: il risultato concordato era di un over con la sconfitta del Bari, con almeno due gol di scarto: si tratta di notizie che mi ha riferito Gegic nell’immediatezza della partita, in quanto ho scommesso sulla medesima. Ricordo che sempre secondo quanto lui mi riferì, era stato Carobbio a mettersi in contatto con i giocatori del Bari o con qualcuno che gli stesse vicino. Gegic mi riferì che erano stati corrotti i seguenti giocatori del Bari: Padelli, Bentivoglio, Parisi, Andrea Masiello e Rossi”. Miccoli mandò all’aria il piano involontariamente, sbagliando il rigore che avrebbe consegnato l’over agli scommettitori.
Altra partita nell’occhio del ciclone è Chievo-Novara, sfida valevole per i sedicesimi di Coppa Italia (edizione 2010-2011), terminata con il punteggio di 3-0 in favore dei clivensi. Tra i giocatori corrotti Gervasoni cita Pellissier e Luciano, oltre all’attaccante del Novara Nicola Ventola (ora ritiratosi dal calcio professionistico), Fontana e l’ex Bertani. Ecco la deposizione di Gervasoni su Chievo-Novara: “Quando mi contattarono i fratelli Cossato in prossimità della partita Atalanta-Piacenza mi rappresentarono di avere dei contatti nel Chievo, in particolare Pellissier ed Eriberto. I due predetti consentivano ai fratelli Cossato di manipolare le partite del Chievo qualora se ne presentasse l’occasione. Tra i loro referenti c’era anche Italiano. Quanto alla partita Chievo-Novara di coppa Italia anno 2010 ho appreso da Gegic che gli slavi offrirono 150.000 euro ai giocatori del Novara perché perdessero con il Chievo con un over. Ricordo di avere appreso che gli slavi si incontrarono con Ventola nell’albergo e consegnarono a un albanese che giocava nel Novara (dovrebbe trattarsi di Shala) circa 150.000 euro che gli stessi divisero anche con altri giocatori, tra i quali il portiere Fontana. Bertani fece da tramite in quanto non partecipò attivamente alla trasferta”.
Il calcioscommesse sta assumendo forme inimmaginabili prima d’ora, mettendo a serio rischio la credibilità del calcio nostrano.
Qualche giorno prima del Natale una intervista al Corriere dello Sport ad un investigatore, per il momento anonimo, del pool che ha condotto le indagini sulla presunta cupola che poi sfociò in Calciopoli nel 2006 è forse passata un po troppo inosservata ma conferma ancora una volta un buco terribile e tanti nuovi misteri nel modo di condurre le indagini e sopratutto delle omissioni che hanno permesso di costruire un castello accusatorio parziale. Come dimostrato dalla relazione di Palazzi e comunque dal grandissimo numero di intercettazioni portate alla luce dai consulenti di Luciano Moggi quelle indagini non furono, obiettivamente, scrupolose lasciando adito ad un clima di sospetto che ha reso Calciopoli un capitolo senza fine.
Andando un po a ritroso e cercando sempre di intuire le mosse dei vari protagonisti però le confessioni dell’investigatore al Corriere dello Sport ci possono aiutare a contestualizzare la posizione di Diego Della Valle e di conseguenza della Fiorentina. Il patron dei viola da questa estate ha messo da parte l’attesa e il solito aplomb per scagliarsi ripetutamente contro Moratti, Guido Rossi e chi nel 2006 condannò il suo comportamento a tutela della Fiorentina. Della Valle ha iniziato prima a chiedere la verità a Moratti promuovendo per primo il tavolo di confronto e adesso è arrivato a denunciare Guido Rossi. In estate iniziò a circolare in rete le indiscrezioni, a dire il vero mai confermate, di un carabiniere pentito disposto a far luce sul modus operandi degli inquirenti e svelando i tanti buchi delle intercettazioni ipotizzando che proprio questo materiale possa esser “l’arma” di Della Valle per smontare Calciopoli. Con il passare dei mesi del carabiniere non si è avuta più traccia fino al dossier del Corriere dello Sport. E se il carabiniere fosse l’investigatore? Nell’intervista al Corriere ha svelato di una intercettazione ambientale fatta in una cena organizzata dai Della Valle, per l’accusa simbolo del tentativo di illecito per salvare i viola, in realtà nel corso della cena non si è mai parlato della Fiorentina e di ogni illecito e la presenza di tale colloquio agli atti avrebbe potuto ridimensionare ulteriormente la posizione della Fiorentina.
Calciopoli, e se fosse stato tutto falso? Una domanda lecita dopo aver letto le dichiarazioni choc rilasciate da un investigatore al quotidiano Corriere dello Sport, andato oggi in edicola con lo scandalo Calciopoli in evidenza. Dopo il calcio-scommesse, torna in prima pagina il terremoto che sconvolse 5 anni e mezzo fa il mondo del calcio italiano, a pochi giorni prima dall’inizio del Mondiale che ci avrebbe visto protagonisti assoluti.
DENTRO CALCIOPOLI – A parlare non è un imputato né un semplice tifoso che disquisisce al bar dello sport. Per la prima volta un investigatore attivo nell’inchiesta sceglie di rompere il silenzio e rilasciare dichiarazioni bomba alla redazione del Corriere dello Sport. Si tratta di uno dei dodici uomini chiamati ad ascoltare le intercettazioni dei telefoni più scottanti del pallone nostrano. Rivela come si svolgevano le indagini, gli uomini chiave della vicenda, le anomalie, tutto ciò che è rimasto rinchiuso dentro un cassetto dimenticato e che ora rischia di fare più danni del vaso di Pandora.
IL SERVER DELLE INTERCETTAZIONI – L’intervista vive il suo momento clou quando l’investigatore parla di un’anomaliache si ripeteva troppo spesso e che causava dei buchi rilevanti ai fini dell’inchiesta. L’innominato, per sua stessa volontà, racconta di come il server delle intercettazioni avesse numerosi problemi di linea durante la giornata. Nel passo chiave dell’intervista si legge:
“La cosa un po’ anomala è il server delle intercettazioni. E’ in Procura, a Roma, a Piazzale Clodio. Quando c’era qualche problema, e capitava spesso, telefonavamo a chi era in Procura: “Guarda, la postazione 15 qui non funziona, che è successo?” “Vabbé adesso controllo….”. Dopo un po’ richiamavano da Piazzale Clodio: “Ti ho ridato la linea, vedi un po’”. Andavi a controllare, magari avevi finito alla telefonata 250 e ti ritrovavi alla telefonata 280. E le altre 30? “Me le so perse…”
A proposito del server, l’investigatore chiarisce come chi contattava il responsabile del server fosse il colonnello Auricchio, ovvero il titolare dell’indagine che ha portato alla condanna di Moggi e della cosidetta “cupola”.
I BAFFETTI – Un’altra dichiarazione chiave che emerge è quella relativa alla scomparsa dei cosiddetti “baffetti rossi”, le intercettazioni ritenute cruciali dai dodici investigatori. Alla domanda del giornalista su chi decidesse quali baffetti passavano la seconda fase della scrematura, l’innominato risponde sempre con lo stesso nome: il colonnello Auricchio. Tra le intercettazioni mancanti figurerebbero quelle riguardanti l’Inter.
NESSUN COLPEVOLE – Farà sicuramente discutere la posizione dell’investigatore a proposito delle condanne effettuate in primo grado. Sostiene come “partite veramente truccate, dove l’arbitro è stato veramente coinvolto. Non ci sono”. Di conseguenza anche l’intero processo Calciopoli sarebbe stato una farsa.
INVENZIONI – Pesantissimo il passaggio in cui l’innominato cita Martino Manfredi, ex segretario della Can A-B, affermando che all’inizio delle indagini l’ex segretario della Commissione arbitri avesse negato qualsiasi coinvolgimento della classe arbitrale. Qualche tempo più tardi, continua l’investigatore, lo stesso Manfredi entrò a far parte della Federcalcio, e solo da allora fece dichiarazioni spontanee sulla “storia delle palline” (palline speciali che sarebbero state utilizzate durante i sorteggi degli arbitri).
BUFERA A NATALE – L’intervista, consultabile sul sito corrieredellosport.it, è destinata a scatenare una nuova bufera nel mondo del calcio. Calciopoli è stata davvero una farsa colossale? Moggi è realmente la sciagura del calcio nostrano? Le certezze del passato stanno cominciando a vacillare pericolosamente.
Il momento di forte crisi che sta vivendo il paese costringendo il presidente Silvio Berlusconi a rassegnare le dimissioni e al presidente della Repubblica ad affidarsi ad un governo tecnico capitanato da Mario Monti. Forse spinti dal segnale della crisi ma anche dalla consapevolezza che un nuovo ricorso alla giustizia civile avrebbe portato un intero sistema verso il baratro ha convinto i principali protagonisti dello scandalo Calciopoli a metter da parte l’ascia per un conciliante ma al momento misterioso tavolo politico.
Il sistema calcio italiano non è legato all’andamento dello spread ma il suo malessere si evince dalla situazione debitoria dei maggiori club, dalla perdita di competitività e ovviamente ad attestare il tutto c’è il Ranking Uefa. Ma se non c’è uno spread cosa ha spinto Andrea Agnelli a fare un passo indietro?
Andiamo con ordine. Martedì scorso il Tribunale di Napoli ha praticamente scagionato la Juventus facendo ricadere tutte le colpe sul sistema Moggi che si avvaleva della complicità di Giraudo e Bergamo ma a questo punto per favorire chi? Rasserenata per non dover pagare risarcimenti danni, la Juventus di Andrea Agnelli ha prima confermato il distacco dalla triade con un freddo e tempestivo comunicato, poi rilanciando con una ingente richiesta danni. Dopo la non competenza del Tnas a scender in campo è stato il presidente del Coni Petrucci tuonando contro il sistema calcio e contro l’eccessivo doping legale.
Il gesto di Petrucci ha però consentito ad Andrea Agnelli una via di fuga evitandogli almeno per il momento il ricorso alla giustizia ordinaria rifugiandosi nella proposta di un tavolo politico organizzato dal presidente del Coni e con il coinvolgimento del neo ministro dello sport Gnudi.
“La risposta a Petrucci è quindi l’idea di un tavolo insieme conciliatorio e proiettato ai problemi futuri. – dice Andrea Agnelli -. Il tavolo deve essere il capo dello sport italiano a convocarlo. Per chiarire gli ultimi cinque anni e per proiettarci al futuro. E lì mi presenterò come presidente della Juventus, di un club che ha rispettato nel suo cammino tutti i passaggi della giustizia sportiva con il massimo rispetto delle istituzioni e degli organi che le appartengono. Il tavolo per me sarebbe un buon modo per portare un clima di serenità in questo ambiente, come l’appello di Petrucci di estremo buonsenso richiedeva. Io sono pronto a partecipare oggi stesso a questo tavolo se si dovesse decidere di aprirlo, ovvio che questo tavolo dovrebbe essere anche politico”
Il tavolo in cambio delle ammissioni di colpa (il presidente della Juve ieri ancora una volta ha ripudiato Moggi) e del non ricorso alla giustizia ordinaria. L’idea è stata accolta positivamente da Petrucci che già ieri sera ai microfoni di Sky si è compiaciuto con Agnelli per il passo di responsabilità.
“Accolgo con piacere le dichiarazioni distensive di Agnelli. Le sue parole sono state distensive e di buon senso. Prendo atto della sua richiesta di un tavolo politico e mi appresto in tal senso. Mi auguro che sia il primo atto di disgelo. Sono pronto al dialogo, voglio pensare al futuro, prendiamo per buona la giornata di oggi che si è chiusa in positivo. Chi ci sara’ al tavolo? E’ una richiesta che è arrivata adesso, fatemi pensare, non sono un fenomeno
Ad accettare l’invito al tavolo politico è anche Moratti questa volta disponibile “Sono perfettamente d’accordo con il presidente del Coni Gianni Petrucci. Sono al suo fianco e condivido lo spirito e il senso di responsabilità con cui affronta questo momento del calcio italiano, che spero possa tornare a essere sport e meno un problema di tribunali”.
Sarà così che si chiuderà Calciopoli? Come riusciranno a conciliare Moratti ed Agnelli senza scontentare i loro tifosi? Scontato che il colpevole assoluto sarà Luciano Moggi voglio sperare che ne esca fuori l’intera verità e che quindi nel tavolo del dialogo non ci siano cassetti in modo da non aver possibilità di chiudere facilmente con il passato.
Solo pochi giorni fa si chiudeva il primo atto di Calciopoli il più longevo processo del campionato italiano di calcio italiano: il maggiore imputato, Luciano Moggi, ha rimediato dalla sentenza 5 anni e 4 mesi.
L’avvocato Massimo Zampini, che ha seguito da sempre con molta attenzione le vicende di Calciopoli dopo la sentenza di primo grado ha voluto dire la sua rilasciando un intervista esclusiva per TuttoJuve.com, lo stesso non si dimostra molto sorpreso dell’esito della sentenza:
“Già prima della decisione invitavo gli amici juventini a non essere troppo ottimisti. La giustizia è una cosa lunga, in Italia spesso viene fatta in appello e questo era un caso fortemente mediatico, dove la Procura si giocava molta credibilità”
Criticandone le gesta di trionfo di Narducci e soci, l’avvocato precisa il suo punto di vista:
“In ogni caso, la sentenza va rispettata, ci mancherebbe, ma si può certamente criticare [….] Sono curioso di capire per esempio in cosa consista la frode di Udinese-Brescia, Cagliari-Juve o Juve-Udinese”
Tuttavia la strada che segue l’avvocato è quella chiede la verità dell’occultamento di certe intercettazioni cadute ormai nel dimenticatoio, o ancora il perchè di alcune di esse il PM Narducci ne era a conoscenza mentre l’altro PM Beatrice non le aveva mai ascoltate:
“E qualcuno ci spiegherà mai che si dicevano Moratti, Auricchio e Narducci in quel ‘casuale’ incontro? Le domande senza risposta sono una marea, magari ci aiuteranno le motivazioni”
Alla domanda su quale fosse il suo punto di vista su un verdetto che da la Juve innocente e un Luciano Moggi colpevole, lavvocato risponde:
“Sinceramente mi pare che questo aspetto venga un po’ sopravvalutato: la Juventus viene esclusa dal risarcimento delle parti civili, e non sappiamo ancora il perchè. Probabilmente il motivo sarà meramente tecnico, riferito alla mancata rappresentanza legale della società da parte di Moggi. Vedremo le motivazioni, ne capiremo di più”.
Sul comunicato stampa diramato dalla società di Galileo Ferraris a sentenza avvenuta, Zampini giustifica il comportamento dei vertici Juve con la diversa scelta processuale seguita dalle parti in causa. “Moggi fa i suoi interessi (non quelli della Juve), la Juve fa i suoi (non quelli di Moggi). A noi tifosi pare un discorso freddo, e spesso alcune frasi ci paiono di cattivo gusto, ma cinicamente è normale che sia così, si tratta di strategie processuali.”
Battuta finale sullo scudetto 2006, che è uno degli argomenti che più stanno a cuore ai tifosi bianconeri,
“No che non resterà. Non so quando, non so come accadrà, ma prima o poi glielo toglieranno di sicuro. E ci mancherebbe pure il contrario, dopo le telefonate emerse e la relazione di Palazzi. La sentenza di Napoli, ovviamente, non ha nulla a che vedere con il tavolino farsa. Lo smoking bianco si è già sporcato da tempo, è diventato quasi nero“.