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  • NBA, Larry Bird vince il premio di dirigente dell’anno

    NBA, Larry Bird vince il premio di dirigente dell’anno

    Larry Bird, Presidente degli Indiana Pacers e direttore esecutivo delle operazioni di mercato della squadra di Indianapolis, è il vincitore del premio di migliore dirigente dell’anno (Executive of the year) per la stagione NBA 2011/2012. Lo ha annunciato poche ore fa la NBA.

    In qualità di Presidente delle operazioni di mercato, Bird ha supervisionato (o preso di persona in alcuni casi) tutte le scelte che hanno portato i Pacers ad un record di 42 vittorie e 24 sconfitte (percentuale di successi dello 0,636), guadagnandosi così il secondo posto nella Central Division, la testa di serie numero 3 nella Eastern Conference e più in generale il quinto posto assoluto nella classifica della Lega dietro ai soli Chicago Bulls, San Antonio Spurs, Oklahoma City Thunder e Miami Heat.

    Una delle mosse migliori di Larry Bird è stata quella di nominare Frank Vogel come allenatore per la stagione 2011/2012, dopo averlo eletto coach ad interim nella seconda parte dello scorso campionato quando licenziò il capo allenatore Jim O’Brien dopo il disastroso avvio di stagione (46 partite per Vogel che arpionò l’ultimo posto disponibile per i playoff). La conferma del coach è stata fondamentale per le fortune di Indiana che si appresta a diventare una delle migliori formazioni della NBA nei prossimi anni.

    Larry Bird | © Gregory Shamus/Getty Images

    Larry Bird ha aggiunto ad un nucleo già forte di giocatori il free agent David West a dicembre, e ha rinforzato la panchina dei Pacers con le acquisizioni di Lou Amundson (Golden State Warriors) e di Leandro Barbosa (Toronto Raptors). Negli ultimi 3 anni Bird ha anche compiuto scelte molto oculate al Draft anche se Indiana non aveva posizioni di primo livello per selezionare i migliori giovani a disposizione. Le scelte dell’ex Boston Celtics sono cadute su tre giocatori che si sono rivelat i fattori chiave del team di quest’anno: Paul George (nel 2010), Tyler Hansbrough (nel 2009), e Roy Hibbert (nel 2008).

    Bird, tre volte M.V.P. dell’anno da giocatore (1984, 198585, 1986) con i Boston Celtics, ha anche vinto il premio di allenatore della stagione nel 1997/1998 sulla panchina degli Indiana Pacers, la squadra della sua città natale a cui è lagato da un profondissimo legame. In quell’anno Bird concluse con un record di 58 vittorie e sole 24 sconfitte. In tre stagioni da capo allenatore, ha portato Indiana ad un record di 147-67. Bird è l’unica persona in NBA che è riuscita a vincere tutti e tre i premi, di M.V.P. come giocatore, di Coach of the Year come allenatore e di Executive of the Year come dirigente. In passato Red Auerbach, Frank Layden e Pat Riley sono stati gli unici ad aver vinto i premi sia di Coach of the Year che di Executive of the Year ma non hanno mai ottenuto il premio di M.V.P. come giocatori.

    Bird ha ottenuto 88 punti nelle votazioni ed ha ricevuto 12 voti da primo posto. R.C. Buford dei San Antonio Spurs è arrivato secondo con 56 punti (con otto voti da primo posto) e Neil Olshey dei Los Angeles Clippers ha concluso al terzo posto con 55 punti (sei voti da primo posto). Per il computo del totale sono stati assegnati cinque punti per ogni voto da primo posto, tre punti per ogni voto da secondo posto e un punto per ogni voto da terzo posto.

    Larry Bird succede nell’albo d’oro alla coppia Pat Riley (Miami Heat) Gar Forman  (Chicago Bulls) che nello scorso anno era arrivata a pari merito al primo posto.

  • NBA: Anche Magic Johnson critica LeBron James

    Pochi giorni fa era stato Michael Jordan, da sempre ritenuto il più forte giocatore di basket di tutti i tempi, a criticare la scelta di LeBron James di andare a giocare ai Miami Heat di Dwyane Wade e Chris Bosh (che era stato messo sotto contratto da pochi giorni), dicendo in sostanza (leggi l’articolo) che mai gli sarebbe passato per la mente di unirsi in una ipotetica super squadra ai suoi “rivali” sui parquet Magic Johnson e Larry Bird (ciò è accaduto solo in Nazionale, ma è anche ovvio!), ora, sulla stessa lunghezza d’onda, si inserisce anche uno dei giocatori citati da Jordan nel suo esempio, ovvero proprio Magic Johnson.
    L’ex superstar dei Los Angeles Lakers ha infatti dichiarato:

    • Non lo capisco! Io per esempio sin dal college ho sempre voluto affrontare e battere Larry Bird, e non avrei mai fatto come lui (James, per inciso), andando in una squadra dove già il talento non mancava di certo per vincere facile“.

    In poche parole l’ex Lakers concorda con le dichiarazioni fatte dal suo ex compagno di Nazionale alle Olimpiadi di Barcellona 1992 (dove arrivò l’oro condito da super prestazioni da parte di tutti i componenti del Dream Team), aggiungendosi alla lista di quelli che reputa la decisione di James come un modo comodo di sviare dalle difficoltà che il basket mette sulla strada, scegliendo la strada più facile per vincere.

    Per completezza ricordiamo che anche Jason Kidd, playmaker dei Dallas Mavericks, si è espresso con parole piuttosto forti nei confronti dei Miami Heat (leggi l’articolo), non giudicando, quindi, la scelta di LeBron James in sè stessa, ma quella della franchigia che ha portato via da Cleveland e Toronto i suoi 2 protagonisti sui parquet, con un probabile disinteresse, da parte delle 2 città, del basket NBA.

  • NBA: Jordan contro LeBron James, nuovo attacco al “Re”

    Non accennano a placarsi le polemiche e le critiche sulla decisione di LeBron James di lasciare i Cleveland Cavaliers e trasferirsi a Miami dall’amico Dwyane Wade in compagnia di Chris Bosh per cercare di sbaragliare la concorrenza e vincere (teoricamente) a mani basse i prossimi titoli NBA.
    Ultimi in ordina di tempo 2 leggende del basket professionistico americano, Charles Barkley e Michael Jordan unico grande atleta riconosciuto unanimamente come il più grande di sempre della storia del basket.
    Jordan, che nei primi anni di carriera si era “preso cura” di leBron, quasi come un figlio, consigliandolo sempre per il verso giusto e facendolo crescere sia come atleta che come uomo, questa volta non le ha mandate a dire. Queste le sue parole dopo aver partecipato a un torneo di golf per beneficenza a Las Vegas:

    • Io non mi sarei mai neanche lontanamente sognato di telefonare a Larry Bird e Magic Johnson e dire loro: hey, che ne dite di metterci insieme e giocare in una sola squadra? Credo però che le cose siano diverse ora. Certo, loro adesso hanno una grande opportunità. Io però in tutta onestà ero troppo impegnato a cercare di battere Larry e Magic per pensare di giocare con loro“.

    Chiaro il pensiero del numero 1 di sempre che piuttosto che giocare nella stessa squadra con gli altri 2 maggiori esponenti del basket degli anni 90 preferiva batterli sul campo e dimostrare di essere il migliore vincendo quasi da solo le partite.
    Certamente Larry Bird e Magic Johnson erano campioni di tutt’altra pasta rispetto a Chris Bosh e Dwyane Wade, ma il paragone non fa una piega. La NBA a cavallo degli anni 80-90 infatti risorse grazie alle rivalità sui parquet NBA del trio Jordan-Johnson-Bird, visto che in quel periodo la Lega era snobbata da più parti, pubblico, televisioni e sponsor. Gli epici duelli tra le 3 superstar ne fecero crescere gradualmente ma inesorabilmente l’interesse, facendone la prima attrazione sportiva non solo degli Stati Uniti, ma del mondo intero. La storia è conosciuta, sappiamo tutti ciò che fece vincere Magic Johnson ai Los Angeles Lakers, stesso discorso vale per Larry Bird dei Boston Celtics, ma chi è riuscito a metterli sotto e rimanere nella leggenda è sempre e solo lui, Michael Jordan con i suoi Chicago Bulls.
    Anche Charles Barkley, ex stella dei Philadelphia 76ers, Phoenix Suns, e Houston Rockets, ha detto la sua:

    • Io e Michael siamo d’accordo al 100% su questo punto. Se tu sei il 2 volte M.V.P. in carica non vai da nessuna parte. Sono gli altri a dover venire da te. Quello che è successo è ridicolo. LeBron mi piace, è un grande giocatore. Ma non penso che nella storia dello sport si sia mai visto un 2 volte M.V.P. lasciare la sua squadra per andare a giocare con altra gente

    Poi sferra il colpo finale che risulta tagliente come la lama di una ghigliottina (che decapita il “Re”):

    • LeBron non sarà mai come Jordan. Non scherziamo. Potrà vincere tutti i titoli che vorrà, ma questa sua scelta lo toglie completamente da ogni paragone con M.J. Sarebbe stato onorevole restare a Cleveland e cercare di vincere come “The Man”. Se solo avesse vinto un anello a Cleveland, sarebbe stata una grandissima cosa, un’impresa veramente da ricordare visto ciò che è diventata Cleveland nella storia degli sport professionistici. Ma ora non mi interessa quanti titoli potrà vincere a Miami. Perché Miami è chiaramente la squadra di Dwyane Wade“.

    Insomma, piovono ancora critiche sul “Prescelto”, e l’unica cosa certa in tutta questa storia è che non finiranno di certo qui.