Ieri è stato il Mamba Day, il giorno dedicato a Kobe Bryant, quello della sua ultima partita di basket in NBA, ed è stata una giornata di festa, culminata con una grandissima prestazione oltre che un contorno degno di nota.
Non importa se in un’altra partita nella stessa sera Stephen Curry stabilisce il record di triple segnate in una stagione, per la prima volta con un giocatore che ne realizza oltre 400, nè se i suoi Golden States Warriors stabiliscono il record di vittorie in NBA con un 73-9 impressionante, il Black Mamba ieri ha cancellato qualsiasi cosa che non ruotasse intorno a lui.
Il pre-partita ha già il sapore di festa, l’allegria regna sovrana, Kobe Bryant ha il sorriso stampato sulle labbra, un poco come quel Magic Johnson chiamato ad aprire le danze e fare il discorso di ringraziamento da parte dei Los Angeles Lakers, lui che all’esterno dello Staples Center ha una statua che lo raffigura nomina Kobe come il miglior cestista dei Lakers di sempre. Segue il video tributo che mostra gli attimi più importanti della sua carriera, inframezzato ai saluti degli attuali compagni, come D’Angelo Russell e Roy Hibbert, dei compagni storici come Metta World Peace, dei vecchi giocatori dei Lakers come Gary Payton, Shaquille O’Neal, Derek Fisher; dell’allenatore Byron Scott, colorato dai saluti di avversari ed altri personaggi importanti che ha incontrato nel corso della sua carriere come LeBron James, Stephen Curry, Dwayne Wade, Carmelo Anthony, Kevin Garnett ed infine con il saluto e ringraziamento della star di Hollywood Jack Nicholson.
Nel corso della partita la festa continua e si vedono sfilare molte facce note, alcune presenti, altre con video registrati, il tributo è veramente globale, vediamo così Snoop Dog, Taylor Swift, Ice Cube, James Worthy, Spike Lee, Klay Thompson Paul Pierce , Doc Rivers. Nole Djokovic, John McEnroe, Beckham e Robbie Keane.
L’attesa è tanta e a farla terminare sono le note del basso di Flea che suona Star-Spangled Banner, l’inno americano, tra lacrime e sorrisi.
Con gli Utah Jazz ormai ufficialmente fuori dai Playoff 2016, la partita sembra dover essere abbastanza tranquilla, ma dall’inizio viene subito mostrato a Kobe che niente gli sarà regalato, anche se non viene nemmeno pressato ingiustamente, i compagni giocano per lui e si vede, lui sbaglia i primi tiri, ma si riscalda subito e nel primo quarto realizza ben 15 punti. Il resto della partita è fatto alternativamente di giocate medie e giocate da campione, con Bryant che mette a referto uno dopo l’altro quelli che alla fine saranno 60 punti, fatti con un 22/50 al tiro (non pochi tiri e la libertà nel farlo si vede anche da 6/21 al tiro da 3 punti) ed un 10 su 12 ai tiri liberi, conditi con 4 assist, 4 rimbalzi e due stoppate.
La cosa più bella però che ricorderemo sono gli ultimi due minuti di partita, con i Los Angeles Lakers a -8 Kobe Bryant decide davvero di diventare leggenda, praticamente da solo recupera e vince la partita, che terminerà 101 a 96 per i Laker sui Jazz, segnando 23 punti nell’ultimo quarto, con la forza e la volontà di quel giovane Black Mamba che ci ha deliziato anni fa.
Il tributo finale a Kobe Bryant è un ringraziamento da parte di tutti i cestisti suoi avversari, con un poco di tristezza nel non vedere Karl Malone, ma con la gioia di vedere uno Shaquille O’Neal sorridente insieme a lui e che il giorno dopo dichiara addirittura “lo avevo sfidato a segnare 50 punti, quel gran figlio di … ne ha fatti 60”.
Il saluto finale di Kobe Bryant commuove, ringrazia tutti, i compagni, i tifosi, la moglie e i figli, ricorda i 20 anni con quell’unica maglia e la città che lo ha accolto, e alla fine non sa più che dire, se non un MAMBA OUT.
Oggi è il Mamba Day, l’ultimo giorno di Kobe Bryant da cestista, l’ultimo giorno in cui il Black Mamba calcherà un parquet di basket da giocatore. A cinque mesi di distanza dal suo annuncio di ritiro ufficiale apparso su The Player Tribune, è arrivato il momento dell’ultima partita, allo Staples Center, il palazzetto dello sport che lo ha visto giocare per tutta la vita con la stessa casacca, quella gialloviola, dove i Los Angeles Lakers attendono gli Utah Jazz, e mentre per i secondi ci sarà l’agonismo visto che si giocano l’ultimo posto disponibile ai playoff, per i primi sarà una giornata di festa.
Il Kobe Day (che Nike ribattezza giustamente e con succeso Mamba Day) una giornata di festa lo è per tutto il basket, con elogi che arrivano da campioni dello sport, di tutti gli sport, dal basket stesso al calcio, dall’Hockey al Football, ma arrivano anche da artisti di vario genere, dagli attori ai cantanti, come in particolare Kendrick Lamar che gli dedica un brano inedito.
Nike ed i suoi atleti addirittura dedicano un video tributo.
https://www.youtube.com/watch?v=1Hi0skAwlHM
In Italia Sky Sport dedicherà una giornata speciale trasmettendo i momenti e le partite più importanti delle partite di Kobe Bryant, si è iniziato da stamattina alle 06.00 e si finirà domani mattina più o meno alla stessa ora. Il primo appuntamento alle 06:00 proporrà la sfida di Gara 7 tra LA Lakers vs Boston Celtics delle NBA Finals 2010, la sfida dell’ultimo titolo NBA di Kobe, l’ultimo anello e l’ultimo MVP delle Finals per Bryant. Alle 08:15 ci sarà Basket Room: speciale Kobe Bryant, mentre alle 08:45 l’All-Star Game NBA del 2003, l’ultimo con Kobe Bryant e Michael Jordan. Alle 10:45 sarà il momento di LA Lakers vs Toronto Raptors 2006, la gara degli 81 punti di Kobe Bryant, seconda prestazione di sempre nella storia della NBA. Alle 12:30 nuovamente Basket Room: speciale Kobe Bryant, successivamente alle 13:00 Gara 4 delle NBA Finals 2000 tra gli Indiana Pacers e i Los Angeles Lakers, le Finali del primo anello per Kobe Bryant, allora in squadra con Shaquille O’Neal. Infine alle 15:00 ci sarà Gara 7 della Western Conference Final tra Sacramento Kings vs LA Lakers relativa Playoff NBA del 2002, una serie veramente controversa di cui tutt’oggi si parla.
Seguiranno quindi poi alle 17:15 nuovamente LA Lakers vs Toronto Raptors del 2006, alle 19:00 Basket Room: speciale Kobe Bryant, alle 22:15 le NBA Finals 2000, Gara 4 – Indiana Pacers vs LA Lakers, alle 00:15 – NBA Playoff 2002, Gara 7 della Western Conference Final – Sacramento Kings vs LA Lakers, alle 02:20 – NBA All-Star Game 2003.
Atto conclusivo della giornata sara alle 04:15 l’incontro tra Los Angeles Lakers e Utah Jazz, l’incontro che probabilmente farà piangere molti di noi, che ci farà tornare in mente gli ultimi 20 anni, ricordando la grandezza di un uomo che è stato più di un eroe, un uomo diventato leggenda.
San Valentino? No anche meglio è tempo di All Star Game nel magico mondo dell’Nba.
La partita tra i migliori giocatori della stagione segna inesorabilmente l’arrivo a metà stagione e mette in mostra il meglio che il campionato sportivo più famoso e bello del mondo può offrire.
Sede della manifestazione quest’anno sarà Toronto dove si affronteranno al solito le formazione rappresentanti l’Eastern e Western Conference mentre il giorno precedente ci sarà la partita tra rookie e sophomore (i giocatori al primo e secondo anno) la quale vedrà affrontarsi i giovani rappresentanti degli Usa contro il Resto del Mondo.
Proprio nel Resto del Mondo ci sarà un pizzico d’Italia perche la formazione sarà condotta in panchina dal neo coach della nazionale italiana e vice allenatore dei San Antonio Spurs: Ettore Messina.
Contorno di questi due match saranno come al solito spettacolari sfide di schiacciate, tiri da 3, skills challenge e il celebrity match che vedrà affrontarsi una insolita sfida tra team Usa capitanata dal sempre presente Kevin Hart e Team Canada capitanata dal rapper Drake, anche lui un grande tifoso Nba spesso presente nelle prime file dei palazzetti Nba.
Prima di concentrarci sui quintetti di partenza per questa edizione che si preannuncia storica, andiamo a ripercorrere e a riproporre qualche numero che questa storia dell’All Star game l’ha costruita.
La prima edizione si tenne nel 1951 a Boston mentre la passata stagione si è tenuta nel magico tempio del Madison Square Garden.
Il primatista di presenze in questa sfida è Kareem Abdul Jabbar con ben 18 presenze seguito da uno che l’All Star Game lo ha sempre considerato molto poco visto anche la sua riluttanza a stare sotto i riflettori: Tim Duncan.
Recordman di punti in una sola partita non poteva che essere Wilt Chamberlain, the Big Dipper , che nel 1962 segnò 42 punti; un grande risultato che è stato sfiorato da un altro grandissimo attaccante come il play di Oklahoma Russel Westbrook che con questa prestazione è anche l’Mvp in carica.
Parliamo di Mvp e come primatista di vittorie abbiamo un nome che ritroveremo anche più avanti nel nostro articolo; lui è il 4 volte vincitore del titolo di miglior giocatore nella partita delle stelle ma anche il primatista di punti totalizzati con 280 punti in 14 partite. Lui è l’uomo più votato di questa edizione lui è l’uomo simbolo di questa stagione Nba, lui è Kobe Bryant e chi se no.
Dietro alla stella dei Lakers c’è un gruppetto niente male che ha conquistato 3 Mvp a testa e dove troviamo Oscar Robertson, Shaquille O’Neal e sua maestà aerea Micheal Jordan.
Maggior numero di punti? Sempre Kobe con 280 ma Lebron è a solamente due punti e da lui e nel futuro ci sarà sicuramente il sorpasso.
Ultima statistiche che andiamo ad analizzare è invece quella degli assist dove a farla da padrone, per adesso, è un’altra leggenda Lakers Magic Johnson con 127 assist totali anche se Chris Paul, primatista nella media assist per partita, ha buone possibilità di raggiungerlo essendo già a 90.
Dopo aver fatto un excursus nella storia dell’All Star Game andiamo ad analizzare il programma di quest’anno e i roster delle due formazioni.
Si parte venerdì quando oltre alla oramai consueta partita delle celebrità la quale vedrà affrontarsi ex campioni del calibro di Tracy Macgrady, Rick Fox e Chauncey Billups ma anche l’attuale mvp Wnba Elena delle Donne.
Dopo le ex stelle entreranno in campo le stelle del futuro, rookie e sophomore divisi in team Usa e Resto del Mondo. Il Resto del mondo schiera la coppia Porginzis e Wiggins mentre il team Usa risponde con alcuni talentini niente male come Parker, Lavine e Karl-Anthony Towns.
Sabato dopo l’All Star Game della lega di sviluppo D-League è tempo della tripletta Skills Challenge, gara del tiro da tre punti e ovviamente gara delle schiacciate. Per la prima gara difficile fare pronostici essendo in gara un mix di bigmen come Cousin e Anthony Davis insieme a due fulmini come Thomas e Beverley (campione in carica della manifestazione). Gara delle schiacciate che vedrà favorito d’obbligo il giovane Zack Lavine che ha dimostrato da quando è entrato in Nba di avere capacità aeree e di coordinazione fuori dal comune. Ma tutti gli occhi saranno puntati sulla gara del tiro da 3 punti dove si affronteranno i migliori tiratori della lega, i nomi fanno veramente paura: Klay Thompson, il barba James Harden, padrone di casa Kyle Lowry, Chris Bosh e ovviamente Steph Curry.
Un parterre di grandi campioni molti dei quali si affronteranno nel grande match a chiusura della serata, Est contro Ovest: Durant contro Lebron, Curry contro Anthony insomma il meglio del meglio per gli occhi di tutti gli appassionati del mondo Nba. In una grande festa di sport dove l’ospite d’onore sarà sicuramente la stella dei Lakers Kobe Bryant che saluterà il pubblico di Toronto nella sua ultima uscita da All Star, l’ennesimo grande tributo che il suo mondo gli sta regalando in questa stagione storica. Avendo imparato a conoscere l’uomo Kobe oltre che il giocatore questa non sarà certo come l’ultimo All Star Game di Jordan dove il più grande di sempre camminò per il campo concentrandosi solamente per il tiro del sorpasso prima che la festa venisse rovinata negli ultimi secondi della partita. Kobe giocherà per vincere un altro Mvp, lui che è l’uomo più competitivo della Lega, lui che ha litigato con tutti quelli (compagni o avversari) non la pensassero come lui, lui che giocherà la sua ultima grande partita e siamo sicuri che lo farà al massimo delle sue forze. Per la cronaca l’ultimo All Star Game di Jordan fu deciso da due tiri liberi del numero 8 dei Lakers, non c’è bisogno che vi dica il nome vero?
Kobe Bryant si ritira a fine anno. E’ ufficiale.
Bastano quelle poche parole sopra per far venire la tristezza a molti, sia fan che haters, sia estimatori che detrattori di quello che senza ombra di dubbio è stato il miglior giocatore di basket del primo decennio degli anni 2000, nonchè uno dei migliori giocatori della storia della NBA.
The Black Mamba il suo ritiro lo annuncia nello stile che da qualche anno accompagna ogni decisione della NBA, con una lettera dal titolo “Dear Basketball” su The Player Tribune, in uno stile simile a quella di LeBron James quando decise di tornare a giocare con i Cleveland Cavaliers, ma probabilmente più toccante. Nel dire tra le altre cose “Questa stagione è tutto quello che mi resta. Il mio cuore può sopportare la battaglia la mia mente può gestire la fatica ma il mio corpo sa che è ora di dire addio“, il trentasettenne giocatore dei Los Angeles Lakers decide così di dire a tutti che ormai fisicamente è al limite, che non può reggere più i ritmi che richiede il basket professionistico della NBA.
Kobe Bryant, un campione nei numeri
Se ne andrà dopo due stagioni in cui gli infortuni si sono fatti sentire ed hanno avuto la meglio, con solo 41 partite giocate (quando nella NBA in una sola stagione sono ben 82), ma andrà via anche lasciando tanto ai posteri. Porterà con se, dopo 20 stagioni con i Los Angeles Lakers, 5 anelli di campione NBA, in cui 2 volte è stato eletto anche MVP delle Finals, 2 titoli di miglior realizzatore della lega, caratteristica quella dei punti fatti che lo posiziona anche al terzo posto di tutti i tempi, dietro altre due leggende come Kareem Abdul Jabbar e Karl Malone, dove finirà con probabilmente oltre 33.000 punti realizzati. Porterà con se anche un titolo di MVP della Regular Season, periodo in cui per 11 volte è stato inserito nel quintetto dei miglior giocatori e 9 volte nel quintetto dei miglior difensori del campionato. Porterà con se, infine, oltre a 2 Ori Olimpici, ben 17 convocazioni all’All Star Game (senza escludere una possibile diciottesima, se non altro come tributo), manifestazione in cui per 4 volte ha vinto anche il titolo di MVP, una delle quali a pari merito con l’amico-nemico Shaquille O’Neal, ed una volta lo Slam Dun Contest.
I Record Individuali
Kobe Bryant lascerà la pallacanestro con molti record imbattuti, innanzitutto dettati dalla giovane età in cui ha iniziato a giocare nel basket professionistico. E’ stato il più giovane giocatore dell’All Star Game, ad essere stato scelto nel NBA All-Defensive Team, ad avere vinto lo Slam Dunk Contest e a realizzare punti per stacco di 1.000 da 26.000 a 32.000.
Suoi molti record all’All Star Game, nei quali è il miglior realizzatore sia come punti totali (280) che come canestri totali realizzati (115), è colui che ha recuperato più palloni (37) insieme nientemeno che a Michael Jordan, più tiri da 3 punti segnati totali (17,), ed infine è colui che ha preso il maggior numero di rimbalzi offensivi (10).
Quando Kobe Bryant smetterà di calcare i parquet avrà, Stephen Curry permettendo, il record di maggior tiri da 3 segnati in una partita (12) e sarà il solo oltre Wilt Chamberlain ad aver segnato 50 o più punti in 4 gare consecutive, oltre ad essere l’unico cestita nella storia NBA sia a segnare almeno 600 punti nella postseason per tre anni consecutivi, sia ad aver segnato oltre 30.000 punti e distribuito oltre 6.000 assist in carriera.
Insomma già a questo punto le statistiche Kobe Bryant su NBA.com basterebbero a dire quasi tutto sulla stella dell’NBA, ma tante altre possono mostrare il suo valore in termini di numeri, come gli 81 punti realizzati in una partita, seconda prestazione di tutti i tempi, o come tutti gli altri record di franchigia da lui detenuti, quali il maggior numero di punti realizzati in carriera, nei playoff ed in una singola stagione. Ma soffermarsi solo sui numeri di Kobe sarebbe troppo riduttivo, è stato tanto altro.
Kobe Bryant si ritira: Un campione oltre i numeri
Il vero valore di Bryant si è visto in molte cose, nella sua etica lavorativa ad esempio, sempre pronto a migliorarsi e a lavorare sodo, definito dal Commissioner NBA Adam Silver come “Uno dei più grandi giocatori della storia del gioco“, e sempre secondo le sue parole “Che stesse giocando le Finals o provando un tiro dopo mezzanotte in una palestra vuota, Kobe ha un amore incondizionato per questo sport“.
Che Kobe fosse un predestinato probabilmente era scritto, figlio d’arte, di quel Joe Bryant che molti ricorderanno in Italia nelle file della Pallacanestro Reggiana, o chi come me ricorderà la sua presenza ed i suoi 69 punti quando militava in serie A2 nella Viola Reggio Calabria, ma che già nella NBA giocò degnamente, muove i suoi primi passi nel basket nella nostra penisola, prima di tornare negli USA. Negli States fin dalle High School dice la sua, vincendo il titolo statale quando militava nella Lower Merion High School, team dove tra l’altro batte il record di punti nel quadriennio liceale per la zona di Philadelphia detenuto dal non per niente sconosciuto Wilt Chamberlain.
Salta totalmente il college e sentendosi pronto per il mondo dei professionisti, a 18 anni nel 1996, si dichiara eleggibile per il Draft NBA, uno di quelli con più talenti nella storia, al pari di quelo del 1984 (l’anno di Michael Jordan) e del 2003 (l’anno di LeBron James), venendo scelto dagli Charlotte Hornets come tredicesima scelta assoluta al primo giro, ma Kobe ha le idee ben chiare, vuole giocare con i Lakers, motivo per cui viene chiamato non tra i primi dieci da altri team (su tutti i New Jersey Nets), e viene subito ceduto dagli Hornets in cambio di Vlade Divac, nella stagione in cui arriva alla corte dei lagunari anche Shaquille O’Neal. Già trovarsi in mezzo a talenti del calibro di Allen Iverson, Steve Nash, Ray Allen, e Predrag Stojakovic è di per se una vittoria.
L’anno da rookie è abbastanza tranquillo, gioca come riserva di Eddie Jones e di Nick Van Exel, in compenso si aggiudica lo Slam Dunk Contest dell’All-Star Game, riuscendo a mettersi in luce per le doti atletiche, anche se sul piano caratteriale mostra tutta l’immaturità quando nei playoff, in gara 5 contro gli Utah Jazz sbaglia con tiri corti per ben tre volte i possessivi decisivi, condannando così alla sconfitta i Lakers. Il successivo anno le cose migliorano tantissimo, riceve grazie ai voti dei tifosi la sua prima convocazione nel quintetto base all’All Star Game, inoltre compete per il titolo di sesto uomo dell’anno, arrivando secondo dietro il veterano Danny Manning. Mentre nel suo terzo anno diventerà finalmente titolare dei Los Angeles Lakers, conquistando un posto che non lascerà fino a fine carriera.
Il primo salto di qualità lo fa con l’arrivo di Phil Jackson alla guida dei Lakers, con il plurivincitore di titoli NBA (ben 6 con i Lakers di Michale Jordan, due three peat) ed il suo triangolo i Lakers di Shaq e del Black Mamba vincono tre titoli consecutivi dal 2000 al 2002. Kobe dimostra di essere ormai maturo, completo ed oltremodo forte, ma la scena è di Shaquille che è il dominatore assoluto della lega. Negli anni successivi il rapporto tra Shaquille O’Neal e Kobe Bryant si logora sempre di più, fino ad arrivare ad una completa rottura, con la cessione del centro ai Miami Heat inoltre anche Phil Jackson abbandona la squadra, così per qualche anno tutto è nelle mani di Kobe, almeno fino al ritorno di Phil come Head Coach dei lagunari.
Prima di tornare alla vittoria Kobe ha dovuto ripulire la sua immagine, ha dovuto superare una accusa di presunto stupro, l’accusa di violenza sessuale gli fece perdere diversi contratti, fra tutti quello con la Adidas, in favore poi della Nike (chi ci ha guadagnato poi è da vedere no?). Il nostro eroe ha vissuto anni bui, sia nella vita privata che sul campo, fino al punto in cui il suo numero 8 divenne l’attuale 24, e li fu la rinascita.
Bryant ormai leader incontastrato dei Lakers si permette di fare la voce grossa con la dirigenza, chiede garanzie, ottenendo come compagno Pau Gasol nel 2006, seppur dovrà attendere ancora tre anni per vedere nuovamente il titolo e l’anello NBA. Nel 2008 vince il titolo di MVP, il miglior giocatore della lega, ma il suo sogno si infrange alle finali con i Boston Celtics, in quella rivalità che non si vedeva dai tempi di Magic Johnson e Larry Bird, è il successivo anno che invece incoronerà ancora una volta il Black Mamba, questa volta anche con il primo dei due titoli consecutivi di MVP delle Finals, oltre che dei due titoli consecutivi della sua nuova era.
I Los Angeles Lakers dopo di allora non avranno più possibilità di vincere alcun titolo, anche perchè escono fuori i sempre forti San Antonio Spurs, i Dallas Mavericks e soprattutto i Miami Heat di James, Wade e Bosh, ma in ogni caso Bryant non smetterà di essere tra i migliori giocatori della lega, mostrando sempre il meglio di se, tirando fuori ottime prestazioni e dimostrando di essere un campione al di la delle vittorie e della squadra.
Gli ultimi anni a causa degli infortuni, dell’età e della fisicità richiesta in NBA sono stati una fase calante per lui, e negli ultimi giorni si vedono prestazioni anche penose, prove che sarebbe meglio non vedere, ma tutto, e ancor di più dopo la lettera di ieri, diviene ora un tributo a Kobe Bryant, l’ultima occasione per vederlo e l’anno in cui The Black Mamba appese le scarpe al chiodo.
Lui chiude con un “Ti amerò per sempre, Kobe“, noi chiudiamo con un grazie di tutto Kobe, grazie per averci fatto gioire, incazzare, sognare, amare, odiare, ma soprattutto grazie per aver reso questo sport ancora più grande.
Mercato letteralmente impazzito nella massima lega mondiale di basket professionistico e protagonisti sono anche gli italiani con Andrea Bargnani e Marco Belinelli in cerca di sistemazione per la prossima stagione. Il giocatore romano dei Toronto Raptors è vicinissimo ad un clamoroso approdo a New York sponda Knicks con Carmelo Anthony che ha pubblicamente espresso il desiderio di aver a fianco per la prossima stagione un giocatore con le caratteristihe precise di Bargnani. Per Marco Belinelli è invece una questione di scelta su dove il 27enne di S.Giovanni in Persiceto vuole trascorrere i prossimi due o tre anni in America, tramontata la pista Bulls con quest’ultimi decisi a non garantire all’azzurro un contratto triennale nonostante la splendida ultima stagione ed un ruolo di protagonista agli ultimi Playoffs, si apre la possibilità di un approdo di Marco alla corte di Jason Kidd nei fortissimi Nets.
Sicuramente sarebbe una grande notizia per i tanti tifosi italiani se queste trattive dovessero tramutarsi in realtà con finalmente tre giocatori azzurri, non dimentichiamoci Danilo Gallinari infortunatosi al ginocchio, capaci di ritagliarsi un ruolo di assoluti protagonisti sia in Regular Season che soprattutto ai Playoffs.
Intanto tutto il mercato Nba è incentrato sulla scelta di Dwight Howard per la prossima stagione con “Superman” che ha ricevuto le delegazioni di tantissime squadre compresi anche i Lakers di mister Kobe Bryant e Steve Nash. Howard non sembra però convinto di trascorrere un altra stagione sotto il sole californiano e le piste caldissime per il prossimo anno sono essenzialmente due: tornare nella sua Atlanta per un ruolo di assoluto re della franchigia oppure giocarsi le possibilità di titolo ai Rockets con il “barba” James Harden al suo fianco. Per quanto riguarda le trattative concluse registriamo l’arrivo ai Clippers di un tiratore affidabile e formidabile come JJ Redick insieme a Jared Dudley. Phoenix riceve Caron Butler ed Eric Bledsoe mentre a Milwaukee finiscono due future seconde scelte. Redick ha firmato un quadriennale da 27 milioni di dollari con la franchigia californiana.
Nba Playoff – Dopo la morte di Jerry Bass Kobe Bryant aveva promesso ai suoi tifosi che la post season sarebbe stata raggiunta e la promessa, anche senza il “Mamba”, viene mantenuta con i Los Angeles Lakers a conquistare addirittura il settimo posto a Ovest grazie alla vittoria spareggio contro Houston. Evitato quindi lo spauracchio rappresentato da Kevin Durant e compagni per i giallo viola che al primo turno avranno davanti i San Antonio Spurs, un avversario sicuramente insidioso ma crediamo assolutamente alla portata di Los Angeles anche senza Kobe Bryant, fuori per tutta la stagione e forse anche per l’anno prossimo a causa della rottura del tendine d’Achille rimediata la scorsa settimana. A Est era tutto già scritto con la sfida più interessante rappresentata dalla scontro fra i New York Knicks di Carmelo Anthony e gli immortali Boston Celtics di Paul Pierce e Kevin Garnett.
Ultima giornata di Regular Season al cardiopalma quindi per la compagine giallo viola che allo Staples center ha superato dopo un supplementare gli Houston Rockets del “Barba” James Harden. Senza Steve Nash sono Gasol e Howard a trascinare Los Angeles alla vittoria con un contributo preziosissimo, anche in ottica Playoff, di James Blake autore di 24 punti. L’ultima giornata ha visto anche il record di triple segnate in un stagione grazie alla guardia dei Warriors Stephen Curry che con 272 bombe supera il precedente record di Ray Allen di 269.
Il pronostico dovrebbe dire una ripetizione della finale dello scorso anno fra Miami e i Thunder e la rivincita di Durant nei confronti del suo amico Lebron James ma occhio a questo punto ai Lakers che, se dovessero superare l’ostacolo San Antonio, diventerebbe una mina vagante decisamente scomoda da affrontare mentre a Est la possibile sorpresa per una finale può essere regalata da Carmelo Anthony e la sua New York.
Ecco tutti gli accoppiamenti della postseason. Eastern Conference: Miami-Milwaukee, New York-Boston, Indiana-Atlanta, Brooklyn-Chicago. Western Conference: Oklahoma City-Houston, San Antonio-Lakers, Denver-Golden State, Clippers-Memphis. Serie al meglio delle 7 partite, prima sfida New York-Boston sabato alle 21 ora italiana.
Brutta tegola per i Los Angeles Lakers che nonostante la vittoria contro i Golden State Warriors hanno ben poco da festeggiare visto che a 3 minuti dal termine della partita Kobe Bryant ha riportato un brutto infortunio che potrebbe tenerlo lontano dai campi per un bel po’. Per lui il sospetto è di rottura del tendine d’achille e qualora la diagnosi venisse confermata Bryant sarà costretto a stare fermo per almeno 8-12 mesi. Bryant è caduto durante un’azione offensiva mentre cercava di superare in palleggio Harrison Barnes, rialzatosi il campione ha subito sospettato si trattasse del tallone d’Achille nonostante ciò dopo aver ricevuto le prime cure dalla panchina è rientrato ha effettuato i due tiri liberi per poi chiedere di uscire definitivamente. Così la stella dei Lakers racconta il suo dramma:
“Ho fatto un movimento che ho ripetuto un milione di volte ma il mio tendine d’Achille ha fatto crac. Ho capito subito fosse il tendine ma speravo che i dottori mi dicessero altro. Non posso neanche camminare, forse starò fuori per un anno“.
Non vuole sentire parlare di fine carriera anzi, solo dopo aver sostenuto nel tardo pomeriggio (ora italiana) una risonanza magnetica che rivelerà la gravità dell’infortunio, il 34enne simbolo dell’NBA inizierà il percorso di recupero:
“Cosa mi aspetta adesso? Risonanza magnetica, operazione e poi convalescenza. Sarà un processo lungo, ma lavorerò duro. E’ la sfida più difficile della mia carriera ma mi sta già caricando anche grazie alla forza che mi da la mia famiglia. Nello spogliatoio ero davvero stanco e scoraggiato. Poi sono entrati i miei figli e mi sono detto “Devo dare un esempio”. Papà starà bene, posso farcela“.
Numerosi sono anche i messaggi giunti via Twitter dagli amici, colleghi e sportivi di tutto il mondo che augurano una pronta guarigione al Campione. Dopo il brutto infortunio dei scorsi giorni a Danilo Gallinari l’NBA perde ancora un altro campione.
Quattro le partite Nba giocate nella notte italiana. L’unico italiano a scendere in campo è stato Andrea Bargnani, che ha perso in casa contro Washington (84-90). Prestazione discreta per il nostro Andrea, il quale mette a referto 8 punti (4/11) in ventuno minuti a disposizione. Ai Raptors è mancato in maniera terribile Rudy Gay (1/11 dal campo), assente ingiustificato stasera, lasciando ogni responsabilità a DeRozan, che da solo segna 25 punti, non sufficienti però per evitare la sconfitta. Si segnalano poi altre due vittorie esterne, quella di Boston a Utah, dove serve un tempo supplementare ai nonni vestiti di verde per avere ragione dei Jazz, con un Paul Pierce sempre in forma smagliante (26 punti, 7 rimbalzi, 8 assist), e quella di Atlanta (103-114 contro Detroit), dove per la verità i dubbi su un successo degli Hawks erano francamente pochi, considerato il livello alquanto scarso dei Pistons in questa stagione. Vi state chiedendo quale sia l’unica squadra che ha fatto valere il fattore campo?
Denver frena i Lakers, Chandler sostituisce al meglio Gallinari
Ovviamente è Denver. I Nuggets confermano il proprio strapotere al Pepsi Center, dove in stagione hanno perso a memoria soltanto tre incontri, e anche stavolta, nonostante l’avversario sia di primo pelo, esercitano la legge non scritta di quest’anno: ad Alcatraz amici, non si passa. Nel quintetto di George Karl manca lui, Danilo Gallinari, fuori per infortunio, ma a sostituirlo degnamente ci pensa Wilson Chandler, che chiude la serata a quota 23 punti, top scorer dei suoi compagni di squadra (10/18 dal campo).
I Lakers nonostante il ko possono comunque tirare un sospiro di sollievo perché appunto i Jazz hanno perso la loro partita contro Boston, lasciando quindi invariate le caselle della corsa play-off. Male che vada i californiani torneranno ad una distanza di 3 vittorie e mezzo da Houston, distacco comunque accettabile e sopratutto recuperabile da Bryant e compagni in questo finale di stagione. Black Mamba, dopo aver segnato 78 punti negli ultimi tre giorni, si ferma a 29 punti, 9 assist e 6 rimbalzi, consapevole forse di potersi meritare un pizzico di riposo dopo due serate da sogno come quelle appena trascorse.
Nove le partite Nba giocate nella notte italiana. Anche a DallasKobe Bryant si dimostra insaziabile e con i suoi 38 punti (ma anche 12 rimbalzi e 7 assist) trascina i Lakers ad un successo fondamentale contro i Mavs (99-103), avvicinando l’ottavo posto occupato da Houston, distante ora soltanto 2 vittorie e mezzo. Sempre a Ovest si registrano le vittorie di Portland, che a sorpresa batte Boston (92-86), grazie ad un ottimo Wesley Matthews (24) ed un quintetto titolare che produce 81 dei 92 punti totali. Torna a vincere San Antonio che dopo la caduta alla Oracle Arena si sbarazza dei Suns (87-97) cavalcando la buona serata di Kawhi Leonard (16). Non bastano ai T-Wolves i 23 punti di Derrick Williams per aver la meglio sui Warriors (99-100), che si affidano alle stelle di David Lee (22) e Stephen Curry (18), quest’ultimo autore del decisivo canestro a 68″ dalla sirena.
Trasferendoci sulla costa orientale degli Stati Uniti registriamo la vittoria di Miami su Cleveland (109-105), con il solito LeBron (28) a farla da padrone, il ritorno al successo di New York, che al Madison supera i Sixers (99-93) grazie ai 22 punti dalla panchina di Stoudemire, come sempre impeccabile al tiro (9/10). Infine Brooklyn perde davanti ai propri tifosi facendosi sorprendere dai Grizzlies (72-76), che ormai certificano di non sentire più l’assenza di Rudy Gay.
Belinelli e Chicago affondati da Oklahoma City
Unico italiano ad essere in campo questa sera, Marco Belinelli è spettatore pagante della disfatta di Chicago contro OKC (102-72), guidata da un ottimo Westbrook (23), senza dimenticare Kevin Durant (19), che stavolta però qualcosa paga in fase realizzativa (6/19). Serata da dimenticare in fretta per i Bulls, protagonisti di un umiliante 25-86 al tiro (sotto il 30%), con Nate Robinson che trova il canestro su azione soltanto due volte su 14 tentativi (1/8 da tre). In tutto questo l’unico a “salvarsi” è proprio il nostro Belinelli, che chiude la serata con 9 punti (4/8 dal campo), facendo meglio di Noah (8) e Boozer (2).
Sette le partite Nba giocate nella notte. Non sono scesi in campo, ma i Lakers possono comunque tirare un sospiro di sollievo per le sconfitte di Utah e Houston, rispettivamente contro Clippers e Washington, ko che riaccendono la sfida play-off nella Western Conference, con i giallo-viola capitanati da Bryant (40 punti di Black Mamba nell’ultima partita contro Portland) distanti 3 vittorie e mezzo dai Rockets, a cui non sono bastati i 27 punti di James Harden per espugnare il Verizon Center. Nella Eastern Conference registriamo l’ennesimo successo di Miami, che in trasferta strapazza Philadelphia con un sonoro 114-90. LeBron James protagonista insieme a Wade (33) con una tripla doppia (16 punti, 10 rimbalzi, 11 assist). Trasferte positive anche per Indiana (90-72 a Detroit), e Atlanta, che vince in volata contro i Bucks grazie al canestro decisivo di Al Horford a cinque secondi dal termine. Malissimo infine Orlando, che cade davanti al proprio pubblico contro i Cavaliers. Sugli scudi Speights con i suoi 18 punti e 8 rimbalzi.
Gallinari e Denver tornano alla vittoria
Individualmente parlando non è stata una grande giornata per Gallinari, che rimane sul parquet di Charlotte soltanto 15 minuti, giusto il tempo di segnare due triple, oltre a mettere a referto anche due assist e altrettante stoppate, ma il nostro Gallo ha di che sorridere visto che Denver è tornata a vincere in trasferta dopo quattro ko consecutivi lontano dal Pepsi Center. La palma di migliore in campo va ad Iguodala (5/7 dal campo), che realizza tredici punti e 10 assist. Da segnalare anche i 17 punti di JaVale McGee dalla panchina (8/10 dal campo).