Lutto nel Mondo del ciclismo italiano ed internazionale, a quasi 92 anni ci lascia l’ultimo grande eroe del ciclismo del dopo guerra, Fiorenzo Magni conosciuto da tutti come il Leone delle Fiandre.
Un grandissimo interprete del ciclismo antico fatto di sudore, fatica e soprattutto dolore in un periodo tragico dove le gesta del grande Fiorenzo facevano dimenticare per un po’ le sofferenze della grande guerra.
Superbo passista ed eccezionale discesista, queste le doti che portarono Fiorenzo Magni alla vittoria di ben tre giri delle Fiandre consecutivi dal 1949 al 1951 e che ne valsero il celebre soprannome di “Leone delle Fiandre”. Non solo la grande classica del Nord per il nobile Fiorenzo che vinse anche tre Giri d’Italia, il primo nel 1949 il secondo nel 1951 e l’ultimo nel 1955 conquistando l’ultimo maglia rosa all’età di 35 anni.
Due le immagini storiche che Magni ha lasciato per sempre nella memoria collettiva: la grande delusione del Tour del 1950 dove, quando era in maglia gialla, dovette abbandonare la Grande Boucle insieme a tutta la sua squadra a causa dell’aggressione subita dal sua compagno di squadra e grande amico Gino Bartali sul Col d’Aspin da parte di alcuni tifosi francesi e poi l’eroica impresa al Giro d’Italia del 1956 dove cadde e si fratturò una clavicola. Ma il grande Fiorenzo si rialzò, non si ritirò continuò il suo Giro e nella cronoscalata sul San Luca, a Bologna, mordendo un tubolare attaccato al manubrio per stringere i denti andò avanti rappresentando a tutti come la forza di volontà sia più forte del dolore.
Un esempio questo che ci deve sempre ricordare come il ciclismo sia fatto di sudore e sofferenza due elementi che rispecchiano l’immagine di un grande uomo e che deve essere d’esempio per i tanti giovani che si avvicinano a questo sport e che devono assolutamente dimenticare un “sogno” americano capace di vincere sette Tour consecutivi e caduto, in queste ultime settimane, miseramente in rovina
Sicuramente uno dei vincitori meno pronosticabili della storia del Giro d’Italia, il canadese della Garmin – Barracuda Ryder Hesjedal vince il Giro con lo spagnolo Joaquin Rodriguez al secondo posto ed il belga Thomas De Gendt a completare il podio a Milano, senza corridori italiani.
Comunque una vittoria meritatissima del canadese che si è dimostrato il più forte di tutti in una edizione della corsa rosa molto povera dal punto di vista spettacolare. La delusione maggiore arriva ovviamente da Ivan Basso, crollato nel momento più importante del Giro mentre la sorpresa, oltre ad Hesjedal, è rappresentata da Joaquin Rodriguez che ha sfiorato la vittoria finale.
Appunto lo spagnolo “Purito” Rodriguez si è presentato a Milano in maglia rosa, ma il suo vantaggio di 31” su Hesjedal era troppo esiguo per poter sperare in una vittoria considerate le doti non proprio eccelse dello scalatore del team Katusha nella corsa contro il tempo. Già dopo 11 km dei 30 previsti, Hesjedal effettua il sorpasso su “Purito” dimostrandosi completo anche a cronometro, il belga De Gendt dopo aver sfiorato anche la maglia rosa sullo Stelvio riesce a conquistare il podio a scapito del primo dei corridori italiani, Michele Scarponi che ha potuto fare ben poco a Milano per difendere un podio perso in montagna.
Le dichiarazioni di Hesjedal: “E’ un’esperienza incredibile, una gioia troppo grande da poter esprimere, per me e per la squadra. Man mano che passavano i giorni ci abbiamo creduto sempre più, io mi sentivo sempre meglio e sono contento di aver centrato un risultato che all’inizio del Giro d’Italia sembrava impossibile. Ma devo ammettere che ho iniziato a credere nella maglia rosa solo negli ultimi 5km di Milano. Le lacrime sul podio? E’ davvero il realizzarsi di un sogno. Ringrazio tutti, i tifosi e la squadra che mi hanno sempre sostenuto“.
La cronometro viene vinta dall’italiano del team BMC Marco Pinotti che bissa il successo del 2008 nella crono conclusiva del Giro, secondo si piazza Geraint Thomas del team Sky mentre chiude il podio Jesse Sergent del team Radioschak – Nissan. Le vittorie delle altre maglie sono andate allo spagnolo Rodriguez (la maglia rossa della classifica a punti), maglia conquistata per un solo punto su uno stoico Mark Cavendish (vincitore di tre tappe) che inaspettatamente è riuscito a concludere la corsa rosa mentre quella azzurra del miglior scalatore, è andata meritatamente a Matteo Rabottini giovane corridore della Farnese Vini e vincitore anche di una splendida tappa con arrivo ai “Piani dei Re Sinelli”.
Aprica, Mortirolo, Stelvio. Le 3 montagne che (non) hanno deciso il Giro.
Quest’anno, diciamolo subito, non c’è stato un padrone della corsa, e ci ritroviamo a poche ore dal finale a non sapere ancora chi vincerà. C’è uno in maglia rosa, Rodriguez, che però a crono va lento come il decorso della varicella. C’è uno che è considerato maglia rosa virtuale, Hesjedal, che è forte a crono e che non si è fatto mai staccare sulle montagne, ma anzi ha guadagnato. E poi c’è un altro, belga, che ha vinto ieri e che non si aspettava nessuno. E che a crono è il migliore di tutti questi, e che può combinare danni e recuperare quei due minuti e diciotto secondi e far saltare il banco. Ma andiamo con ordine, e vediamo chi ha preso legnate ieri, tecnicamente parlando, e chi le ha date.
Dopo l’Aprica, troppo lontana dalla fine per attaccare, arriva il Mortirolo. Viene affrontato da un lato inedito rispetto al solito, ancora più duro. Pendenza che arriva anche al 22%, come dicevo ieri, solo che mi ero dimenticato una cosa: la parte finale è in cemento.
Non asfalto. Cemento. Come la salita per uscire dal garage sotterraneo, ecco, fate conto di aver parcheggiato in un garage posto 2 chilometri sottoterra. A un certo punto salivano a 7 chilometri orari, e questa è gente che l’altro giorno ha fatto una tappa a 50 chilometri di media, l’avessi fatta io sarei andato indietro nel tempo per quanto sarei salito piano a una velocità media di -15 chilometri orari.
Rodriguez ci ha provato, ma il canadese non si è fatto mai staccare. Davanti c’era una fuga tattica possiamo dire, perché tutti gli uomini di classifica avevano qualche compagno di squadra pronto ad aiutarlo, alla bisogna.
Comunque, sul Mortirolo non succedono sconvolgimenti. I migliori restano sempre assieme, si ritirano però diverse frizioni delle ammiraglie. Prova tu a tenere una macchina a 7 chilometri orari di media! Nell’aria si diffondeva il tipico odore delle frizioni bruciate, una specie di barbecue di motori.
Discesa tecnica, e poi parte lo Stelvio, 22 chilometri di salita per arrivare sulle nevi perenni. In fuga se ne vanno Cunego e De Gendt, il belga di cui parlavo prima, e nel gruppo della maglia rosa c’è un po’ di confusione. Hesjedal cerca collaborazione per andare a riprenderli, visto che i fuggitivi non sono messi così male in classifica generale, ma nessuno lo aiuta. Chi dice che ha un impegno, chi invece risponde che la sera ha ospiti a cena e tra un po’ deve scappare a preparare, chi risponde che non si vuole stancare troppo, chi fa platealmente il gesto dell’ombrello rispondendo “Hai voluto la bicicletta? E mo’ pedala!”, dando validità letterale a questo proverbio che abbiamo sempre usato in maniera figurata.
Hesjedal si mette davanti (fortunatamente ha un compagno di squadra residuo della fuga di prima) e limita il distacco.
Agli 800 metri scatta Rodriguez, Scarponi gli va dietro, Hesjedal pedala e perde solo 10 secondi, Ivan Basso affonda. Ivan, io sono un tuo tifoso, ma a questo Giro ti è proprio buttata male, ammettiamolo. E mi spiace, perché ho sempre tifato per te anche nei momenti più duri, e non ultimo perché avevo scommesso sulla tua vittoria finale. Vabbé, l’importante è che tu stia bene, come si suol dire. Però magari la prossima volta questi €10 me li risparmio, eh?
Quindi ci ritroviamo in questa situazione: una maglia rosa che difficilmente terrà la maglia rosa, un canadese che è il grande favorito e che dovrebbe riuscire a vincere agilmente ma non si sa mai, un belga che nessuno si aspettava e che è stato zitto per tutto il tempo ma che a crono va che è una bellezza, Scarponi e Basso che, purtroppo, non tengono alto il nome dell’Italia, anche se ci hanno provato sempre.
Oggi si chiude, e finalmente dopo aver seguito 20 tappe soltanto in televisione vado a vedere il Giro dal vivo. Due ore a veder passare ciclisti, per gli altri una noia mortale, per me un divertimento infinito. Ma che ci vuoi fare, noi appassionati di ciclismo non riusciremo mai a spiegare ce gusto c’è a star lì a veder passare omini vestiti fluorescenti che pedalano come dei dannati. Ah, ovviamente mi porto appresso mio figlio.
Io e mio figlio vi salutiamo, andiamo a metterci addosso alle transenne.
Il belga della VacansoleilThomas De Gendt vince la tappa regina dell’edizione 2012 del Giro d’Italia con un azione fantastica coronata con l’arrivo in solitario sulla Cima Coppi dello Stelvio.
Ottimo secondo posto per Damiano Cunego con lo spagnolo dell’Euskaltel – Euskadi Miguel Nieve a chiudere il podio. Crollo definitivo di Ivan Basso in crisi negli ultimi km della Cima Coppi.
Tappa d’altri tempi un totale di 217 km attraversando il Tonale (gran premio di 2a cat. 1883 m d’altezza), l’Aprica (1173m) e poi salendo sempre più in quota per scalare il Mortirolo (salita da 8.5 km al 10-12% di pendenza media con gli ultimi 2 km al 20%) e poi concludere sui 2757 m del passo dello Stelvio. La fuga di giornata parte sin da subito con protagonisti : Bono (Lampre), Serpa (Androni), Kreuziger (Astana), Frank (BMC), Rabottini (Farnese), Vande Velde (Garmin), Losada (Katusha), Caruso (Liquigas), Amador e Samoilau della Movistar, Clement e Slagter della Rabobank, Zaugg (Radioshack) e Carrara (Vacansolei). Di questi sul Mortirolo è lo svizzero Zaugg, vincitore del Giro di Lombardia 2011, a transitare per primo sulla vetta intitolata al grande Marco Pantani mentre nel gruppo dei big l’unico scatto degno do nota lo produce la maglia rosa Rodriguez con Hesjedal prontissimo sulle ruote dello spagnolo.
La tappa diventa molto interessante sulla discesa del Mortirolo, Thomas De Gendt e Damiano Cunego allungano lasciandosi dietro tutti i big insieme al duo Euskaltel rappresentato da Izaguirre e Nieve. Nel gruppetto dei big non ci sono gregari ed il vantaggio di Cunego e De Gendt dilata in un amen raggiungendo i 5’ ai meno 30 dall’arrivo. Il passo dello Stelvio, la Cima Coppi del Giro 2012 viene attaccato con il belga De Gendt, Mikel Nieve e Damiano Cunego al comando, dopo 5 km attacca De Gendt che inizia la sua impresa con Hesjedal che deve affidarsi all’ultimo gregario rimasto, l’americano Vandevelde. Il duello De Gendt – Vandevelde viene nettamente vinto dal belga che porta il suo vantaggio oltre i 5’ rientrando in classifica generale, ai meno 2 km Hesjedal produce l’ultimo sforzo staccando Ivan Basso e Domenico Pozzovivo ma non Scarponi che riesce a staccare sia Hesjedal che Rodriguez nell’ultimo km ma non è finita perché la maglia rosa riesce a recuperare le ultime energie in corpo, riprendendo Scarponi, staccando Hesjedaldi quasi 10” e recuperando un minuto e mezzo al vincitore belga.
Le dichiarazioni del vincitore De Gendt: “La salita del Mortirolo era molto pericolosa quindi volevo essere primo in discesa. Poi Carrara ha iniziato ad andare velocissimo, poi Nieve e il suo compagno hanno dato tutto e siamo arrivati a oltre tre minuti. Sia io sia Nieve volevamo la vittoria, poi sullo Stelvio ho sentito ottime sensazioni, anche grazie agli allenamenti che ho fatto in salita, e ci ho provato. Gli ultimi km sono stati difficilissimi, stavo morendo. Se posso vincere il Giro? Non credo di poter vincere con quel distacco. Forse sul podio…“
Purtroppo con il crollo di Ivan Basso e la poca attitudine di Michele Scarponi nelle cronometro, domani a Milano, la lotta per la vittoria finale sarà solo tra corridori stranieri con Heskedal favorito su Rodriguez con De Gendt ad insidiare il podio a Michele Scarponi.
E finalmente arrivò il tappone.
Doppia ascesa all’Alpe di Pampeago, che detta così non vuol dire niente, invece vuol dire tutto. La tappa va liscia fino a 4 chilometri dal’arrivo, con Roman Kreuziger, uscito fuori classifica a Cortina, che compie l’impresa con una fuga da lontano e vince in solitaria. Ma cos’è successo a 4 chilometri dall’arrivo?
È successo che, come prevedibile, si sono dati battaglia gli uomini di classifica. Ivan Basso aveva messo davanti la squadra a tirare, ha fatto un ritmo forte, e quando il suo ultimo gregario si è staccato… si è staccato pure lui. Ma come? Fai tutto ‘sto casino, agisci da padrone, ti giochi i gregari, e poi ti stacchi? Ma a che gioco stiamo giocando? Ivan, io ti voglio bene, ma qua non mi sembra una grande tattica. Dico io, fai faticare gli altri invece di sprecare energie e uomini.
Comunque, ultimi chilometri, rimangono i soliti noti: Basso, Scarponi, Rodriguez, Hesjedal, Uran e Pozzovivo.
Hesjedal è cattivo, veramente. Stava sempre appiccicato al primo e rispondeva a ogni attacco. Attacca Basso? C’è Hesjedal. Attacca Scarponi? Hesjedal sta accanto. Riattacca Basso? Hesjedal gli lancia contro le ragnatele come Spiderman e non si stacca di un millimetro. Poi, a un certo punto, dice: “Oh ragazzi, io vado, tante care cose”. Scarponi risponde: “Dove vai, aspeta che vengo pure io”. E gli altri rispondo: “Oh, ci vediamo all’autogrill, arriviamo tra un po’”.
Io non so se in Canada ci siano salite, montagne o altro, se lui si sia allenato sotto la neve come Rocky contro Ivan Drago oppure abbia sviluppato dei polpacci da competizione combattendo con le alci, sta di fatto che il canadese, a me, fa paura. È il favorito nella crono, il migliore in salita, dove lo devono battere, in una gara di rutti al bar?
Quindi, alla fine, avanti Hesjedal, dopo Scarponi (molto bravo, bisogna dire), quindi Rodriguez, Pozzovivo, Basso, Uran. Rodriguez è ancora maglia rosa, però vede avvicinarsi la Guardia Rossa Canadese. Oggi si decide (quasi) tutto.
C’è il Mortirolo, che è una linea dritta verso il cielo, con una pendenza che arriva anche al 22%. Sapete quant’è la pendenza al 22%? Praticamente vuol dire che se siete in bici, e smettete di pedalare, cadete all’indietro. Subito dopo c’è la salita sullo Stelvio e si arriva a 2.757 metri. Per dire, mentre voi siete lì che magari pensate di andare al mare, lassù c’è ancora la neve. Sarà anche più pedalabile come salita e molto meno ripida, però sono 22 chilometri. Cioè, 22 chilometri di salita, se andate su Google Maps avrete più o meno un’idea di quanti sono 22 chilometri, da fare in bici, in mezzo alla neve, dopo 20 giorni di gara.
Se quelli che non sono Hesjedal vogliono avere qualche speranza, devono attaccare oggi altrimenti domani possono anche prendersela comoda, il Giro è finito. Se vogliono possono passare da casa mia, solitamente la domenica preparo il ragù, un piatto di pasta non lo nego a nessuno.
Io e mio figlio vi salutiamo, andare a mettere il ragù per domani sul fuoco. Deve cuocere a fuoco lento!
Il ceco dell’Astana Roman Kreuziger vince la 19esima tappa con arriva sull’Alpe di Pampeago con un fantastico Ryder Hesjedal in seconda posizione e la maglia rosa Rodriguez a chiudere il podio di una tappa noiosissima sino ai 4 km finali.
Delude Ivan Basso che ha comandato con la sua squadra la corsa sino all’allungo di Scarponi che ha messo in crisi sia il capitano della Liquigas che anche un po’ la maglia rosa Joaquin Rodriguez che ha comunque recuperato bene nel finale.
La fuga di giornata nasce dopo appena 11 km con 17 uomini all’attacco: Malori (Lampre), Sella (Androni), Zeits (Astana), Santaromita (BMC), Pirazzi (Colnago), Cazaux (Euskaltel-Euskadi), Guardini (Farnese), Casar (FDJ), Ignatiev (Katusha), Hansen (Lotto), Ventoso (Movistar), Pauwels (Omega), Garate (Rabobank), Rohregger (RadioShack), Flecha (Sky), Benedetti (NetApp), Haedo (Saxo Bank). Il gruppo maglia rosa attacca il Manghen (2047 metri con un dislivello di 1521 metri. La pendenza media è del 7.4% con punte massime del 15) con la solita Liquigas davanti mentre davanti gli attaccanti riescono a superare la salita senza perdere praticamente nulla del vantaggio di oltre sette minuti. la selezione fra i fuggitivi arriva nella prima ascesa di Pampeago con Pirazzi e Casara fare il vuoto mentre nel gruppo continua la calma piatta.
Ai meno 26 dall’arrivo allungo di Dario Cataldo, uomo classifica dell’OmegaPharma – Quick Step seguito dopo pochi km da Roman Kreuziger, capitano dell’Astana, ma fuori classifica a causa della crisi patita nella tappa di Cervinia. La progressione di Kreuziger è efficace e ai meno 5 km si ritrova in testa alla corsa mentre nel gruppo maglia rosa a sorprendere tutti è Michele Scarponi che finalmente piazza tre scatti consecutivi mettendo in difficoltà Pozzovivo, La maglia rosa Rodriguez, Ivan Basso con il solo Ryder Hesjedal a tenere le ruote del capitano della Lampre. Kreuziger riesce faticosamente ma con una grande azione ad impreziosire con una vittoria di tappa prestigiosa la partecipazione al Giro altrimenti disastrosa, mentre a stupire tutti è ancora una volta Hesjedal che stacca anche Scarponi diventando il favorito numero uno per la vittoria finale.
Le Dichiarazioni di Kreuziger e Scarponi: “E’ la mia prima vittoria in un grande Giro, sono molto contento. Mi spiace molto per Cortina, perché sono venuto qui per fare classifica e non per vincere una tappa. E’ arrivata la gioia di un giorno e mi prendo questo. Senza Cortina? Non mi avrebbero lasciato andare…” – “Forse sono partito un po’ troppo presto. Io però volevo mettere in difficoltà i primi tre della classifica, ecco perché sono partito così in anticipo. Hesjedal sta andando davvero forte, mentre Rodriguez è un grande; si è gestito e mi ha ripreso alla fine. Domani è un’altra giornata, vedremo”
Infatti adesso fra la maglia rosa ed il canadese, nettamente più forte di tutti i suoi avversari a cronometro, c’e’ la tappa di domani con il Mortirolo e lo Stelvio dove nessuno potrà più aspettare a partirei nostri Basso e Scarponi.
Uno sprint sontuoso quello messo in scena da Andrea Guardini, corridore classe 1989 della Farnese – Vini che supera in maniera netta e regale il campione del Mondo Mark Cavendish.
Volata senza sbavature e assolutamente perfetta per il giovane sprinter italiano che dimostra di poter competere in un arrivo in volata con il migliore al Mondo e lanciando un chiaro segnale al C.T. Paolo Bettini in ottica Londra 2012.
Tappa molto tranquilla quella che portava i corridori da San Vito di Cadore a Vadelago, 149 km in discesa in cui il gruppo che non ha lasciato grandi emargini agli attaccanti di giornata. Infatti le fughe attuate durante la tappa non sono andate in porto anche a causa della necessità per le squadre dei velocisti superstiti, di sfruttare l’ultima volata in questa edizione del Giro. Dopo gli inutili tentativi di Clement, in compagnia di Mickaël Delage (FDJ),Martijn Keizer (Vacansoleil) e Olivier Kaisen (Lotto), riassorbiti a 9 chilometri dall’arrivo e di Lars Bak, ottimo passista e già vincitore a Sestri Levante, il gruppo si ritrova compatta ai meno 3 dall’arrivo.
Con i ritiri nelle tappe precedenti di Farrar, Feillu, Hushovd, Bennati, Goss, Belletti, Juan José Haedo, Démare, Renshaw e Bos, il campione del Mondo Mark Cavendish si trova circondato dagli sprinter italiani, tutti vogliosi di lasciare un segno indelebile in questo Giro. Con le squadre a organizzare la volata: ci sono Hayman, Flecha e Thomas per Cavendish insieme al padrone di casa, Oscar Gatto, della Farnese. Non è un caso, perché mentre all’ultimo chilometro Geraint Thomas tira la volata a Cannonball per un finale che sembra già scritto, ecco sbucare dal nulla Guardini, anticipare il campione del mondo e vincere meravigliosamente sul traguardo di Vedelago.
Le dichiarazioni di Guardini: “SONO CONTENTO, UNA GRANDE GIORNATA: Ai 250 metri al traguardo ho visto il cartello e sono partito. Ho anticipato la volata e ce l’ho fatta. Ho una gioia incredibile perche’ ho battuto il campione del mondo, magari in altre volate non sono stato bravo. Ma oggi la tappa sembrava scritta per me. L’affetto del veneto mi ha dato uno stimolo in piu’. Devo ringraziare Cavendish per i complimenti. Penso di avere dimostrato che Luca Scinto (direttore sportivo Farnese, ndr.) ha un grandissimo carisma e riesce a tirare il massimo dai suoi corridori. Dopo qualche sua parola che sembrava polemica si e’ capito che era un modo per tirare fuori il nostro carattere. E’ un grande direttore sportivo. Essere arrivato fino alla diciottesima tappa, e non credevo di farcela, per me era gia’ un successo. E il mio giro si stava gia’ trasformando in una piccola vittoria. Ora dopo questa vittoria devo fare fatica in questi due giorni per portare la mia bicicletta fino a Milano. Anche se so che sara’ dura. Il momento piu’ difficile in questo giro? Penso che in tutta la tappa di ieri dal chilometro 4 in poi ho avuto difficolta’. Ieri nel finale di tappa, nell’ultima salita, non ce la facevo piu’. Ma con tutta la gente che mi incitava e che mi diceva ‘dai vinci domani’ ho trovato la forza per arrivare sul traguardo di oggi. Una vittoria che ripaga me e tutti i miei tifosi“.
In classifica generale non cambia nulla in attesa dei fuochi d’artificio di venerdì e sabato con l’arrivo ad Alpe di Pampego per chiudere in bellezza con il Mortirolo e lo Stelvio, prima della crono finale a Milano.
Uno pensa che oggi se la prendano comoda, visto che li aspetta una 3 giorni da paura, e invece questi corrono come se dietro ci fosse un pericolo da cui scappare. La seconda tappa più veloce della storia del Giro, quasi 50 di media. Ragazzi, e riposatevi ogni tanto, cos’è, non avevate prenotato e pensavate di non trovare posto visto che siamo vicini al week end?
Comunque, vince Guardini. 11 vittorie l’anno scorso, però tutte in corse minori, tipo il Giro di Malesia, la Freccia Fallata e una volata vinta in maniera sospetta contro il cuginetto di 11 anni al Tour del Cortile di casa sua.
Cavendish non ci sta, allude a presunti tempi massimi evitati soltanto attaccandosi all’ammiraglia nella salita verso Cortina, poi ritratta, poi ritorna ad accusare, poi comincia a canticchiare, poi fa una giravolta e scompare in una nuvola di paillettes.
Guardini potrebbe essere il nuovo Cipollini? Per il momento sono sicuramente accomunati da una cosa: il cognome diminutivo: Cipollini-Guardini.
Un Giro strano, ma domani comincia la tre giorni che decide tutto. Soprattutto domani, con l’Alpe di Pampeago, una roba tipo 5.100 metri di dislivello. Che neanche a pensarci io riesco a immaginare 5.100 metri di pianura, figuriamoci di salita. Sembra che ci saranno alleanze, che proveranno a staccarsi a vicenda, ad aiutarsi, a fare gli sgambetti agli avversari e a legargli assieme i raggi della bici per poter arrivare tranquilli a Milano. Vedremo.
Oggi non ho molto da commentare, devo dire la verità, tengo le dita calde per i prossimi giorni.
Io e mio figlio vi salutiamo, andiamo a prenotarci un posto sull’Alpe di Pampeago, anche se mio figlio preferirebbe l’Alpe di Pampers, più adatta ai suoi 23 giorni domani.
È la maglia rosa Joaquim Rodriguez a piazzare il primo acuto nel trittico verità in questa edizione non tanto emozionante della corsa rosa. Vittoria a Cortina d’Ampezzo per il capitano della Katusha con un buon Ivan Basso al secondo posto ed il canadese Ryder Hesjedal terzo.
Crollo del team Astana che in un sol colpo perde dalla classifica generale sia il ceco Roman Kreuziger che l’italiano Paolo Tiralongo, ambedue in grave difficoltà sulle pendenze del Giau.
Si tenta l’impresa sin dai primi km con protagonisti Seeldrayers, Montaguti, Serpa Perez, Samoilau e la maglia azzurra Matteo Rabottini. Coraggioso l’attacco dei cinque, soprattutto di Rabottini che, grazie ai primi posti sulle prime due salite di tappa, consolida il primato nella classifica del Gran Premio di Montagna. La fuga non va in porto grazie al forcing dell’Euskaltel – Euskadi, decisa a ripetere con Nieve, l’acuto di Izaguirre a Falzes. Sullo Staulanza ecco l’attacco di Nieve con il gruppo a perdere i primi pezzi importanti con la debacle di Roman Kreuziger.
È sempre la Liquigas che comanda ed i fuggitivi vengono definitivamente ripresi ai piedi del Giau dove inizia lo show di Ivan Basso: il capitano della Liquigas, finito il lavoro dei suoi gregari, si mette in prima persona a menare le danze scremando definitivamente il plotoncino della maglia rosa con gli unici a tenere il passo rappresentati appunto da Rodriguez, Scarponi, Rigoberto Uran, Domenico Pozzovivo e Ryder Hesjedal. Nell’ultimo km del Giau piccola crisi per Scarponi che perde un po’ di metri prontamente recuperati nella discesa finale che precede il traguardo di Cortina dove lo spunto veloce di Rodriguez ha la meglio sulla tenuta fisica di Ivan Basso.
Le dichiarazioni di Ivan Basso: “E’ stata una tappa molto combattuta. Ci siamo dati battaglia fin dal Passo Duran, e credo sia stata una gran bella giornata di ciclismo per tutti. Szmyd? Era in difficoltà fin dal Duran, quindi ho dovuto prendere l’iniziativa fin dalle prime rampe del Giau. Ora la classifica si è mossa un po’, non tanto quanto avrei voluto, ma qualcosa è successo. Attaccheremo anche venerdì e sabato. Hesjedal? E’ un cattivo cliente, ma prima di domenica bisogna toglierlo da quella posizione. La mia discesa? Io sono prudente, ho 34 anni e tre figli, non credo sia il caso di attaccare come un folle per guadagnare solo 5 secondi. Scarponi? Non aveva una gran gamba, altrimenti mi sarebbe venuto dietro sul Giau“.
In classifica generale crollo del duo Astana Kreuziger – Tiralongo con la sorpresa di Hesjedal che, se dovesse tenere bene anche nelle prossime salite, diventerebbe il favorito per la vittoria finale considerate le sue ottime doti a cronometro.
Oh, che tappone ragazzi! Direte voi: “Ma non è cambiato praticamente nulla in classifica generale!” Lo so, però vuoi mettere che da qua a domenica non abbiamo idea di chi potrà vincere questo Giro? Mettetevi comodi, che ci sarà da divertirsi.
L’unico definitivamente saltato oggi è stato Roman Kreuziger, probabilmente scottato dalle imprese di Paolino Tiralongo, diventato capitano della Astana. Oggi non ce l’ha fatta a reggere il ritmo dei migliori, e lo salutiamo tanto caramente. Ciao Roman, ci rivediamo al Tour.
Tralascio le fughe, che non hanno mai inciso sulla gara, invece concentriamoci sul gruppo. Quello che davvero continua a correre da padrone è Ivan Basso. Sarà che si sente bene, sarà che vuole far vedere chi comanda, ma anche oggi ha piazzato davanti i suoi e gli ha detto: “Pedalate come se non ci fosse un domani”. Detto, fatto. Praticamente la Liquigas ha messo un motorino davanti al gruppo, e gli altri si sono dovuti adeguare. Tutti gli altri gregari saltavano come se stessero su un campo minato, e l’unico che aveva ancora compagni di squadra era Ivan da Varese.
Sull’ultima salita, però, comincia il divertimento. Schmidt, il gregario preferito di Basso, ha i crampi e non riesce a mettersi in testa, tocca allora al capitano. Sul Giau alla fine rimangono in 6, ovvero i pretendenti alla vittoria più Pozzovivo che è ancora giovane ma mi sa che nei prossimi anni bisogna tenerlo d’occhio, perché potrebbe regalare emozioni. Anche se è Lucano, anche se ha un cognome poco spendibile sugli striscioni e soprattutto troppo lungo. Tempo che urli: “Vai Pozzovivo” lui se n’è già andato, ha già scollinato e si sta mettendo la mantellina.
Dicevo, sul Giau Basso si mette davanti a tirare, ma gli altri non si staccano. Né il canadese col cognome complicato, né la maglia rosa, né Scarponi né Rigoberto Uran Uran, che come ho già avuto modo di dire ha il nome di un personaggio dei cartoni animati e il cognome di un gruppo musicale degli anni ‘80, gli Uran Uran. 8 chilometri di salita e stanno tutti assieme. Tranne che negli 800 metri finali. Scarponi ha i crampi, e si stacca. In 800 metri becca 45 secondi, per dire cosa può succedere sullo Stelvio oppure all’Alpe di Pampeago. Se in 800 metri perdi 45 secondi, figurati cosa può accadere se uno attacca con convinzione.
Per fortuna c’è la discesa, Scarponi si ricongiunge, Basso riesce a non farsi staccare, arrivano tutti assieme e allo sprint vince Rodriguez, fregandosene del fatto di avere la maglia rosa, anzi, ancora più convinto proprio per questo.
Domani, pianura. Sono riusciti a trovare gli unici sprazzi di pianura in mezzo alle Dolomiti, per far riposare le gambe e dare un’ultima chance ai velocisti. Ovviamente, Cavendish è il favorito. Da Venerdì però non si scherza più. Montagne, montagne, cronometro. Tra l’altro la Crono riuscirò a vederla dal vivo, visto che passano a 300 metri da casa mia. Se la guardate in televisione, sono quello col cappello e i baffi. Non si sa mai, potreste intravedermi.
Io e mio figlio vi salutiamo, andiamo a fare la ricognizione all’Alpe di Pampeago con il passeggino.