Tag: Fair Play Finanziario

  • Inter ‘brasiliana’ in vendita, addii per J.Cesar e Maicon

    Inter ‘brasiliana’ in vendita, addii per J.Cesar e Maicon

    Tira aria di addii illustri in casa Inter , con la politica di austerity disegnata da Moratti che inizia a fare le sue prime vittime illustri: Maicon, Julio Cesar, Lucio e Chivu. In blocco la difesa rocciosa del Triplete, i cosiddetti eroi di Madrid, sono messi in dubbio e sulla lista delle pedine sacrificabili per fare cassa e investire il denaro liquido per ringiovanire la rosa. Le cessioni eccellenti seguendo le logiche imperanti del Fair Play Finanziario diventato quasi un obbligo per alleggerire un monte stipendi assolutamente ingestibile. A questo punto il terzetto brasiliano composto da J.Cesar, Lucio e Maicon con ingaggi vicini ai 5 milioni di euro netti (quindi 10 lordi) sembrano essere i primi a dover salutare i colori nerazzurri.

    MAICON REAL?- Il corteggiamento dei blancos nei confronti del Colosso brasiliano potrebbe concretizzarsi con due anni di ritardo, quando Massimo Moratti non volle abbassare l’asticella dei 35 milioni per lasciar partire l’allora terzino destro più forte del mondo. Lo Special One non ha mai nascosto la sua ammirazione per Maicon, considerandolo ancora un giocatore in grado di fare la differenza ad alti livelli, e dopo sei anni in nerazzurro come ha già annunciato il procuratore dello stesso giocatore, l’addio con l’Inter è qualcosa di concreto. Vista l’età anagrafica del brasiliano si potrebbe ipotizzare una conclusione dell’affare con una cifra vicina ai 10 milioni di euro, con Psg e Chelsea in lizza per l’acquisto subito dietro al Real Madrid.

    Maicon Douglas © Claudio Villa Getty Images Sport

    ALTRI ADDII IN CASA INTER Oltre alla partenza di Maicon, è previsto con certezza anche l’addio di Lucio, (dopo una dichiarazione pubblica del giocatore) con l’intento di voler cambiare aria e paese per ritrovare quelle motivazioni necessarie per rimanere ad alti livelli. Si aspetta un’offerta del Fenerbahçe per chiudere definitivamente la trattativa e opzionare Silvestre del Palermo, dopo aver quasi chiuso per il ritorno di Andreolli dal Chievo. Saluterà l’Inter anche Cristian Chivu, che dopo aver accantonato l’offerta di rinnovo contrattuale a ingaggio ridotto con la formula del 2+1, attende offerte migliori dalla Turchia.

    JULIO CESAR– Rimane più complicato l’affare relativo al possibile addio del portiere Julio Cesar, considerando come l’estremo difensore brasiliano abbia pubblicamente dichiarato amore indiscusso ai colori nerazzurri e assoluta voglia di rispettare il suo contratto in scadenza nel 2014. Ovviamente i fattori che spingono per la sua partenza sono più o meno gli stessi dei suoi compagni: la carta d’identità gioca a suo sfavore, e l’ingaggio di 5 milioni di euro potrebbe essere la discriminante maggiore per la sua vendita. Considerando inoltre come i continui problemi fisici, legati al dolore alla schiena (lombalgia) e il fastidioso problema al gomito ne hanno inevitabilmente condizionato il rendimento di questa stagione. Dovesse lasciare anche lui, sarebbe pronto il sostituto, con la prima alternativa rappresentata dal portiere dell’Udinese Samir Handanovic, o dal possibile riscatto dal Palermo di Viviano.

    Via l’intera difesa, già venduto Pandev per 7,5 milioni di euro, Moratti potrebbe avere a disposizione quel tesoretto utile a prendere il top player promesso ai tifosi (Lucas?Giovinco?), ridisegnando il monte ingaggi e al tempo stesso svecchiando la rosa secondo le direttive dello stesso Stramaccioni.

  • Club dei virtuosi, vince il Chievo ultima l’Inter

    Club dei virtuosi, vince il Chievo ultima l’Inter

    La classifica finale del campionato di Serie A non è l’unica possibile graduatoria in cui collocare i club italiani: naturalmente, esistono diversi criteri di classificazione ed, alla luce delle norme sul fair play finanziario, un aspetto di grande interesse è quello relativo ai costi sostenuti ed, in particolare, al rapporto fra costi e punti conquistati in campo. In particolare, il calcolo effettuato è il seguente che, a conti fatti, assume i connotati di una semplice divisione: costi della produzione dichiarati nei bilanci dell’anno scorso (al netto di oneri straordinari e costi legati alla gestione finanziaria, ossia gli interessi corrisposti su debiti, ndr) in rapporto ai punti ottenuti in classifica nel campionato 2011-2012.

    A guidare tale speciale raggruppamento stilato dal Sole 24 Ore non è, però, nessuna delle big ma, bensì, il piccolo Chievo Verona del presidente Campedelli che, da favola del calcio nei primi anni 2000, si è trasformato in una realtà importante, con grande oculatezza gestionale. Pertanto, la virtuosa società gialloblu per ognuno dei 49 punti conquistati nel campionato conclusosi lo scorso 13 Maggio, ha sostenuto costi per 722 mila euro: meno di tutti.

    Al secondo posto troviamo, invece, il Catania con una spesa di 756 milioni a punto, mentre in terza posizione si colloca il Bologna con 865 mila euro: curioso il fatto che nessuna delle prime tre sia una delle consuete “grandi” e, soprattutto, ancor più da rimarcare che le tre squadre più virtuose siano formazioni che, tradizionalmente, basano la loro gestione sulla scoperta e la valorizzazione dei talenti, ossia quella che – senza ombra di dubbio – può esser considerata la parte più bella e pulita del calcio.

    Di contro, invece, i club più blasonati occupano gli ultimi posti della classifica: la Juventus campione d’Italia è quart’ultima, con una spesa di 2 milioni e 362 mila euro per ognuno dei punti conquistati, la Roma a stelle e strisce è terz’ultima, con una spesa di 3 milioni a punto, mentre le due milanesi occupano le ultime due posizioni della speciale classifica. Il Milan è penultimo, con un ammontare di costi per punto pari a 4 milioni e 111 mila euro, mentre l’Interè la meno virtuosa della serie A, a fronte di una spesa pari a 5 milioni di euro per ognuno dei 58 punti ottenuti in classifica.

    Luca Campedelli | © Marco Luzzani/Getty Images

    Situazione affatto rosea, dunque, per i club più potenti che, di fatto, apparirebbe ancor più plumbea se non vi fossero le plusvalenze derivanti da operazioni di calciomercato: tali voci, infatti, sono ricavi straordinari connessi ad una differenza positiva fra prezzo di cessione e valore contabile (ossia costo storico meno gli ammortamenti, ndr), le quali vanno ad alleviare le perdite che, altrimenti, per l’aggregato della serie A a venti squadre ammonterebbero ad un totale di 300 milioni più i 348 milioni derivanti dalle plusvalenze.

    E’ importante, inoltre, sottolineare che la classifica stilata dal Sole 24 Ore basa il suo calcolo sul virtuosismo esclusivamente sui costi, non considerando i ricavi conseguiti dai diversi club. Includendo i ricavi, dunque, il Chievo non avrebbe il miglior bilancio in assoluto (a fronte di 35,9 milioni di euro di ricavi e di una perdita netta da 300 mila euro) alla data di chiusura dello scorso bilancio, al 30 Giugno 2011: la palma del miglior bilancio per lo scorso esercizio, infatti, spetterebbe al Bari – poi retrocesso poi in serie B – e, di seguito, a Lazio, Palermo, Catania e Napoli.

  • Inter regina del mercato… in uscita

    Inter regina del mercato… in uscita

    Si sa la crisi ha colpito anche il mondo del calcio, e a chi si aspettava un mercato invernale coi botti sarà rimasto deluso. Il gran colpo Tevez non è riuscito nemmeno al mago del mercato Adriano Galliani, che con la stranissima manovra di parcheggiare Maxi Lopez in hotel a Milano, non ha messo fretta agli inglesi che hanno vinto il braccio di ferro, ma perso la partita ritrovandosi un giocatore per altri sei mesi fuori rosa.

    L’Inter, com’è risultato chiaro nel corso dei giorni, forse non ha mai voluto realmente il giocatore cercando solo di inserirsi in una trattativa per far lievitare il prezzo, evitando in questo modo di vedere i cugini rossoneri rinforzarsi ulteriormente. Ma in fin dei conti prima di guardare altrove si dovrebbe guardare in casa propria, cercando di migliorare la rosa a disposizione di Ranieri. Così non è stato. L’Inter ha aspettato troppo prima di piazzare i suoi colpi di mercato, quasi ripetendo gli errori fatti in estate, privandosi di un pezzo pregiato all’ultimo secondo (vedere Eto’o) di fronte a un’offerta difficile da rifiutare, ritrovandosi senza il tempo e la possibilità di trovare il giusto sostituto.

    Palombo non vale Thiago Motta e anche anagraficamente parlando l’età dell’ormai ex blucerchiato non gioca a favore di Ranieri. Il primo ad uscirne sconfitto da questo mercato è proprio Ranieri che, nonostante avesse in maniera evidente cercato di far capire le sue motivazioni a Moratti sul caso Motta e sulla necessità di un esterno d’attacco, si è di fatto visto togliere uno dei suoi giocatori preferiti e ridimensionare quindi, la sua voce in sede di scelte di mercato.

    Il patron dell'Inter Massimo Moratti | © Valerio Pennicino/Getty Images

    Serviva freschezza a centrocampo o semplicemente la ‘freschezza’ serviva solo nel monte ingaggi? Volendo fare un bilancio alla chiusura del mercato invernale, Ranieri e il suo centrocampo, con l’addio di Thiago Motta, perdono molto in qualità, mentre le casse nerazzurre tornano a sorridere. La Gazzetta dello Sport stamane parla di un introito vicino agli 11,5 milioni di euro per la cessione del centrocampista italo brasiliano, denaro fresco da inserire nella voce ricavi, cercando di bilanciare le perdite che nel futuro prossimo, secondo le logiche del fair play finanziario non potranno eccedere i 45 milioni di euro. Via tre giocatori, tutti a centrocampo, con Motta al Psg, Coutinho all’Espayonl e Muntari al Milan, l’Inter si è tutelata prendendo due centrocampisti e un difensore in prospettiva futura: Fredy Guarin dal Porto, il colpo last minute Palombo dalla Samp e Juan Jesus dall’Internacional. Tralasciando l’aspetto tattico e il loro eventuale posizionamento in campo è palese che il centrocampo nerazzurro con quest’affare abbia perso qualcosa, considerando come un sostituto di Thiago Motta non è stato preso e l’esterno d’attacco per consentire a Ranieri di inserire Sneijder è rimasto solo nei sogni di mercato del tecnico testaccino.

    Ci guadagnano le casse nerazzurre, come nell’affare Eto’o in estate, seguendo questa nuova politica societaria che persegue l’abbattimento degli ingaggi e solo a  parole lo svecchiamento della rosa, poiché Forlan e Palombo non sembrano due affari secondo il punto di vista anagrafico. A giugno verranno ridefiniti molti contratti e con l’addio di Motta e Muntari, già nell’immediato le casse nerazzurre potranno contabilizzare un guadagno di una decina di milioni di euro lordi. (Motta aveva un ingaggio di 3 milioni netto all’anno e Muntari 2). Occhio dunque perché secondo questa nuova filosofia di mercato in estate potrebbe essere ceduto un altro big, con Sneijder in prima fila tra i maggiori indiziati. Rimanere competitivi sfoltendo la rosa non è affatto una manovra facile e soprattutto com’è stato evidente in quest’ultimo biennio nerazzurro le rincorse e le remuntade non sempre possono coprire gli errori fatti in sede di mercato.

  • Manchester City, record di perdite da 227 milioni di euro

    Manchester City, record di perdite da 227 milioni di euro

    Alla faccia del fair play finanziario. Il Manchester City ha chiuso l’anno 2010-2011 con pesanti perdite di bilancio che si aggirano intorno ai 227 milioni di euro battendo ogni record di perdite mai regisrate in Premier League.

    Balotelli esulta con Aguero | © Laurence Griffiths/Getty Images

    Il proprietario del club, lo sceicco Mansour, che dal suo avvento – nel 2008 – si è sbizzarrito in acquisti onerosissimi e concesso ingaggi faraonici, ha superato di gran lunga il magnate russo Roman Abramovic che con il suo Chelsea nel 2005 aveva registrato un passivo di 164 milioni di euro. Robinho, Shaun Wright-Phillips, Carlos Tevez, Emmanuel Adebayor, Kolo e Yayà Toure, David Silva, Aleksandar Kolarov, Mario Balotelli, Edin Dzeko, Gael Clichy, Samir Nasri e Sergio Aguero è solo una parte di una lunga lista degli acquisti voluti dallo sceicco per portare il secondo club di Manchester sugli stessi livelli dei cugini dello United per un totale di 700 milioni di euro spesi in 3 anni. In particolare è significativo l’esborso quest’estate di 45 milioni di euro, la cifra record in Premier League spesa per un calciatore, per prelevare dall’Atletico Madrid Aguero e strapparlo alla concorrenza della Juventus che aveva messo le mani sul giocatore.

    Quarantacinque milioni che sembrano noccioline in confronto a quanto lo sceicco paperone aveva proposto a gennaio del 2009 al Milan per Kakà con i rossoneri, lo ricordiamo tutti, che avevano vacillato davanti all’esorbitante offerta e praticamente venduto la sua stella per una cifra superiore ai 100 milioni di euro – poi l’operazione non andò in porto per il rifiuto del fantasista brasiliano di andare a giocare nel Manchester City che allora non era ancora la potenza diventata oggi, e quest’state al Real Madrid per Cristiano Ronaldo con Mansour che sarebbe stato disposto a versare nelle casse del club madridista la bellezza di 180 milioni di euro in contanti e ad offrire un ingaggio di 23 milioni a stagione al giocatore pur di vedere con la maglia dei Citizens l’asso portoghese.

    Tornando alle perdite registrate, il calcolo non tiene però conto degli introiti che il City riceverà per la sponsorizzazione dello stadio dalla Etihad Airways, la compagnia aerea sempre di proprietà di Mansour, che garantisce un’entrata di circa 40 milioni di euro, e i ricavi Champions di quest’anno.
    Nonostante ciò, a pochi anni dall’entrata in vigore del fair play finanziario (si potrà spendere solo quanto si guadagna, per i primi anni ai club sarà consentito un massimo di perdite già prestabilito ma che queste dovranno sparire del tutto nella stagione 2018-2019) voluto dal presidente della Uefa Michel Platini e che bisognerà rispettare se i club vorranno partecipare alle competizioni europee, il City, che attualmente sta dominando in Premier League, ha bisogno di porre un freno a tutte queste spese folli e mettersi in regola con il bilancio. Un’operazione questa già prevista per il risanamento del club come ha affermato il responsabile operativo del Manchester City Graham Wallace.

  • Moratti “venderemo altri campioni”

    Moratti “venderemo altri campioni”

    La Juventus lo aveva invitato all’inaugurazione del Juventus Stadium ma Massimo Moratti ha preferito disertare ufficialmente per un impegno a Sondrio per un convegno per i 40 anni della Banca Popolare “Lo stadio di proprietà risolve molti problemi. La Juventus mi aveva invitato all’inaugurazione del suo nuovo impianto, ma avevo questo impegno a Sondrio e non ci sono potuto andare”.

    Verosibilmente la decisione del patron nerazzurro è per evitare la contestazione dei tifosi bianconeri e per tener fede ad una certa linerità di comportamento visto che già oggi la decisione del Tnas potrebbe dar vita ad una nuova puntata della guerra a distanza tra Juventus e Inter.

    L’impegno in Valtellina è servito però a Moratti per tornare a parlare ai suoi tifosi dopo aver sbollito la rabbia per il caso Forlna. Moratti ha definito l’accaduto grave ma dopo indiscrezioni di possibili allontanamenti pare sia tornato il sereno ovviamente in attesa degli eventi.

    Moratti torna poi a parlare dell’esigenza di vendere i campioni per metter a posto il bilancio e rientrare nei ferrei parametri del fair play finanziario “Non si sa quando effettivamente saranno applicate le direttive dell’Uefa. Noi saremmo ancora fuori e non possiamo farci cogliere impreparati. Se ci fossero soluzioni diverse alle cessioni eccellenti sarebbe meglio. In molti mi dicono di risparmiare. Tutte cose di buon senso. Ma questo discorso finisce sempre con il banchiere che mi chiede: “Beh presidente, ma prendere Messi è così impossibile?”

    L’ultima parte del suo intervento è su Gasperini “Può esserci il dubbio del nuovo schema, ma sono convinto che se andrà male lui lo cambierà. Sono vicino all’allenatore”

  • A lezione con il dottor Galliani: “servono regole migliori”

    A lezione con il dottor Galliani: “servono regole migliori”

    «Io credo che lo sport italiano, in particolare il calcio, abbia bisogno di manager preparati, è un settore che ha necessità di nuove leve da far scendere in campo», queste le parole dell’amministratore delegato del Milan, Adriano Galliani, presente ieri a Parma per ritirare il Mastermoss alla carriera, conferitogli, per i suoi successi sportivi, dalla commissione del Master in Organizzazione dello Sport e dello Spettacolo Sportivo, dell’Università di Parma.

    Dopo la consegna dei diplomi ai corsisti, il dottor Galliani, ha intrattenuto gli astanti parlando della complessità del sistema calcio e delle difficoltà che un dirigente deve affrontare nell’organizzazione di una società sportiva di alto livello, «quando ho cominciato la mia carriera come dirigente sportivo –ha detto- mi sono ispirato soprattutto al modello delle major che producono i film, il prodotto calcio e quello cinematografico, infatti, si somigliano moltissimo. Noi del Milan abbiano portato questo nel calcio, inserendo anche figure esterne a questo sport, professionisti del mestiere».

    Incalzato, poi, dalle domande degli studenti ha aggiunto che: «il gap che ci separa dagli altri campionati sono soprattutto le proprietà degli stadi e la diversità fiscalità che vige nel nostro paese. Il caso Juventus è un caso isolato con dinamiche che è quasi impossibile che si ripetano». «Il vero problema – ha detto- è che ci vuole una legge di sistema che consenta alle società di avere uno impianto di proprietà, in modo da aumentare i propri introiti e competere con le grandi squadre europee, ma questo in Italia manca».
    «Lo stadio di proprietà garantisce all’estero tra il 25-30% di introiti, da noi al Milan solo il 13, senza incassi e con i problemi che abbiamo anche nella ripartizione dei diritti televisivi, diventa difficile poi investire nei settori giovanili», sottolinea rispondendo ad una domanda sul fatto del perché in Italia non si possa imitare il modello Barcellona.

    Visto soprattutto la natura dell’incontro è stata immancabile una domanda sul tanto acclamato Fair Play finanziario, a cui il dottor Galliani ha risposto: «partiamo dal presupposto che se il Fair Play ci fosse stato 25 anni fa, il Milan, e non solo, non avrebbero mai raggiunto quel livello di eccellenza che tutti conosciamo. Infatti, il merito dei successi in passato è stato soprattutto degli azionisti alla Berlusconi o alla Moratti che hanno investito sulle loro squadre. Con l’entrata in vigore di questa normativa tutto ciò non sarà più possibile e una società sarà costretta a spendere solo quello che riuscirà ad incassare, è ovvio, che questo ci condiziona molto nei confronti dei club stranieri, che come detto sono molto agevolati». «Il problema fondamentale del calcio anche a livello europeo è che l’ente regolatore è anche quello organizzatore, quindi questo condiziona l’operato di noi società».

    Concedendosi ai giornalisti ha rilasciato qualche ultima battuta sul mercato escludendo al momento trattive col Parma e aggiungendo solo un indizio a quelli di Allegri, sull’identikit dell’ala sinistra cercata dal Milan a: «ha gli occhi cerulei».

  • Il calcio italiano verso il collasso finanziario, l’allarme dalla Deloitte

    Il calcio italiano verso il collasso finanziario, l’allarme dalla Deloitte

    Sempre più ricavi ma sempre più debiti. È quello che si evince dallo studio realizzato dalla Deloitte (una delle maggiori società di auditing e revisione contabile) che mostra come i ricavi aggregati del massimo campionato italiano siano in crescita del 3,6% (+ 60 milioni per un totale di 1736 complessivi), ma allo stesso tempo vede i debiti salire di circa 80 milioni per un totale complessivo di oltre 600.

    CAUSE – Ad incidere sui bilanci delle squadre italiane sono prevalentemente le spese per gli ingaggi dei giocatori che hanno toccato l‘80% del valore della produzione dei club. Dunque se si vuole rientrare nei parametri che verrano imposti dall’UEFA dalla stagione 2013-2014 , ovvero rientrare nel “break even point” (coprire tutti i costi con i guadagni o più semplicemente non poter spendere più di quanto si ricavi), le società italiane (e non solo) dovranno cominciare a ridurre il monte ingaggi e la battaglia sembra già iniziata in casa Milan, dove la questione rinnovi è stata portata sino alla fine della stagione e probabilmente vedrà le questioni di bilancio prevalere su quelle di cuore. Ma oltre agli alti costi di gestione il problema riguarda anche il fatturato: in Italia infatti il 52% degli introiti arriva dai diritti tv e le numerose battaglie in Lega Calcio dimostrano come nessuno possa fare a meno dei soldi derivanti da questa fonte.

    Se anche le altre big europee dovranno cominciare a pensare seriamente a come risanare conti sempre più disastrati senza il solito colpo di spugna dello sceicco o magnate di turno, in Italia la questione appare ancor più seria perchè non vi è ancora una politica concreta sugli stadi di proprietà (al momento solo la Juventus è in procinto di inaugurare il suo stadio) che nel resto d’Europa (soprattutto in Inghilterra) vengono vissuti dai tifosi non solo in occasione della partita ma anche nel resto della settimana diventando cosi fonte di guadagno costante e permettono di massimizzare i profitti su sponsor e partite.

  • Il fair play finanziario la tomba del calcio italiano?

    Il fair play finanziario la tomba del calcio italiano?

    Qualche anno predicava attenzione al Ranking Uefa allertando del pericolo “Europa League” per il calcio italiano, e con colpevole ritardo se ne sono accorti tutti. Adriano Galliani, antipatico ai più perchè incarna il Milan, è riconosciuto però uno dei migliori dirigenti d’Europa ed uno dei più profondi conoscitori dei meccanismi economico-finanziari intorno a cui ruota tutto il sistema calcio.

    L’allarme che lancia oggi il factotum rossonero è sull’agognato fair play finanziario, per molti “la manna” dal cielo che servirà a regolamentare il calcio. Galliani di contro, lo vede come uno stratagemma che permetterà a Spagna ed Inghilterra di crescere grazie a regimi fiscali differenti dal nostro e sopratutto la possibilità di sfruttare gli introiti derivanti dagli stadi di prorpietà.

    “Il fair play finanziario fa male all’Italia -ha detto Galliani ai microfoni di Sky-, non ci potranno essere più i mecenati che intervengono con i loro capitali. Le squadre italiane, che non hanno stadi di proprietà e non hanno agevolazioni fiscali, fatturano molto meno rispetto alle big europee e per questo saranno molto penalizzate da queste nuove norme introdotte dall’Uefa. Il Real fattura 450 milioni, il Barca 430, il Manchester 360, il Milan 200-220. Fino ad ora ci sono stati i Berlusconi e i Moratti che supplivano, in futuro non sarà più possibile”

    Galliani plaude poi all’ingresso di capitali stranieri nel nostro calcio dando il benvenuto a DiBenedetto “Siamo in un mercato aperto, ormai in Inghilterra le big five (Manchester United, Chelsea, Liverpool, Arsenal e Manchester City, ndr) sono di investitori stranieri non inglesi, ben vengano anche in Italia. Desidererei, però, che ci fossero regole uguali per tutti, altrimenti si tratta di concorrenza sleale. Venti anni fa il Milan fatturava più del Real, oggi la metà. Così diventa una competizione difficile, questo è il problema vero”

    Il campionato? “Vedo ottimi allenamenti, sono tre settimane che vengo a vederli -ha raccontato Galliani- e noto una squadra molto concentrata, che sta bene. Le gare si possono vincere o perdere, ma gli allenamenti li stiamo facendo bene. Lotta con il Napoli? Non mi piacciono le previsioni, qualunque cosa succede in questo week end rimarremo comunque in testa. Sono oltre 20 gare consecutive che siamo in testa, dobbiamo riuscire a reggere fino alla fine“.

    Ibra? “Anche lui l’ho visto bene in allenamento come l’avevo visto bene domenica sera. Abbiamo fatto il ricorso, adesso aspettiamo il giudizio. Se l’ho sgridato? Mi avvalgo della facoltà di non rispondere

  • Le Roi rimane in sella. Platini confermato alla Uefa

    Le Roi rimane in sella. Platini confermato alla Uefa

    Michel Platini
    Lo faceva in campo e riesce a farlo anche da dietro una scrivania, Michel Platini ha convinto tutti. A differenza del 2007 quando i voti contrari furono 23, a fronte dei 27 che gli permisero di iniziare l’avventura a capo della Uefa. Le Roi, è stato rieletto oggi presidente dell’Uefa per acclamazione dal congresso dell’organizzazione del calcio europeo in corso a Parigi. A dirla tutta, il francese era l’unico candidato alla successione della propria presidenza. Il voto però è stato per acclamazione. Il plebiscito per l’ex giocatore della Juventus sta a testimoniare quanto di buono il presidente della Uefa ha saputo mettere in campo, in questi anni di gestione. Molte le proposte del francese a cercare di migliorare e, soprattutto regolare, un calcio malato che ha necessariamente bisogno di riforme. Il suo “cavallo di battaglia”, rappresentato dal Fair Play finanziario ne è la prova provata. “L’unità della famiglia del calcio è stata ripristinata con un dialogo tra la Uefa, le federazioni, le leghe, i club e i giocatori nei migliori interessi del calcio, mentre i rapporti con la Fifa sono stati eccellenti. Il ruolo sociale del calcio è stato rafforzato con il lancio della campagna Respect e lo sviluppo delle attività di responsabilità sociale della Uefa. Abbiamo condotto riforme per combattere il razzismo negli stadi, ma anche intensificato la lotta al doping – ha ricordato Platini -. Abbiamo deciso di attaccare il complesso problema della corruzione legata al calcioscommesse e in questo senso abbiamo adottato una politica di tolleranza zero verso giocatori, arbitri e dirigenti”. “Abbiamo intensificato e migliorato i nostri rapporti con le istituzioni europee – ha continuato -. Infine, insieme, abbiamo avviato il grande progetto del fair play finanziario, voluto per tutelare il calcio per club. Il progetto, –ha sottolineato il presidente della Uefa-, deve salvaguardarci contro la scomparsa dei grandi club per una gestione finanziaria azzardata”. Chissà se i presidenti di Barcellona, Manchester, Inter e Chelsea, la pensano come Platini, in fondo il tanto decantato fair play condizionerà molto il loro futuro, anche e soprattutto negli investimenti di mercato. Con Le Roi al comando le cose si complicano e parecchio, inoltre, questa riconferma potrebbe essere un ulteriore tassello che lo avvicina alla successione a Blatter alla presidenza della Fifa. “Il rinnovamento del valore del calcio giocato dalle nazionali, l’introduzione delle misure per il fair play finanziario, la lotta contro la violenza e le scommesse illegali e la fine della discriminazione a livello istituzionale saranno le azioni principali nei quattro anni a venire, -ha assicurato. Infine un invito a tutti a dare un importante contributo al benessere del calcio-. “Tutto è possibile – ha detto –. La cosa importante è restare fiduciosi, e mantenere intatta la passione per questo gioco, perché è un gioco – agendo sempre secondo i concetti di trasparenza, responsabilià, apertura, eccellenza e unità. E’ in questo modo che avremo un calcio più morale, più giusto e più umano. Abbiamo l’importante compito di pensare alla prossima generazione – il calcio che vogliamo lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti – ha concluso Platini –. Lasciateci continuare ad avere il coraggio di prendere le decisioni necessarie per proteggere il calcio così come lo amiamo. Siamo i garanti di questo calcio e i guardiani di un ideale – dobbiamo esserne orgogliosi – di sicuro io sono orgoglioso”. Giancarlo Abete, presidente della Figc, è stato nominato nuovo vicepresidente a Parigi dal Congresso delle 53 Federazioni Europee. Su designazione di Platini, Abete entra ora nel gruppo dei 5 vicepresidenti insieme al turco Enes Erzik, allo spagnolo Angel Maria Villar Llona, all’inglese Geoffrey Thompson e al cipriota Marios Lefkaritis. Dopo 11 anni di assenza, dall’avvicendamento di Antonio Matarrese nel 2000, l’Italia torna al vertice della Confederazione continentale. « L’abbiamo comprato per un tozzo di pane e lui ci ha messo sopra il foie gras. » disse di lui l’avv. Agnelli, di certo ne ha fatta di strada quel timido ragazzo di Joeuf, che incantava le folle e deliziava i palati sopraffini amanti del bel gioco, e pare non aver perso il vizio solo che adesso al posto dei suoi piedi spettacolari preferisce dilettarsi con le parole.