Il mercato NBA si è chiuso ormai da una settimana, le trade sono vietate dalla Lega ma le squadre possono ancora muoversi, in vista dei playoff, per mettere sotto contratto i giocatori senza squadra, i free agent oppure quelli ai quali è stato concesso il buyout.
Nelle ultime ore sono stati ratificati 3 accordi molto importanti. Il primo riguarda l’ormai ex Orlando Magic e Washington Wizards Gilbert Arenas che trova la nuova casa in Tennessee approdando ai Memphis Grizzlies desiderosi di trovare un valido sostituto al titolare Mike Conley. Da valutare ci saranno sia le sue condizioni fisiche (in particolare le ginocchia) e la sua tenuta mentale dato che il giocatore negli ultimi anni è stato protagonista di alcune “imprese” extrasportive da censurare.
L’ex Los Angeles Lakers Derek Fisher, passato qualche giorno fa dai gialloviola agli Houston Rockets, trova l’accordo sul buyout e firma immediatamente per gli Oklahoma City Thunder con i quali proverà a portare a casa il suo sesto titolo di campione. Fisher nella notte ha già esordito con la nuova maglia segnando 5 punti nella vittoria dei Thunder sui Los Angeles Clippers. Sarà la riserva di Russell Westbrook, portando tanta esperienza ad un gruppo giovanissimo ma così talentuoso da poter sin da ora puntare al successo in campionato.
Ronny Turiaf invece va a rinforzare il reparto lunghi dei Miami Heat dopo il suo rilascio da parte dei Denver Nuggets. Dovrà portare difesa, grinta e tenacia, qualità che da sempre lo hanno contraddistinto, in un reparto forse un pò troppo “morbido”. Difficile dire se con la sua aggiunta Miami diventa la più seria candidata al titolo, staremo a vedere il contributo del francese.
Intanto notizia importante: Boris Diaw, ala grande, si è svincolato dai Charlotte Bobcats, attualmente la peggiore squadra della NBA, destinata a prendere la prima scelta assoluta al prossimo Draft (lottery permettendo). Su di lui voci insistenti che lo danno vicino agli Spurs dove troverebbe l’amico di nazionale Tony Parker ma anche i Celtics sono fortemente interessati al suo acquisto viste le perdite di Jeff Green (all’inizio del campionato) e di Chris Wilcox (qualche settimana fa) fermati entrambi per problemi cardiaci.
Si è chiuso senza grandissimi colpi di scena il mercato NBA 2011/2012. Tutto ruotava sul nome di Dwight Howard, il pezzo più pregiato di questa sessione, ed il centro dei Magic ha deciso di attivare un’opzione per il rinnovo con il team della Florida anche per il 2013 e quindi resterà in maglia neroazzurra ancora per un altro anno.
Chi ha deciso di muoversi con decisione è stata Los Angeles, sponda Lakers: i gialloviola hanno acquisito da Cleveland il playmaker Ramon Sessions insieme a Christian Eyenga in uno scambio che ha portato Jason Kapono, Luke Walton e la prima scelta del prossimo Draft ai Cavs. Subito dopo un pezzo di storia di californiani, Derek Fisher ha fatto le valigie per finire a Houston in cambio di Jordan Hill. Il regista dei Lakers lascia la squadra dopo aver disputate ben 13 delle sue 16 stagioni a L.A. con la vittoria di 5 anelli. I Rockets ricevono anche la prima scelta che i Lakers avevano avuto da Dallas nell’affare Odom di inizio campionato.
Movimenti anche per le squadre degli italiani: i Raptors di Bargnani cedono il brasiliano Barbosa ai Pacers per una seconda scelta al Draft mentre i Nuggets di Gallinari si sbarazzano del pesante contratto di Nenè che passa ai Wizards in cambio di Turiaf e McGee. Per far quadrare i conti dello scambio si sono inseriti i Clippers che prendono da Washington Nick Young (sostituirà l’infortunato Billups) dando in cambio Cook ed una seconda scelta.
Attivi anche i Blazers che danno Gerald Wallace ai Nets per Okur e Shawne Williams e la prima scelta di New Jersey al Draft. A completare i movomenti di Portland c’è la cessione del lungo Camby ai Rockets con con Hasheem Thabeet e Jonny Flynn che finiscono ai Blazers. Licenziato anche coach McMillan, in panchina per la formazione dell’Oregon, da ora in avanti il suo vice Kaleb Canales.
Appena ritornato a GoldenState (nell’affare che ha portato Monta Ellis ai Bucks) si muove di nuovo Stephen Jackson che va a San Antonio (altro ritorno in Texas) mentre Richard Jefferson atterra ai Warriors.
Per il resto non si sono mossi i giocatori più chiacchierati, Pau Gasol resta ai Lakers, e Rajon Rondo e Ray Allen rimnagono ai Celtics.
Potrebbe essere stata scritta la parola “fine” sulla stagione NBA 2011/2012: i giocatori hanno infatti rifiutato l’ultima proposta fatta loro qualche giorno fa dai proprietari. La situazione è decisamente critica perchè il sindacato degli atleti ha inoltre deciso di agire per vie legali contro l’associazione dei proprietari con un’azione di massa, la class action, per abuso di posizione dominante. Ormai solo un miracolo potrebbe riportare le parti in causa al tavolo delle trattative per cercare un nuovo accordo che quantomeno possa salvare il salvabile.
“La proposta dei proprietari è inaccettabile. Siamo tutti uniti e adesso passiamo la palla agli avvocati. Siamo pronti a promuovere un’azione per la violazione delle leggi antitrust contro la NBA. E’ la decisione migliore per i giocatori, in molti, a livello individuale, hanno tante cose in gioco in termini di carriera e di posizione e crediamo che sia importante che tutti i giocatori ottengano un accordo per tutti coloro che arriveranno nella Lega nei prossimi 10 anni e anche oltre“.
Queste le parole del rappresentante dei giocatori Derek Fisher in una conferenza stampa.
Profondamente deluso il commissioner NBA David Stern che a questo punto vede lo spettro della cancellazione dell’intera annata farsi sempre più vicino e minaccioso:
“Se penso che le possibilità di riprendere la stagione e che noi e i giocatori buttiamo al vento tutto il lavoro fatto sinora, credo che siamo di fronte a una vera tragedia“.
Stern non ha ammesso che l’ennesimo rifiuto degli atleti e la causa che partirà nei prossimi giorni contro i proprietari avranno come logica conseguenza il protrarsi a tempo indeterminato del lockout ma da alcune fonti si è saputo che anche il commissioner pare ormai rassegnato a dover prendere in considerazione il fatto che tutta la stagione NBA debba essere necessariamente cancellata.
Altre 11 ore di trattative non sono bastate a scrivere la parola fine sul lockout NBA. Rispetto, però, alle altre riunioni c’è un lato positivo, ovvero il fatto che David Stern, commissioner della Lega, abbia detto chiaro e tondo ai giocatori che entro martedì si aspetta una decisione chiara e definitiva in merito: o viene accettata la proposta dei proprietari delle franchigie oppure salterà l’intera stagione 2011/2012 con buona pace di tutti (i limiti per ricucire lo strappo a quel punto sarebbero veramente minimi ed insufficienti). In sostanza il sindacato degli atleti entro martedì 15 novembre dovrà pronunciarsi positivamente o negativamente sull’ultima proposta che è stata fatta. Brevemente, la bozza di accordo prevede ricavi divisi in parti uguali (50% per entrambe le parti in causa) ma con qualche significativa concessione riguardo al salary cap fatta ai giocatori. Se la risposta sarà positiva ovviamente inizieranno i preparativi per dare il via alla tanto sospirata regular season, un campionato “mozzato” di sole 10 partite rispetto alla normalità, quindi con 72 match per squadra, che avrebbe nel 15 dicembre la data inaugurale. Tour de force per le squadre che sarebbero così chiamate a disputare nel corso di ogni singolo mese 18 partite anzichè le canoniche 15 per recuperare il tempo perduto. ma in sostanza la stagione sarebbe salva. In caso di risposta negativa è probabile che venga scritta la parola fine sul torneo che salterebbe del tutto: difficile infatti che poi i giocatori nei mesi e nelle riunioni successive accettino il 47% dei ricavi (Stern ha infatti messo in chiaro che questa sarà l’ultima proposta con divisione equa della “torta” dei guadagni, poi si passerà ad offerte al ribasso), anche perchè poi l’eventuale accordo sarà vincolante per una decina di anni (e forse più) e gli atleti non ci tengono per nulla a diminuire i propri salari in favore degli owners. Queste le parole di David Stern alla conclusione del meeting:
“Non posso certo prevedere quello che farà il sindacato ma spero ardentemente che arrivi una risposta positiva in modo da poter partire il 15 dicembre con una stagione regolare da 72 partite“.
Non particolarmente entusiasti della proposta ricevuta, Derek Fisher e Billy Hunter hanno così risposto in coro:
“Non ci sono stati progressi sufficienti per arrivare a un accordo e questo e’ molto deludente visto che noi tutti vogliamo tornare a giocare. Sicuramente questa non e’ la miglior offerta del mondo ma abbiamo il dovere di proporla ai rappresentati delle squadre“.
Il tempo corre e lunedì diventa un giorno cruciale in attesa che poi martedì si arrivi al tanto sospirato lieto fine!
Tira aria di tempesta in NBA. Il sindacato dei giocatori, addirittura con qualche ora di anticipo sulla scadenza effettiva, hanno rifiutato la proposta dei proprietari, l’ultimatum che il commissioner David Stern aveva posto agli atleti qualche giorno fa e che prevedeva la spartizione quasi paritaria degli introiti della Lega, con il 51% che sarebbe andato nelle tasche delle Star NBA ed il 49% agli owners. Ovviamente dopo questi ultimi avvenimenti non si prospetta nulla di buono ed il lockout pare destinato a protrarsi ancora per molto tempo, alcuni parlano addirittura per tutta la stagione 2011/2012. Una dura presa di posizione quella dei giocatori che mandano un chiaro messaggio a Stern ed ai proprietari, pensiero che viene spiegato dalle parole di Derek Fisher, rappresentante degli atleti:
“Il nostro pensiero è chiarissimo. Al momento, l’offerta messa sul tavolo dalla NBA non è accettabile. Continueremo a discutere e a portare avanti quello che per noi rappresenta una giusta causa al fine di trovare un accordo economico corretto e che faccia crescere il movimento. E senza questo tipo di decisioni che per noi sono indubbi miglioramenti, il nostro movimento non crescerà e non credo si riuscirà a trovare un punto di incontro. I giocatori sono chiaramente preoccupati perché vorrebbero tornare a fare ciò che più amano ma allo stesso modo desiderano anche andare avanti a negoziare per portare a casa un risultato importante. Ma non lo si può fare accettando tutto ciò che ci viene chiesto dai proprietari delle franchigie quasi noi fossimo la parte debole alla quale deve essere imposto un ultimatum.”
Sono comunque presenti dissidi anche all’interno del sindacato con alcuni atleti che spingono per firmare l’accordo e tornare a giocare. In primis Paul Pierce, stufo dell’atteggiamento dei suoi rappresentanti e principale promotore della decertificaton, ovvero lo scioglimento del sindacato: al suo fianco ci sarebbero circa 200 atleti, numero sufficiente per avviare le pratiche di scioglimento (è richiesto, per farlo, il 30% degli iscritti), una questione spinosa che dovrà essere valutata attentamente da Fisher ed Hunter che forse stanno tirando troppo la corda nella questione della divisione dei proventi. Proprio il fatto di doversi “guardare” su 2 fronti (interno ed esterno) potrebbe portare il playmaker dei Lakers a chiedere un nuovo incontro ai proprietari per cercare un nuovo tipo di accordo che si aggira sul 53% degli introiti totali, ma da ciò che trapela dagli ambienti NBA sono proprio gli owners che forti di questo rifiuto al loro ultimatum pretenderebbero ora loro il 53% della “torta”, con l’inserimento nel nuovo contratto di salary cap hard e rinnovi contrattuali dei giocatori più corti e molto meno pesanti a livello di bilancio. Una situazione molto complicata, per nulla risolvibile in poco tempo e che addirittura potrebbe portare Stern alla cancellazione di altre 2-3 settimane di gare nei prossimi giorni. E la delusione dei tifosi cresce di giorno in giorno…
Sembra arrivata ad un punto di svolta la situazione in NBA per sbloccare o rendere definitivo per il resto della stagione (con buona pace di tutti i fans e degli appassionati) il lockout che ormai attanaglia la Lega da circa 6 mesi. Il commissioner David Stern ha reso noto che entro mercoledì il sindacato dei giocatori dovrà accettare una proposta del 51% sulla spartizione degli introiti, altrimenti la nuova (ed eventuale) offerta sarà al ribasso: non più del 47%, una specie di ultimatum (anche se a bene vedere lo è a tutti gli effetti) che mette alle strette l’associazione degli atleti già fortemente in crisi per via di alcuni dissidi interniche potrebbero portare allo scioglimento del sindacato con pesanti e forse irrimediabili conseguenze. Una presa di posizione netta e chiara quella dei proprietari e di David Stern (come mai era avvenuto in precedenza) che vuole incrinare le certezze del sindacato giocatori che se dovesse continuare a rifiutare le proposte della controparte avrebbe il “merito” di far saltare completamente tutta la stagione agonistica! Queste le parole di Stern dopo l’ultimo incontro:
“Speriamo che il rinvio porti il sindacato a definire la propria posizione e ad accettare l’accordo. Non farò percentuali o previsioni, niente del genere. Vogliamo che i nostri giocatori scendano in campo perché vogliamo avere un campionato“.
A giudicare dalle parole del legale dei giocatori Jeffrey Kessler però è veramente difficile ipotizzare un accordo:
“Non si lasceranno intimidire. Vogliono giocare, vogliono un campionato, ma non sacrificheranno il futuro di tutti i giocatori NBAdavanti a questo tipo di minacce. Derek Fisher non la vede così, Billy Hunter non la vede così, il comitato esecutivo non la vede così…!“
Proprio Fisher con un’ultima dichiarazione non lascia trapelare nulla di buono:
“È un’altra giornata triste per i nostri tifosi e per tutti i lavoratori del settore. Noi abbiamo fatto uno sforzo per provare a concludere l’accordo…“
Un nuovo problema si aggiunge a tutti quelli già presenti nella vertenza tra giocatori e proprietari NBA, un nuovo ostacolo, per niente trascurabile, nella lunga strada che dovrebbe portare alla risoluzione del lockout che sta bloccando il campionato professionistico del basket americano. Molti giocatori non hanno infatti gradito come Derek Fisher e Billy Hunter, rappresentanti dell’associazione giocatori, stiano conducendo le trattative, rei secondo questo gruppo di “discordanti”, di aver concesso troppo alle richieste dei proprietari. Anche a dispetto delle classiche dichiarazioni di facciata della coppia Fisher-Hunter, che allontanano ogni sospetto sulla dissoluzione dell’associazione, le voci provenienti dagli States non lasciano dubbi e dipingono una situazione molto instabile all’interno che può esplodere da un momento all’altro all’ennesima mossa sbagliata dei 2 rappresentanti. La questione è molto rilevante visto che tra questi 50 atleti ci sarebbero anche alcuni All-Star, alcuni dei giocatori più forti della Lega, che quindi sono pronti a lasciare l’associazione mettendo in atto la “decertification” che come logica conseguenza avrebbe la dissoluzione dell’intero sindacato degli atleti. Per mettere in pratica lo scioglimento serve l’appoggio del 30% dei membri, quindi l’ipotesi non è campata in aria. E se tutto ciò avvenisse i singoli giocatori potrebbero fare causa alla NBA nei tribunali competenti per un “lockout non legale”. Sabato nuova riunione, che farà capire molto sul reale stato delle cose, sia tra le 2 parti (atleti contro proprietari), sia nell’associazione dei giocatori.
Per tutti gli appassionati del basket NBA la data del 2 novembre 2011 era cerchiata in rosso sul calendario: nella notte avrebbe dovuto prendere il via l’attesissima regular season con 3 partite affascinanti, con il match tra i Dallas Mavericks neo campioni della Lega ed i Chicago Bulls che avrebbe dovuto prevedere anche la consegna degli anelli per il titolo conquistato qualche mese fa dai texani contro i Miami Heat in Finale, la sfida tra Houston Rockets e gli Utah Jazz e l’incontro tra i Los Angeles Lakers del neo assistant-coach Ettore Messina e gli Oklahoma City Thunder del fenomenale Kevin Durant, la stella della NBA nel prossimo decennio. Ed invece tutto questo rimarrà un programma senza via di realizzazione per via del lockout. Non vogliamo esaminare per l’ennesima volta le colpe, i meriti, i demeriti, le buone intenzioni delle parti in causa (associazione dei giocatori, capitanata da Derek Fisher, da un lato e i proprietari dall’altro, appoggiati dal Commissioner David Stern) vogliamo solo sottolineare il grave danno che questa situazione sta portando a tutti coloro che credono fermamente in questo sport, tutti noi tifosi che siamo pronti a “sacrificare” una fetta importante del nostro tempo per seguire le gesta degli atleti e le sorti delle squadre in nome di una passione innata che ci rende partecipi quotidianamente di uno spettacolo unico, di rara bellezza e che purtroppo per via delle ultime vicende ci lascia molto delusi. Ultimamente si è mosso anche il Presidente degli Stati UnitiBarak Obama, ma anche i suoi consigli sono caduti nel vuoto e tutto è rimasto esattamente come prima, anzi, forse, peggio di prima. La crisi economica che sta attanagliando gli sport americani è evidente ma i fatti degli ultimi mesi ci lasciano in dote una considerazione triste e desolante, ovvero quella che ormai l’unica cosa che conta in ambito sportivo sono i soldi, il denaro e le prospettive di guadagno. Da questa situazione, permetteteci di dire, ne escono male entrambe le parti, i giocatori che attraverso messaggi fiduciosi ai tifosi di voler trovare una soluzione sulla spartizione dei proventi tuttavia dimostrano che il motivo principale delle loro imprese sui parquet sono i ricchi contratti garantiti a cui non vogliono rinunciare per nessuna ragione, ed i proprietari che ora vorrebbero rimediare a tutti gli errori commessi in più di 10 anni di gestione dalla firma dell’ultimo contratto collettivo che ha dato la possibilità di elargire emolumenti principeschi ad atleti che in fondo non se lo meritavano e che ha creato così delle perdite consistenti all’interno del sistema ora non più sopportabili. E’ per questo che esaminando i fatti (che poi sono l’unica cosa che conta in questi momenti delicati) la soluzione, al di là dell’ottimismo di facciata che alcune volte risulta anche indecente perchè prende in giro i tifosi, è ben lontana dall’essere trovata, i più ottimisti sperano che, come già successo nel lontano 1998/1999, la stagione possa partire da gennaio 2012, una regular season “mozzata” che però salverebbe onore e “faccia” ad una Lega che sta perdendo molto, non solo in termini economici ma soprattutto in credibilità! I ben informati parlano addirittura di un anno di stop (come successe nella NHL nel 2004/2005 e che portò alla cancellazione dell’intero campionato), un’ipotesi quasi surreale. Surreale perchè basta dare tranquillamente un’occhiata, su siti specializzati, agli enormi guadagni che alla fine percepiscono le star del basket d’oltreoceano. Una vera valanga di soldi, per carità magari anche ampiamente guadagnati, ma rinunciare a qualche milione e dare un esempio di attaccamento ai valori dello sport sarebbe un gesto alquanto gradito e forse anche doveroso da parte di chi ha fatto le sue fortune (economiche, di immagine e non solo) proprio grazie all’attività sportiva. In molti riusciamo ad andare avanti nella nostra vita con poche migliaia di euro guadagnate nell’arco di un anno, non necessariamente deve esserci l’esigenza di avere uno stipendio milionario e di poter acquistare ogni genere di lusso. Evidentemente così non la pensa chi si è ormai abituato ad un determinato stile di vita al quale non vuole rinunciare anche a discapito di tutte quelle persone (chiamate comunemente fans) che hanno contribuito alle sue fortune. Perchè, ricordiamolo, che uno sport senza seguito non permette di essere pagati lautamente e profumatamente, uno sport senza seguito è più o meno come una macchina bellissima, costosissima e con tutti i comfort ma senza benzina: ovvero inutilizzabile perchè non potrà mai percorrere neanche un metro di strada…
Nella disputa tra proprietari delle squadre NBA e associazione dei giocatori che sta bloccando il regolare svolgimento del campionato, situazione che ha portato come logica conseguenza al lockout, interviene niente meno che il Presidente degli Stati Uniti Barak Obama! L’uomo più potente del Mondo, intervistato da Jay Leno in un famosissimo programma americano, ha pesantemente tuonato contro le parti in causa:
“E’ora che i giocatori e i proprietari delle squadre di NBA pensino di più ai loro tifosi e che si ricordino che devono a loro tutto il successo che hanno avuto. In questi anni hanno guadagnato tutti (sia proprietari che giocatori) milioni di dollari, dovrebbero essere in grado, adesso, di spartirsi una torta da 9 milioni.Hanno bisogno di ricordare a loro stessi che se hanno raggiunto questi numeri di successo è perchè là fuori c’è una massa di gente che ama il basket. Sinora è andato tutto bene, ma dopo questo tipo di serrate, come capita spesso, poi serve molto tempo a risolvere i problemi e far tornare tutto alla normalità“.
La “strigliata” in diretta nazionale (tra l’altro Obama è un grande tifoso di basket, dei Chicago Bulls per essere precisi, oltre ad averlo giocato da giovane) ha provocato subito i primi effetti dato che le parti sono tornate ad incontrarsi con una riunione-fiume di ben 15 ore in cui erano presenti il commissioner David Stern, il vice Adam Silver, i numeri uno di San Antonio (Peter Holt), Minnesota (Glen Taylor) e New York (James Dolan), con i vertici del sindacato rappresentati da Billy Hunter, Derek Fisher e Maurice Evans. Secondo varie fonti, l’accordo è più vicino con un incontro a metà strada legato alla divisione dei proventi della Lega: ai giocatori spetterebbe il 51,5%. Si cercherà inoltre, in caso di esito positivo su questo accordo verbale, di lasciare intatto il calendario NBA senza tagli, quindi con una stagione regolare da 82 partite (in caso di inizio stagione ai primi di dicembre), ovviamente con una frequenza delle sfide molto più ravvicinata rispetto alla normale programmazione. Un vero tour de force per i giocatori che saranno chiamati ad uno sforzo quasi sovraumano come quello di giocare quasi ogni sera una partita senza in pratica mai riposare! Queste le parole del commissioner all’uscita dagli uffici:
“La riunione è stata produttiva, non escludo una stagione a 82 gare, anche se dipenderà da molti fattori. Cercheremo di disputare una stagione con il maggior numero di gare possibili. Oggi abbiamo lavorato bene, dobbiamo fare lo stesso domani“.
Non resta che sperare in un felice esito delle trattative.
Nulla di fatto nell’incontro svoltosi nella serata americana (durato oltre 7 ore) tra proprietari delle squadre NBA e rappresentanti dei giocatori che si erano dati appuntamento per cercare un accordo per porre fine al lockout che sta paralizzando il basket d’oltreoceano ormai da diversi mesi. L’ennesima fumata nera non fa presagire nulla di buono, ufficialmente sono state cancellate le prime 2 settimane di regular season, 100 incontri totali (che non verranno recuperati ovviamente) per un danno complessivo da 85 milioni di dollari circa.
“Nonstante tutti gli sforzi profusi non siamo comunque stati in grado di trovare un accordo con il sindacato che permettesse alle 30 squadre di giocare tutto il campionato e garantire il giusto guadagno ai giocatori. Ogni giorno che passa dobbiamo guardare a ulteriori riduzioni. Il gap è così significante che in questo momento non basta un ponte per eliminarlo. Lontani in tutto, abbiamo un golfo che ci separa“
Ha spiegato il Commissioner David Stern in un’intervista.
“Arrivare a questo punto non fa felice nessuno. Purtroppo si è verificato ciò che noi stessi avevamo più volte anticipato. E’ un peccato soprattutto per i tanti tifosi, loro non hanno voce in questa disputa, ma li sentiamo comunque. Loro vogliono il basket, e noi amiamo giocare a basket. Però così è impossibile farlo“.
Questa la risposta di Derek Fisher, il presidente del sindacato giocatori. Una situazione non facile come ha tenuto a precisare il vice di Stern, Adam Silver:
“La Lega potrebbe perdere centinaia di milioni di dollari!“.
Billy Hunter invece sottolinea le perdite possibili anche per i giocatori:
“I giocatori ci rimetteranno 350 milioni di dollari per ogni mese di stop. Se i proprietari pensano che tutto finirà dopo che i giocatori non riceveranno lo stipendio per un mese o 2 credo che questo si rivelerebbe un terribile errore perchè non sarà così“.
Ovviamente le prospettive di salvare la stagione restano minime perchè la distanza tra le parti è molta e un accordo non sarà assolutamente facile da trovare.