Tag: Dallas Mavericks

  • Dirk Nowitzki pronto a sbarcare in Europa

    Dirk Nowitzki pronto a sbarcare in Europa

    Dopo l’ennesimo buco nell’acqua nelle trattative tra associazione dei giocatori e dei proprietari NBA per cercare di porre fine al lockout che paralizza da oltre 130 giorni la Lega, anche Dirk Nowitzki inizia a guardarsi attorno per cercare una squadra con cui giocare per questa stagione.

    Dirk Nowitzki | © JANEK SKARZYNSKI/AFP/Getty Images

    Se infatti entro fine anno non verrà trovata un’intesa sul contratto collettivo (cosa ormai molto remota dopo l’ultimo rifiuto dei giocatori e la conseguente azione legale nei confronti dei proprietari per abuso di posizione dominante) l’ala dei Dallas Mavericks, squadra campione in carica, ha espresso il desiderio di trovare una sistemazione altrove per mantenere il suo stato di forma.

    • Spero che le parti raggiungano comunque un accordo e che possa partire il campionato, anche se magari più corto rispetto al normale. Ma non posso rimanere fermo per un’intera annata e a fine anno penserò a un nuovo club per il resto della stagione“.

    Queste le parole dell’asso tedesco alla “Bild”.

    E’ Difficile un suo ritorno in Germania (a lui sono interessati Bayern Monaco, Alba Berlino e Bamberg) più possibile un futuro tra Cina, Spagna o Turchia dove economicamente ci sarebbe più disponibilità per un campione come lui.

  • NBA: Nonostante il lockout ecco il calendario 2011/2012

    NBA: Nonostante il lockout ecco il calendario 2011/2012

    La NBA ha reso noto il calendario per la stagione 2011/2012 che prenderà (in teoria) il via il primo novembre. Il tutto è condizionato però dal lockout che sta bloccando completamente ogni movimento delle squadre da circa un mese e che secondo molti esperti non avrà una fine breve, con l’alto rischio di far saltare tutto il prossimo campionato. Per scongiurare questo rischio e far partire la regular season nei tempi previsti i proprietari ed i giocatori dovranno trovare un accordo entro i primi giorni di settembre (molto difficile comunque che ciò accada). Altrimenti si potrà trovare un accordo non oltre l’inizio di gennaio 2012 (ovviamente la stagione sarà ridotta quasi della metà come successe nel 1998/1999). Il termine ultimo è fissato quindi per il 7 di gennaio, senza accordo per quella data la stagione verrà cancellata completamente.  

    nba.com
    La Lega ha tuttavia diramato il calendario ufficiale, 82 partite per ogni team per un complessivo di 1230 match. Come già detto l’apertura è prevista l’1 novembre ed in campo scenderanno 6 squadre per 3 partite con i campioni in carica dei Mavericks impegnati nella difficile sfida con i Bulls. A completamento del primo giorno altri 2 incontri molto interessanti con i Rockets che faranno visita ai Jazz ed i giovani e promettenti Thunder in trasferta sul parquet dei Lakers chiamati a riscattare la deludente ultima annata.   Sfide da non perdere il giorno di Natale con una classica come New York Knicks-Boston Celtics, la rivincita della finale 2011 Dallas-Miami e Lakers-Chicago. Per il “Martin Luther King Day” del 16 gennaio lo spettacolo è assicurato: si inizia con Bulls-Grizzlies, per poi continuare con Thunder-Celtics e finire con Lakers-Mavericks. Per quanto riguarda i derby italiani il programma è questo: Belinelli sfiderà Gallinari per 4 volte (27 novembre e 9 marzo a Denver, 6 gennaio e 1 febbraio a New Orleans), mentre il “Gallo” incontrerà Bargnani il 27 gennaio in Colorado e il 30 marzo a Toronto, l’ultimo derby tricolore, quello tra il “Mago” e Belinelli è fissato per il 18 dicembre (a New Orleans) e per il 29 febbraio (in Canada). La stagione regolare terminerà, secondo il calendario appena uscito, il 18 aprile: dopo pochi giorni il via ai playoff, ovviamente il tutto sotto stretta condizione di trovare un accordo al più presto tra le parti in causa.

  • Dirk Nowitzki sarà agli Europei in Lituania

    Dirk Nowitzki sarà agli Europei in Lituania

    Dirk Nowitzki, stella della nazionale tedesca e dei Dallas Mavericks in NBA, ha assicurato che sarà ai nastri di partenza dell’Europeo che si disputerà dal 31 agosto al 18 settembre 2011 in Lituania. La presenza dell’ala teutonica era in forte dubbio ma ora la situazione sembra essere cambiata anche per via del lockout NBA che permetterà a tutti i giocatori che hanno un contratto con una squadra della Lega americana di riposarsi per qualche mese in più.

    © DON EMMERT/AFP/Getty Images
    Queste le parole del numero 41 dei Mavs in un’intervista ad un giornale tedesco:

    • Sembra proprio che agli Europei ci sarò. Non voglio che gli altri miei compagni perdano l’occasione di partecipare alle Olimpiadi e voglio giocare“.

    Prima però Nowitzki  deve rimettersi a posto dal punto di vista fisico:

    • Perchè partecipi all’Europeo è necessario che mi curi. Infatti da settimane mi trascino un virus influenzale e non giocherò se la mia salute è a rischio“.

    La Germania, va ricordato, è inserita nel gruppo B con l’Italia di Simone Pianigiani, e con Serbia, Francia, Lettonia e Israele. Un ostacolo in più per la giovane formazione azzurra.

  • NBA: I voti della stagione. Southwest Division

    NBA: I voti della stagione. Southwest Division

    Dopo aver esaminato la stagione della Eastern Conference, il viaggio nella NBA prosegue con i voti della Western Conference, partendo dalla divisione più competitiva della Lega, risultati alla mano, ovvero la Southwest Division, dove sono inseriti i neo campioni dei Dallas Mavericks e dove nessuna squadra è arrivata a fine campionato con un record negativo, un raggruppamento che ha “rischiato” di qualificare ai playoff tutte e 5 le formazioni appartenenti alla Southwest (l’unica franchigia rimasta fuori sono stati gli Houston Rockets autori comunque di un grandissima stagione nonostante tante difficoltà affrontate partita dopo partita).

    nba.com

    DALLAS MAVERICKS: 10. Non poteva esserci un voto diverso per i nuovi campioni NBA, autori di un’ottima stagione regolare (stesso record dei Lakers, con 57 vittorie e 25 sconfitte, che detenevano il titolo ed eliminati proprio dai texani con un secco 4-0 ai playoff) e di una post season ancora più straordinaria che ha messo in evidenza un gioco di squadra sublime. Nonostante il brutto infortunio al ginocchio subìto da Caron Butler (out per tutta la stagione), pedina fondamentale nel gioco di coach Carlisle, i Mavs hanno comunque trovato le risorse per andare avanti. Dallas in trasferta è stata la migliore squadra del campionato (28 vittorie e 13 sconfitte, assieme ai Miami Heat, l’altra finalista) e il trend è stato mantenuto anche nei playoff (unica squadra capace di vincere a Miami, per ben 2 volte, su di un campo fino quel momento imbattuto). La forza dei texani è stata anche il grande carattere dimostrato nei momenti difficili, e non è un caso che nei decisivi quarti periodi Dirk Nowitzki e compagni abbiano operato clamorose rimonte che hanno portato vittorie insperate. Non c’è ombra di dubbio che il team che ha fatto sudare più di tutti gli altri i neo campioni del Mondo siano stati i Portland Trail Blazers (nel primo turno dei playoff), ma alla fine anche loro si sono arresi allo strapotere biancoblu. Il titolo conquistato 2 settimane fa è il giusto riconoscimento soprattutto per 2 giocatori che meritavano di vincere qualcosa nella loro carriera NBA che finora era stata poco generosa, stiamo parlando di Jason Kidd, 38enne playmaker che nei playoff ha dato prova di poter insegnare ancora basket a ragazzini in alcuni casi più giovani di lui anche di 15 anni, con una regìa perfetta, e Dirk Nowitzki, ala tedesca dal talento assoluto, 215 centimetri di tecnica pura, atleta pericoloso tanto vicino a canestro quanto letale dalla distanza. Il ciclo dei Mavericks non è destinato a durare data l’alta età media della squadra, ma sicuramente anche nel prossimo anno Dallas potrà dire la sua, poi probabilmente si penserà al rinnovamento di una squadra che nel bene o nel male ha fatto la storia della Lega dato che dal 2000 il team non ha mai disputato una stagione al di sotto delle 50 vittorie (clamoroso il campionato 2006-2007 in cui i Mavs ebbero un record stratosferico di ben 67 vittorie e sole 15 sconfitte, sole 5 vittorie in meno del record dei Bulls di Michael Jordan, per poi ritrovarsi fuori al primo turno dei playoff per mano dell’ultima squadra qualificata per la post season, i Golden State Warriors!). Al momento, però, ciò che dice la storia è che sono loro la squadra da battere…

    HOUSTON ROCKETS: 7. Altra stagione difficile per i Rockets sempre a causa degli infortuni, tuttavia il carisma, la bravura ed il lavoro di coach Rick Adelman (allenatore fin troppo sottovalutato) hanno portato Houston ad un record positivo di 43 vittorie e 39 sconfitte, perdendo l’accesso ai playoff per una manciata di successi. E’ indubbio che i meriti siano in gran parte dell’allenatore che ha saputo motivare un gruppo di giocatori solidi ma non eccezionali, impartendo un gioco spumeggiante e divertente, ma in alcune occasioni si sono visti tutti i limiti dell’organico che non era sicuramente di primo piano. Gli ultimi infortuni di Yao Ming, con 2 fratture da stress ai piedi hanno messo a rischio la carriera del centro cinese di 227 centimetri (fuori ormai da almeno 2 stagioni!), un atleta su cui la franchigia texana dovrà fare le proprie riflessioni. Mezzo voto in meno perchè la dirigenza in questa offseason ha optato per non rinnovare il contratto ad Adelman, l’artefice principale del bel gioco e dei successi del team, una scelta inspiegabile per molti punti di vista. Anche per questo motivo il futuro a Houston non pare poi così roseo.

    MEMPHIS GRIZZLIES: 8. Grande stagione per i Grizzlies culminata con l’accesso ai playoff dopo 4 campionati fatti per lo più di delusioni. Memphis non solo è riuscita a vincere la prima partita playoff della sua storia (nei 3 precedenti i Grizzlies avevano subito 3 sweep, ovvero 4-0 secchi contro le avversarie) ma addirittura ha eliminato la testa di serie numero 1 della Western Conference, i San Antonio Spurs, dimostrando le grandi potenzialità del team per il futuro. Nonostante un avvio di regular season in sordina, gli “Orsi” pian piano si sono ripresi, arrivando sul finale di stagione al massimo della forma fisica ed a farne le spese sono stati, come già detto, gli Spurs. Nel turno successivo però la franchigia del Tennessee si è inchinata a Kevin Durant ed ai suoi Thunder, ma il campionato disputato dai Grizzlies è stato ottimo ed è la base di partenza per un grande futuro. Già dal prossimo anno ci si aspetta un miglioramento evidente, sempre che la dirigenza, con scelte scriteriate (come successo in passato, vedere la trade di Pau Gasol con i Lakers!) non smembri una formazione che è pronta, se non per scrivere la storia della NBA, quantomeno la propria!

    NEW ORLEANS HORNETS: 8. Era molto difficile per gli addetti ai lavori pronosticare una stagione dignitosa per gli Hornets, ma la squadra della Louisiana ha un pò sorpreso tutti (i dubbi non erano legati al quintetto di partenza, di sicuro livello, quanto alla panchina, una delle più povere della Lega). New Orleans è stata la prima squadra NBA a dare fiducia al nostro Marco Belinelli, dandogli un posto da titolare fisso, e la guardia italiana ha ripagato come ha potuto lo spazio affidatogli da coach Monty Williams, disputando tutto sommato un campionato più che sufficiente. Ciò che ha tagliato le gambe agli Hornets è stato l’infortuno del leader realizzativo David West ad una ventina di partite (scarse) dalla fine della regular season: un brutto infortunio ai legamenti del ginocchio che ha menomato i “Calabroni” sia dal punto di vista della leadership che dal punto di vista dello “score” dato che West è un giocatore da almeno 20 punti di media per partita. La già povera panchina non ha potuto sopperire all’assenza e tutto ciò ha influito nella sfida del primo turno playoff contro i Lakers che comunque hanno faticato più del dovuto contro Chris Paul e compagni (chissà come sarebbe finita con West in campo). Il futuro però non promette bene per New Orleans che rischia di perdere il leader Paul, attratto sempre di più dal progetto dei Knicks, a cui per completare l’opera manca proprio un playmaker. Si apre un bivio per la dirigenza che deve decidere se dare via il suo numero 3 per ricavare qualcosa di buono in cambio (ed i Knicks possono dare Billups e qualche altro buon giocatore) oppure perdere poi il giocatore gratis nella prossima Estate del 2012 dato che Paul va in scadenza. Insomma sarà decisivo il comportamento della dirigenza anche se a limitare il raggio d’azione c’è il fatto che gli Hornets sono di proprietà della Lega e qualsiasi mossa sul mercato potrebbe generare polemiche da parte degli altri team. Sempre che gli Hornets vengano tenuti a New Orlenas: è alto il rischio che la squadra venga spostata in un’altra città per via della crisi economica cittadina che non porta alcun guadagno alla franchigia.

    SAN ANTONIO SPURS: 7. Tritasassi in regular season (con un record di 61 vittorie e 21 sconfitte, superati solo all’ultima giornata dai Chicago Bulls come migliore squadra della Lega), proprio al termine della stagione regolare gli Spurs si sono ritrovati in crisi fisica il che ha permesso agli avversari dei Memphis Grizzlies di avere facilmente il predominio nella sfida del primo turno playoff, chiusasi sul 4-2 ma che avrebbe potuto riservare anche un 4-0 sfavorevole ai neroargento). Il voto dunque è la naturale media tra il 9 per la grande stagione regolare disputata ed il 5 per i deludentissimi playoff che hanno lasciato l’amaro in bocca ai tifosi Spurs ed ha aperto qualche riflessione nella dirigenza che prima o poi dovrà pensare al naturale ringiovanimento ripartendo da zero. Al momento pare che a San Antonio si voglia andare avanti sulla strada della continuità con il passato rimandando di un altro anno la rifondazione ma in molti pensano che questa non sia la scelta giusta. Rifondare partendo da poco e niente alcune volte è doloroso ma può essere la mossa giusta per aprire cicli vincenti. Il prossimo sarà probabilmente l’ultimo assalto al titolo del trio Duncan-Ginobili-Parker, un asse che ha segnato la storia della franchigia texana per tanti anni, lasciando anche l’impressione che a San Antonio abbia giocato l’ala grande (Tim Duncan) più forte della storia della NBA. Sarebbe bello per lui lasciare il palcoscenico principale con un’ultima grande vittoria ma l’emergere delle nuove forze della NBA lascia poche speranze al numero 21 del team neroargento.

    LEGGI I VOTI DELL’ATLANTIC DIVISION

    LEGGI I VOTI DELLA CENTRAL DIVISION

    LEGGI I VOTI DELLA SOUTHEAST DIVISION

    LEGGI I VOTI DELLA PACIFIC DIVISION

    LEGGI I VOTI DELLA NORTHWEST DIVISION

  • NBA: Dwane Casey è il nuovo coach dei Raptors

    NBA: Dwane Casey è il nuovo coach dei Raptors

    I Toronto Raptors di Andrea Bargnani hanno un nuovo allenatore: è Dwane Casey che sostituisce l’esonerato Jay Triano con cui la franchigia canadese ha avuto risultati disastrosi.

    © Doug Pensinger/Getty Images
    Il nuovo coach è stato l’assistente di Rick Carlisle sulla panchina dei Dallas Mavericks dove si occupava prevalentemente della difesa. Il 54enne Casey è stato scelto proprio per la sua bravura nel creare un sistema difensivo eccellente, aspetto del gioco nel quale Toronto ha avuto molti limiti negli ultimi campionati. Il General Manager della squadra, Bryan Colangelo, ha svelato che a sponsorizzare l’arrivo di Casey sulla panchina di Toronto è stato proprio Carlisle subito dopo la conquista del titolo NBA di qualche giorno fa. Casey è stato per lungo tempo assistente allenatore dei Seattle Sonics (precisamente dal 1994 al 2005), mentre negli ultimi 3 anni ha avuto il ruolo di responsabile difensivo dei Mavs di Nowitzki. L’unico precedente su una panchina NBA come head coach è quello con i Minnesota Timberwolves con cui nel 2005-2006 aveva avuto un record di 33 vittorie e 49 sconfitte. Rimasto sulla panchina dei T-Wolves anche nella prima parte della stagione 2006-2007 fu rimosso dal’incarico a metà stagione con un record tutt’altro che disprezzabile di 20 vittorie ed altrettante sconfitte. Sarà da valutare come deciderà di lavorare Casey che dalle prime dichiarazioni si è detto soddisfatto del talento offensivo dei Raptors e di voler dare una sterzata per quanto riguarda l’attenzione in difesa. Un chiaro messaggio anche ad Andrea Bargnani che sicuramente non ha nei fondamentali difensivi il meglio del suo repertorio, sempre che il centro azzurro continui la sua avventura in Canada dato che le voci di trade sono sempre insistenti.

  • NBA Finals: Le Pagelle Dei Miami Heat

    NBA Finals: Le Pagelle Dei Miami Heat

    Dopo aver dato i voti alla squadra Campione, i Dallas Mavericks, passiamo ai perdenti, i Miami Heat, secondo molti i veri favoriti in queste Finals 2011 che sono usciti non solo sconfitti ma anche distrutti dal confronto con i texani.

    DWYANE WADE, 7,5: Finchè regge fisicamente è lui l’unico appiglio della franchigia della Florida. Talento purissimo con un innato senso per il canestro, atletismo ai limiti dell’irreale, per stazza fisica e modo di giocare ricorda più di chiunque altro il più grande giocatore di basket di tutti i tempi, ovvero Michael Jordan. Il problema è che molto probabilmente non è al pari dell’ex fenomeno dei Bulls sul piano psicologico (in primis perchè l’immenso Mike non si lasciava andare a gratuiti siparietti con i compagni finchè la partita non era finita), tuttavia cerca di salvare tutto il salvabile e da questa serie è l’unico che esce con un voto positivo (assieme a Mario Chalmers). La mazzata definitiva alle sue ambizioni ed al suo fisico è inferta da Brian Cardinal che dopo pochi minuti di gara 5 (con la serie sul risultato di 2-2) lo mette KO provocandogli un infortunio all’anca che limita di molto la sua efficacia da quel momento in poi, e Miami affonda irrimediabilmente. Avrebbe avuto un posto di diritto nella “leggenda” se pur infortunato avesse condotto la sua squadra ed i suoi compagni al titolo (così come fece proprio Jordan in passato contro i Jazz, oppure il rivale attuale in questa Finale Dirk Nowitzki che non si è curato del suo infortunio al dito e della febbre in gara 4 risultando anzi sempre decisivo). Nel 2006 era stato proprio lui a svoltare l’inerzia delle Finals sempre contro i Mavs, in gara 3, quando sotto di 13 punti a 6 minuti dal termine e con 2 gare già perse sul groppone, la stella degli Heat diede vita ad uno show che permise alla sua squadra di vincere la partita e successivamente di portare a casa anche le altre 3 chiudendo i conti sul 4-2, diventando l’M.V.P. della serie e portando in Florida un titolo insperato. Sembra passata ora una vita da quel momento anche perchè gli avversari di allora si sono presi, ampiamente, la loro rivincita. Resta l’impressione che sia stato l’unico dei Big Three a non mollare mai.

    MARIO CHALMERS, 7: Se Miami avesse vinto il titolo, la città avrebbe dovuto ringraziare molto di più lui che il tanto osannato LeBron James. Gioca tutte le 6 partite a livello altissimo, è sempre presente nel momento del bisogno, e dimostra di essere molto migliorato perchè da 3 infila canestri a ripetizione ed in questa specialità pare a molti l’unico vero giocatore affidabile. A Dallas buca (sia in gara 3 che in gara 5) per 2 volte la retina avversaria con tiri da centrocampo, poi logicamente il talento non è dei migliori e non può essere lui a risolvere le partite, ma quando viene chiamato in causa fa il suo lavoro ed anche alla grande, Bibby (l’altro play in squadra) esce distrutto dal confronto con lui, sarà il titolare nel ruolo di playmaker per i prossimi anni (sempre che in Florida non decidano di stravolgere tutto). Gran bella sorpresa.

    UDONIS HASLEM, 6: Dopo un lungo infortunio la condizione fisica non può essere al meglio ma pian piano il lungo dei rossoneri riusciva a dare sempre qualcosa in più. L’unico in grado di poter difendere come si deve su Nowitzki (lo dimostra il tiro sbagliato dal tedesco sulla sirena finale di gara 3 con una difesa eccellente del numero 40 di Miami), ma la sua abnegazione non è bastata, troppi compagni di squadra hanno “toppato” nel momento cruciale della serie. Anche lui sarà una pedina importante per gli Heat del futuro. Anche perchè con lui si esauriscono i giocatori di Miami con un voto sufficiente.

    MIKE MILLER, 5,5: Su di lui lo staff dirigenziale della Florida aveva puntato tantissimo in Estate ma le aspettative non sono state rispettate. Lo scorso anno si era dimostrato l’unico giocatore da salvare dei Washington Wizards, ala piccola atipica con una fortissima propensione al rimbalzo e mago nel recupero dei palloni vaganti, eccellente nelle percentuali da 3 punti, buon realizzatore, molto spesso vicino ai 20 punti. E’ stato l’ombra di sè stesso in questa annata e nelle Finals ha dimostrato il suo disagio. Probabilmente gli verrà data una seconda occasione, ma in un’altra squadra renderebbe meglio.

    CHRIS BOSH, 5: Di lui si ricorda un lampo in gara 3, con il jumper decisivo che aveva riportato avanti per 2-1 gli Heat nella serie. Poi scompare nelle successive gare, abbina buoni primi tempi con seconde frazioni di gara da “desaparecidos”: Tyson Chandler non gli concede nulla, farebbe meglio a non “gasarsi” troppo e restare più umile, perchè al momento se la franchigia della Florida dovesse sacrificare una delle 3 stelle, lui sarebbe il prescelto. Alcune volte le cifre non dicono tutto, soprattutto se i punti si mettono a segno all’inizio per poi scomparire nella mediocrità nei finali di gara, dove invece un’altro signore (Nowitzki) si diverte a piazzarne ben 62 negli ultimi quarti.

    MIKE BIBBY, 4: Arrivato a metà stagione per risolvere i problemi in cabina di regia di Miami, non solo non incide ma risulta addirittura dannoso. Per ovviare alle sue mancanze Chalmers deve fare gli straordinari.

    LEBRON JAMES, 4: Mezzo voto in meno perchè alcune volte appare veramente puerile ed infantile nei modi di fare (si veda lo “scimmiottamento” che ha fatto di Dirk Nowitzki con la febbre), un famoso coach della NFL un giorno ha detto: “Qualche volta per avanzare di un miglio, bisogna tornare indietro di un metro”. La sensazione è che lui debba mettere in opera questo insegnamento, ed i motivi sono sotto gli occhi di tutti. E’ il grande sconfitto della serie, non incide come dovrebbe perchè nei finali di gara si limita ad una decina di punti (e poco più) mentre il leader avversario, un tedesco che non ha mai abbandonato la nave con cui era partito per l’avventura NBA, ne infila ben 62 e dimostra cosa vuol dire portarsi e caricarsi una squadra, uno Stato che sogna con le sue prodezze, sulle spalle.
    Dovrà sorbirsi ancora una volta un’Estate di critiche (dopo quelle dello scorso anno per via di “The Decison”), vedremo come ne uscirà, di certo c’è che a 27 anni sulle sue dita non c’è traccia di “anelli” NBA, se prima c’era la scusa che a Cleveland lui doveva fare ogni cosa (segnare, difendere, essere leader, trascinare un’intera città) ora questa scusa non può reggere più perchè a Miami ha tutto ciò che ha sempre sognato. Nel momento in cui Wade si infortuna ci si aspetterebbe che prenda lui il comando delle operazioni ma fallisce miseramente, alcune volte sfiora il ridicolo perchè invece di prendersi le sue responsabilità delega Mario Chalmers come prima opzione offensiva, una cosa che, per quanto abbia giocato bene il buon Mario, non può essere ammessa da un giocatore con il suo talento che ha la nomea di “Prescelto” per succedere a Michael Jordan! Anche Dan Gilbert (proprietario dei Cavaliers che con James si è lasciato malissimo) è riuscito a levarsi un sassolino dalla scarpa: sul social network Twitter la prima cosa che l’owner di Cleveland ha scritto appena finita la Finale è stato un incisivo “nel basket non esistono le scorciatoie!”. Chi vorrà intendere, intenda…

    ZYDRUNAS ILLGAUSKAS, JOEL ANTHONY, ERICK DAMPIER: La batteria di lunghi di Miami risulta a tutt’ora NON PERVENUTA.

    ERIK SPOELSTRA, 5: Esce demolito dal confronto con il rivale Carlisle, prova anche ad imitarlo quando nelle ultime 2 gare rispolvera Eddie House (così come Carlisle aveva piazzato Barea in quintetto al posto di Stevenson) ma ovviamente le mosse vanno studiate prima di essere messe in pratica. Ha il merito di aver costruito un ottimo sistema difensivo, ma la pallacanestro giocata dalla sua squadra nella metà campo degli avversari è orribile, se non fosse per i contropiedi spettacolari che allestiscono i Big Three: gioco statico, assenza totale (o quasi) di schemi, si vedono per gran parte del tempo i famosi “uno contro uno” dei 3 “tenori”. Dallas ha mostrato una circolazione offensiva di palla da manuale, l’attacco dei Mavs è stato il migliore visto nella Lega, ma coach Carlisle ha vinto le Finali dando ai suoi giocatori anche una buona impronta difensiva, cosa che prima, in regular season si era vista poco e niente. Spoelstra non ha saputo essere la suo livello, perchè all’ottima difesa non è riuscito a dare un attacco in grado di essere prolifico. Ecco la vera sconfitta dell’allenatore di Miami.

    LEGGI LE PAGELLE DEI DALLAS MAVERICKS

  • NBA Finals: Le pagelle dei Dallas Mavericks

    NBA Finals: Le pagelle dei Dallas Mavericks

     

    nba.com
    Diamo i voti ai protagonisti delle Finals NBA 2011, iniziando ovviamente dalla squadra Campione, i Dallas Mavericks.   Ed iniziamo, come sembra più giusto, dal giocatore simbolo dei texani, colui che è anche stato eletto M.V.P. delle finali (poco alla volta seguiranno tutti gli altri): DIRK NOWITZKI, 10: Leader vero di una squadra che per 13 anni è stata un’eterna incompiuta, il momento più importante per lui e per il team avviene nell’Estate scorsa quando decide di rinnovare nuovamente il contratto con i Mavericks piuttosto che cercare la “scorciatoia” (come invece ha fatto qualche altra star della Lega!) di andare ad unirsi ad altri campioni per tentare l’assalto al tanto agognato titolo. Scelta giustistissima perchè con i nuovi innesti (Tyson Chandler su tutti) i texani  diventano una formazione forte e competitiva e, come si è visto in questi playoff, sicuramente la squadra con il gioco più lineare e pulito dell’intera NBA. Ma il condottiero è sempre e solo lui, il tedesco di Wuzburg, splendido atleta di 215 centimetri dalla mano favolosa. Straordinario in gara 2 quando è decisivo nella vittoria a Miami, ancora di più in gara 4 quando con un infortunio al dito e quasi 39 gradi di febbre mette KO gli avversari con una prestazione che si avvicina a quella di Michael Jordan (anche lui con 39 di febbre) nella Finale del 1997 sul campo degli Utah Jazz di Stockton e Malone. Niente e nessuno è riuscito, questa volta, a rovinare il suo sogno, ha tenuto una media di 26,5 punti e 9,5 rimbalzi a partita, segnando nei decisivi quarti periodi ben 62 punti! Manca la lode per via dei primi 2 quarti di gara 6 dove ha tirato male (3 punti con 1/12 dal campo) ma ovviamente  rispolvera il suo talento nel finale con 10 punti (sui 21 totali) che sugellano la vittoria biancoblu. Immenso. JASON TERRY, 9,5: E’ lui l’uomo in più quando Nowitzki non può essere presente, è lui il compagno ideale per supportare il tedesco nei momenti decisivi. La guardia nata a Seattle gioca dei playoff di livello assoluto (da leggenda il record NBA per i playoff di 9/10 dalla lunga distanza in gara 4 contro i Lakers, una prestazione che ha spazzato via gli ex campioni e posto fine “all’Era Phil Jackson” con i gialloviola). Non trema mai, sempre sicuro di sè e dei suoi mezzi. Era uno dei 2 reduci (l’altro era Nowitzki) della Finale del 2006 sempre contro gli Heat (serie che però venne persa da Dallas), il desiderio di vendetta era grande e questo lo ha motivato a tal punto da diventare devastante anche per la coppia James-Wade. JASON KIDD, 9: A 38 anni riesce a reggere in marcatura sia su James che su Wade, nonostante i 2 avversari abbiano rispettivamente 12 e 10 anni di meno, dimostra che non serve l’atletismo per limitare chi dell’atletismo fa la propria arma principale (Derrick Rose dei Chicago Bulls, M.V.P. della regular season, a soli 22 anni nella serie precedente aveva sofferto la coppia degli Heat non riuscendo ad opporsi difensivamente, spazzato via dal vigore fisico dei 2 assi di Miami). Una lezione per tutti, dal grande “Giasone”, con 2 movimenti di piede riesce a sbarrare la strada ed a tamponare le giocate “uno contro uno” dei temibili avversari. Abbina a tutto ciò la solita, grande vena di playmaker (un vero piacere guardare la circolazione di palla dei Mavs) e nel momento di piazzare il tiro da oltre l’arco è una sentenza. Titolo stra-meritato anche per lui. J.J. BAREA, 8,5: Prende il posto in quintetto dopo gara 3 con i Mavericks sotto 2-1 nella serie, diventa così importante che non lascia più il posto da titolare ed i texani vincono tutte le altre 3 partite consecutive. La variabile impazzita della serie, un portoricano di soli 175 centimetri che si diverte a fare il bello e cattivo tempo a suo piacimento, quasi non si crede ai propri occhi quando lo si vede sgusciare via nell’area intasata ed affollata da bestioni di 210 centimetri per appoggiare il tiro al canestro, sembra quasi un prestigiatore che fa sparire il pallone e lo fa riapparire nel canestro quando ormai è troppo tardi per fermarlo. Abbina a queste qualità un favoloso tiro da 3 punti che lo rende in pratica indecifrabile per la difesa avversaria. Diventa in definitiva una pedina irrinunciabile nello scacchiere di coach Rick Carlisle. TYSON CHANDLER, 8: Fantastica la storia di questo centro di quasi 2 metri e 20, perchè negli ultimi 3 anni la sfortuna si era abbattuta su di lui e sulle sue caviglie. Dopo essere esploso a New Orleans con Paul e West, gli infortuni convinsero la dirigenza a sbarazzarsi di lui in uno scambio con i neonati Thunder quasi per nulla, ma Oklahoma City dopo le visite mediche lo rispedì al mittente dicendo che non era integro e la sua carriera a forte rischio. Alla fine dell’anno lo presero i Bobcats in uno scambio con Okafor ma a Charlotte non entusiasmò e così dopo solo un anno venne in pratica regalato a Dallas. Qui risorge e in questa prima stagione diventa uno dei centri più affidabili della Lega, presenza intimidatrice in difesa, ottimo rimbalzista in attacco con licenza di schiacciare a piacimento sugli assist di Kidd. La sua favolosa annata si denota dal fatto che nelle ultime 3 partite delle Finals annulla il rivale Chris Bosh in tutti i secondi tempi (dopo che lo stesso Bosh aveva deciso gara 3 con un jumper per il provvisorio vantaggio di 2 ad 1 per Miami nella serie). Copre nel migliore dei modi l’unica lacuna che i Mavs hanno avuto per tutti questi anni, ovvero il ruolo di centro, diventando così essenziale. SHAWN MARION, 7,5: Quando dopo le prime partite di regular season si è infortunato Caron Butler, ala piccola titolare, nessuno poteva immaginare l’importanza che avrebbe avuto Marion in questa stagione. Invece l’ex giocatore di Phoenix, Toronto, e Miami, dato per molti come per finito, si trasforma improvvisamente e diventa parte irrinunciabile del sistema di gioco di Carlisle. In molti dicevano negli anni passati che solo Mike D’Antoni ai Suns era riuscito a renderlo un vero fenomeno, ora si sa che non è così perchè le qualità ci sono, bastava solo avere fiducia in lui, ripaga Dallas nel migliore dei modi possibili con grandi giocate difensive sia su Wade che su James ed in attacco è semplice ed efficace chiudendo con una media punti di 13 a partita. DESHAWN STEVENSON, 7: Da tempo va ripetendo che LeBron James è un giocatore sopravvalutato, oggi gli si deve dare ragione. Le ruggini risalgono a quando era un punto fermo dei Washington Wizards e puntualmente la sua squadra veniva eliminata dai Cleveland Cavaliers del “Prescelto” nei playoff della Eastern Conference. Compie anche lui la sua vendetta nel modo e nel momento migliore possibile, anonimo nelle prime 3 partite quando da titolare non riesce ad opporsi agli avversari, uomo di sostanza quando viene spostato in panchina per far spazio a Barea dopo gara 3. Preciso dalla lunga distanza, da quel momento in poi svolge il suo compito nel migliore dei modi, forse perchè (merito di coach Carlisle) partendo come sostituto svanisce come per magia tutta la pressione che gravava sulle sue spalle. Anche lui diventa un prezioso tassello per il completamento del puzzle. Menzione d’onore a Brian Cardinal, che di talento ne ha ben poco, ma si dimostra un fido gregario quando viene chiamato in causa, soprattutto in difesa dove si può notare la sua durezza ed a farne le spese è Wade che nel primo quarto di gara 5 rimedia un infortunio all’anca che deciderà in negativo le sorti degli Heat. Voto 6,5. Coach RICK CARLISLE, 10: Capolavoro tecnico-tattico-psicologico per questo allenatore che a prima vista potrebbe essere più famoso per la somiglianza con l’attore Jim Carrey che per altre qualità. Nella sua carriera ha dimostrato di poter diventare uno dei migliori ma non è mai stato apprezzato a pieno, in Texas ha trovato la sua dimensione costruendo una squadra splendida nel suo modo di giocare la pallacanestro. Ma il suo genio esce fuori quando capisce che apportando qualche aggiustamento alla difesa (nonostante gli interpreti non siano più ragazzini per l’età) può mandare in confusione Miami. E così avviene, ridicolizza nelle scelte in ogni singolo istante e momento il suo collega Spoelstra, tiene in pugno la serie permettendo psicologicamente ai suoi ragazzi di esprimersi al meglio ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti dato che i suoi giocatori nell’ultimo quarto spesso e volentieri annichiliscono gli Heat con super rimonte. Anche per lui vale il discorso fatto per tutti gli altri, il titolo è ampiamente meritato. Gli auguriamo che sia il primo di una lunga serie, così la sua incredibile somiglianza con Jim Carrey passerà sicuramente in secondo piano. LEGGI LE PAGELLE DEI MIAMI HEAT

  • NBA Finals: La premiazione dei Dallas Mavericks [Video]

    NBA Finals: La premiazione dei Dallas Mavericks [Video]

    nba.com
    Queste le immagini della premiazione dei nuovi Campioni NBA dei Dallas Mavericks. La squadra texana in Finale ha battuta per 4 partite a 2 i rivali dei Miami Heat, secondo molti i veri favoriti nella corsa al titolo 2011. I Mavericks hanno però dimostrato, sopratutto nel corso dei playoff, di non temere nessuno e di essere la migliore squadra tra quelle partecipanti alla post season. Le perle di questa splendida cavalcata sono sicuramente l’eliminazione degli ex campioni dei Los Angeles Lakers, schiantati in semifinale di Conference con un netto ed inequivocabile 4-0 (sommersi sotto una miriade di tiri da 3 punti) e proprio la serie di Finale contro Miami che ha messo in atto la vendetta dei texani contro la squadra che 5 anni fa riuscì a ribaltare una serie che pareva ormai segnata ed a prendersi il titolo di Campioni proprio ai danni dei Mavs. Miglior modo, per scacciare via i brutti ricordi, non poteva esserci per Dirk Nowitzki (eletto M.V.P. delle Finali) e compagni. LEGGI L’ANALISI DI GARA 6 [jwplayer config=”120s” mediaid=”81040″]

  • NBA Finals: Top 5 Miami Heat-Dallas Mavericks [gara 6]

    NBA Finals: Top 5 Miami Heat-Dallas Mavericks [gara 6]

    Ecco le migliori 5 azioni di gara 6 delle Finals NBA tra Miami Heat e Dallas Mavericks. La partita è stata vinta da Dallas che grazie al successo ha conquistato il punto decisivo che ha messo fine alla serie di Finale, che si è chiusa sul 4-2 in favore dei texani.

    Per la prima volta nella loro storia i Mavs si laureano campioni NBA, un successo aspettato per tanto tempo, ottenuto proprio contro i rivali di 5 anni fa che beffarono proprio i Mavericks in una delle Finali più pazze finora mai viste.

    Vittoria ampiamente meritata per Dallas che ha dimostrato in questi playoff di essere la squadra più forte. Delusione in casa Heat, soprattutto per LeBron James che ancora una volta (anche con una squadra diversa dai Cavaliers) manca l’assalto al tanto desiderato titolo.

    LEGGI l’ANALISI DI GARA 6

    [jwplayer config=”120s” mediaid=”81024″]

  • NBA Finals: Highlights Miami Heat-Dallas Mavericks [gara 6]

    NBA Finals: Highlights Miami Heat-Dallas Mavericks [gara 6]

    Questi gli highlights di gara 6 delle Finals NBA 2011 tra Miami Heat e Dallas Mavericks.

    La vittoria è andata alla squadra del Texas, che ha battuto gli avversari ed ha conquistato il punto decisivo che ha messo fine alla serie di Finale, che si è chiusa sul 4-2 in favore di Dallas.

    Per la prima volta nella loro storia i Mavs si laureano campioni NBA, un successo aspettato per tanto tempo, ottenuto proprio contro i rivali di 5 anni fa che beffarono proprio i Mavericks in una delle Finali più pazze finora mai viste.

    Vittoria meritata per Dallas che ha dimostrato in questi playoff di essere la squadra più forte. Delusione in casa Heat, soprattutto per LeBron James che ancora una volta (anche con una squadra diversa dai Cavaliers) manca l’assalto al tanto desiderato titolo.

    LEGGI L’ANALISI DI GARA 6

    [jwplayer config=”120s” mediaid=”81004″]