Tag: Curiosità

  • Juve, Paratici è ad Oporto. Occhi puntati su Rolando

    Juve, Paratici è ad Oporto. Occhi puntati su Rolando

    Il ds della Juventus Fabio Paratici è stato avvistato allo stadio Do Dragao di Oporto per assistere al quarto di finale di Europa League tra i padroni di casa del Porto e i russi dello Spartak Mosca.

    Il braccio destro di Marotta seguirà da vicino il centrale difensivo della nazionale portoghese Rolando, classe ’85, che è sul taccuino di diversi club europei e uno dei principali obiettivi dei bianconeri per rinforzare la rosa nella prossima stagione.

  • Juve alle prese con un nuovo giallo Buffon

    Juve alle prese con un nuovo giallo Buffon

    Proprio quando sembrava che i rapporti si fossero ricuciti completamente e che questo avesse fatto in modo di allontanare qualsiasi voce riguardante una sua cessione, in casa Juve si torna a fare i conti con un nuovo caso Buffon il cui futuro, dopo 10 anni trascorsi in bianconero, non è mai stato così lontano da Torino come in questo momento.
    In realtà gli attriti e le frizioni tra il portiere e la dirigenza non sono mai stati superati, anche quando il capitano della Nazionale è rientrato dal lungo stop forzato e causato dalla delicata operazione alla schiena subìta immediatamente dopo l’eliminazione dell’Italia agli ultimi Mondiali riprendendosi il suo posto, tenuto fin lì in caldo da Storari, indiscusso tra i pali della Juventus. O per lo meno indiscusso secondo i tifosi e un pò per tutti ma non per Del Neri e per Marotta che non hanno fatto i salti mortali per salvaguardare la posizione di Buffon, anzi, mettendolo addirittura più volte sullo stesso piano del suo vice Storari.

    Nelle scorse settimane si era parlato di un interessamento della Roma nei suoi confronti con Thomas DiBenedetto che annunciava un grande colpo per presentarsi ai suoi nuovi tifosi giallorossi. E il fato ha voluto proprio che Buffon saltasse l’importantissima sfida di campionato con la Roma, cosa che ha fatto subito pensare ad un malanno diplomatico e indotto gli addetti ai lavori a parlare di rapporto ormai consumato con la Vecchia Signora con inevitabile addio alla maglia bianconera al termine di questa stagione per abbracciare il progetto dell’imprenditore americano. Solo una banale tonsillite invece ha fatto sapere la società attraverso un comunicato ufficiale spegnendo qualsiasi voce di mercato.

    Pare invece che alla base dell’assenza del Gigi nazionale nell’ultima giornata ci siano dei guai fisici peggiori e in particolare riguardanti la schiena operata lo scorso luglio. E lo dimostra il fatto che Buffon non sarà disponibile neanche per l’impegno di domenica prossima contro il Genoa, il che va tutto a vantaggio di Storari che spera di convincere tecnico e dirigenza a puntare su di lui in futuro.

    Nonostante Marotta abbia parlato di rinnovo con il procuratore Silvano Martina, Buffon potrebbe chiedere ufficialmente di essere ceduto non sentendosi più tutelato come una volta mentre la dirigenza, constatate le sue precarie condizioni fisiche, potrebbe pensare di sacrificarlo sul mercato per cercare di monetizzare quanto più possibile dalla sua cessione. Insomma un divorzio cercato da entrambe le parti perchè tra Buffon e il duo Del Neri – Marotta non è mai scoccata la scintilla. Nel frattempo il portiere continua ad allenarsi in palestra a Vinovo ma bisognerà capire quanto sia grave questo fastidio per dare qualche elemento in più sulla vicenda e la ripercussione che potrebbe avere sul mercato. Il mistero continua….

  • Extracomunitari, i club spingono per il secondo

    Extracomunitari, i club spingono per il secondo

    Nello scorso mese di Luglio, la decisione voluta dal presidente della Federcalcio, Giancarlo Abete di ridurre il numero degli extracomunitari tesserabili dai club italiani da due ad uno, era stata assunta come possibile rimedio della crisi d’identità del calcio italiano, sull’onda del post fallimento del Mondiale di Sud Africa 2010, e sull’esigenza di dare una svolta in una situazione difficile.

    La decisione in questione, però, non è mai stata condivisa dai club, che – nelle parole di Maurizio Beretta, presidente della Lega di serie A – esprimevano nello scorso mese di Luglio il loro grande disappunto: “Riteniamo che questa conclusione lasci l’amaro in bocca e non risolva i problemi del calcio italiano. E’ solo fumo negli occhi e rischia di essere il cosiddetto topolino partorito dalla montagna. La nostra posizione spingeva per restare con la situazione esistente, con la volontà di varare un progetto organico a più largo respiro. Non condividiamo questo approccio, perché il mercato è già aperto e si rischia di creare problemi a diverse società. Gli extracomunitari, tra l’altro riguardano quasi esclusivamente proprio i club del massimo campionato”.

    Il provvedimento voluto da Giancarlo Abete, anche in accordo con il presidente dell’Associazione Allenatori Sergio Campana, era indirizzato ad una maggiore valorizzazione dei vivai italiani, limitando gli innesti degli stranieri nei club, per risollevare il movimento calcistico in un momento di aperta crisi. 

    Ancora oggi, però, a distanza di diversi mesi, quella decisione non pare gradita alla gran parte dei presidenti, ed in particolar modo a Maurizio Zamparini e Lotito, grandi scopritori di talenti stranieri e soprattutto sudamericani. Ma anche gli altri club continuano a criticare tale decisione, ritenendola una delle possibili cause della ridotta competitività delle squadre italiane nelle coppe Europee, problematica risolvibile esclusivamente adoperando le medesime regole degli altri club continentali, unico modo per poter duellare ad armi pari.

    In particolare, Adriano Galliani, Beppe Marotta e Pantaleo Corvino (sostenitore del completo accesso al mercato degli extracomunitari) risultano essere i più determinati contestatori della regola, ed appaiono fermamente convinti nel voler affrontare la questione e risolverla, per ritornare dalla prossima stagione alla quota di due extracomunitari tesserabili, e poter accedere, così, più agevolemente ai mercati sudamericani ed africani per rafforzare i propri organici.

    Nel prossimo consiglio federale, dunque, la questione potrebbe essere affrontata, ed i principali club appaiono ottimisti in merito ad una risoluzione positiva: infatti, fonti vicine sia al Milan che alla Juventus sostengono la fiducia in tal senso di Adriano GallianiBeppe Marotta.

    Non è casuale, comunque, la scelta della tempistica per sollevare la spinosa questione in consiglio federale. La mancanza di competività dei nostri club nelle competizioni europee appare chiara proprio in questi giorni, anche sull’onda negativa della pesantissima sconfitta casalinga dell’Inter (2-5) subita nella partita di andata dei quarti di finale della Champions League contro lo Shalke 04, ma anche constatando l’eliminazione precoce di Roma e Milan dalla Champions League (già agli ottavi di finale) e la totale assenza delle squadre italiane dalle fasi finali dell’Europa League.

    L’eliminazione o la riduzione dei paletti sugli extracomunitari potrebbe essere la chiave di volta per ritornare ad essere protagonisti del calcio europeo e mondiale come accadeva in passato? Probabilmente no, ma – nella confusione generale del nostro sistema calcio – qualunque provvedimento innovatore potrebbe apparire risolutore: anche una decisione che innovatrice non è, poichè consisterebbe nel ripristinare lo status quo della scorsa stagione.  

  • La ripicca del Benfica: il Porto è campione ma si spengono le luci dello stadio [video]

    La ripicca del Benfica: il Porto è campione ma si spengono le luci dello stadio [video]

    Caduta di stile in casa Benfica dopo la partita persa in casa contro il Porto che permette ai Dragoes di laurearsi campioni di Portogallo. Al termine dei 90 minuti gli uomini di Villas Boa erano pronti a festeggiare la conquista del titolo ma nello stadio di Lisbona pensano bene di spegnere i riflettori lasciando letteralmente al buio giocatori e tifosi presenti sugli spalti (al settimo minuto del video). E, ciliegina sulla torta, in campo vengono aperti gli irrigatori, tutto questo per rovinare la festa al Porto campione con 5 giornate d’anticipo. Ma da come si può vedere nel video sottostante ci sarebbe voluto ben altro per rovinare i festeggiamenti.

  • Rangnick “ho battuto l’Inter grazie ad Allegri”

    Rangnick “ho battuto l’Inter grazie ad Allegri”

    Ralf Rangnick è l’eroe del momento. L’allenatore dello Schalke 04 è diventato un idolo in Germania accrescendo esponenzialmente il numero dei suoi sostenitori dopo la lezione di calcio impartita all’Inter davanti agli ottantamila di San Siro.

    Rangnick si dice da sempre allievo di Arrigo Sacchi svela oggi di esser riuscito a batter l’Inter grazie alle intuizioni di Allegri nel derby “Ho fatto bene a recarmi a San Siro sabato sera per assistere al derby, mi sono reso conto che l’Inter pressava poco a centrocampo e lasciava molti spazi. Ho detto ai miei ragazzi che avevano l’occasione della loro carriera per dimostrare di essere campioni e li ho catechizzati bene sul fatto di tenere la linea difensiva alta e di pressare bene il centrocampo dei nerazzurri. E’ stata una scelta che fortunatamente si è rivelata esatta…”.

    Dopo i tanti elogi ricevuti nel post derby dal tecnico milanista arriva dunque una ulteriore promozione che non fa altro che accrescere l’autostima del tecnico e avvalora la tesi di Berlusconi che in estate silurò Leonardo accusandolo di non saper metter in campo la squadra e preparare la partita.

  • Serse Cosmi: la mia verità sul Palermo

    Serse Cosmi: la mia verità sul Palermo

    Dietro ogni esonero, così come dietro ogni divorzio, si celano sempre malumori e recriminazioni, dettate dalla rabbia, dalla delusione e dal malcontento per la fine di un qualcosa in cui si era creduto.

    Con Zamparini, gli esoneri degli allenatori in panchina sono un fattore più che abituale, al punto che, spesso, non fa in tempo ad “affezionarsi” ad un progetto, che già viene rivoluzionato. Questa volta, è stato il turno di Serse Cosmi, esonerato dalla panchina del Palermo dopo la sconfitta per 4 a 0 nel derby contro il Catania.

    Il tecnico, però, anche in virtù del suo forte carattere, non sembra rassegnato a voler esser considerato l’unica causa di una tale debacle, ed ha rivelato i retroscena di un ambiente incandescente come lo spogliatoio rosanero, ripercorrendo le diverse tappe della sua breve parentesi Palermitana, decidendo di esporre la sua versione dei fatti per rispetto dei tifosi, che hanno diritto di conoscere la verità.

    Serse Cosmi, così, rivela di essersi sentito in discussione fin dalla prima partita contro la Lazio, persa, nonostante le sue responsbilità fossero limitate in tale circostanza, in quanto, al suo arrivo pochi giorni prima del match, aveva trovato una squadra scioccata dall’esonero di Delio Rossi, ed uno spogliatoio tutt’altro che unito.

    Ma, nonostante le numerose difficoltà, il suo lavoro, fatto di entusiasmo e determinazione, aveva iniziato a dare dei risultati positivi, culminati nella sorprendente vittoria contro la capolista Milan al Barbera. Dopo pochi giorni, però, anche a causa degli impegni dei nazionali, il fattore psicologico sul quale il tecnico aveva tanto lavorato, si è sfaldato nuovamente.

    Ecco perchè appare lecito domandarsi quali siano le reali cause di una tale fragilità, ed ecco il retroscena svelato da Cosmi: “Domenica mattina, prima del derby, alle 10 il presidente Zamparini mi chiede la formazione. Gli dico che sta fuori Pastore e gioca Miccoli. Si arrabbia, per l’esclusione del Flaco e anche più per la presenza di Fabrizio. Abbiamo una discussione molto violenta”.

    L’oggetto del contendere, dunque, pare proprio Fabrizio Miccoli: l’attaccante salentino è legato a Cosmi da un sentimento di vera amicizia, oltre che legatissimo alla maglia del Palermo. Pertanto, venuto a conoscenza della situazione molto tesa – da vero capitano – decide di farsi da parte per non incrementare la miccia delle polemiche fra l’allenatore ed il presidente. Cosmi, quindi, all’ultimo momento decide di schierare Hernandez. Ma, afferma Cosmi,  “La squadra sa tutto. Come può entrare in campo serena?”

    Serse Cosmi, però, tiene a precisare la sua infinita stima nei confronti di Pastore, ed il relae motivo della sua esclusione, legata esclusivamente ad una condizione fisica non perfetta: “Era stato 12 giorni con la nazionale, già non era in grande condizione. In allenamento l’ho visto giù. L’ho fatto per tutelarlo, rinunciare a Pastore per capriccio sarebbe un suicidio, non l’avrei mai fatto”. Inoltre aggiunge: “E’ un diamante puro. Gli manca l’ultimo salto: farsi amare dai compagni. Per ora lo ama il presidente”.

    Sorprendentemente, però, nonostante il litigio burrascoso con Zamparini, Cosmi afferma di non avere nulla da recriminare nei suoi confronti ed, al contrario, lo ringrazia: “Lo ringrazio perché mi ha dato una grande occasione. Alla fine è stato il più coerente. E il suo Palermo, per organizzazione e staff, è il capolavoro di un uomo intelligente. Sa bene che può lamentarsi delle mie scelte, non della qualità del mio lavoro. Chi pensa che io sia un parvento, confronti la mia carriera con quella di altri”.

    La maggiore delusione, invece, proviene dal silenzio dell’Associazione degli allenatori, che ha ritenuto opportuno non esporsi a difesa del tecnico, nonostante appaia chiaro come la causa del contendere sia stata la forte interferenza del presidente Zamparini nelle scelte tecniche. “Il nostro è un mondo di ipocriti, ci mettono uno contro l’altro e noi ci stiamo. Il ruolo dell’allenatore deve recuperare dignità. Zamparini ci ha messo sul piatto un’occasione d’oro. Nessuno ha fiatato: normale che un presidente voglia fare la formazione? L’Assoallenatori latita. Solo una battuta di Ulivieri neppure originale perché era di Ballardini: “Ringraziamo Zamparini che ci dà tanto lavoro”.

    Delusione, dunque, ma anche voglia di ripartire, anche dal basso, dai giovani: “Spero di ripartire con un bel progetto e di lavorare con i giovani. Preferisco allenare uno che vale 0 e portarlo a valere 40 milioni piuttosto che uno che 40 milioni li vale già”.

  • Dalla “Leomuntada” alla crisi: Leonardo si era dimesso

    Dalla “Leomuntada” alla crisi: Leonardo si era dimesso

    Dal paradiso all’inferno in soli 4 giorni. Il momento dell’Inter è sintetizzabile in queste poche parole, visto che nel momento più importante della stagione la squadra meneghina ha fallito due sfide cruciali in maniera clamorosa. Storicamente l’ambiente nerazzurro è facilmente esaltabile nei momenti di gloria e altrettanto facilmente isterico nei momenti più difficili, soprattutto sul fronte tifosi. Dopo la scorpacciata di trofei dell’era Mourinho i supporter interisti hanno individuato in Leonardo il colpevole degli scivoloni nerazzurri nel derby e in Champions e quello che doveva essere l’uomo della “Leomuntada” è diventato improvvisamente capro espiatorio di una stagione un pò storta, sempre in relazione a quelle degli anni passati.

    Il tecnico brasiliano è uscito visibilmente turbato da questa settimana infernale, tanto da pensare alle dimissioni dall’incarico assunto solo pochi mesi fa. L’implicita ammissione arriva dal presidente Moratti che nelle sue dichiarazioni ha lasciato trapelare il momento difficile dell’allenatore: ” Lui è incerto sul suo futuro? Lo dice perché è una persona onesta, ma spero che non faccia cose strane e che resti“. Leonardo ha avuto la possibilità di allenare due grandi squadre come Milan e Inter, ma si può dire che come allenatore sia alle prime armi e probabilmente non è in grado di affrontare le pressioni di un ambiente diventato ormai esigente, visto che gli interisti non sono più abituati a perdere.

    E se è vero che la squadra che allena solo pochi mesi fa dominava in Italia e in Europa, è anche vero che da giugno in poi qualcosa è cambiato dalle parti di Appiano Gentile, con uno spogliatoio in fermento dopo la partenza dello “Special One”, le tante voci di mercato intorno ai “big” della squadra e zero acquisti durante la sessione estiva. Se anche uno come Benitez (non certo un brocco) ha avuto i suoi problemi, forse la colpa non è tutta di Leonardo.

  • LeBron James diventa azionista del Liverpool

    LeBron James diventa azionista del Liverpool

    LeBron James, stella NBA dei Miami Heat, da molti ritenuto il numero 1 della Lega, è diventato azionista di minoranza del Liverpool entrando a far parte della Fenway Sports Group, la società proprietaria del club inglese di calcio (inoltre controlla anche i Boston Red Sox squadra molto importante della Major League di baseball).

    Il numero 6 degli Heat è diventato azionista dopo aver firmato un accordo di collaborazione tra la LRMR (la società creata da James col suo manager, Maverick Carter), e la cordata del New England capeggiata da John Henry e Tom Werner.

    Proprio Werner ha dichiarato dopo aver reso noto l’accordo:

    • “Crediamo che questa sarà una collaborazione forte tra la FSM e LeBron. Ci sono pochi atleti che possono eguagliare il suo impatto globale, la sua fama e il suo status di autentica icona. Siamo molto contenti che LeBron farà parte della famiglia del Liverpool. LeBron e il Liverpool hanno una forte presenza internazionale, in particolare in Asia, ma sentiamo che ci porteranno opportunità di business nuove che non potrebbero essere sviluppate da sole ma soltanto grazie all’unione di questi brand”.

    Questa invece la dichiarazione rilasciata da James ai giornalisti:

    • “Sono entusiasta di lavorare con John Henry e Tom Werner. Questi ragazzi, come me, hanno la passione per lo sport. Potete vedere l’unità e l’impegno che hanno per le loro squadre. Essere in affari con una organizzazione che ama lo sport tanto quanto me è fondamentale in questo accordo”.

    La Fenway Sports Group comunque non ha rivelato i termini economici dell’accordo.

  • Libertadores: Ganso illumina, Neymar gol in “maschera”. Video

    Libertadores: Ganso illumina, Neymar gol in “maschera”. Video

    Era una partita da vincere e il Santos c’è riuscito mettendo da parte contestazioni e incomprensioni interne superando con un primo tempo sontuoso i cileni del Colo Colo. Sotto osservazione ovviamente i talenti Ganso e Neymar ma anche il prossimo genoano Ze Eduardo.

    Il fantasista brasiliano nonostante le accuse dimostra di tenerci alla Libertadores facendo vedere tutte le sue qualità e confermando che gli infortuni sono ormai un ricordo. Ganso entra in tutte le azioni decisive, ma le reti portano la firma di Elano su calcio di punizione, Danilo in una azione tutta di prima. Il sigillo decisivo arriva in avvio di ripresa con Neymar, il sogno della Juventus segna una gran gol con pallonetto sul difensore ma poi esulta con la maschera e si fa espellere.

    Il Santos perde la testa, conclude la partita in nove per l’espulsione di Ze Eduardo mentre dalla panchina viene allontanato Elano e il Colo COlo va vicina al pari chiudendo la partita sul 3-2.

  • Lazio, non si placa l’ira di Lotito: sarà panolada

    Lazio, non si placa l’ira di Lotito: sarà panolada

    La partita di domenica scorsa, nel mezzogiorno di fuoco del San Paolo – non solo dal punto di vista metereologico – contro il Napoli, ha lasciato in casa Lazio uno strascico di polemiche non ancora sopito, dopo il gol annullato – ingiustamente – a Brocchi (la palla era entrata oltre la linea di porta dopo aver colpito la traversa), ed il rigore fischiato – e molto contestato – per fallo su Cavani, poi realizzato dallo stesso attaccante uruguagio per il momentaneo pareggio. Soprattutto in virtù della conseguente sconfitta per 4 a 3 così maturata, che ha allontanato la Lazio dalla zona quarto posto valida per la qualificazione in Champions League, obiettivo stagionale ormai apertamente dichiarato.

    Sotto accusa, dunque, l’arbitraggio di Banti, aspramente contestato dal presidente Lotito, che nella giornata di lunedì si è recato proprio dal numero uno della Federcalcio, Giancarlo Abete, per esporre duramente le proprie ragioni. “Serve uniformità di giudizio, non c’è più certez­za delle regole. Non conte­sto gli arbitraggi, ma tanti e troppi episodi in questo ca­so hanno penalizzato la La­zio così tanto. Non chiedo favori, ma solo il rispetto delle regole, voglio essere giudicato per i meriti e devo tutelare un club quotato in Borsa. Entrare o meno in Champions League signifi­ca incassare o non incassa­re 25 milioni di euro“.

    Di certo la protesta pare legittima, ma non è corretto adoperare la linea del vittimismo, lasciando intendere che la squadra biancoceleste sarebbe stata vittima di una persecuzione arbitrale nel corso della presente stagione.

    Il presidente Figc, dal canto suo, ha replicato alle parole di Lotito, sottolineando come il match Napoli – Lazio non abbia fatto emergere elementi di particolare rilevanza, fermo restando che negli errori arbitrali non bisogna vedere la famigerata “malafede”, ma la semplice possibilità della svista umana.  “Con il presidente della Lazio ho parlato lunedì in federazione. Dal mio punto di vi­sta, quanto è successo dopo Napoli-Lazio, fa parte della normale dialettica“. Il presidente federale è poi tornato a parlare dell’argomento nel corso del seminario inter­nazionale organizzato dal Coni dal titolo ‘Progetto Ta­lento’: “Nicchi ha suggerito la magistratu­ra? Per qualunque problema bisogna ri­volgersi alla Procura Federale, noi puntiamo sui nostri organismi interni“.

    Il presidente dell’Aia Nicchi, chiamato in causa sull’argomento, ha sottolineato, poi, l’importanza dell’introduzione di importanti novità in tema arbitrale, come i sussidi tecnologici oppure il “giudice di linea”, di cui si parla da diversi anni per evitare i cosiddetti “gol fantasma” ma la cui attuazione sembra un lontano miraggio, nonostante le dichiarazioni di apertura in merito dello stesso Sepp Blatter, finora il principale ostacolo a tale innovazione. Nicchi ha dichiarato la sua apertura in merito: “Si va verso i due arbitri dietro le porte. E’ un dibattito, questo, che sarà rilanciato in occasio­ne della competizione per il rinnovo della prossima presidenza Fifa“.

    Il presidente del Coni Gianni Petrucci si è espresso, in linea con Abete, a difesa della classe arbitrale, anche per tentare di smorzare il clima di velenose polemiche, soprattutto in vista del finale di campionato che si preannuncia già infuocato: “Difendo sempre la ca­tegoria arbitrale. Conosco bene gli sforzi che sta facen­do il presidente Lotito per la Lazio e per questo motivo ne comprendo l’amarezza: ma io sto con le regole. Vo­glio anche dire che stimo Lotito, perché rappresenta una novità positiva per il calcio italiano“.

    Nonostante i tentativi di sedare il malcontento percorrendo la strada della diplomazia, oltre al canale “ufficiale” di protesta percorso dal presidente Lotito, anche i tifosi laziali sono pronti a dimostrare apertamente il loro disappunto, fermamente convinti che la squadra di Reja sia stata penalizzata eccessivamente dai fischietti, in due diverse modalità. La prima, rivolta direttamente al “Palazzo”, con una lettera di proteste indirizzata proprio alla Federcalcio, la seconda – molto più suggestiva e “ad effetto” – da mettere in scena nel corso del prossimo match di campionato, in programma domenica pomeriggio all’Olimpico contro il Parma, mettendo in atto la più classica delle proteste pacifiche: la “panolada”.