La Corte di Cassazione ha ribaltato le sentenze di primo e secondo grado che avevano decretato la condanna di Antonio Carlino, il pusher reo di aver venduto una partita purissima di cocaina che ha causato l’overdose letale al “Pirata”. “Assolto perché il fatto non sussiste”, questa la definitiva conclusione che ha sancito la Suprema Corte in una delle pagine più tristi della storia del ciclismo italiano e mondiale. Il sostituto procuratore generale della Cassazione Oscar Cedrangolo aveva chiesto l’annullamento senza rinvio della parte più pesante della condanna di Carlino relativa all’accusa di omicidio come conseguenza di altro reato, e aveva invece chiesto la conferma della condanna per lo spaccio. Ma la Cassazione ha annullato entrambe. Cedrangolo, comunque, aveva messo in evidenza la mancanza di prove a carico di Carlino rilevando che non aveva comunicato a Miradossa e Veneruso il domicilio di Pantani e inoltre non sapeva che il campione di ciclismo da poco e per un pelo era stato salvato da un’altra overdose. “È la fine di un incubo”, così Fabio Carlino, l’ex titolare di una agenzia di ragazze immagine di Rimini, ha commentato la sentenza della Cassazione che lo ha scagionato da ogni accusa nella vicenda della morte di Marco Pantani. Mentre è molto duro il commento di Tonina, la mamma di Marco sulla sentenza: “È una vergogna, non c’è giustizia, anzi, è stata fatta ancora una volta dell’ingiustizia, quanto accaduto è incredibile. Non esiste giustizia, in Italia si possono rovinare le persone e poi farla franca. Eravamo certi di vincere, ma io non mi abbatto. Ci sono aspetti inspiegabili di tutta questa vicenda, dentro di me c’è una tristezza enorme” Forse non sapremo a chi attribuire le responsabilità della morte di Marco Pantani, ma sicuramente un po’ tutti dovremmo recitare un mea culpa per aver abbandonato nel momento del bisogno una persona dimostratasi fortissima fisicamente, ma purtroppo molto fragile psicologicamente tanto da abbandonarsi alla compagnia letale dell’unica “amica” rimastagli in quella triste notte del 14 febbraio del 2004.
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Calciopoli, Lotito e Della Valle sospesi per “non onorabilità”
Claudio Lotito e Diego Della Valle, a meno di diverse decisioni in secondo grado di giudizio, non potranno essere considerati i presidenti di Lazio e Fiorentina, avendo perso il requisito di “onorabilità” – necessario per ricoprire tale carica, ai sensi dell’articolo 22 bis del Noif, le Norme organizzative Interne della Federcalcio, e dell’articolo 9 del Regolamento della Lega Nazionale Professionisti – poichè condannati per frode sportiva in primo grado dal giudice Teresa Casoria del processo a Calciopoli. Nella fattispecie in questione, il Tribunale di Napoli, infatti, ha deciso, nei giorni scorsi, le condanne di un anno e tre mesi per i vertici della Fiorentina, Andrea e Diego Della Valle e Sandro Mencucci – amministratore delegato del club Viola – e per il presidente laziale Claudio Lotito. Nel caso della Fiorentina, il fratello di Diego Della Valle, Andrea Della Valle, non corre, invece, alcun rischio di sospensione dal proprio incarico, in quanto presidente onorario e, quindi, non coinvolto in ruoli operativi. In casa Lazio, invece, il Presidente Lotito – oltre alla condanna ed alla sospensione – rischia di perdere anche il diritto di far parte del consiglio federale di Lega e Figc. Nonostante ciò, però, tali provvedimenti rischiano di essere esclusivamente delle condanne formali, che impediranno le trattative fra Lotito, Della Valle ed i tesserati delle rispettive società, ma – in sostanza – i due resteranno comunque proprietari dei rispettivi club, lasciando gli aspetti gestionali e dirigenziali ai propri fidati delegati. Sia il presidente Lotito che il presidente Della Valle, hanno, però già annunciato che presenteranno immediatamente ricorso, sia per la questione della sospensione dalle cariche ufficiali, sia per la questione strettamente legata alle condanne inflitte dal Tribunale di Napoli. In tale direzione, inoltre, appare rilevante ricordare come i legali dei due presidenti coivolti si siano dichiarati assolutamente fiduciosi circa la possibile assoluzione in secondo grado, dopo i 135 giorni necessari per presentare ricorso, ostentando sicurezza e dichiarando che “non son neppure necessarie ulteriori prove a discarico”
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Moggi condannato. Il “così fan tutti” non ha pagato
Calciopoli è finita? Il processo di Napoli si è concluso con la condanna di Luciano Moggi e la conferma di una associazione a delinquere che mirava a stravolgere il normale corso del campionato italiano di calcio. Sono passate più di 24 ore e pur non avendo ancora chiaro su quali siano le reali conseguenze del dispositivo emesso dal giudice Casoria presso il Tribunale di Napoli sono riuscito a convincermi dell’idea, che tra l’altro mi accompagna da ormai tanti mesi, di qualche errore di valutazione della strategia difensiva di Luciano Moggi. Parliamoci chiaro, per quasi tutti Calciopoli era Moggiopoli e il processo avrebbe avuto un vincitore o un vinto solo e soltanto per l’assoluzione o condanna di Luciano Moggi. Per come è partito e si è sviluppato il processo gli altri membri, pur appartenenti alla “cupola” erano soltanto di contorno, accessori per l’una o l’altra tesi. Buttato in prima pagina come il male assoluto, l’uomo che orchestrava a tavolino gli scudetti Big Luciano ha iniziato una battaglia personale nei confronti dei suoi accusatori, sovraesponendosi in salotti televisivi nazionali e locali gridando, più che la sua innocenza, la colpevolezza di altri. La difesa degli avvocati Prioreschi e Trofino si incentrata infatti principalmente su altre intercettazioni che hanno evidentemente dimostrato una prassi consolidata e comune ma che non hanno in nessun modo smentito la condotta di Moggi. L’encomiabile lavoro di Nicola Penta è servito a far saltare fuori non una verità parziale come quella disegnata dal colonnello Auricchio e perorata da Narducci, Beatrice e Capuano ma pur alleggerendo la posizione di Moggi in senso assoluto non è r . In un processo penale la prova “del cosi fan tutti” non fa che perorare la tesi dell’accusa. Non sono un avvocato, non ho nessuna esperienza giuridica ma sono un attento osservatore ed è facilmente dimostrabile che in tutti i processi dove l’imputato vuol trasformarsi in accusatore finisce per pagare. Moggi ha portato a galla nuove verità, ha fatto capire che di quel calcio e forse anche di quello attuale non c’era e non c’è niente da salvare ma obiettivamente al giudice Casoria che si trovava a decidere sulle colpe di Moggi e della presunta cupola poteva interessare la colpevolezza di Moratti o Facchetti? L’avvocato Morescanti, ad esempio, forse perchè non disponeva delle risorse di Moggi per sbobinare le intercettazione o semplicemente per strategia difensiva, ha invece difeso i suoi evidenziando la parzialità delle intercettazioni portate dall’impossibilità di esser realmente contestualizzate senza saper quelle precedenti e successive. Onestamente pensavo che dalle stanze di Napoli ci fosse una sentenza differente tanto per la mancanza di prove certe quanto per un dibattimento che ha smantellato ad ogni udienza una tesi dell’accusa e anche per questo son curioso di legger le motivazioni della sentenza. Per Moggi e gli altri imputati adesso ci sarà la possibilità di far appello e di dimostrare questa volta di non aver tenuto nessun comportamento rilevante. La partita sportiva non si è chiusa e non si chiuderà mai. Le prove sono nella ridicola esultanza della Juventus alla sentenza, nelle accuse di Palazzi all’Inter e Moratti e sopratutto nella consapevolezza che chi doveva salvaguardare il calcio all’epoca dei fatti è ancora in sella.
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Calciopoli: Tutti colpevoli in primo grado
Fine primo atto. Con la sentenza di Napoli si chiude, almeno per il primo grado di giudizio, il processo di una delle pagine più tristi della storia del calcio di casa nostra. Cinque anni sono passati da quando il polverone colpì la squadra più titolata del nostro campionato e i suoi dirigenti, cinque anni da quando si richiedeva la testa del capo di quella cupola che stando alle accuse, e alle condanne, pilotava gli esiti delle partite e delle intere stagioni nazionali, a favore delle proprie squadre. Di inchiostro e di parole, intercettate e non, ne sono scorse a fiumi, ma la verità a tutt’oggi e nonostante le pesanti condanne è lontana dall’essere rivelata. Questo è un mio personale parere e come tale opinabile, un parere prima che da tifoso, da amante dello sport, della competizione, di quel calcio che esalta e unisce, che fa gioire e piangere, di quello pulito che forse nostalgicamente penso non tornerà più, se non nelle fantasiose speranze dei milioni di “pallonari” come me. Ma veniamo ai fatti, le sentenze del processo napoletano di Calciopoli sono state pesanti e hanno tenuto poco conto delle scottanti rivelazioni fatte dalla parte difensiva e uscite nel corso delle udienze in questi mesi: 5 anni e 4 mesi al “Boss” Big Luciano Moggi, uno sconto di soli 4 mesi rispetto alla richiesta del pubblico ministero per l’ex Dg della Juventus, che paradossalmente è stata dichiarata innocente nelle responsabilità oggettive a lei ascritta; gli ex designatori arbitrali, Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, sono stati condannati rispettivamente a 3 anni e otto mesi e un anno e 4 mesi; Lotito e Della Valle ad un anno e tre mesi. Fra questi per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva sono, proprio l’ex dirigente bianconero, riconosciuto dal Tribunale di Napoli come promotore, e i presunti partecipi: Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, l’ex vicepresidente della Figc Innocenzo Mazzini, gli ex arbitri Massimo De Santis, Salvatore Racalbuto, Paolo Bertini, Antonio Dattilo. Assolti per non aver commesso il fatto o perchè il fatto non sussiste: Marcello Ambrosino, Enrico Ceniccola, Mariano Fabiani, Maria Grazia Fazi, Silvio Gemignani, Gennaro Mazzei, Pasquale Rodomonti e il giornalista Ignazio Scardina. «È una pagina mortificante per la giustizia, combatteremo in appello» forse queste le parole più pesanti del post sentenze, parole ad opera dell’ex arbitro Massimo de Santis, condannato ad 1 anno ed 11 mesi, ma che come gli altri imputati condannati ha fame di mostrare la propria verità. Già la verità, in tempi come i nostri una chimera, che uno sport poteva rendere meno difficile da raggiungere e che è stata insozzata da un sistema in primis e da una giustizia sommaria e poco credibile in secundis. Tutti colpevoli è vero, tutti colpevoli dagli imputati agli accusatori, colpevoli di aver distrutto e disintegrato un gioco, ma la speranza si sa è l’ultima a morire e forse domani potremo continuare a scrivere di quanto è stato bello il gol di Tizio o il gesto tecnico di Caio, senza aver il sospetto che poteva esserci fuorigioco e premeditazione, il resto si sa son solo chiacchere da bar.
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Sentenza Calciopoli, inizia il countdown e si mobilitano le tv
In Italia i processi di cronaca negli ultimi anni hanno monopolizzato le televisioni proiettate oramai in una sorta di deprecabile “tv del dolore” con drammi umani e familiari vivisezionati dalle telecamere e date in pasto agli spettatori ad ogni ora del giorno e della notte. Il Processo a Calciopoli a dire il vero dopo il tam tam iniziale con i presunti mostri spiattellati in prima pagina ha poi subito una sorta di proibizionismo dando forse l’esito già per scontato. E’ stato per merito della difesa di Moggi ma anche dalle novità proveniente dal Processo Telecom che ha cominciato pian piano ad acquisire popolarità fino all’exploit, in parte mitigato per il possibile crollo del governo Berlusconi, previsto per questa sera. Dopo udienze in cui è stato difficile recuperare informazioni questa sera si annunciano talk show e dirette per una sentenza che potrebbe stravolgere ancora una volta il nostro calcio. Rai Sport infatti ha annunciato una diretta da Napoli a partire dalla 19:15, Premium Calcio un approfondimento con ospite e collegamenti dal capoluogo campano per le 20:30. L’ultima udienza, quest’oggi, è iniziata dalle picconate dell’avvocato Trofino passate dalla lettura di alcune intercettazioni che riguardavano Franco Carraro, Paolo Bergamo ed anche l’attuale presidente di Lega Giancarlo Abete fino alla deposizione del consulente Telecom al processo che confermano lo spionaggio ai danni dei dipendenti bianconeri. Il pm Capuano, l’unico superstite, ha invece ribadito la tesi della cupola riportando come esempio i sorteggi arbitrali e le ammonizioni su commissione ai diffidati. Il presidente Abete ha annunciato che la Figc non commenterà la sentenza questa sera ma aspetterà le motivazioni “Grande rispetto per le decisioni del Tribunale di Napoli ma questo e’ il primo grado di giudizio, che poi avra’ un seguito. E c’e’ gia’ una sentenza pronunciata in relazione della richiesta di rito abbreviato di alcuni dirigenti”
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Calciopoli, Moggiopoli o Farsopoli? Oggi il verdetto
A meno di nuovi e clamorosi rinvii quest’oggi dalle stanze del Tribunale di Napoli ci sarà il verdetto di primo grado al Processo a Calciopoli. Una sentenza che potrebbe stravolgere ulteriormente le gerarchie del nostro campionato riabilitando chi da ormai cinque è messo alla gogna e individuato come il male assoluto del nostro calcio. Il castello accusatorio nel corso di questo lungo dibattimento è stato minato dalle incertezze delle deposizione di chi secondo l’accusa doveva esser il testimone cardine ma non ha fatto desistere i pm che nella loro arringa hanno chiesto per Moggi e Co l’associazione a delinquere oltre che la frode sportiva. Le indiscrezioni che si susseguono in questi giorni parlano di una parziale riabilitazione degli accusati con il proscioglimento dalla grave accusa di associazione a delinquere facendo però restare il capo d’accusa di frode sportiva. In molti altri invece sono fiduciosi e ipotizzano un assoluzione con formula piena per la mancanza di prove certe. E’ da poco finita l’arringa dell’avvocato Trofino che ha ovviamente parlato delle conferme di spionaggio da parte dell’Inter ai danni della Juventus confermate nei giorni scorsi da una testimone nel corso del processo a MIlano. Il legale di Moggi ha poi letto nuove intercettazione che dimostrano il filo antiJuve di Carraro e le pressioni dell’allora presidente della Lega Calcio e dell’attuale, Abete per salvare la Fiorentina. Ancora poche ore dunque e vedremo se come è capitato spesso in questi anni il mostro sbattuto in prima pagina è venuto poi assolto.
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Joe Frazier, il campione gentiluomo combatte per la vita
Nella sagra delle banalità e dei luoghi comuni si scriverà e si dirà che “è arrivato il match più importante da vincere contro l’avversario più duro”. Per una volta, però, è davvero così. Il leggendario Joe Frazier, dopo aver battuto e sconfitto i più grandi pugili della storia deve combattere per la vita. E’ affetto da un male tremendo, un tumore al fegato, ed in queste ore lotta tra la vita e la morte. «Le sue condizioni sono gravi, serve un miracolo», ha confidato una fonte vicina a Frazier al New York Post. Come ha fatto in carriera, però, venderà cara la pelle e lotterà fino a quando il suo corpo conserverà l’ultima stilla di energia. Non si arrende mai ‘Smokin’ Joe’ come non si arrendeva mai sul quadrato. Una carriera costruita sulla classe infinita e sul talento diamantino che Madre Natura gli aveva donato. Dotato di una forza brutale, ed in particolare di un devastante gancio sinistro, portava a segno con eleganza e maestria i suoi colpi prima di chiudere la guardia ed incassare in attesa di sferrate una nuova raffica. Ne sa qualcosa l’altra leggenda dei suoi tempi, Muhammad Ali al secolo Cassius Clay. Gli incontri tra i due furono duelli epici, rivisitazioni moderne in chiave sportiva dello scontro finale tra gli omerici Achille ed Ettore, che rappresentano l’apice ineguagliato e forse ineguagliabile del pugilato. Dei tre incontri con Alì quello del 1975 a Manila è considerato il “match del secolo”: il cosiddetto “Thrilla in Manila”, più ancora del ‘Rumble in The Jungle’ tra lo stesso Alì e George Foreman, resta scolpito nella memoria come un match drammatico che vide i pugili combattere con enorme ardore e senza risparmiarsi un istante fornendo un affresco di rara bellezza tecnica per l’enorme coraggio dimostrato dai due immensi campioni. Un uomo contro un altro uomo sul ring dando l’impressione di essere disposti a morire pur di restare in piedi. Sarà questo lo spirito con il quale Joe combatterà anche l’ultima battaglia per conquistare l’alloro più importante. La scheda di Joe Frazier: – 32 vittorie (27 prima del limite), 4 sconfitte e 1 pareggio. Vinse il 73% dei suoi incontri per KO. – detentore del titolo di campione del mondo dei pesi massimi – oro olimpico a Tokyio 1964 – eletto Fighter of the year (pugile dell’anno) dalla rivista americana Ring Magazine nel 1967, 1970, 1971. L’incontro del 1973 tra Frazier e Foremann [jwplayer config=”180s” mediaid=”103731″]
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Alluvione Genova, Genoa e Samp si mobilitano
La Liguria è in ginocchio dopo la seconda alluvione in quindici giorni che ha devastato anche il capoluogo portandosi via purtroppo anche sei vite tra cui quelle di due bambini. Una tragedia annunciata per molti mentre non preventivabile per la protezione civile. Sicuramente ci sarà il tempo per capire cause e possibili colpevoli adesso però è l’ora della solidarietà e in Italia è subito partita la macchina degli aiuti. Le due squadre di Genova da posizione pivilegiata senisbili al disastro e al disagio della popolazione ligure pare si stiano muovendo per dar il loro aiuto tangibile ai soccorsi. Il patron del Grifone, Enrico Preziosi, già per la partita contro l’Inter aveva deciso di devolvere l’intero incasso agli alluovionati adesso, dopo il secondo disastro è il ds Capozucca ad adoperarsi di comunce accordo con i dirigenti della Samp per dar il proprio contributo “E’ un’idea che è già stata messa sul tavolo: ho sentito anche i dirigenti della Samp e sarebbe davvero bello fare un derby amichevole, oppure unire addirittura le due squadre per giocare contro una big europea. Sicuramente qualcosa faremo, anche con la Sampdoria, che in questo momento è un alleato e non un avversario”. “C’è grande amarezza perchè sapevamo delle difficili condizioni meteorologiche, ma non pensavamo che sarebbe potuto succedere tutto ciò. Ci sono sei vittime, di cui due bambini, e il dolore è ancora maggiore. In società sono tutti sconvolti, a partire dal presidente che ieri era venuto a far visita alla squadra – prosegue il ds rossoblù – Lui stesso aveva detto che era inopportuno giocare questa partita, per tutto quello che è successo e non solo per le difficili condizioni della zona”.
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Cassano, intervento riuscito. Lunedi a casa, in campo tra 6 mesi
E’ durato poco più di mezzora l’intervento al cuore di Antonio Cassano. L’attaccante rossonero ricoverato da domenica al Policlinico di Milano dopo un aver accusato un malore di ritorno dalla trasferta di Roma. L’operazione necessaria per scongiurare il ripetersi dell’attacco e garantirgli quindi un proseguo di carriera senza problemi. L’operazione condotta dal prof Carminati si è svolta in anestesia locale ed è servita per inserire un “ombrellino” atto a coprire il forellino tra i due atri del cuore. “La procedura è andata molto bene, è stata molto rapida. Non c’è stato alcun problema, tutto è andato per il meglio” – ha detto Carminati – Questa non è una procedura chirurgica, ma di emodinamica interventistica di chiusura del forame ovale. E’ stata punta la vena femorale, da lì è stato introdotto un catetere fino all’interno del cuore, per posizionare un ‘dispositivo occlusore’, ovvero un ombrellino che chiude la comunicazione anomala che esisteva tra i due atri”. Il decorso e la terapia “Antonio sta bene. Durante l’intervento era sereno e tranquillo. Ha affrontato la realtà che gli è capitata con coraggio” ha aggiunto il direttore dell’unità operativa di neurologia del Policlinico di Milano “Il fantasista rossonero ha sopportato bene questa piccola manovra di tipo interventistico alla quale è stato sottoposto e ora può guardare al futuro con serenità. Adesso il prossimo passo saranno i controlli necessari per vedere se tutto procede per il meglio e poi, forse già nel fine settimana – ipotizza Bresolin – la dimissione dall’ospedale. Ma prima di tutto dovrà essere sottoposto a un ecocardiogramma per verificare il corretto posizionamento del cosiddetto ‘amplatzer’, il sistema di chiusura del foro fra gli atri destro e sinistro del cuore del calciatore” Dopo le dimissioni dall’ospedale cassano dovrà riposare da tre a cinque settimane per poi iniziare un periodo recupero e potrà tornare all’atività agonista tra 5-7 mesi.
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Genoa-Inter a rischio per il nubrifagio in Liguria
I nerazzurri guidati da Claudio Ranieri, dopo la vittoria in Europa dovranno verosimilmente aspettare l’occasione del riscatto in campo nazionale, poiché nonostante la sfida contro il Genoa fosse in programma per domenica all’ora di pranzo, arrivano le prime notizie di un possibile rinvio del match in merito al maltempo che si starebbe abbattendo in Liguria e in particolar modo sul capoluogo colpito da veri e propri nubifragi. Le ultime news parlano di un’esondazione del torrente che attraversa la città il Bisagno, con imminente chiusura dell’autostrada. Strade d’accesso bloccate e condizioni assolutamente proibitive per l’ok al match di campionato. Si profila dunque, con molta probabilità un rinvio del match di domenica tra rossoblu e nerazzurri. Queste le parole a dell’assessore regionale alla protezione civile, Renata Briano, al termine della Giunta, in merito all’attuale situazione in Liguria e nella città di Genova, e al possibile peggioramento delle prossime condizioni meteorologiche: “Le prime piogge sono iniziate questa notte, colpendo in modo intenso fortunatamente una zona davanti a Portofino in mare e da questa mattina hanno interessato il levante, con Camogli e il suo entroterra e Recco e ora si stanno abbattendo sulla città di Genova. Dopo i primi allagamenti si stanno verificando alcune esondazioni che riguardano il torrente Fereggiano e lo Sturla. Mentre il torrente Bisagno, al momento, è a livello di attenzione nella zona davanti alla Questura dove per la turbolenza si è portato via un pezzo di cantiere”. L’allarme è in atto ed è rivolto a tutti i cittadini liguri cercando di evitare quei comportamenti che possano mettere a rischio qualsiasi vita umana. “Bisogna che si eviti di andare vicino ai ponti o ai torrenti,- ha spiegato la Briano- di dormire ai primi piani e in zone che possono essere facilmente inondabili. E in caso di pericolo mettersi in sicurezza andando verso l’alto. Inoltre serve evitare il più possibile di girare con la macchina, se non per motivi di stretta necessità”. Dichiarazioni tratte da Sport Mediaset.it