Tag: cosenza

  • Daspo integrato per Pietro Arcidiacono. Disciplinare lo squalifica 8 mesi

    Daspo integrato per Pietro Arcidiacono. Disciplinare lo squalifica 8 mesi

    Dopo il Daspo comminato dal questore di Catanzaro Guido Marino nei confronti del calciatore del Nuova Cosenza Pietro Arcidiacono, a seguito della scritta Speziale è innocente mostrata dal calciatore su una t-shirt al fine di solidarizzare con Antonino Speziale – ultrà catanese condannato per omicidio dell’ispettore Raciti –  sembrava che per il ventiquattrenne attaccante catanese la carriera calcistica dovesse interrompersi per i prossimi tre anni.

    Il questore di Catanzaro Guido Marino, però, è intervenuto in questi giorni per spiegare e precisare la portata del Daspo, alla luce del fatto che l’attività calcistica costituisce l’attività professionale principale per Pietro Arcidiacono e, dunque, in questi casi il provvedimento di Daspo viene ad essere integrato – “né modificato, né ridotto” come ha sottolineato lo stesso questore catanzarese – al fine di consentirgli di continuare la sua attività, “mentre per il resto il Daspo rimane immutato”. Per tal ragione, si applica la possibilità di continuare a svolgere la sua principale fonte di sostentamento autorizzandolo alla preparazione fisica ed atletica e “a disputare, se convocato, le gare del Cosenza calcio”, mentre gli si vieta di partecipare per i prossimi tre anni a qualsiasi altro tipo di manifestazione sportiva.

    Pietro Arcidiacono
    Pietro Arcidiacono mostra la maglia “Speziale innocente”

    Dopo tale necessario chiarimento relativo all’integrazione del Daspo, sul futuro di Pietro Arcidiacono incombe, ora, la squalifica di otto mesi comminata dalla giustizia sportiva che lo terrà fermo fino al prossimo 20 Luglio 2013, anche se il legale del calciatore, l’avvocato Aristide Leonetti, pare sia intenzionato a ricorrere contro tale squalifica ed il termine per l’eventuale ricorso è fissato per il prossimo martedì 27 Novembre.

    Inoltre, a seguito dell’inchiesta aperta dalla Procura federale, la Figc ha inviato alcuni emissari nel capoluogo bruzio al fine di svolgere alcune necessarie audizioni nelle quali sono stati sentiti lo stesso Pietro Arcidiacono, il capitano del Nuova Cosenza Manolo Mosciaro, il dirigente addetto agli arbitri del Cosenza Pier Paolo Perri, e Salvatore Arcidiacono, fratello di Pietro, il quale ha consegnato fisicamente la maglietta “incriminata” all’attaccante rossoblu dopo il suo gol nel match Sambiase-Nuova Cosenza disputato a Lamezia Terme.

  • Pietro Arcidiacono si scusa con la famiglia Raciti

    Pietro Arcidiacono si scusa con la famiglia Raciti

    Dopo l’uragano che lo ha travolto a seguito della sua sconsiderata esultanza mostrando l’ormai celebre T-Shirt con la scritta “Speziale è innocente”, per Pietro Arcidiacono è il momento della riflessione, ritornando sui propri passi, riconsiderando quel gesto poco ponderato e chiedendo scusa alla famiglia Raciti che si è sentita offesa dalla frase impressa su quella maglietta, che esprimeva solidarietà per Antonino Speziale, condannato per l’omicidio dell’ispettore Filippo Raciti, avvenuto durante gli scontri del 2 Febbraio 2007 nel derby Catania-Palermo. A seguito di quell’episodio avvenuto sabato scorso durante Sambiase-Nuova Cosenza, Pietro Arcidiacono ha ricevuto dal questore di Catanzaro il Daspo che lo terrà lontano per tre anni dagli stadioltre ad aver suscito sdegno e indignazione nell’opinione pubblica ma, principalmente, aveva ferito la famiglia ed i figli di Raciti, come la stessa vedova Marisa Grasso aveva sottolineato pubblicamente nei giorni scorsi.

    Pietro Arcidiacono
    Pietro Arcidiacono mostra la maglia “Speziale innocente”

    Per questo motivo,  il ventiquattrenne Arcidiacono ha deciso di presentarsi alla stampa presso l’Hotel Royal di Cosenza, accompagnato dal legale Aristide Leonetti, per chiedere scusa per il proprio gesto, sottolineando – così come aveva fatto anche a caldo nelle ore immediatamente seguenti al match- che le ragioni di quella frase “non erano dirette ad offendere nessuno, ma a dare conforto alla famiglia Speziale che dopo l’arresto di Antonino sta vivendo ore drammatiche”. Motivazione a parte, l’aspetto da rimarcare sono proprio le scuse del giovane calciatore, che si rivolge alla vedova Raciti ed alle forze di polizia riconoscendo di aver commesso un “errore imperdonabile”. Inoltre, Pietro Arcidiacono ha voluto ulteriormente precisare la totale estraneità della società Nuova Cosenza a quell’episodio, assumendosi tutte le responsabilità di  quel gesto perchè “nessuno ne sapeva niente, nè la società, nè i compagni, nè lo staff tecnico”.  Alle sue scuse, senz’altro sentite considerando il tono mesto di Pietro Arcidiacono durante la conferenza stampa, è seguita la risposta della vedova Raciti, Marisa Grasso, che ha accolto positivamente le parole del ragazzo, definendole un “bel gesto per l’intera società civile”, fermo restando il grande dolore e turbamento suscitati da quella frase, in particolar modo per il figlio dell’ispettore scomparso. In tal senso, dunque, Marisa Grasso si augura che non si verifichino più simili episodi, nè dallo stesso Arcidiacono nè da altri calciatori, “che possano ancora offendere la memoria di mio marito”.

  • Arcidiacono tre anni di Daspo per “Speziale innocente”

    Arcidiacono tre anni di Daspo per “Speziale innocente”

    Dopo il grande clamore e l’indignazione suscitati dall’esultanza di Pietro Arcidiacono a seguito del suo gol realizzato nel match di Serie D Sambiase-Nuova Cosenza, con il calciatore rossoblu che aveva mostrato sopra la divisa di gioco una T-Shirt con la scritta “Speziale è innocente“, si attendeva la risposta delle autorità competenti.

    L’episodio che coinvolge l’attaccante del Nuova Cosenza era stato una sua “personale iniziativa” al fine di “solidarizzare” con Antonino Speziale, l’ultrà catanese condannato con sentenza passata in giudicato per l’omicidio dell’ispettore di Polizia Filippo Raciti durante il derby di Catania-Palermo del 2 Febbraio 2007 e le motivazioni avanzate dallo stesso Arcidiacono avevano fatto riferimento al suo rapporto d’amicizia di lunga data con Speziale dovuto alle comuni origini catanesi.

    Pietro Arcidiacono
    Pietro Arcidiacono mostra la maglia “Speziale innocente”

    Nella giornata di sabato, il segretario regionale del Coisp – il sindacato delle forze di polizia – aveva chiesto la radiazione del tesserato da parte della società di appartenenza, rivolgendo anche un appello alla città ed al tifo di Cosenza affinchè, nella prossima partita casalinga, si astenesse dal recarsi allo stadio per dimostrare di prendere le distanze da tale episodio. La società, dal canto suo, aveva immediatamente condannato l’iniziativa personale del calciatore, dichiarandosi all’oscuro di tutto, decidendo immediatamente per la sospensione del proprio tesserato in attesa di conoscere i provvedimenti decisi dalle autorità.

    La decisione in questione è giunta in queste ore, ed è stata determinata dal Questore di Catanzaro Guido Marino, che ha emesso nei confronti del ventiquattrenne Pietro Arcidiacono un Daspo che gli impone tre anni lontano dagli stadi: non si tratta, dunque, di radiazione ma il provvedimento imporrà al calciatore di tornare a calcare i campi da gioco quando avrà ormai 28 anni.

    Una decisione che la vedova Raciti, Marisa Grasso, commenta con senso di soddisfazione, soprattutto perchè – come lei stessa sottolinea – “l’applicazione del Daspo è stata determinata proprio dopo la morte di mio marito e sono contenta per la decisione del questore di Catanzaro”. 

    La signora Marisa Grasso, però, ritiene doveroso sottolineare come Arcidiacono sia stato “stupido e presuntuoso”, ritenendosi fortemente indignata per il fatto che Arcidiacono abbia scelto di solidarizzare con Antonino Speziali e non con chi, in questa triste e dolorosa vicenda, ha perso il proprio padre: “quella maglietta ha offeso i miei figli, da lui mi aspetto solo che chieda loro scusa”.

  • Coppa Italia Tim, risultati primo turno

    Coppa Italia Tim, risultati primo turno

    In questo caldo week-end d’agosto si è concluso il primo turno della Tim Cup, diciotto le partite in programma, nella giornata di ieri la Cremonese ha superato agevolmente il Chieri con un netto 4-0, così come il Portogruaro ha battuto in casa il Cosenza. Tra le gare in programma nel pomeriggio spiccano su tutte le vittoria nette di Vicenza e Carpi che superano in goleada rispettivamente l’Andria e la Città di Marino. Oltre a questi risultati quasi scontati sono molte le sorprese riservate da questo primo turno, con delle matricole che hanno messo a dura prova e complicato non poco il percorso di squadre sulla carta molto più accreditate per il passaggio alla fase successiva. E’ il caso del Gubbio o del Catanzaro eliminate in maniera rocambolesca e con il medesimo risultato da Pontisola, matricola bergamasca e dalla Carrarese, squadra di cui è proprietario e tifoso il portiere della Juventus e della Nazionale Gigi Buffon, in entrambe le partite il risultato è stato di 5-4 a favore della squadre che nel prossimo turno affronteranno rispettivamente Cittadella e Varese.


    Grossa fatica anche per il Sudtirol e il Frosinone che riescono a superare il loro diretti avversari solo dopo i tempi regolamentari, i laziali dopo 90 minuti a reti bianche contro il Delta Porto Tolle, riescono a superare gli avversari ed il turno con due reti. Mentre la squadra tirolese riesce ad imporsi sul Cuneo solo ai calci di rigore e domenica prossima dovrà affrontare il Modena.

    Nel derby tutto toscano che ha visto affrontarsi Pisa e Arezzo, hanno avuto la meglio i nerazzurri che si sono imposti con un netto 2-0 e domenica prossima avranno un interessante scontro con il Padova. Tra le ex grandi del nostro calcio cadute in disgrazia, brutto K.O. per la Reggiana che cade in casa contro l’Entella a differenza del Perugia che supera in trasferta il Barletta e si qualifica alla fase successiva dove se la vedrà contro il Bari in una sfida che ha un sapore antico di serie A.

    Coppa Italia Tim risultati primo turno
    Benevento – San Marino 1-0
    Lumezzane – Sarnese 3-0
    Albinoleffe – Chieti 0-3
    Avellino – Sambenedettese 3-1
    Nocerina – Paganese 1-0
    Sorrento – Treviso 2-0

    Prossimo turno 12 agosto

    1) Brescia – Cremonese
    2) Hellas Verona – Virtus Entella
    3) Varese – Pontisola
    4) Livorno – Benevento
    5) Bari – Perugia
    6) Padova – Pisa
    7) Cesena – Pro Vercelli
    8) Crotone – Virtus Lanciano
    9) Novara – Lumezzane
    10) Juve Stabia – Frosinone
    11) Empoli – Vicenza
    12) Lecce – Chieti
    13) Sassuolo – Avellino
    14) Cittadella – Carrarese
    15) Ternana – Trapani
    16) Ascoli – Portogruaro
    17) Modena – Sudtirol
    18) Reggina – Nocerina
    19) Spezia – Sorrento
    20) Grosseto – Carpi

  • Lega Pro rinviato il cambio di formula. Questi i possibili gironi

    Lega Pro rinviato il cambio di formula. Questi i possibili gironi

    Nessun cambiamento. Il Consiglio Federale della Figc ha confermato l’attuale modello della Lega Pro mandando momentaneamente in soffitta quei cambiamenti inizialmente previsti e che invece prenderanno corpo dalla prossima stagione. Dunque promozioni e retrocessioni cosi come la passata stagione, con due gironi di Prima Divisione e due gironi di Seconda Divisione per un totale di 69 squadre, 8 in meno rispetto alla passata stagione quando erano 77.

    Non ci sono state infatti ulteriori esclusioni dopo quelle di Piacenza, Triestina, Giulianova, Pergocrema, Taranto, Siracusa, Spal e Foggia, con le società che erano rimaste in bilico riammesse. Andria, Como, Sorrento, Treviso, Casale, Martina Franca e Nuovo Campobasso hanno risolto le questioni economiche che ne impedivano l’iscrizione mentre Hinterreggio, Prato, Sud Tirol e Vallée d’Aoste hanno sistemato la questione stadio, utilizzando in deroga altri impianti.

    Ma proprio con riguardo ai valdostani si è scatenata una polemica giunta sino al profondo sud, a Cosenza per essere precisi. I silani infatti poco tempo fa hanno conquistato i play off del campionato di Serie D, acquisendo il diritto di centrare il salto di categoria nel caso in cui una delle promosse desse forfait. Cosa che sembrava dovesse coinvolgere la Valle d’Aosta che non avendo il proprio impianto a norma avrebbe dovuto trovarne un altro, come da regolamento, nella propria regione di appartenenza. Ed invece emigrerà in Piemonte, secondo una deroga che ha mandato su tutte le furie il Cosenza che a questo punto potrebbe decidere di fare ricorso.

    Passando al resto, al momento risultano essere 32 le squadre regolarmente iscritte in Prima Divisione e 37 quelle di Seconda Divisione. Proprio in tal senso si sta pensando di formare, in Prima, due gironi da 18 squadre, ma per farlo servono quattro ripescaggi. In ballo per questi posti ci sarebbero Monza, Foligno, Bassano, Virtus Entella, Chieti, Casale, Vigor Lamezia, Rimini e Aprilia. Per l’ammissione questi società dovrebbero presentare alcune garanzie economiche, precisamente 300 mila euro di fidejussioni e 200 mila euro a fondo perduto entro il 30 luglio.  Per quattro di queste, dunque, sarà Prima Divisione.

    Il criterio di suddivisione dei due gironi di Prima, a quanto pare, sarà quello orizzontale: in tal modo ci saranno importanti risparmi riguardanti le trasferte e aumenteranno allo stesso tempo i derby. Eliminato dunque il sistema verticale che tanto aveva fatto discutere, e spendere, negli ultimi anni, con trasferte che non si vedevano nemmeno in Serie B o in Serie A. In questo modo tuttavia le squadre di Seconda Divisione sarebbero 33, con un girone da 16 e uno da 17.

    Questi comunque i gironi attualmente previsti ma che potrebbero subire variazioni in seguito ai ripescaggi.

    Lega Pro Prima divisione 2012/2013:
    GIRONE A: Albinoleffe, Como, Carpi, Cremonese, Cuneo, Feralpisalò, Lumezzane, Pavia, Pisa, Portogruaro, Reggiana, San Marino, Südtirol, Treviso, Tritium, Vicenza.

    GIRONE B: Andria, Avellino, Barletta, Benevento, Carrarese, Catanzaro, Frosinone, Gubbio, Latina, Nocerina, Paganese, Perugia, Prato, Sorrento, Trapani, Viareggio.

    Lega Pro Seconda Divisione 2012/2013:
    GIRONE A: Alessandria, Bassano, Bellaria, Borgo a Buggiano, Casale, Castiglione, Forlì, Giacomense, Mantova, Monza, Pontedera, Rimini, Santarcangelo, Pro Patria, Renate, Savona, Vallée d’Aoste, Venezia, Virtus Entella

    GIRONE B: Aprilia, Arzanese, Aversa, Campobasso, Chieti, Cosenza, Fano, Foligno, Fondi, Gavorrano, Hinterreggio, L’Aquila, Martina, Melfi, Milazzo, Poggibonsi, Salernitana, Teramo, Vigor Lamezia.

  • Impresa Cosenza, i Lupi vincono i playoff di Serie D

    Impresa Cosenza, i Lupi vincono i playoff di Serie D

    Sul campo neutro di Arezzo, il Cosenza centra una vittoria al cardiopalma contro il San Donà Jesolo ed ottiene la conquista della finale playoff di Serie D: un traguardo importante per i rossoblu, che hanno saputo dimostrare carattere e determinazione, riuscendo a ribaltare una gara partita in salita, domando egregiamente la naturale tensione connessa all’importanza della gara, e proiettandosi in prima fila per il possibile salto di categoria.

    Il match, infatti, era partito male per il Cosenza, con la prima rete del San Donà Jesolo siglata da Llullaku e, poi, con il raddoppio dei veneti realizzato al 23′ del primo tempo da Minati: uno svantaggio per 2 a 0 che poteva abbattere chiunque ma che, già prima del riposo, gli uomini di mister Tommaso Napoli avevano ridotto, con la rete di Arcidiacono, autore di un bel sinistro da fuori area.

    Ma è nella ripresa che si concretizza l’impresa dei Lupi, dapprima con il gol del pareggio realizzato al 16′ da Mosciaro, con una punizione pennellata perfettamente a beffare il portiere avversario, e, soprattutto, con il gol vittoria realizzato da Varriale in extremis, al 49′, sempre su calcio di punizione, con la medesima precisione chirurgica, proprio dalla stessa mattonella (sarà stata magica?) da cui aveva segnato Mosciaro. Pietro Varriale, autore del gol-promozione a fine gara ha confidato “mi sembra di vivere un sogno“, lo stesso dei tanti supporters del Cosenza, che finalmente possono esultare con pieno titolo dopo la grande cavalcata playoff portata a termine brillantemente dalla loro squadra. Un cammino costellato da successi, un modo per “rifarsi” dalla delusione della promozione diretta sfuggita per un solo punto: dapprima sono giunte le sonore vittorie contro Palazzolo e Messina nel girone I dei playoff, e poi, nella fase conclusiva, le vittorie contro Pomigliano, Lavagnese, San Antonio Abate e, appunto, San Donà Jesolo nella finale di ieri.

    Logo Cosenza

    Un successo che per la squadra e la città Brutia significa molto, così come ha sottolineato anche il sindaco Mario Occhiuto, augurandosi che tale traguardo possa portare con sè l’apertura di una nuova pagina della storia sportiva della città. Fra i tanti artefici del successo, spicca su tutti la figura di Stefano Fiore, cosentino doc oltre che ex campione di serie A, che si è impegnato direttamente per restituire alla squadra ed alla società la dimensione che meritava, mettendo a disposizione la sua preziosa esperienza, portando entusiasmo e credendo nella squadra fin dal primo momento. Inevitabile, dunque, che nel post partita Fiore fosse realmente raggiante e che abbia voluto sottolineare quale fosse l’aspetto più importante di tale successo: “Sono dell’idea che l’aspetto più importante sia quello di aver riconciliato la squadra con i tifosi, ed il connubio squadra-tifosi potrà costituire un buon viatico per il futuro”.  

    L’argomento-futuro è, dunque, un tema caldo per Stefano Fiore, già proiettato ai progetti per la prossima stagione, che necessiterà di un’opportuna programmazione, per evitare di ripetere i numerosi errori gestionali del passato. In tal senso, Fiore ha rivelato di aver incontrato alcuni esponenti della società nei giorni scorsi e di aver presentato loro i suoi programmi e le sue condizioni che, in un senso o nell’altro, dovranno esser valutati da chi di dovere, altrimenti è pronto a lasciare, a malincuore.

    I cattivi pensieri, però, non devono trovar spazio nel giorno del post-festeggiamenti perchè è giusto assaporare a fondo il sapore di una vittoria meritata sul campo e che ha proiettato il Cosenza in prima posizione per i ripescaggi in Lega Pro.

  • Giallo morte Bergamini, fu evirato? Il Pm smentisce

    Giallo morte Bergamini, fu evirato? Il Pm smentisce

    Quando un giallo appare sul punto di risolversi, ecco che giunge il colpo di scena; succede nei migliori film, così come nei libri di Agata Cristhie e, purtroppo, anche nella realtà. Il giallo in questione è quello legato alla morte di Donato Denis Bergamini, calciatore del Cosenza anni ’80, morto il 18 Novembre 1989 nei pressi di Roseto Capo Spulico, sulla statale 106 Jonica. Una morte misteriosa, sulla quale in questi ventitre anni si sono rincorse solo supposizioni, calunnie, false notizie, false testimonianze, ricostruzioni parziali: tanta nebbia, una fitta coltre difficile da superare.

    Donato Bergamini

    Tutto ciò, però, sembrava destinato a diradarsi, con la riapertura delle indagini da parte della procura di Castrovillari che, con il procuratore Giacomantonio, ha fatto compiere un importante passo avanti alle indagini: è stata smontata, così, l’ipotesi di suicidio – per anni portata avanti dall’allora fidanzata del calciatore, unica testimone oculare – analizzando, con il lavoro dei Ris, l’ottimo stato di conservazione dell’orologio che Denis Bergamini indossava al momento della morte, incompatibile con l’eventuale dinamica del suicidio, in cui si sarebbe lanciato contro un Tir che lo avrebbe trascinato per sessanta metri sull’asfalto.

    Nonostante i recenti sviluppi abbiano portato ad una maggiore chiarezza su uno dei punti focali della vicenda, è emerso in questi giorni un particolare agghiacciante relativo al cadavere del povero Bergamini, risultante da una perizia redatta nel 1990 dal medico legale Francesco Maria Avato: nella perizia in questione, il dottor Avato avrebbe rilevato che Bergamini sarebbe stato evirato e sarebbe, poi, morto dissanguato proprio a seguito delle mutilazioni subite al basso ventre. Una circostanza che potrebbe far pensare, in prima battuta, ad una “punizione” inflitta anche in maniera simbolica, giustiziando Bergamini per questioni legate a fatti sessuali o ad una relazione sentimentale “scomoda”.

    Tuttavia, nonostante la perizia redatta un anno dopo la morte del calciatore sia, ora, riemersa fra le carte dell’indagine, la procura di Castrovillari – nella persona dello stesso Giacomantonio – ha voluto smentire la notizia categoricamente, aggiungendo anche di aver avuto “un sussulto alla vista della locandina che riportava la notizia apparsa sul Quotidiano della Calabria”. Il procuratore di Castrovillari, dunque, ha definito la notizia un “falso scoop”: le mutilazioni e la devastazione del bacino del calciatore ci sono state ma, secondo quanto sostenuto dalla procura di Castrovillari, sarebbero state causate da “schiacciamento” e non da arma da taglio.

    Nel panorama investigativo, però, le certezze paiono davvero poche, considerando il fatto che se si fosse trattato effettivamente di evirazione punitiva, le indagini sarebbero state in qualche modo manipolate, non rilevando un elemento tanto agghiacciante quanto rilevante  ai fini investigativi, indirizzandosi, invece, su binari ben differenti, fra cui la pista del traffico di droga: quest’ultima ipotesi, però, nonostante fosse stata battuta per lungo tempo, si sarebbe rivelato un “binario morto” secondo la procura, considerando anche il fatto che dai rilievi effettuati sulla Maserati Biturbo del calciatore non sarebbe emersa alcuna manomissione nè alcun tipo di doppiofondo e, pertanto, nessun elemento parrebbe confermare il suo coinvolgimento in traffici di stupefacenti.

    In tanta oscurità, dunque, l’unico punto fermo pare essere la determinazione certa ed inconfutabile di quanto accaduto quel pomeriggio di Novembre: in tal senso, dunque, la procura attende nei prossimi giorni l’esito dell’ultima perizia, in ordine cronologico, commissionata al professor Testi dell’Università di Torino. Sarà sufficiente a scrivere la parola fine su questo giallo?

  • Omicidio Bergamini, escluso il movente droga

    Omicidio Bergamini, escluso il movente droga

    Alcuni casi di cronaca italiani sembrano dei gomitoli difficile da districare, lasciati lì, ingarbugliati ed annodati in un angolo, impolverati dal tempo che scorre, e dal trascorrere dei giorni, dei mesi, degli anni. Il caso legato alla morte di Donato Denis Bergamini è uno di questi gomitoli, in cui pareva impossibile “trovare il bandolo della matassa” ma che, contrariamente a molti casi mai risolti e “dimenticati”, sta riemergendo all’attualità delle cronache, soprattutto grazie ad alcune novità emerse negli ultimi due mesi nell’ambito dell’indagine portata avanti dal procuratore capo di Castrovillari, Franco Giacomantonio, che hanno stravolto le prospettive delle indagini precedenti, che si alternavano fra ipotesi di suicidio, coinvolgimento in traffici di droga e misteriosi retroscena connessi alla Maserati a doppio fondo dell’ex calciatore del Cosenza.

    Dopo i rilievi compiuti nello scorso mese di Febbraio dai Ris era stata esclusa la tesi di suicidio, che, invece, era stata sempre sostenuta dall’unica testimone oculare presente in quel pomeriggio piovoso di Novembre, sulla statale 106 nei pressi di Roseto Capo Spulico, l’ex fidanzata Isabella Internò: non è stata rinvenuta compatibilità fra le tracce rinvenute sugli oggetti indossati da Bergamini, (soprattutto l’orologio, rimasto praticamente intatto, ndr) e l’ipotesi di suicidio, gettandosi sotto il tir che lo avrebbe trascinato per 60 metri sull’asfalto.

    Donato Bergamini

    I rilievi compiuti dai Ris, poi, hanno portato alla luce un’ulteriore aspetto, rimasto finora nel limbo dell’incertezza: non esisteva alcun doppio fondo nella Maserati posseduta da Bergamini, perchè l’automobile non possedeva le caratteristiche tecniche necessarie, nè è stata rinvenuta traccia di possibile manomissione e, dunque, viene meno l’ipotesi di un suo coinvolgimento, consapevole o meno, nel traffico di droga legato alla ‘ndrangheta, in veste di corriere.

    Una rivelazione assolutamente clamorosa, considerando che, per lungo tempo, tale elemento veniva considerato proprio uno delle “chiavi di volta” dell’inchiesta, che cercava di associare la morte dell’allora ventisettenne Denis ad “amicizie pericolose”, connesse proprio al traffico degli stupefacenti.

    Se, dunque, il “campo” appare, ora, finalmente sgombro da false notizie, e da supposizioni infondate, gli inquirenti dovranno compiere un ulteriore e, ci si augura, decisivo passo avanti nell’indagine: individuare il movente dell’omicidio, per comprendere – una volta per tutte – chi ha “mosso i fili” in quel lontano 18 Novembre 1989. Le piste da considerare, dunque, escludendo quelle legate al mondo della malavita organizzata, sono da ricondursi perlopiù in ambito strettamente personale, per capire chi e cosa ha scatenato tale delitto. In particolare, come spesso accade in tali casi, l’attenzione si dovrà soffermare sulla ricostruzione minuziosa delle ultime ore di vita del calciatore, definendone nel dettaglio spostamenti, contatti, telefonate, approfondendo il ruolo di alcune persone che pare abbiano avvicinato Bergamini all’uscita dal cinema dove si trovava insieme ai compagni di squadra. In tal senso, poi, appare assolutamente prioritario effettuare un ulteriore verifica sul ruolo dell’ex compagna, in virtù del fatto che la sua versione dei fatti non collima più con le tesi investigative e, soprattutto, con le indagini della scientifica.

    Elementi essenziali da sciogliere ancora, ma che renderanno finalmente chiaro, dopo 23 lunghissimi anni, il quadro di una vicenda rimasta nell’ombra per troppo tempo: tutti i nodi, però, prima o poi, “vengono al pettine”.

  • Donato Bergamini, è stato omicidio. Lo confermano i Ris

    Donato Bergamini, è stato omicidio. Lo confermano i Ris

    Dopo la riapertura del caso e le prime informazioni trapelate nei giorni scorsi dalle analisi condotte dai Ris di Messina, esiste una certezza finalmente acquisita sulla morte di Donato Bergamini, ex calciatore del Cosenza in serie B, morto nel Novembre 1989 a seguito di circostanze finora rimaste misteriose, investito da un camioni in corsa e trascinato sull’asfalto per circa sessanta metri nei pressi di Roseto Capo Spulico, nell’alto Jonio Cosentino, sulla Statale 106. Negli anni trascorsi finora, l’interrogativo più frequente era stato il seguente: omicidio o suicidio?

    Oggi, esiste una risposta, un punto di partenza: è stato omicidio, poichè quando fu investito dal Fiat Iveco, Denis, così era chiamato dagli amici, era già morto. La conclusione, attesa da 22 anni dalla famiglia del calciatore che non ha mai creduto all’ipotesi del suicidio, è contenuta nella relazione depositata quest’oggi dai Ris di Messina presso il Tribunale di Castrovillari. La notizia di fondo, dunque, è che qualcuno ha ucciso il calciatore e poi ha inscenato il suicidio per depistare le possibili indagini investigative, supportato anche dalla versione dei fatti dell’unica testimone presente, ossia la compagna di Bergamini, Isabella, che ha sempre dichiarato di aver visto Denis “buttarsi a pesce sotto il tir in corsa” e, subito dopo, di aver rassicurato il conducente del tir dicendogli che “Denis aveva voluto suicidarsi“.

    Donato Bergamini

    Il fitto mistero, comunque, in questi 22 anni ha lasciato molti spiragli aperti alle ipotesi investigative, soprattutto considerando che coloro che conoscevano e frequentavano Denis in quel periodo faticavano a credere all’ipotesi del suicidio, perchè ricordavano il centrocampista di buon umore, sia nello spogliatoio che con i compagni, scherzoso ed allegro: tutt’altro che depresso per amore, anche perchè era stato lui a lasciare Isabella e non il contrario. Inoltre, il mistero più fitto coinvolge anche la telefonata improvvisa ricevuta da Bergamini mentre si trovava, il 18 Novembre 1989, in ritiro con la squadra, e che lo spinse a lasciare Cosenza alle 15.30 e dirigersi in direzione Taranto, percorrendo proprio la Statale 106 in compagnia di Isabella, la sua ex ragazza.

    Le supposizioni più insistenti, soprattutto nell’immediatezza dell’accaduto, riguardavano un possibile coinvolgimento della ‘ndrangheta cosentina ed, in particolare, un coinvolgimento del calciatore stesso in presunti traffici di sostanze stupefacenti, con l’acquisto (probabilmente impostogli da ambienti malavitosi, ndr) di un’auto dal doppio fondo nel portabagagli, di quelle solitamente adoperate per il trasporto di droga. Inoltre, pare che Bergamini fosse spaventato da alcune misteriose ed insistente telefonate che riceveva in quei giorni, che lo inquietavano particolarmente almeno stando alle dichiarazioni del papà del giocatore e di Michele Padovano, ex compagno di squadra di Denis ai tempi del Cosenza di Gigi Simoni.

    La perizia depositata dai Ris, dunque, sarà ora un nuovo punto di partenza per riaprire concretamente il caso “omicidio Bergamini” e dare giustizia ad un ragazzo che ha perso la vita a soli 27 anni, e la cui memoria, fino ad oggi, ha subìto soltanto false notizie ed illazioni infondate. Denis Bergamini, però, non è mai stato dimenticato dalla città di Cosenza e, soprattutto, dal tifo rossoblu più acceso, al punto da intitolargli la Curva Sud dello stadio San Vito, il cuore del tifo cosentino, che ha sempre invocato verità per Denis.

  • Morte Donato Bergamini, per i Ris fu omicidio volontario

    Morte Donato Bergamini, per i Ris fu omicidio volontario

    Era il 18 Novembre 1989 quando l’allora calciatore del Cosenza, Donato “Denis” Bergamini, morì in un tardo pomeriggio di una grigia giornata di pioggia all’età di soli 27 anni, sulla Statale 106 Ionica, nei pressi di Marina di Roseto Capo Spulico, paesino ai confini fra la Calabria e la Basilicata, investito da un camion che transitava lì, quando Bergamini si trovava sul ciglio della strada.
    Uno scenario fitto di mistero che, in questi lunghi anni, ha destato molti dubbi da parte della famiglia del calciatore e di coloro che hanno seguito l’inchiesta, sollevando soprattutto un delicato interrogativo: suicidio o omicidio?

    L’indagine avviata dopo il decesso, inizialmente parlava di omicidio colposo da parte del conducente del camion, “per imprudenza alla guida” anche se la ragazza che in quel momento si trovava in compagnia di Bergamini, e con la quale il calciatore aveva una relazione, Isabella Internò, ha sempre sostenuto che Denis si sarebbe volontariamente lanciato contro il camion in movimento, nell’intento – dunque – di suicidarsi. Una dichiarazione quella della ragazza, unica testimone, che creò da subito qualche crepa profonda nell’indagine, lasciando intendere la possibilità che, dietro al gesto del calciatore, ci potessero essere delle ombre molto oscure, dal totonero, al calcioscommesse, alla droga, a questioni familiari e personali, il tutto reso ancora più plumbeo dall’ingombrante ombra della ‘ndrangheta.

    Un’ipotesi, quella del suicidio che, dunque, la famiglia Bergamini non accettò mai, esprimendo il suo dissenso soprattutto per voce della sorella maggiore di Denis, Donata, e del padre del calciatore: secondo i familiari, infatti, si sarebbe trattato di omicidio volontario, e non di suicidio.

    Gli elementi in questione sono stati determinanti per la riapertura del caso, lo scorso anno, da parte del gip del Tribunale di Castrovillari, che accolse la richiesta della procura locale di riaprire l’inchiesta, dopo che la stessa – negli ultimi 22 anni – venne archiviata più volte, una di queste con l’assoluzione definitiva per il camionista coinvolto.

    Al momento della riapertura dell’inchiesta, lo scorso anno, inoltre, il gip Collazzo ha accolto la rubricazione dell’ipotesi di reato di omicidio volontario, così come richiesto dai familiari di Bergamini, originaria di Ferrara, e dal loro legale, l’avvocato Eugenio Gallerani, procedendo a riascoltare alcuni personaggi in qualche modo utili ai fini dell’inchiesta, come l’allora fidanzata di Bergamini e l’ex calciatore del Cosenza di quegli anni, e compagno di squadra di Denis, Michele Padovano.

    Donato Bergamini

    Oggi, 17 Febbraio 2012, i Carabinieri del Ris di Messina, comunicano i primi risultati delle analisi effettuate su alcuni indumenti che l’ex calciatore del Cosenza indossava al momento del decesso, evidenziando come si sarebbe trattato non di suicidio ma di omicidio volontario: infatti, non potrebbe essere spiegata altrimenti il fatto che non siano stati trovati danni di alcun tipo sulla catenina, le scarpe e l’orologio che Donato Bergamini indossava: se si fosse realmente “buttato” sotto al camion in corsa, venendo trascinato per circa sessanta metri dal Fiat Iveco 180 sull’asfalto, tali oggetti avrebbero di certo riportato danni considerevoli, finendo pressocchè maciullati, al pari del corpo del calciatore.

    A tal proposito, dunque, l’indagine dei Ris di Messina avrebbe accertato che le ferite sarebbero state procurate quando il corpo era già a terra, e non prima, e che Bergamini non avrebbe camminato, come invece sosteneva la ex ragazza, su una “piazzola di sosta piena di pozzanghere” prima di “buttarsi a pesce” sotto il camion, proprio perchè sotto la suola delle scarpe che indossava non è stata rinvenuta alcuna traccia di fango nonostante quel tardo pomeriggio di Novembre fosse molto piovoso.

    Nonostante le notizie sulle analisi compiute dai Ris di Messina siano ormai trapelate, la procura di Castrovillari – nella persona del procuratore Giacomantonio – non ha ritenuto opportuno commentarle in alcun modo, preferendo attendere che la relazione del Ris giunga ufficialmente a Castrovillari, presumibilmente entro la fine del mese di Febbraio. Sarà necessario, dunque, attendere ancora, ma pare di intravedere uno spiraglio di luce su una vicenda finora contraddistinta dalle tenebre.