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  • Carles Puyol dice basta, a fine stagione lascia il calcio

    Carles Puyol dice basta, a fine stagione lascia il calcio

    E’ un momento complicato, non è facile per me, ma il 30 giugno chiuderò la mia avventura al Barça e sono qui per ringraziare tutti. Non avrei mai pensato di arrivare fin qui, ho vinto tanto, ma quel che più mi piace sottolineare è che sono arrivato a Barcellona che ero quasi un bambino e me ne vado lasciando una famiglia. Ringrazio tutti, presidenti, compagni, amici, allenatori, ringrazio anche la Federcalcio spagnola e in particolare due tecnici: Luis Aragones e Tito Vilanova.

     

    Con queste parole rilasciate in conferenza stampa al Camp Nou, Carles Puyol, difensore e bandiera del Barcellona ha voluto confermare ciò che aveva già dichiarato a marzo, ovvero la conclusione dopo ben 19 anni, del rapporto con la società catalana. Un addio al Barça che però ha anche il sapore di un vero e proprio addio al calcio giocato a causa di un problema al ginocchio che lo tormenta.

    I miei problemi alle ginocchia sono rimasti. Abbiamo provato a trovare una soluzione ma non ce l’abbiamo fatta. Se non sono riuscito a giocare quest’anno difficilmente riuscirò a farlo in altre squadre. Non voglio giocare ancora.

    Una carriera quella di Puyol fatta di tanti successi, nella sua personale bacheca figurano 6 vittorie nella Liga, 6 Supercoppe di Spagna, 2 Coppe del Re, 3 Champions League, 2 Supercoppe Europee, 2 Mondiali per Club, tutti conquistati con il Barcellona a cui vanno aggiunti un Mondiale, un Europeo ed un argento Olimpico con la maglia della nazionale spagnola. Alla domanda su quale sia stato il momento più bello della carriera, Puyol ha risposto così:

     Quando Abidal ha alzato al cielo la Champions League, lo meritava più di ogni altro.

    Sarebbe toccato a Puyol, in quanto capitano, sollevare il trofeo ma decise di lasciare l’incarico al francese che aveva vinto la partita più difficile contro il tumore.

    Carles Puyol in conferenza stampa
    Carles Puyol in conferenza stampa

    Il difensore catalano ha parlato poi di un suo possibile accostamento, che c’è stato in passato al Milan o al futuro in Qatar:

    Il Milan ha sempre puntato su gente esperta, ma non penso che voglia me. E’ un treno che è passato. Per quanto riguardo un futuro in Qatar, ne ho parlato tante volte con Raul  ma al momento non è possibile, il mio ginocchio non me lo permette e non voglio ingannare nessuno, me per primo.

    Infine un ultima domanda sulla grande sfida che attende nel weekend il Barcellona contro l’Atletico Madrid e che mette in palio la Liga:

    Sarebbe bello vincere anche per dedicare il titolo a Tito Vilanova. Io non ci saro’, non andrò neanche in panchina, ma ai miei compagni non farò alcun discorso, se saremo uniti vinceremo. Il mio erede? Ci sono molti giocatori pronti e di grande esperienza, Xavi, Iniesta, la fascia sarà in buone mani.

    Puyol probabilmente resterà nello staff del Barcellona ma non pare certo intenzionato a ricoprire il ruolo di allenatore.

    Non mi ci vedo a fare l’allenatore, lavorare con i giovani è un’idea che ho sempre avuto e la preferisco a quella di diventare un tecnico.

    Dunque adesso è piuttosto chiaro, dopo l’addio di Javier Zanetti, un’ altra bandiera del calcio europeo al termine di questa stagione smetterà di sventolare e verrà ammainata.

  • Javier Zanetti, la bandiera nerazzurra dice basta

    Javier Zanetti, la bandiera nerazzurra dice basta

    Era il 5 giugno 1995, a Milano l’Inter presentava una coppia di giovani argentini: l’attaccante dell’Independiente Sebastian Rambert e il difensore del Banfield Javier Zanetti.

    Le aspettative erano tutte per Rambert,  gli attaccanti hanno sempre più fascino, e l’acquisto della punta aveva decisamente oscurato quello del giovane terzino che, come ha raccontato lo stesso Zanetti, arrivò nel ritiro estivo da solo e con un sacchetto del supermercato in mano con solo due giornalisti ad attenderlo.

    Javier, nato a Buenos Aires il 10 agosto 1973, si mise subito in mostra e al contrario del tanto sponsorizzato connazionale, che dopo sole due pessime presenze con la maglia dell’Inter fu ceduto nel mercato invernale della stessa stagione, seppe con corsa, fiato, impegno e tanto lavoro conquistarsi un ruolo da protagonista sino a giungere a quello che nel calcio moderno è un caso davvero raro: una vera e propria bandiera, la bandiera nerazzurra. 

    Javier Zanetti
    Javier Zanetti

    Zanetti da quell’esordio nel 95, ha collezionato la bellezza di 856 presenze con la casacca nerazzurra, 613 (più 3 spareggi) in Serie A. Nel 1999 dopo l’addio al calcio di Beppe Bergomi ha ereditato la sua fascia da capitano. Ha affrontato i periodi neri dell’Inter ma ha saputo brillare in quelli più splendenti, dai 3 scudetti consecutivi con Roberto Mancini all’era Mourinho culminata con lo storico Triplete (Campionato, Coppa Italia e Champions League) della stagione 2009/2010.

    El Tractor, il trattore, soprannome che è stato dato a Zanetti per la sua incredibile potenza sprigionata quando partiva palla al piede, ha saputo anche rialzarsi dopo il terribile infortunio del 28 aprile 2013 quando nella gara persa contro il Palermo si ruppe il tendine d’Achille , uno stop che sembrava aver messo a serio rischio, alle soglie dei 40 anni, la sua carriera. Così non è stato perchè Javier ha lavorato duro e  il 9 novembre, 195 giorni dopo il suo infortunio, in occasione della partita tra contro il Livorno, vinta 2-0 dall’Inter, è subentrato al 82° al posto di Taider disputando gli ultimi 10 minuti dell’incontro.

    Adesso però Pupi, l’altro soprannome di Zanetti, ha deciso di dire basta e lo ha comunicato qualche giorno fa tramite un’intervista al quotidiano argentino “La Nacion”:

    Perché ho deciso di ritirarmi adesso? Perché sento che è arrivato il momento giusto per farlo. Perché il calcio mi ha dato tantissimo e io mi sono goduto ogni attimo. Perché dopo l’infortunio al tendine d’Achille dello scorso aprile, volevo dimostrare di poter tornare comunque ad essere competitivo e ci sono riuscito. Mi sento completo e realizzato: ritirarsi a 41 anni è una sensazione impagabile. Per me è una cosa che ha un valore immenso, e ora è arrivato il momento giusto. 

    A Zanetti è stato chiesto poi del suo futuro, della paura del giorno dopo e di cosa farà una volta appese le scarpette al chiodo:

    Paura no. Sicuramente mi mancheranno certe cose, certi aspetti della routine da calciatore, i momenti negli spogliatoi e soprattutto la competizione. Però penso che la paura deve averla chi non sa come occupare il nuovo tempo libero, e per fortuna io questa questione l’ho risolta. Chiaro che niente sarà più come prima, però sono già pronto perché proseguirò nel mondo del calcio e questo mi manterrà vivo. Sognavo di finire la carriera all’Inter, a casa mia, e ci sono riuscito. E’ stata una scelta di vita quella di chiudere la carriera in Italia, e da adesso, nelle funzioni di manager sportivo, cercherò di essere utile alla squadra anche fuori dal campo. Si aprirà un nuovo mondo per me, e ciò mi entusiasma. Ci saranno mille cose da fare.

    Anche Zanetti, uno di quei calciatori ammirato anche da chi non è tifoso nerazzurro per carriera, costanza, forza di volontà, attaccamento alla maglia e comportamento dentro e fuori dal campo, dopo 5 Scudetti, 4 Coppe Italia, 4 Supercoppe Italiane, una Coppa Uefa, una Champions League ed un Mondiale per Club, tutti con la casacca dell’Inter, ha deciso di dire basta, di lasciare il mondo del calcio e di diventare definitivamente storia di questo splendido sport.