Tag: calciopoli

  • Juve terza stella, Moratti e Zanetti al veleno

    Juve terza stella, Moratti e Zanetti al veleno

    Il primo posto quando mancano appena quattro giornate alla fine sta facendo sognare i tifosi della Juventus. Supporters che da tempo ormai si chiedono cosa accadrà, in caso di successo finale, alle famose stellette sulla maglia, visto che ogni dieci scudetti conquistati le società possono fregiarsi di uno di questi simboli. La Juventus, sul campo, di tricolori ne ha conquistati 29, ma dopo Calciopoli due gli sono stati tolti e dunque sarebbero 27.

    Cosa che ai tifosi bianconeri, come risaputo, non è mai andata giù e più volte, come nel caso del match casalingo di quest’anno contro l’Inter, hanno esposto striscioni ed intonato cori per ribadire che per loro gli scudetti conquistati sono 29. E di conseguenza un altro titolo farebbe scattare la terza stella. Una cosa non vista di buon occhio da chi uno di quegli scudetti se lo è visto assegnare a tavolino, ovvero l’Inter.

    E non sono mancate le considerazioni sul fatto da parte del capitano dei neroazzurri Javier Zanetti e del presidente Massimo Moratti. Il primo, a chi gli chiedeva della questione riguardante la Juve terza stella ha risposto così: “Se la mettono, contenti loro, che lo facciano pure, è inutile commentare”. A stretto giro di ore poi è arrivata anche la dichiarazione di Massimo Moratti: “Quelle che ha detto Zanetti sono parole sagge. Vediamo se la Figc accetta la provocazione, a quel punto liberi tutti, è questione di buon senso. E’ una cosa che ha poca logica, per il momento mi sembra solo una provocazione”.

    Massimo Moratti © Julian Finney/Getty Images

    Parole più velenose dunque quelle di Moratti, al quale evidentemente la scelta della Juve di fregiarsi di questo simbolo non va giù. Nelle scorse ore tuttavia è arrivata anche la dichiarazione in merito alla questione del presidente della Federcalcio Giancarlo Abete. “La terza stella? La Figc è attenta al sistema delle regole e le fará rispettare. Il campionato è ancora aperto e non mi sembra opportuno e corretto che questo problema sia oggetto di riflessione ora. Inoltre – ha poi proseguito – nessuno ha posto questo problema. Se sarà fatta una domanda ovviamente sarà data una risposta. La federazione fará rispettare le regole, ma per ora questo non è un problema: se qualcuno lo porrà, risponderemo“.

  • Calciopoli, radiazione confermata per Moggi e Giraudo

    Calciopoli, radiazione confermata per Moggi e Giraudo

    Radiazione confermata per Luciano Moggi e Antonio Giraudo. A far rimanere tale la decisione della Corte di Giustizia della Figc ci ha pensato infatti l’Alta Corte di Giustizia Sportiva, che insieme ai due ex dirigenti bianconeri ha confermato la condanna anche all’ex vicepresidente federale Innocenzio Mazzini.

    I tre erano stati condannati dopo i fatti di Calciopoli e agli stessi è stata applicata la pena massima prevista dall’ordinamento sportivo. La decisione dell’Alta Corte, presieduta da Riccardo Chieppa, è stata ufficializzata nella mattinata di oggi attraverso un comunicato che riporta solamente il dispositivo ma non la motivazione che ovviamente sarà resa nota nei prossimi giorni e che di sicuro non placherà le polemiche, specie per ciò che riguarda i diretti interessati.

    luciano moggi | © GIULIO PISCITELLI/AFP/Getty Images

    La decisione dell’Alta Corte rappresenta l’ultimo atto di quella che è la giustizia sportiva per ciò che concerne il caso Calciopoli. Sin dall’inizio le richieste erano quelle di una radiazione di Giraudo, Moggi e Mazzini. Ma inizialmente il presidente Giancarlo Abete, non avendo le idee chiare su chi avrebbe dovuto prendere la decisione su un’eventuale preclusione degli imputati, chiese un parere alla Corte di Giustizia federale e quindi all’Alta di Corte di Giustizia Sportiva presso il Coni.

    A seguito di tale richiesta fatta da Abete venne approfondito il discorso e si individuò una nuova norma di giustizia per indicare il percorso giuridico – sportivo, approvata dalla Federcalcio. In tal modo si svolse un nuovo processo davanti alla Commissione disciplinare che 15 giugno sentenziò la radiazione, poi ribadita poi il 9 luglio anche dalla Corte Federale. Quindi è toccata all’Alta Corte di Giustizia presso il Coni l’ultima parola, almeno per ciò che concerne la giustizia sportiva. E si perché i tre “radiati” possono ancora ricorrere per vie diverse da quella sportiva attraverso un tribuna italiana o la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Staremo a vedere dunque cosa accadrà.

  • Calciopoli, ecco le motivazioni “Moggi troppo invadente”, anche con Lippi

    Calciopoli, ecco le motivazioni “Moggi troppo invadente”, anche con Lippi

    Il tribunale di Napoli ha pubblicato questa mattina le motivazioni delle condanne per Calciopoli uno degli scandali più pesanti dal punto di vista mediatico che ha colpito il mondo del calcio.

    Uso delle schede straniere”, questo è l’elemento “ben più pregnante e decisivo” che ha portato alla condanna di Luciano Moggi per associazione a delinquere, uso delle schede delle quali è risultata la disponibilità procurata da Moggi a designatori e arbitri.

    Sussiste prova della responsabilità dell’imputato Moggi a carico del quale si ravvisano elementi utili per ravvisare la condizione attribuitagli di capo“. È questa la conclusione del tribunale che ha firmato la condanna che ha chiuso in primo grado il processo su Calciopoli. I giudici riferendosi alla “contaminazione degli arbitraggi attraverso le sollecitazioni adoperate dall’ex Direttore sportivo della Juventus nei confronti degli arbitri e da costoro accettate con riferimento alla parte delle competizioni svoltesi nella stagione 2004/2005, oggetto dell’imputazione ritengono che la prova della responsabilità può ritenersi raggiunta“.

    Difatti, nelle 558 pagine di motivazione e’ indicato il “rapporto diffusamente amichevole degli arbitri con Moggi, che non perde valore indiziante solo perche’ dagli atti emerge il rapporto di altri arbitri non imputati e addirittura di taluno degli arbitri imputati, come De Santis, altrettanto amichevole con dirigenti sportivi curanti interessi diversi da quelli di Moggi, ad esempio Meani, ben potendo configurarsi l’esistenza dell’associazione“. In particolare, il giudice si sofferma sul “trattamento” riservato da Luciano Moggi a Pier Luigi Pairetto, nel 2005 designatore degli arbitri. “Si ipotizza la turbativa dell’incontro con il risultato 2-1 tra Juventus e Udinese, svoltosi a Torino il 13 febbraio del 2005 per il quale si ritiene acclarata la responsabilità di Moggi, Pairetto e Bergamo, poichè una incidenza sull’andamento della partita potè in effetti derivare da quella che appare una smodata collaborazione tra Bergano e Moggi per la formazione della griglia, nella quale collocare la partita, che accresceva la possibilità che fosse sorteggiato un arbitro gradito“, sostiene il giudice. Soluzione alla quale cooperava di necessità Pairetto, “rappresentato come aperto alla collaborazione nelle conversazioni telefoniche”. Inoltre, si legge ancora che da questa telefonata intercetta si “è riusciti a risalire ai numeri delle utenze telefoniche svizzere, decisive per l’andamento dell’indagine“.

    Nelle motivazioni si mette in risalto “il rapporto diffusamente amichevole degli arbitri con Moggi, che non perde valore indiziante – si legge nella sentenza – solo perché dagli atti emerge il rapporto di altri arbitri non imputati e addirittura di taluno degli arbitri imputati, come De Santis, altrettanto amichevole con dirigenti sportivi curanti interessi diversi da quelli di Moggi, ad esempio Meani (ex dirigente del Milan addetto al settore arbitri, ndr), ben potendo configurarsi l’esistenza dell’associazione“. Un altro elemento significativo, ad avviso del tribunale, è rappresentato dal tempestoso dopopartita di Reggina – Juventus con i momenti di tensione tra Moggi e l’arbitro Paparesta. “Pur se è risultato non vero quello che lo spavaldo Moggi andava dichiarando in giro, e per telefono, cioè di aver chiuso l’arbitro Paparesta nello spogliatoio…nondimeno va valutata la reazione di Paparesta a quella che era pur sempre stata una protesta fuori misura di Moggi per gli errori dell’arbitro, di non inserimento cioè del comportamento furioso nel referto arbitrale, reazione che va interpretata come un effetto del timore reverenziale nei confronti della persona“. Il tribunale parla inoltre del “rapporto disinibito con i rappresentanti della Figc“, con cui Luciano Moggi intratteneva dei rapporti ben più intimi di quelli puramente professionali e che, in alcuni casi, andavano a riguardare anche la nazionale.

  • Andrea Agnelli sceglie Moggi, “il più bravo di tutti”

    Andrea Agnelli sceglie Moggi, “il più bravo di tutti”

    Andrea Agnelli va controcorrente. Il presidente della Juventus, in un’intervista rilasciata a Studio Sport XXL che andrà in onda sabato notte alle ore 00.30, afferma la sua predilezione verso Luciano Moggi, abbracciando virtualmente anche Giraudo, ovvero i due che insieme a Roberto Bettega costituivano la “famigerata” triade, la quale era riuscita a portare ai vertici del calcio italiano ed europeo il club bianconero durante gli anni ’90 e i primi del 2000.

    Calciopoli ancora non è stata dimenticata, né dai tifosi juventini né dal numero uno della società juventina. Il più giovane degli Agnelli, ora alla guida della Vecchia Signora, era ancora un ragazzo quando la squadra di Lippi riusciva a trionfare nelle competizioni nazionali ed internazionali. Ha vissuto direttamente tutta l’epopea di Moggi, il quale è ancora oggi definito dai tifosi del club torinese uno degli uomini fondamentali per il ciclo vincente della Juventus, un autentico “mago” del calciomercato.
    Andrea Agnelli, non curandosi della bufera che potrebbe scatenare con le sue dichiarazioni, afferma che Moggi è stato “il più bravo di tutti”. Dolci parole anche per Giraudo, il quale viene rappresentato come un padre per il giovane presidente bianconero, un punto di riferimento importante con cui non sono mancate a volte anche delle accese discussione, come è normale in un rapporto così stretto.

    andrea agnelli | © ROBERTO SALOMONE/AFP/Getty Images

    Durante l’intervista ribadisce un concetto trasformato in vero e proprio simbolo e filosofia di vita dalla Juve, “vincere non è importante, è l’unica cosa che conta” (copyright della leggenda Boniperti, a cui Agnelli ha accostato Alessandro Del Piero, uno dei maggiori complimenti fin qui espressi in favore del capitano juventino, giunto quest’anno all’ultima stagione con la maglia della Signora).

    A sorpresa vede in Andrea Barzagli l’acquisto più importante di quest’anno, grazie al quale la squadra di Antonio Conte ha fatto un salto di qualità importante dal punto di vista dell’equilibrio tattico. Non rimpiange Del Neri, a cui gli viene riconosciuta l’attenuante di essere arrivato all’inizio del rinnovamento della squadra e dell’assetto societario, mostrandosi comprensivo per il fatto che non sia riuscito ad essere competitivo in una situazione complicatissima.

    Infine, alla domanda su chi sia il giocatore bianconero che più ha amato in questi anni, il presidente Agnelli a sorprese fa il nome di Montero, mentre per le figure ideali sceglie Torricelli insieme a Nedved.

  • Calciopoli, dal Carabiniere pentito al racconto dell’investigatore. I conti tornano

    Calciopoli, dal Carabiniere pentito al racconto dell’investigatore. I conti tornano

    Qualche giorno prima del Natale una intervista al Corriere dello Sport ad un investigatore, per il momento anonimo, del pool che ha condotto le indagini sulla presunta cupola che poi sfociò in Calciopoli nel 2006 è forse passata un po troppo inosservata ma conferma ancora una volta un buco terribile e tanti nuovi misteri nel modo di condurre le indagini e sopratutto delle omissioni che hanno permesso di costruire un castello accusatorio parziale. Come dimostrato dalla relazione di Palazzi e comunque dal grandissimo numero di intercettazioni portate alla luce dai consulenti di Luciano Moggi quelle indagini non furono, obiettivamente, scrupolose lasciando adito ad un clima di sospetto che ha reso Calciopoli un capitolo senza fine.

    Diego Della Valle – Calciopoli | ©Getty Images

    Andando un po a ritroso e cercando sempre di intuire le mosse dei vari protagonisti però le confessioni dell’investigatore al Corriere dello Sport ci possono aiutare a contestualizzare la posizione di Diego Della Valle e di conseguenza della Fiorentina. Il patron dei viola da questa estate ha messo da parte l’attesa e il solito aplomb per scagliarsi ripetutamente contro Moratti, Guido Rossi e chi nel 2006 condannò il suo comportamento a tutela della Fiorentina. Della Valle ha iniziato prima a chiedere la verità a Moratti promuovendo per primo il tavolo di confronto e adesso è arrivato a denunciare Guido Rossi. In estate iniziò a circolare in rete le indiscrezioni, a dire il vero mai confermate, di un carabiniere pentito disposto a far luce sul modus operandi degli inquirenti e svelando i tanti buchi delle intercettazioni ipotizzando che proprio questo materiale possa esser “l’arma” di Della Valle per smontare Calciopoli. Con il passare dei mesi del carabiniere non si è avuta più traccia fino al dossier del Corriere dello Sport. E se il carabiniere fosse l’investigatore? Nell’intervista al Corriere ha svelato di una intercettazione ambientale fatta in una cena organizzata dai Della Valle, per l’accusa simbolo del tentativo di illecito per salvare i viola, in realtà nel corso della cena non si è mai parlato della Fiorentina e di ogni illecito e la presenza di tale colloquio agli atti avrebbe potuto ridimensionare ulteriormente la posizione della Fiorentina.

  • Calciopoli, dichiarazioni choc. La bomba di Natale

    Calciopoli, dichiarazioni choc. La bomba di Natale

    Calciopoli, e se fosse stato tutto falso? Una domanda lecita dopo aver letto le dichiarazioni choc rilasciate da un investigatore al quotidiano Corriere dello Sport, andato oggi in edicola con lo scandalo Calciopoli in evidenza. Dopo il calcio-scommesse, torna in prima pagina il terremoto che sconvolse 5 anni e mezzo fa il mondo del calcio italiano, a pochi giorni prima dall’inizio del Mondiale che ci avrebbe visto protagonisti assoluti.

    DENTRO CALCIOPOLI – A parlare non è un imputato né un semplice tifoso che disquisisce al bar dello sport. Per la prima volta un investigatore attivo nell’inchiesta sceglie di rompere il silenzio e rilasciare dichiarazioni bomba alla redazione del Corriere dello Sport. Si tratta di uno dei dodici uomini chiamati ad ascoltare le intercettazioni dei telefoni più scottanti del pallone nostrano. Rivela come si svolgevano le indagini, gli uomini chiave della vicenda, le anomalie, tutto ciò che è rimasto rinchiuso dentro un cassetto dimenticato e che ora rischia di fare più danni del vaso di Pandora.

    Luciano Moggi, processo Calciopoli |© GIULIO PISCITELLI/AFP/Getty Images

    IL SERVER DELLE INTERCETTAZIONI – L’intervista vive il suo momento clou quando l’investigatore parla di un’anomalia che si ripeteva troppo spesso e che causava dei buchi rilevanti ai fini dell’inchiesta. L’innominato, per sua stessa volontà, racconta di come il server delle intercettazioni avesse numerosi problemi di linea durante la giornata. Nel passo chiave dell’intervista si legge:

     La cosa un po’ anomala è il server delle intercettazioni. E’ in Procura, a Roma, a Piazzale Clodio. Quando c’era qualche problema, e capitava spesso, telefonavamo a chi era in Procura: “Guarda, la postazione 15 qui non funziona, che è successo?” “Vabbé adesso controllo….”. Dopo un po’ richiamavano da Piazzale Clodio: “Ti ho ridato la linea, vedi un po’”. Andavi a controllare, magari avevi finito alla telefonata 250 e ti ritrovavi alla telefonata 280. E le altre 30? “Me le so perse…

    A proposito del server, l’investigatore chiarisce come chi contattava il responsabile del server fosse il colonnello Auricchio, ovvero il titolare dell’indagine che ha portato alla condanna di Moggi e della cosidetta “cupola”.

    I BAFFETTI – Un’altra dichiarazione chiave che emerge è quella relativa alla scomparsa dei cosiddetti “baffetti rossi”, le intercettazioni ritenute cruciali dai dodici investigatori. Alla domanda del giornalista su chi decidesse quali baffetti passavano la seconda fase della scrematura, l’innominato risponde sempre con lo stesso nome: il colonnello Auricchio. Tra le intercettazioni mancanti figurerebbero quelle riguardanti l’Inter.

    NESSUN COLPEVOLE – Farà sicuramente discutere la posizione dell’investigatore a proposito delle condanne effettuate in primo grado. Sostiene come “partite veramente truccate, dove l’arbitro è stato veramente coinvolto. Non ci sono”. Di conseguenza anche l’intero processo Calciopoli sarebbe stato una farsa.

    INVENZIONI – Pesantissimo il passaggio in cui l’innominato cita Martino Manfredi, ex segretario della Can A-B, affermando che all’inizio delle indagini l’ex segretario della Commissione arbitri avesse negato qualsiasi coinvolgimento della classe arbitrale. Qualche tempo più tardi, continua l’investigatore, lo stesso Manfredi entrò a far parte della Federcalcio, e solo da allora fece dichiarazioni spontanee sulla “storia delle palline” (palline speciali che sarebbero state utilizzate durante i sorteggi degli arbitri).

    BUFERA A NATALE – L’intervista, consultabile sul sito corrieredellosport.it, è destinata a scatenare una nuova bufera nel mondo del calcio. Calciopoli è stata davvero una farsa colossale? Moggi è realmente la sciagura del calcio nostrano? Le certezze del passato stanno cominciando a vacillare pericolosamente.

  • Calciopoli, Della Valle denuncia Guido Rossi

    Calciopoli, Della Valle denuncia Guido Rossi

    Alla faccia del ‘Tavolo della Pace’ e dell’idea di seppellire l’ascia di guerra. Diego Della Valle, il patron della Fiorentina, esce allo scoperto con una vera e propria dichiarazione di guerra contro l’allora commissario Federale Guido Rossi, riaccendendo come un piromane il mai spento focolaio di polemiche relative a Calciopoli.

    Questo il comunicato rilasciato al sito internet della Fiorentina:

    “Ho conferito mandato ai miei legali di agire, nelle sedi competenti, nei confronti dell’allora Commissario Federale Guido Rossi e di altri per la gestione assunta dagli stessi durante il processo sportivo di Calciopoli celebrato nell’estate 2006. Le azioni legali verranno avviate per censurare i comportamenti assunti dagli stessi nella gestione del processo sportivo”.

    Diego Della Valle | © Paolo Bruno/Getty Images

    Facciamo un passo indietro per capire cosa abbia potuto scatenare una simile reazione. Il patron viola, appena terminato l’incontro con Petrucci e gli altri presidenti della Lega, esprime il suo dissenso verso un incontro che nonostante la buona volontà di Petrucci ha palesato come le posizioni dei presenti siano sempre più cristallizzate. Il sentimento di rivalsa e di ottenere una giustizia da parte della Fiorentina è qualcosa di prioritario, e nessun tavolo della pace o buoni propositi avrebbe potuto far cambiare idea a Della Valle convinto a dimostrare le sue ragioni in tutte le sedi possibili. Tanto è che il giorno seguente, il patron viola scarica l’intera responsabilità del caso Calciopoli su un unico capro espiatorio: Guido Rossi, allora commissario federale che decise per l’assegnazione di quel contestatissimo scudetto ai nerazzurri. “Guido Rossi deve spiegare cosa davvero accadde”– aggiungendo in seguito: “Per quanto mi riguarda è Guido Rossi primo tra tutti che deve pubblicamente spiegare che cosa è realmente accaduto allora assumendosi le proprie responsabilità. È lui – ha concluso Diego Della Valle – che ha il dovere di ricostruire i fatti e darne spiegazione pubblica a tutti quelli che vogliono conoscere la verità”.

    ROSSI RISPONDE – Guido Rossi non ha fatto attendere per la risposta spiegando, tramite l’ANSA, come in parole povere i processi parlino a suo favore:

    “Adempio volentieri all’invito di Della Valle. Calciopoli è in ambito sportivo quanto accertato dalla giustizia federale e da quella del Coni; in ambito penale quanto deciso dalla magistratura penale; in ambito amministrativo quanto pronunciato dalla giustizia amministrativa. Il rispetto nelle istituzioni e nel loro corretto operare mi esime da ulteriori commenti. La mia personale esperienza è comunque stata in ogni caso dettagliatamente illustrata in Parlamento e al presidente del Coni, Gianni Petrucci”.

    La querelle adesso promette nuovi spunti legali e nuove polemiche mai sopite. Il calcio in tribunale di questo passo soppianterà quello giocato e ‘parlato’ dai tifosi nel classici bar sport. Se fosse un libro Calciopoli si chiamerebbe la storia infinita. Alla prossima puntata.

    Dichiarazioni tratte da: Ansa, il Messaggero, Corriere della Sera

  • Calciopoli botta e risposta Diego Della Valle Guido Rossi

    Calciopoli botta e risposta Diego Della Valle Guido Rossi

    L’iniziativa del presidente del Coni Petrucci di convocare “il tavolo dell pace” si è dimostrato buono nelle intenzioni ma come era prevedibile un fallimento nella pratica. Calciopoli è ancora viva e calda e i principali protagonisti hanno ancora i nervi a fior di pelle per accettare una resa incondizionata. Andrea Agnelli deve tutelare la sua battaglia sui 29 scudetti assecondando i volere dei tifosi, Massimo Moratti fregiato a suo del titolo di onestà non può retrocede di un millimetro per non deludere i suoi di tifosi e tutti gli altri commensali, apparentemente distanti hanno tutti qualcosa da guadagnare o da perdere.

    Diego Della Valle | ©Getty Images
    Da qualche tempo tra i più esagitati e in cerca di verità c’è il patron della Fiorentina Diego Della Valle che qualche mese fa aveva auspicato un confronto per scoprire la parte nascosta di Calciopoli e adesso alla luce del fallimento del tavolo della pace è tornato a tuonare questa volta non contro Massimo Moratti bensì contro Guido Rossi commissario della Figc subito dopo lo scandalo e quindi profondo conoscitore della sentenza che stravolse il calcio nel 2006 “In merito all’incontro avuto ieri nella sede del Coni voglio ringraziare il presidente Petrucci per l’invito e per il tentativo di pacificazione che anche se non ha raggiunto l’obbiettivo desiderato ha comunque aperto un percorso” dice Della Valle ad inizio del suo comunicato “Come ho detto personalmente a lui e alle persone presenti ieri la condivisa volontá di tutti nel voler pacificare gli animi deve prima passare attraverso una analisi chiara e onesta di quanto a suo tempo accaduto. Serve che i protagonisti di allora facciano pubblicamente chiarezza”. E conclude “Per quanto mi riguarda è Guido Rossi primo tra tutti che deve pubblicamente spiegare che cosa è realmente accaduto allora assumendosi le proprie responsabilitá. È lui che ha il dovere di ricostruire i fatti e darne spiegazione pubblica a tutti quelli che vogliono conoscere la veritá”.

    Guido Rossi questa volta non si è fatto attendere troppo “rispondendo” a Della Valle con un comunicato “Adempio volentieri all’invito di Della Valle. Calciopoli è in ambito sportivo quanto accertato dalla giustizia federale e da quella del Coni; in ambito penale quanto deciso dalla magistratura penale; in ambito amministrativo quanto pronunciato dalla giustizia amministrativa. Il rispetto nelle istituzioni e nel loro corretto operare mi esime da ulteriori commenti. La mia personale esperienza è comunque stata in ogni caso dettagliatamente illustrata in Parlamento e al presidente del Coni, Gianni Petrucci”.

  • Calciopoli non si dimentica, il tavolo c’e’ ma manca la pace

    Calciopoli non si dimentica, il tavolo c’e’ ma manca la pace

    Nemmeno il clima natalizio ha portato al rasserenamento degli animi dei protagonisti del c.d. “tavolo della pace” che si è tenuto in giornata a Roma, presso la sede del CONI.

    L’incontro è durato 4 ore e 36 minuti, un tempo lunghissimo che faceva già presagire un esito negativo della vicenda ed infatti, all’uscita dell’incontro, nessuno si è fermato a parlare con i giornalisti presenti. Calciopoli è una ferita ancora aperta e tutt’altro dimenticata da due dei protagonisti più importanti del tavolo e cioè Andrea Agnelli ed ovviamente Massimo Moratti.

    Massimo Moratti presente al Tavolo della Pace | ©Paolo Bruno/Getty Image

    Il tentativo del Presidente del Coni Gianni Petrucci non è quindi riuscito, ma d’altronde era facile prevedere un finale simile considerate le premesse della vigilia. Cercare di eliminare i veleni presenti nel calcio italiano con un tavolo era impresa assai ardua, quasi velleitaria dopo il terremoto del 2006. Massimo Moratti ed Andrea Agnelli si son parlati con la consueta calma e chiarezza ma nessuno dei due ha fatto un passo indietro con la Juve che è rimasta decisamente ferma sulle sue posizioni anche per quanto riguarda la richiesta di maxi risarcimento di 443 milioni di euro fatta alla Federcalcio.

    Un tentativo non riuscito“, è questo il commento tanto semplice quanto scontato del numero uno dello sport italiano Gianni Petrucci che si sforza di respingere parole come fallimento o sconfitta, perché comunque “si è discusso, anche se nella fattispecie gli interessi sono divergenti“. Pensare che la Juventus dopo la battaglia legale intrapresa a suon di ricorsi per riavere i due scudetti e l’Inter che si considera la società vittima del sistema moggiano potessero fare un passo indietro grazie solamente alla mediazione del Coni e con la presenza di illustri esponenti dei club più importanti d’Italia era, ribadiamo, pensiero utopistico ed al limite dell’impossibile.

    Certo, resta da capire l’utilità della presenza di alcuni club nel tavolo e la loro effettiva posizione con il Milan e la Fiorentina benché colpite diciamo di striscio dallo scandalo, convinte comunque anche loro di aver subito un torto nel 2006, il Napoli del presidente De Laurentiis estraneo ai fatti e con la Lazio del presidente Claudio Lotito colpita anch’essa da calciopoli ma inspiegabilmente assente al tavolo romano.

    Il parere di chi vi scrive è volto verso un indirizzo prettamente politico dell’incontro che aveva come unico scopo quello di pesare la forza economica e politica delle società presenti e con l’ennesima presa in giro di un governo sportivo italiano nuovamente dimostratosi assolutamente incapace a gestire uno degli scandali, se non lo scandalo, più grande della storia del calcio italiano.

  • Tavolo della pace o delle polemiche? C’è De Laurentiis manca Beretta

    Tavolo della pace o delle polemiche? C’è De Laurentiis manca Beretta

    Domani mercoledì 14 dicembre arriva il momento del cosiddetto “Tavolo della pace”,  organizzato dal presidente del Coni Gianni Petrucci per risolvere le controversie in merito all’annata 2006  e rimuovere le antichi antipatie tra alcuni presidenti di serie A. Nonostante i buoni propositi, c’è un malcontento generale che serpeggia nell’aria.

    "Tavolo della pace" Massimo Cellino tra gli scettici e polemici | © Enrico Locci/Getty Images
    SCONTENTI- Le polemiche purtroppo non sembrano calmarsi nemmeno alla vigilia di questo importante incontro, dove se le Big sembrano aver sotterrato l’ascia di guerra, le società non invitate hanno poco gradito questa loro assenza, con il portavoce degli scontenti Massimo Cellino che ha così spiegato la sua posizione ai microfoni della “Politica nel pallone-Gr Parlamento”: “Questo tavolo non l’ho capito, se doveva servire per far stringere la mano a due società come Inter e Juventus e dimostrare come i valori dello sport sono superiori a tutto, allora bastava la presenza di Agnelli e Moratti. Ma cosa c’entrano gli altri?”. Con un chiaro riferimento non a Galliani e Diego Della Valle (che per primo propose il tavolo), ma ad Aurelio De Laurentiis che all’epoca dei fatti non era nemmeno uno dei presidenti chiamati in causa. Ancora dure critiche sempre da parte di Cellino in merito all’assenza  del presidente della Lega Maurizio Beretta: “Perché mai non si invita la Lega che pure per quei fatti è stata parte lesa?- ha aggiunto il presidente del Cagliari con le idee chiare su questa iniziativa- Così è solo un’iniziativa che si trasforma in un atto arrogante di sopraffazione della Lega. L’idea che ci siano presidenti che si collocano al di sopra delle regole si trasforma di fatto in un sabotaggio del faticosissimo percorso che abbiamo intrapreso per trovare una unione al nostro interno”.

    CURIOSITA’ E SERENITA’- A Roma sarà sicuramente  presente Massimo Moratti, numero uno dell’Inter che intervenuto alla Gazzetta dello Sport ha ostentato molta serenità sull’incontro di domani: “Non so quale sarà esattamente il significato. Quindi andrò là con molta curiosità”. Un’ulteriore garanzia alla tranquillità in casa nerazzurra arriva direttamente dal presidente del Coni Gianni Petrucci: “Sarà un incontro all’insegna della serenità e, anche se sento un’attesa spasmodica nei confronti di questo evento, si tratterà di una riunione normale, un tavolo in cui si parlerà di calcio e in cui l’attore principale, com’è giusto che sia, sarà la Figc. Sono felice che tutte le persone invitate abbiano confermato la loro presenza”. Petrucci inoltre veste i panni del pompiere buttando acqua sul fuoco relativo ai malcontenti dei non invitati: “ Chi non è stato invitato non deve offendersi, perché se avessimo invitati, sarebbe diventata un’assemblea di Lega e non un tavolo della Pace. Spero che questo incontro servirà a chiudere definitivamente le pagine di discussioni, di corsi e ricorsi. Ho visto molta serenità da parte dei presidenti invitati e mi auguro che questa non sia dovuta solo al periodo natalizio.”

    ABETE NO ALLE PRESSIONI-  Presenza confermata al tavolo anche per il presidente della Figc Giancarlo Abete: “Calciopoli è stata un’esperienza traumatica per tutti, ma se ne parla ancora e spero questa sia l’occasione giusta per guardare avanti. L’importante- aggiunge Abete- è non strattonare la Federazione anche perché non ci faremo mettere pressioni da nessuno. Da parte mia ci sarà lo spirito giusto per fare riflessioni e dare chiarimenti”.  Conclusione per il numero uno della Figc sul clima dell’incontro: “Il clima deve essere positivo per guardare con serenità al passato ma anche al futuro”.

    Dichiarazioni tratte dal “Corriere Dello Sport”