Guido Rossi, Giuseppe Narducci, Massimo Moratti e Attilio Auricchio son le quattro persone che hanno sconvolto il calcio italiano quattro anni or sono e oggi per uno strano scherzo del destino si ritrovano seduti allo stesso tavolo.
Andiamo per gradi e facciamo qualche premessa:
1) Da sempre l’Italia è il paese della dietrologia e del complotto ad ogni costo, da questo
assunto son nati tanti scandali e non per ultimo quello che cambiò le gerarchie del calcio italiano con l’ormai famoso processo a Calciopoli.
2) Il calcio genera potere e chi vince si sente forte e padrone della scena. Lo fu Moggi in passato e lo è Moratti adesso, il presidente deriso per gli acquisti di Vampete e i regali rossoneri di Pirlo e Seedorf si ritrova in un sol colpo a dar lo scacco matto a quel volpone di Florentino Perez.
Fin qui il discorso fila e, nonostante i benpensanti, non fa una piega; è invece in ciò che segue che si fa strada la perplessità e il dubbio sull’opportunità di certi comportamenti.
Il primo a sbagliar è stato Guido Rossi accettando l’invito al Bernabeu in qualità di tifoso vip ed alimentando ancor più il dubbio di una giustizia sportiva pilotata sopratutto dopo le nuove intercettazioni.
L’errore successiva lo compie Massimo Moratti e di conseguenza Narducci e Auricchio. Venerdi scorso nell’inserto di Repubblica si poteva leggere un interessante intervista al pm Narducci, uomo dell’accusa ma anche grande sportivo. Il principale accusatore di Luciano Moggi si è preso la briga di andare a scavare a ritroso per capire l’origine del “male” scovando e curando la prefazione di un interessante libro sui mondiali argentini del ’78.
Iniziativa encomiabile e che fa capire cosa si nasconde a volte dietro lo sfarzo e l’attenzione mediatica della massima competizione calcistica. L’inopportunità sta però nella presenza non richiesta, alla presentazione del libro, di Massimo Moratti a Palazzo Valentini con a fianco il colonnello Auricchio. Dulcis in fundo il presidente nerazzurro e il pm Narducci lasciano la sala chiudendosi nello stesso ascensore. Sicuramente non c’è nulla di male, sicuramente non si saranno detti alcunché ma ancora una volta la scelta è stata inopportuna. Siamo italiani e come si suol dire a pensar male si fa peccato ma quasi sempre s’indovina.