Roma, tra ambizione e diffidenza

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In questi mesi abbiamo imparato a conoscere Thomas DiBenedetto, lo “zio Tom” sbarcato dall’America per conquistare l’Italia e l’Europa proprio grazie alla Roma calcio ma in molti sono pronti a girurare che il vero punto di forza della cordata italoamericana che da venerdì è proprietaria della Roma è James “Jim” Pallotta leggenda degli Hedge Fund, comproprietario dei Boston Celtics tornati alla vittoria proprio con la sua scalata all’Nba.

Roma spera che le sue intuizioni sportive possano davvero tramutare le grandi promesse che in questi giorni si sentono e che galvanizzano i tifosi con sogni sul mercato e propositi di vittorie in breve tempo. Pallotta intervistato da la Repubblica non fa mistero di voler puntare dritto allo scudetto primo obiettivo della nuova Roma e per far questo si dovranno rivedere le scelte societarie e per questo non si escludono addii eccellenti (De Rossi?).

Oggi è Tullio Camiglieri, portavoce di DiBenedetto, ad alimentare l’entusiasmo “La Roma può puntare ad essere una squadra che esca dai confini cittadini per competere a livello internazionale su più fronti”. Puntando dritti alla costruzione dello stadio e a consolidamento della società.

In Italia però c’è molta diffidenza e al monito di Berlusconi nei giorni scorsi si aggiugono quelli dei diffidenti Zamparini e Lotito. Il presidente del Palermo rivendica la bravura degli imprenditori italiani “DiBenedetto? Siamo tutti attenti a vedere quello che succede, perchè io sono un pò incredulo che un americano voglia investire e perdere nel calcio italiano. Io ho investito 80 milioni di mia liquidità più altri impegni per le fideiussioni, ma non ho visto nulla, magari vedrò qualche ritorno quando andrò via da Palermo. Noi italiani non siamo addormentati, siamo ottimi imprenditori”.

Mentre Lotito in perfetto clima derby dubita sulle reali potenzialità della cordata “Non voglio fare i conti in tasca agli altri ma il bilancio è pubblico e alla fine loro chiuderanno la stagione con 40 milioni di debiti. Poi dovranno immettere ancora altro denaro per comprare e fare la squadra. Se portano idee nuove ben vengano, ma quella dello stadio non lo è, perchè io ne parlo da sette anni. Non è che arriva l’americano e fa lo stadio. Stiamo a Roma, e non in America, le paludi burocratiche italiane le conoscono tutti”.

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