Nello specifico, l’ex campione di Fiorentina, Juventus, Milan, Inter, Brescia, ritiratosi dal calcio nel 2004, ed incaricato della presidenza del settore tecnico solo otto mesi fa, nel luglio 2010, ai tempi della rivoluzione voluta da Giancarlo Abete dopo il clamoroso fallimento del mondiale in SudAfrica, ha proposto un ambizioso progetto finalizzato a promuovere la valorizzazione dei giovani talenti italiani, supervisionando ed analizzando ben 60.000 partite. Le buone idee e le buone intenzioni, però, come spesso accade, finiscono per infrangersi su alcuni ostacoli insormontabili. In tal caso, le difficoltà di attuazione sarebbero connesse ai costi necessari per rendere operativa l’iniziativa proposta da Roberto Baggio, che si agirerebbero intorno ai sette milioni di euro.
L’aspetto economico, però, potrebbe essere solo un pretesto per la non attuazione della proposta di Baggio, e pare che alla base dei dissapori trapelati nell’ambiente della Federcalcio, ci siano anche altre ragioni. In primis, tale iniziativa – che riguarda la promozione dei vivai italiani – potrebbe interferire con le competenze di altri autorevoli esponenti Figc, ossia del presidente del settore giovanile, nella fattispecie Gianni Rivera, e del Club Italia, di Demetrio Albertini ed Arrigo Sacchi, rispettivamente ex compagno di squadra del divin codino nel Milan e nella Nazionale, e commissario tecnico dell’Italia ad Usa 1994, mondiale perso dagli Azzurri ai rigori, spesso ricordato per il celebre errore di Roby dal dischetto.
Inoltre, risulta che il rapporto fra Roberto Baggio e la Federazione era partito con il piede sbagliato fin dall’inizio, per il malcontento della Figc per l’inserimento di Vittorio Petrone, procuratore dell’ex campione, nel consiglio direttivo del settore tecnico, non gradito perchè “Petrone non è iscritto all’albo degli agenti“. Inoltre, prima di accettare l’incarico di Coverciano, Roberto Baggio aveva titubato per qualche tempo, perchè si dichiarava interessato ad intraprendere una carriera da allenatore, ritenuta più affine alle sue inclinazioni ed al suo carattere, abituato da sempre ad essere un po’ controcorrente rispetto alle logiche di Palazzo, e maggiormente interessato all’aspetto di campo: “Chissà, forse un giorno allenerò: è una sfida, e a me le sfide piacciono“.
Se la sua proposta da sette milioni di euro, attualmente allo studio in merito alla sua fattibilità, non dovesse essere avallata dal consiglio federale, dunque, il divin codino potrebbe realisticamente decidere di dimettersi dall’incarico di presidenza del settore tecnico e, magari, intraprendere altre sfide, anche perchè risulta che il suo incarico sia a titolo gratuito.
Quel che emerge con forza da tale vicenda, però, è sempre la miopia del sistema italiano (calcistico e non solo) che, nonostante le paventate rivoluzioni, quando si tratta di investire nei giovani (e quindi nel futuro) risulta essere sempre poco propenso, preferendo ricorrere a soluzioni di breve periodo, percorrendo la strada più facile e più comoda, perchè immediatamente pronta.
Inoltre, se la proposta di Roberto Baggio fosse realmente bocciata, apparirebbe con chiarezza come la “rivoluzione” di Giancarlo Abete, in sostanza, sia solo un’operazione di “immagine”, finalizzata all’inserimemento di personaggi di spicco in posizioni di rilievo ma solo con ruoli di rappresentanza e non realmente operativi.