Non accenna a placarsi la diatriba a distanza tra Lele Oriali e Adriano Galliani, alle accuse del dirigente nerazzurro su presunti favori arbitrali ai rossoneri ha risposto anche se in maniera velata plenipotenziario milanista nel postpartita di Milan-Napoli. La controreplica non si è fatta attendere e attraverso un intervista rilasciata alla Stampa, Oriali ribadisce l’accusa e rincara la dose accusando i vertici di un eccessivo zelo nei confronti dell’Inter. Nella lunga interviste torna in ballo anche la spiacevole vicenda dei passaporti falsi, Oriali scarica le sue colpe a Franco Baldini ex dirigente della Roma e adesso alle dipenze dell’Inghilterra come consigliere di Capello.
Lele Oriali, da Ligabue a Mourinho, da “Una vita da mediano” a una vita da ultrà. Proteste, squalifiche, storie tese: perché?
“La cosa buffa è che, da giocatore, non sono mai stato espulso. Squalificato, sì ma soltanto per cumulo di ammonizioni, quando militavo nella Fiorentina”.
Da dirigente, invece?
“Tutto cominciò a Bologna, con Ulivieri allenatore. Dalla serie C alla serie A; patron, Gazzoni Frascara. Andavo in panchina, Renzo era un vulcano. Oggi fa il presidente dell’Assoallenatori e, le volte che ci vediamo, mi rimprovera gli stessi atteggiamenti – in genere, contro gli arbitri – che proprio lui mi aveva insegnato. Ci facciamo di quelle risate…”.
Rammenta la prima volta da ultrà?
“Un Vicenza-Bologna 2-0, 5 gennaio 1997. Dirigeva Nicchi, l’attuale presidente dell’Aia. Cacciò fuori Kenneth Andersson, gli chiesi spiegazioni, mi disse che non era quello il momento e, soprattutto, il modo. Espulso”.
L’insulto a Rizzoli a Bergamo, dopo il rosso a Sneijder; il furore di Bari; le sceneggiate di Inter-Sampdoria. Pentito?
“Guardi. A vincere troppo si diventa antipatici, che discorsi, ma noto attorno a noi un’attenzione esagerata, quasi fisica. Gli “007” federali che ci marcano, non sono mai meno di tre a partita”.
La sera delle manette, però, ne combinaste di tutti i colori.
“Tagliavento applicò il regolamento alla lettera, verissimo e benissimo: a patto che tutti lo applichino con tutti. Cosa che non sempre fanno. Quella sera, fra parentesi, l’inviato della procura che mi stava appresso, era una donna. Inquadravano me, inquadravano lei. Mi lasci respirare, le dissi. Faccia il suo lavoro e non rompa, mi rispose. Parola più, parola meno”.
Galliani e il Milan non hanno gradito l’invasione di campo. Messaggio in codice: pensassero al Chelsea e ai tre rigori scippati al povero Ancelotti.
“Da che pulpito, mamma mia. Da che pulpito. Il Chelsea: per carità, gli arbitri ci hanno detto bene. Come, contro il Liverpool, ci avevano detto male in passato. E allora? Vogliamo parlare di Milan-Roma dell’andata e di Fiorentina-Milan, arbitro Rosetti?”.
Rosetti, sì: lo stesso che, nell’ultimo derby del campionato scorso, convalidò il gol manesco di Adriano. E poi, scusi: il pugno di Quaresma a Verona col Chievo?
“Era rigore, quel pugno. Rigorissimo. L’arbitro non vide: capita. Avesse visto, lo avrebbe dato. Rosetti, viceversa, vide e valutò male: Thiago Silva su Menez, Burdisso su Nesta, Thiago Silva su Montolivo. Per tacere della non espulsione di Bonucci in Bari-Inter. Glielo feci rilevare senza insultarlo. Lo riconobbe. Furono gli zelantoni della procura a farmi squalificare”.
Il rumore dei nemici, non ci vogliono far vincere: gira e rigira, non mi dirà che aveva ragione Mourinho?
“Vuole la mia classifica attuale: prima Inter, seconda Roma, terzo Milan. Si profila un finale di stagione intenso, arbitrare è di per sé un mestiere difficile, auguro a tutti la “fortuna” di sbagliare il meno possibile”.
Si può sentire danneggiata una società che ha ricevuto in dono, a tavolino, persino uno scudetto?
“In dono lo dice lei. Le squadre finite davanti erano state chi retrocesse e chi penalizzate. Alle Olimpiadi si usa così”.
I rapporti con Mourinho?
“Gli venni presentato come amico giurato di Roberto Mancini. Ha avuto il buon gusto e il buon senso di mettermi alla prova. I nostri rapporti sono professionalmente buoni”.
Nostalgia di Ibrahimovic?
“Sinceramente, no. Grandissimo giocatore, ma con Eto’o e i soldi incassati dal Barcellona siamo primi in campionato e nei quarti in Champions”.
Il caso Balotelli?
“Nessuno ne discute il talento. L’importante è che Mario capisca che, a volte, il talento non basta. Soprattutto alla sua età”.
“Una vita da mediano”: sono passati quasi undici anni.
“Sembra ieri. Rammento che Ligabue, interista sfegatato, me ne parlò prima di inciderlo. Esplorò i miei sentimenti, il mio orgoglio. Ero onorato che mi avesse preso a simbolo di quella categoria di persone che si sforzano di nobilitare il ruolo di gregario”.
Passaportopoli, dossier Recoba: in che misura la condanna a sei mesi di reclusione e il relativo patteggiamento l’hanno segnata?
“È una grave macchia, lo so, ma ha presente il signore che compare sempre al fianco di Fabio Capello? Sì, Franco Baldini. Ecco, devo tutto a lui. Mi disse che c’era questa possibilità eccetera eccetera, e che le carte erano in regola. Salvo poi lasciarmi nella cacca”.
Per chi tifava, da ragazzo?
“Per la Juventus”.