Alcuni casi di cronaca italiani sembrano dei gomitoli difficile da districare, lasciati lì, ingarbugliati ed annodati in un angolo, impolverati dal tempo che scorre, e dal trascorrere dei giorni, dei mesi, degli anni. Il caso legato alla morte di Donato Denis Bergamini è uno di questi gomitoli, in cui pareva impossibile “trovare il bandolo della matassa” ma che, contrariamente a molti casi mai risolti e “dimenticati”, sta riemergendo all’attualità delle cronache, soprattutto grazie ad alcune novità emerse negli ultimi due mesi nell’ambito dell’indagine portata avanti dal procuratore capo di Castrovillari, Franco Giacomantonio, che hanno stravolto le prospettive delle indagini precedenti, che si alternavano fra ipotesi di suicidio, coinvolgimento in traffici di droga e misteriosi retroscena connessi alla Maserati a doppio fondo dell’ex calciatore del Cosenza.
Dopo i rilievi compiuti nello scorso mese di Febbraio dai Ris era stata esclusa la tesi di suicidio, che, invece, era stata sempre sostenuta dall’unica testimone oculare presente in quel pomeriggio piovoso di Novembre, sulla statale 106 nei pressi di Roseto Capo Spulico, l’ex fidanzata Isabella Internò: non è stata rinvenuta compatibilità fra le tracce rinvenute sugli oggetti indossati da Bergamini, (soprattutto l’orologio, rimasto praticamente intatto, ndr) e l’ipotesi di suicidio, gettandosi sotto il tir che lo avrebbe trascinato per 60 metri sull’asfalto.
I rilievi compiuti dai Ris, poi, hanno portato alla luce un’ulteriore aspetto, rimasto finora nel limbo dell’incertezza: non esisteva alcun doppio fondo nella Maserati posseduta da Bergamini, perchè l’automobile non possedeva le caratteristiche tecniche necessarie, nè è stata rinvenuta traccia di possibile manomissione e, dunque, viene meno l’ipotesi di un suo coinvolgimento, consapevole o meno, nel traffico di droga legato alla ‘ndrangheta, in veste di corriere.
Una rivelazione assolutamente clamorosa, considerando che, per lungo tempo, tale elemento veniva considerato proprio uno delle “chiavi di volta” dell’inchiesta, che cercava di associare la morte dell’allora ventisettenne Denis ad “amicizie pericolose”, connesse proprio al traffico degli stupefacenti.
Se, dunque, il “campo” appare, ora, finalmente sgombro da false notizie, e da supposizioni infondate, gli inquirenti dovranno compiere un ulteriore e, ci si augura, decisivo passo avanti nell’indagine: individuare il movente dell’omicidio, per comprendere – una volta per tutte – chi ha “mosso i fili” in quel lontano 18 Novembre 1989. Le piste da considerare, dunque, escludendo quelle legate al mondo della malavita organizzata, sono da ricondursi perlopiù in ambito strettamente personale, per capire chi e cosa ha scatenato tale delitto. In particolare, come spesso accade in tali casi, l’attenzione si dovrà soffermare sulla ricostruzione minuziosa delle ultime ore di vita del calciatore, definendone nel dettaglio spostamenti, contatti, telefonate, approfondendo il ruolo di alcune persone che pare abbiano avvicinato Bergamini all’uscita dal cinema dove si trovava insieme ai compagni di squadra. In tal senso, poi, appare assolutamente prioritario effettuare un ulteriore verifica sul ruolo dell’ex compagna, in virtù del fatto che la sua versione dei fatti non collima più con le tesi investigative e, soprattutto, con le indagini della scientifica.
Elementi essenziali da sciogliere ancora, ma che renderanno finalmente chiaro, dopo 23 lunghissimi anni, il quadro di una vicenda rimasta nell’ombra per troppo tempo: tutti i nodi, però, prima o poi, “vengono al pettine”.