NBA: I voti della stagione. Pacific Division

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Nba | foto tratta dal web

Dopo aver esaminato la stagione delle squadre della Southwest Division, l’analisi della Western Conference prosegue con la Pacific Division, uno dei raggruppamenti meno competitivi della Lega (al pari della Central Division nella Eastern Conference) che ha visto una sola squadra qualificata alla post season, ovvero gli ex campioni dei Los Angeles Lakers, mentre le rimanenti squadre non sono riuscite ad ottenere neanche un record positivo.

nba.com

GOLDEN STATE WARRIORS: 5,5. Stagione tra luci ed ombre quella dei giovani “Guerrieri” di Oakland. E’ mancata la continuità ad una squadra che ha comunque dei margini di miglioramento per fare bene nell’eventuale prossimo campionato. La dirigenza non è rimasta soddisfatta del coach Keith Smart, il vice di Don Nelson negli anni precedenti, esonerato appena si è conclusa la stagione, ed ha affidato la gestione del team a Mark Jackson, ex playmaker dal grande passato soprattutto in maglia Knicks e Pacers (vincitore del titolo di rookie dell’anno nella stagione d’esordio nel 1988 e terzo assoluto nella classifica di ogni tempo degli assist dietro solo al numero 1 John Stockton e a Jason Kidd). Questa mossa è dovuta anche al piccolo calo di rendimento del playmaker titolare Stephen Curry, fenomenale nella sua stagione da esordiente ma un pò meno efficace nella sua seconda annata nella Lega: i consigli di uno dei migliori registi del passato dovrebbero far ritornare Curry sulla retta via e proiettarlo tra i migliori giocatori della NBA. Il lavoro da compiere non è dei più facili per dirigenza e allenatore, chiamati a risolvere rispettivamente i buchi in organico e il mal di trasferta che affligge la squadra (nell’ultima stagione fatta di 36 vittorie e 46 sconfitte i Warriors sono riusciti ad ottenere solo 10 successi lontano dal proprio parquet, un numero troppo basso di affermazioni per poter ambire ad un posto playoff). I margini di miglioramento per questa squadra sono reali ma solo con un grande lavoro da parte del coaching staff si potranno vedere i Warriors nuovamente ai playoff: l’ultima apparizione risale al campionato 2006-2007 quando da ultimi classificati nella temibile e competitiva Western Conference riuscirono ad eliminare i Dallas Mavericks, reduci dalla finale persa contro Miami nel torneo precedente ed autori nel 2007 di uno strepitoso record in stagione regolare di 67 vittorie e 15 sconfitte! Sembra passato un secolo per i tifosi della “Baia” che non hanno mai fatto mancare il loro apporto con la speranza di vedere la loro franchigia nuovamente competitiva.

LOS ANGELES CLIPPERS: 6. Sulla stagione dei cugini poveri dei Lakers pesa come un macigno la pessima partenza avuta all’inizio della regular season con un orrido record di una vittoria e ben 14 sconfitte. E’ stato questo il fattore determinante per una squadra che da quel momento in poi ha viaggiato alla media del 50% di successi, ma che aveva un gap irrecuperabile per puntare alla qualificazione ai playoff. Sembrava che per i Clippers non ci fossero speranze (destinati ad avere il peggior record ella Lega) ed invece guidati dall’incredibile rookie Blake Griffin, un’ala grande dal talento smisurato, si sono visti i progressi ed il potenziale di questa squadra che se non verrà “buttata” giù dalle folli idee del suo proprietario, come ormai accade da molti anni, pare destinata a togliersi (finalmente) grandi soddisfazioni, forse addirittura riuscirà a primeggiare nella rivalità cittadina contro i più quotati cugini dei Lakers, squadra molto più vecchia e che da un momento all’altro potrebbe pensare alla ricostruzione dopo l’ennesimo ciclo vincente finito con ogni probabilità nel campionato appena terminato. Inoltre i Clippers rispetto ad altre franchigie potrebbero essere molto appetiti anche da eventuali free agent dato che la città di Los Angeles attira molti atleti per via della sua vita mondana. Se si guarda il roster della squadra rossoblu ci si rende conto che manca poco per poter spiccare il volo verso traguardi importanti, il talento accumulato in questi anni tramite il Draft è di grande livello (ed anche quest’anno, se i Clippers non avessero scambiato la propria scelta con Cleveland sul finire del mercato di Febbraio, avrebbero avuto la numero 1 assoluta), ora serve solo trovare la giusta chimica di squadra e questo è l’obiettivo di coach Vinny Del Negro che punta deciso, nella prossima stagione agonistica, alla qualificazione alla post season.

LOS ANGELES LAKERS: 5. Da molti pronosticati non solo come i sicuri campioni NBA anche della stagione appena conclusa (per l’ennesimo three-peat), ma addirittura come i probabili nuovi detentori del miglior record della storia della Lega (che appartiene invece ancora ai Bulls di Jordan con uno stratosferico score di 72 vittorie e 10 sconfitte), i Lakers hanno profondamente deluso: il record finale di 57 successi a fronte di 25 KO non permette di dare un voto positivo perchè la squadra sulla carta era (e doveva essere) un vero e proprio tritasassi, poche volte si era visto così tanto talento ammassato in una sola squadra. Ed invece, a parte un piccolo perido post All Star Game dove la franchigia gialloviola ha inanellato una serie di 17 vittorie ed una sola sconfitta, nei momenti importanti i Lakers si sono sciolti come neve al sole, dando l’impressione di essere arrivati al capolinea di un ciclo vincente che ha portato 2 titoli e 3 finali in 3 anni. La batosta subita dai Mavericks nei playoff (pesantissimo 4-0 nella serie) ha messo fine al regno di Phil Jackson in panchina (mai uscito dalla post season, in tutta la sua carriera da allenatore più vincente della storia, con uno sweep!) e probabilmente anche all’egemonia della squadra della California, divorata al suo interno anche da profondi dissidi tra i giocatori, cosa che si è anche notata durante i match della post season contro Hornets e Mavs. Il futuro in casa Lakers è molto più problematico di quello che potrebbe sembrare: il monte ingaggi più alto nella NBA non aiuta a muoversi sul mercato, i giocatori più appetibili, eccezion fatta per Bynum, sono tutti arrivati ad avere oltre 30 anni e quindi sono poco richiesti sul mercato che ormai punta esclusivamente sui giovani di livello. Nella prossima stagione è probabile che sia ancora questo nucleo di atleti a provare la scalata (molto difficile) al titolo, ma sono più le sensazioni negative che quelle positive, quando si inizia a parlare del futuro dei Lakers. L’addio di Phil Jackson è emblematico, resosi conto che l’era gialloviola era giunta al termine; per Mike Brown (neo coach) si prospetta un lavoro tutt’altro che facile (in primis quello di rimettere ordine nello spogliatoio) perchè nelle attuali condizioni, anche se il roster rimane di livello, i Lakers faranno veramente poca strada.

PHOENIX SUNS: 5. Nel campionato 2009-2010 i Suns erano arrivati ad un passo dalla finale NBA, battuti solamente dai favolosi Lakers dell’accoppiata Bryant-Gasol. Solo 12 mesi più tardi Phoenix è diventata una squadra in crisi di identità, devastata dall’addio di Amar’è Stoudemire a cui non si è rimediato a dovere. Per quanto fosse forte e decisivo il talento ora in forza ai Knicks, ciò non giustifica la stagione al di sotto delle potenzialità della squadra, che molte volte è apparsa svogliata, priva della necessaria cattiveria agonistica e della determinazione nei momenti chiave delle partite. Un team che ha dato l’impressione di essere molto lunatico, che ha mancato l’accesso alla post season più per demeriti propri che per altro. In Arizona la situazione non è molto facile, la squadra resta sospesa in una fase a metà tra la ricostruzione e la continuità con il passato, un limbo da cui presto o tardi bisognerà uscire prendendo decisioni difficili ma necessarie. Gli anni migliori di Phoenix sembrano comunque alle spalle, servirebbe un colpo di fortuna alla squadra di coach Alvin Gentry (magari la prima scelta assoluta al prossimo Draft) per poter ricostruire e pensare ad un futuro migliore. Già ora i Suns erano interessati a Derrick Williams, prodotto dell’Università locale, scelto da Minnesota come numero 2 assoluto, ma la trade impostata con i T-Wolves non è andata a buon fine. L’ala di Arizona University sarebbe stato un buon punto di partenza, ora lo staff manageriale dovrà valutare bene cosa fare in futuro perchè restare sospesi nell’anonimato non è un destino che appartiene ad una squadra gloriosa come i Phoenix Suns.

SACRAMENTO KINGS: 5,5. Scongiurato per il momento il rischio di trasferimento (a Las Vegas o molto più probabilmente ad Anaheim) i Kings hanno disputato una stagione che se si guarda solo al record sembra disastrosa (24 successi, 58 KO) ma per una squadra che aveva deciso 2 anni fa di ripartire costruendo il futuro sui giovani del Draft non è una stagione da buttare. Il team del futuro baserà la propria forza su Tyreke Evans, DeMarcus Cousins e Jimmer Fredette, un ottimo punto di partenza, anche perchè gli altri giovani nel roster di Sacramento promettono bene. C’è da migliorare (e molto) il rendimento interno che è stato deludente (11 vittorie e 30 sconfitte, i Kings sono andati meglio in trasferta ottenendo 13 affermazioni), inoltre Paul Westphal non ha convinto pienamente come capo allenatore e la sua posizione è in bilico. Sistemati i ruoli di playmaker (Evans), guardia (Fredette), ala grande (Thompson) e centro (Cousins), resta da trovare una buona ala piccola (anche se l’israeliano Casspi offre garanzie). In panchina Salmons, Thornton e Dalembert (sperando che sia riconfermato visto che diventa free agent) offriranno valide alternative ed ecco il motivo per cui i Kings guardano con fiducia ed ottimismo al futuro, indipendentemente se resteranno a Sacramento o andranno via verso altri lidi economicamente più allettanti.

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