Di stanotte la lieta novella, tanto pronosticabile quanto respinta da ciascuno dei tifosi Lakers, ovvero la sconfitta ad Houston contro James Harden e Jeremy Lin (già, proprio lui) della squadra di Mike D’Antoni, il cui sorrisino sta per lasciare spazio a qualcosa di meno tirato e più naturale, un po’ come la curva di prestazioni dei giallo-viola in questa stagione, per certi versi maledetta. Se la situazione in classifica non è poi così drammatica come altre franchigie (ogni riferimento a Dallas è puramente casuale), con un record di 15-19 comunque ancora recuperabile e “gestibile” in ottica play-off, quello che più fa paura agli abbonati dello Staples Center è non riuscire a vedere un capo e una coda nel roaster di quest’anno, che per capo intendiamo Mike e per coda la panchina giallo-viola.
IL CAPO – Partiamo da Mike D’Antoni, fino a prova contraria il capo-allenatore dei Lakers. Bene, dal suo arrivo (12 novembre ndr) la squadra ha collezionato un record non esaltante di 13-15, al di sotto della parità, senza lasciar intravedere dei chiari segnali di “rifiuto” della gestione precedente di coach Mike Brown. Fondamentalmente la scelta di affidare all’ex capo-allenatore dei Knicks la guida dei Lakers resta avvolta nel mistero, perché se i problemi di Brown erano in difesa, neanche un pazzo poteva sperare di risolvere magicamente il problema chiamando Mike D’Antoni, che sta alla difesa come Michael Shumacher sta alla pallavolo. Ma non basta, perché i giocatori a disposizione di Mike c’entrano ben poco con le idee dell’ex Olimpia. Un po’ come affidare ad Adrian Newey la presidenza di un ospizio.
CHEMISTRY – Tralasciando la coda, inesistente, passiamo ad un altro punto dolente della stagione Lakers, la chemistry. Mentre è diventata già leggenda la frase di Dwight Howard, gli effetti sul campo continuano a latitare. L’arrivo dell’ex Superman di Orlando non ha aiutato in questo senso, sebbene Dwight a parole le provi tutte, scontrandosi però dall’altra parte con la leggenda vivente di Los Angeles, Kobe Bryant, che non ha lesinato troppi complimenti a quello che doveva essere nei sogni dei tifosi giallo-viola il nuovo Shaq, anzi. Ad un giornalista che gli chiedeva se lui e Howard potessero ripetere le gesta di quando a fianco aveva Shaq, il numero 24 si è messo a ridere, ribadendo come la coppia Kobe-Shaq sia stata seconda solamente all’invincibile duo Pippen-Jordan. Come dire, Dwight who? Il 33 enne di Philadelphia sta forse progettando un ritorno alla sua amata isola? Chiedere ai Celtics per ulteriori informazioni.
STEVE NASH – Cosa dire invece di Steve Nash? Non sappiamo fino a quando la sua favola continuerà, ma da ieri Steve Nash ha raggiunto i diecimila assist, traguardo che prima di lui avevano raggiunto soltanto Stockton, Magic Johnson, Jason Kidd e Mark Jackson. Tornato quest’estate ai Lakers, di certo non si aspettava che dopo qualche mese avrebbe riabbracciato il maestro ai tempi di Phoenix, e forse proprio la sua presenza ha spinto inconsciamente Jerry Buss a chiamare Mike D’Antoni. L’avventura di Nash ai Lakers non è iniziata nei migliori dei modi comunque, complice un brutto infortunio che l’ha tenuto fuori per tutto il mese di novembre e le prime due settimane di dicembre. Ora che Steve Nash ha raggiunto il fatidico traguardo dei 10 mila assist, riuscirà a prendere per mano i Lakers e condurli insieme a Bryant verso la tanto sospirata zona play-off? I dubbi rimangono.
NBA TOP 10 ASSIST CAREER STEVE NASH
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