Due bambini indisponenti che si punzecchiano: chi ha ragione? Da un lato il “figlio di…” Massimo Moratti, dall’altro il “nipote di…” Andrea Agnelli. L’autore della prima pernacchia è patron “triplete”, che dall’alto della sua sedicente classe, tuonò:
“Meglio essere multietnici che comprare le partite”
Questo il verbo del presidente nerazzurro, intenzionato a scagionare la sua Inter dall’accusa di essere, in parte, la ragione delle debacle azzurre coeve in virtù della mancanza di italiani offerti in dote alla nazionale. Scusi presidente, quanti italiani avete in squadra? Noi non compriamo le partite! Non mi risultava che Moratti soffrisse di dislessia, comunque era inevitabile che qualche coda di paglia si drizzasse al rumore delle accuse al vetriolo.
“Non hanno mai saputo perdere, ma soprattutto non hanno ancora imparato a vincere”
Non si è fatta attendere la risposta del presidente della società di corso Galileo Ferraris. L’unico a rispondere alla provocazione quando, attenendoci alle sentenze della giustizia sportiva, anche Milan, Fiorentina e Lazio, avendo scontato una penitenza, sicuramente più moderata di quella bianconera, avrebbero potuto sentirsi sul banco degli imputati. La contro-replica di Moratti è riassunta dalla meraviglia che hanno suscitato in lui le parole di Andrea Agnelli:
“Non ho mai fatto riferimento alla Juventus”
Insomma, è come sparare ad un uomo e poi meravigliarsi che si è fatto male. Sarebbe cosa buona e giusta che Moratti si assumesse la responsabilità delle sue dichiarazioni. D’altro canto, Agnelli avrebbe potuto dimostrarsi superiore rispondendo col silenzio. Non ti curar di loro, ma guarda e passa, scrisse il “Sommo”: il patron interista avrebbe fatto la figura del pollo che scalda il suo stesso brodo. La verità è che a Moratti manca Mourinho, le sue battute caustiche, la sua verve in conferenza stampa. Il cocco della maestra alias Rafa Benitez, sicuramente migliore del portoghese nei presidi tattici, non lo soddisfa a livello mediatico. Esempio:
“Una cosa è certa. Rafa Benitez non vincerà mai quanto me”
Firmato, Josè Mourinho. La risposta del neo tecnico nerazzurro chiamato in causa?
“Voglio vincere più di Mourinho”
Verrebbe quasi da tirargli i paciocconi, tra l’altro rossi come quelli di Heidi, per la frugalità della risposta. Sono sicuro che Moratti avrebbe gradito di gran lunga un “vincerò più di Mourinho”, per la stessa differenza che separa il voglio dei sognatori dal futuro intenzionale degli spocchiosi. Inutile nasconderlo, il presidente interista non ha ancora digerito il trattamento da “una botta e via” riservatogli da Mourinho, ma se lo riprenderebbe su due piedi. Visto che non si può, ora fa il bulletto e si mette a sparare a zero, suo malgrado però, la mira non è quella dello special-one. Lui parlava e sparlava perché aveva vinto ed era pulito. Moratti non potrebbe dire altrettanto: per la vicenda passaporti che ribattezzò Luciano in Eriberto e permise l’acquisto di Recoba, per i dossier Telecom, per l’amichetto Facchetti caduto in prescrizione. Dopo calciopoli ha costruito il mito dello “scudetto degli onesti” salvo poi sottrarne due alla Roma, per quelle che oggi chiamiamo sviste arbitrali, esattamente come facevamo ai tempi della cupola di Moggi. Nessuna accusa, solo fatti: vietate le code di paglia.
Due bambini indisponenti che si punzecchiano: l’unico caso in cui entrambi hanno torto.