E’ un dato emblematico ma che deve portare ad un’attenta riflessione. Nel momento in cui il nostro calcio cede gradini che portano all’Olimpo del pallone a favore di altre nazioni, il Milan unica squadra superstite a difendere i nostri colori in Champions League sta attraversando uno dei momenti più difficili dell’era Berlusconi.
Dal Milan invincibile di Arrigo Sacchi al Milan stellare di Fabio Capello passando per Zaccheroni, Ancelotti, Allegri e Seedorf i rossoneri, a giudicare dalla prova di ieri sera, hanno perso anche quella caratteristica importante che aveva contraddistinto, negli anni, il marchio di fabbrica della squadra dell’ex-Presidente del Consiglio.
Certamente ci sono una serie di fattori che portano ad un declino così delirante che coincide con il degrado qualitativo anche del nostro calcio, ma dove sono le colpe e dove si possono trovare le soluzioni per rialzare la testa per i rossoneri?
Per il Milan non si può parlare di fallimento in Champions League, anche il più accanito tifoso rossonero non poteva pensare di puntare a vincere la “coppa dalle grandi orecchie“, tuttavia poteva augurarsi una serie di sorteggi favorevoli e il risveglio, attraverso “la musichetta” della Champions tanto osannata da Galliani, del blasone europeo assopito, andare avanti il più possibile e poi chissà. Questo era l’unico possibile auspicio per il gap tecnico che esiste con gli altri Top-Team europei.
I colpi inferti dall’Atlètico Madrid ieri sera e nella gara d’andata hanno portato tifosi ed addetti ai lavori ad analizzare colpe ed errori nell’immediato, ma la verità è che questo tracollo è iniziato addirittura molto prima del famoso “gol di Muntari” in Milan-Juventus del 2012.
Il Milan targato Berlusconi ha scommesso tanto negli anni e su questi azzardi ha costruito anche i suoi successi, ma le scommesse, in quanto tali possono anche portare a delle perdite pesanti, soprattutto se non sono supportate a dovere. Arrigo Sacchi, primo azzardo berlusconiano, nel momento in cui non otteneva risultati è stato difeso ad oltranza dal patron rossonero finché non è decollato. Massimiliano Allegri anche durante la cavalcata scudetto del 2011 era costantemente sotto critica, segno che il Milan è cambiato molto negli anni, a cominciare dalla testa pensante della società.
Le colpe vanno distribuite equamente per quello che più che un fallimento è un declino dettato da scelte mal ponderate e scommesse non supportate. Esempio classico è stato il mercato estivo rossonero, dove nonostante fosse stata palesata la mancanza di uomini chiave in alcuni reparti (difesa e centrocampo) l’entourage milanista si è concentrato sull’acquisto di trequartisti e attaccanti.
Un altro fattore è stato certamente il traumatico terremoto societario dove il ruolo di Adriano Galliani è stato prima vigilato e poi dimezzato con l’uscita di scena a dicembre di Ariedo Braida, per anni suo fedele collaboratore, e l’inserimento prepotente di Barbara Berlusconi.
Poi ci sono i giocatori ed i tecnici, ovvero chi materialmente va in campo. Il Milan, attualmente undicesimo in classifica, è composto da una rosa ad oggi sottovalutata per il rendimento sportivo, ma che è zeppa di potenzialità enormi: El Shaarawy, De Sciglio, Taarabt, Saponara, Poli, Cristante e Balotelli. Rimpinguata da buoni giocatori che sarebbero titolari almeno in 3/4 delle squadre di Serie A, ma in ruoli dove non servivano doppioni e poi ci sono giocatori che non sono mai stati da Milan e che a causa dei loro ingaggi elevati (altro errore delle stagioni passate) sono difficilmente collocabili in altre realtà.
Ultimo dettaglio ma non meno trascurabile è il fattore economico, sempre per errori gestionali passati il Milan nelle due sessioni di mercato precedenti ha fatto tutte operazioni low-cost riducendo il suo passivo a 11 milioni di Euro, non è un caso infatti che i rossoneri quest’estate avessero perso tanto tempo dietro alla cessione definitiva, poi sfumata, di Robinho al Santos per 8,5 milioni, operazione che avrebbe potuto sbloccare altre trattative in entrata.
Insomma il Milan oggi è questo, un risultato negativo ratificato delle gestioni precedenti ed una mancanza di programmazione futura dettata dalle mancanze economiche che nel calcio moderno non possono più essere dettate dall’immissione di liquidi del proprietario come si faceva negli anni ’80 a compensazione delle perdite. Da Sacchi a Seedorf è stata una scalata al successo e ritorno ma tutto non può essere frantumato così.
Basta pensare al Milan di oggi se avesse conservato solo Pirlo e Thiago Silva come sarebbe diverso o pensare solo a Berlusconi di 20 anni fa come si sarebbe comportato con Mario Balotelli dopo la prestazione di ieri sera. L’attaccante bresciano ha certamente toppato l’appuntamento di Madrid per innalzarsi a condottiero ma non è certamente l’unico responsabile del KO in Champions League, tuttavia a volte da la sensazione che faccia un favore al pubblico a correre per il campo.
A questo punto si innesca una riflessione, conviene ai rossoneri puntare ad arrivare in campionato ad un piazzamento in Europa League o conviene fare un anno (il prossimo) senza coppe europee, svalorizzare anche contrattualmente qualche giocatore (che così è più facile vendere) e prendere quei tre innesti di qualità che servono per rendere competitiva la rosa e ricominciare a crescere?
Non c’è dubbio che siamo al point break, o i rossoneri si rifanno il trucco puntando sul futuro e su innesti, pochi, ma di qualità nei reparti nevralgici oppure rischiano veramente un declino dove il fondo è ignoto, anche per una squadra come il Milan.