Il Pallonaro

Io Ibra: i clan dell’Inter, Calciopoli e il pianto di Moggi

Uscirà venerdi in Italia la autobiografia di Zlatan Ibrahimovic e vista l’ondata di curiosità e indiscrezioni crediamo che resterà poco nelle librerie. Lo svedese non poteva esser banale nel racconto di se stesso svelando ai suoi fan tanti aneddoti interessanti del suo passato con le maglie di Juventus e Inter. Proprio sulle eterne rivali si concentrano i nuovi particolari delle pagine scritte da Ibra dopo che nei giorni scorsi erano arrivate quelle su Guardiola e il Barcellona e ieri quelle sul Milan. Lo svedese racconta il suo arrivo in bianconero e il primo incontro con Moggi avvenuto a Montecarlo durante il Gran Premio, Ibra era accompagnato da Raiola definito “Mino non si può definire un grande atleta. È un ciccione. Luciano Moggi, in un completo elegantissimo, era alle prese con un grosso sigaro; si capiva subito che era un individuo di potere”.

Ibrahimovic e Cassano | ©Valerio Pennicino/Getty Images
Calciopoli “Erano balle, almeno per la gran parte. Arbitri che ci favorivano? Ma andiamo! Avevamo lottato duramente, là in campo. Avevamo rischiato le nostre gambe, e senza avere nessun aiuto dagli arbitri, queste sono cazzate” Il pianto di Moggi La Juventus volava verso la conquista del secondo scudetto e Ibrahimovic era oramai diventato una certezza del campionato italiano e il fiore all’occhiello del dream team di Fabio Capello. La dirigenza indì una riunione con i giocatori nel corso della quale Moggi scoppiò in lacrime “Vidi Luciano Moggi cominciare a piangere davanti a noi durante lo scandalo di Calciopoli. Il mondo si era rovesciato. Noi stavamo portando a casa il secondo scudetto consecutivo e ci hanno tirato nel fango. Gli arbitri non ci favorivano, eravamo semplicemente i migliori e ci dovevano affondare, ecco la verita”. Il periodo all’Inter. La principale conseguenza del Processo a Calciopoli fu il suo passaggio all’Inter. Lo svedese sin dal suo arrivo intuì qualche problema di troppo nello spogliatoio spaccato tra i argentini, brasiliani e tutti gli altri. “La vera sfida era rompere quei cazzo di gruppetti. Li odiai fin dal primo giorno tutte le squadre rendono molto meglio quando fra i giocatori c’è coesione. All’Inter era l’opposto”. Ibra racconta che fu lui in persona a recarsi da Moratti per cercare una soluzione “Bisogna rompere questi dannati clan. Non possiamo vincere se lo spogliatoio non è unito”. L’ultima battuta su Cassano a dimostrazione dell’affiatamento tra i due anche fuori dal rettangolo verde “Cassano ha un po’ la fama del bad boy come me. Ma ha una meravigliosa qualità nel suo gioco. Mi piace davvero, e con lui siamo diventati una squadra ancora migliore”.

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