Inter, le lacrime di Cambiasso simbolo della sconfitta

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la disperazione di Cambiasso | ©Claudio Villa/Getty Images

La sconfitta non è arrivata, ma quel pareggio riacciuffato in extremis ha di fatto palesato gli evidenti limiti di questa Inter targata Ranieri. Analizzando il match senza guardare il risultato emerge nuovamente come i nerazzurri siano praticamente inesistenti in mezzo al campo, e soprattutto fragili a livelli imbarazzanti in fase difensiva. Ranieri ha nuovamente sconfessato le sue scelte iniziali, dove se nel primo tempo aveva provato ad uscire della crisi utilizzando il più solido 4-4-2, sacrificando il giocatore di più inventiva come Sneijder, schierando Forlan come esterno di centrocampo,  nella ripresa ha di fatto utilizzato un default tattico inserendo l’olandese e rompendo gli schemi iniziali.

Il pareggio è arrivato solo grazie a uno scatto d’orgoglio, e non al gioco che latita da mesi. L’immagine simbolo della sconfitta subita, nonostante il pari agguantato, sono le lacrime di Cambiasso, giocatore che ha sempre lottato e sentito la maglia nerazzurra come una seconda pelle. Alla sua sostituzione c’è stata un’ovazione, lasciatemi dire, indegna e ingenerosa.

la disperazione di Cambiasso | ©Claudio Villa/Getty Images

Ripreso dalle telecamere in panchina, Cuchu Cambiasso ha mostrato la sua sensibilità, cercando di nascondere il volto coperto dalle lacrime. Immagine che segna certamente la fine di un ciclo in casa Inter, ricordando  quasi il tragico pianto di un campione come Ronaldo sulla panchina in occasione dello scudetto sfumato contro la Lazio.

Il centrocampista argentino è stato uno dei peggiori in campo ieri sera, mostrando come con l’alzarsi della sua età anagrafica non può giocare al top quaranta partite a stagione. Non per questo motivo sono giustificati i fischi e l’ovazione per la sostituzione di uno dei maggiori artefici delle vittorie nerazzurre di questi ultimi anni. L’argentino arrivato dal Real Madrid a parametro zero, è stato uno dei colpi di mercato più azzeccati degli ultimi anni, risultando una colonna portante del centrocampo di Mancini e di Mourinho. Oltre che un campione è sempre stato un giocatore che ha sentito in maniera speciale l’attaccamento ai colori e alla maglia nerazzurra, volendo ricordare come in tutti i festeggiamenti, indossasse la maglia numero tre ,di una bandiera e di un suo personale idolo come Giacinto Facchetti. Ridicoli i fischi e addirittura umiliante un’ovazione che Cambiasso ha sentito davvero come degradante dal punto di vista personale, nei confronti di quei tifosi che lui sentiva sempre al suo fianco.  Andiamoci piano a dare per bolliti dei giocatori che sono saliti sul tetto del mondo solo un anno fa, perché la rifondazione probabilmente investirà molte vecchie pedine, con l’inserimento di forze fresche, ma criticare e umiliare un giocatore come Cambiasso mi sembra davvero autolesionismo allo stato puro. Gli eroi di Madrid avranno com’è giusto che sia sempre il rispetto e la gratitudine dei veri tifosi nerazzurri, perché un’annata storta non cancella di certo un lustro di vittorie che ha portato gli addetti ai lavori a rinominare la Grande Inter quella del Triplete dopo quella di Helenio Herrera. Cambiasso come il suo idolo Giacinto Facchetti saprà nuovamente rialzarsi, senza dover nascondere quelle lacrime amare, di cui non ha nulla da vergognarsi. Esteban Cambiasso è di fatto un pezzo della storia nerazzurra,  e per questo motivo credo che le uniche persone che dovrebbero nascondersi siano quelle che hanno gioito alla sua sostituzione.

 

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