I problemi finanziari del nostro calcio si presentano come sempre puntuali al termine di ogni inchiesta o sondaggio. La Figc ha stilato proprio in questi giorni, assieme al Centro Studi Arel, un rapporto riguardante vari aspetti del pallone: dai conti dei nostri club, alla quantità di spettatori che assistono mediamente agli eventi, dall’utilizzo dei giovani, all’età media delle squadre in serie A. Analizzando questi dati (presenti e ordinati molto bene nelle pagine odierne de La Nazione), e mettendoli a confronto con le altre realtà europee, si può notare un netto divario fra l’Italia del pallone e le altre nazioni. Partiamo, per esempio, dall’aspetto anagrafico.
GIOVANI NON SFRUTTATI – Nel nostro campionato l’età media dei giocatori è di circa 27,54 anni, elevata se paragonata a quelle di Spagna (26,51) o Germania (25,66). Per capire meglio questo paragone, basta pensare ai talenti che abbiamo da noi e a quelli che ci sono all’estero: mentre in Italia ci vantiamo di gente come Totti, Buffon, Pirlo, tutti sopra i 30 anni, in Germania hanno già pronta e collaudata una Nazionale ricca di giovani talenti. Nulla da obiettare sulla classe e la professionalità degli atleti nostrani appena citati ma sicuramente c’è da dire che questi non potranno giocare in eterno e quindi un cambio generazionale andava fatto prima. I prodromi di una nuova generazione ci sono già, vedi El Shaarawy, De Sciglio, Balotelli e via dicendo però partiamo svantaggiati, per esempio, nei confronti della Germania, brava a capire prima di noi l’importanza di puntare sui giovani. Sono comunque pochi i club di serie A decisi a puntare sui campioni di domani. Eccezion fatta per il Milan che ha affermato di voler creare una Cantera stile Barcellona, gli altri preferiscono comprare dall’estero piuttosto che puntare sulle proprie scuole calcio. Il risultato è che solo il 7,4% dei giocatori tesserati nella massima provengono dai settori giovanili.
POCHI SPETTATORI – Altro dato allarmante su cui riflettere è quello relativo al numero di spettatori sugli spalti. Il numero medio di coloro che in Italia decidono di andare allo stadio è di 22005: in Germania ci doppiano con una cifra pari a 45191 presenze. Anche l’Inghilterra e la Spagna ci superano rispettivamente con 34600 e 28005 unità. Questo significa che la maggioranza dei nostri impianti risulta essere deprimentemente vuota. In effetti è così. I sold out sono ormai casi rari di poche partite all’anno e i guadagni sono sempre minori dei costi che i club devono pagare. Dovendo fare un conto della stagione 2011/2012 fra i ricavi e i costi di ogni squadra, si nota che in serie A soltanto 8 club su 20 sono riusciti ad avere un risultato netto positivo. Stiamo parlando di Cagliari (+2,5), Catania (+4,3), Cesena (+2,1), Lazio (+4,2), Napoli (+ 14,7), Siena (+1,8) e Udinese (+8,8). Le big calano a picco. Regina delle perdite l’Inter con -89,8 seguita dal Milan (-67,3), Roma (-58,5) e Juventus (-48,7). Risultati davvero bassi. Una delle cause potrebbe comprendere anche la sicurezza degli stessi impianti sportivi. Stadi insicuri? I dati parlano di una diminuzione di partite con incidenti tanto che dalle 90 del 2007/2008 siamo scesi alle 60 dell’anno scorso. Un numero comunque sempre troppo alto rispetto le altre nazioni. La Tessera del Tifoso ha prodotto l’effetto di ridurre, o almeno di contenere la violenza, ma dall’altra parte ha contribuito a dare un taglio netto al numero di persone presenti allo stadio. Tutte cose che si sapevano, direte voi, ma che nessuno è ancora riuscito a risolvere.