Alfredo Martini taglierà domani un traguardo molto importante nella vita di un uomo, i novant’anni, quasi un secolo trascorso per la maggior parte del tempo nel segno delle due ruote quelle spinte non da un motore ma dalle gambe, dove la fatica ed il sacrificio rappresentavano faccia nostalgica e pulita di un ciclismo che forse, ormai, non esiste più.
Mitico gregario ai tempi dei totem Coppi e Bartoli, come corridore non ha vinto tanto, sette vittorie tra il 1946 ed il 1951 tanti piazzamenti importanti tra cui il podio nel Giro d’ Italia del 1950 dove giunse terzo e tre volte maglia azzurra.
È proprio la maglia azzurra che segnerà per sempre la sua leggenda, non come corridore ma come commissario tecnico. Infatti Alfredo Martini è il più grande e vincente C.T. della storia del ciclismo italiano, 6 primi posti, 7 secondi e 7 terzi dal 1975 al 1998 con le vittorie più belle di Moser, Saronni e Gianni Bugno e con la capacità innata di saper comunicare ai tanti campioni che ha guidato sapientemente dall’ ammiraglia, l’ umiltà ed il sacrificio per il gruppo caratteristiche queste, insite ed impresse in maniere indelebili nel suo forte carattere. Anche dopo il 1998 rimane molto vicino alla nazionale, sempre presente durante i mondiali e consigliere di fiducia dei tanti C.T. subentrati dopo il suo abbandono.
“Sono una persona normale e se rifletto sulla mia vita vedo più difetti che pregi, ma li tengo per me. E se penso ai progetti sono più quelli non realizzati di quelli compiuti”. Uno lo ha realizzato, quello di essere un maestro. “Ma ho imparato tanto da Binda, il mio primo ct. E un altro maestro è stato Girardengo, il primo a capire l’importanza dell’alimentazione. Poi sono arrivati i mercanti di veleni e hanno ammorbato il ciclismo”.
Da queste parole possiamo trarre tanti insegnamenti, soprattutto in questo periodo molto oscuro del ciclismo mondiale, fatto in gran parte di truffe, provette e siringhe che di sudore, fatica e sacrificio.