Quando un giallo appare sul punto di risolversi, ecco che giunge il colpo di scena; succede nei migliori film, così come nei libri di Agata Cristhie e, purtroppo, anche nella realtà. Il giallo in questione è quello legato alla morte di Donato Denis Bergamini, calciatore del Cosenza anni ’80, morto il 18 Novembre 1989 nei pressi di Roseto Capo Spulico, sulla statale 106 Jonica. Una morte misteriosa, sulla quale in questi ventitre anni si sono rincorse solo supposizioni, calunnie, false notizie, false testimonianze, ricostruzioni parziali: tanta nebbia, una fitta coltre difficile da superare.
Tutto ciò, però, sembrava destinato a diradarsi, con la riapertura delle indagini da parte della procura di Castrovillari che, con il procuratore Giacomantonio, ha fatto compiere un importante passo avanti alle indagini: è stata smontata, così, l’ipotesi di suicidio – per anni portata avanti dall’allora fidanzata del calciatore, unica testimone oculare – analizzando, con il lavoro dei Ris, l’ottimo stato di conservazione dell’orologio che Denis Bergamini indossava al momento della morte, incompatibile con l’eventuale dinamica del suicidio, in cui si sarebbe lanciato contro un Tir che lo avrebbe trascinato per sessanta metri sull’asfalto.
Nonostante i recenti sviluppi abbiano portato ad una maggiore chiarezza su uno dei punti focali della vicenda, è emerso in questi giorni un particolare agghiacciante relativo al cadavere del povero Bergamini, risultante da una perizia redatta nel 1990 dal medico legale Francesco Maria Avato: nella perizia in questione, il dottor Avato avrebbe rilevato che Bergamini sarebbe stato evirato e sarebbe, poi, morto dissanguato proprio a seguito delle mutilazioni subite al basso ventre. Una circostanza che potrebbe far pensare, in prima battuta, ad una “punizione” inflitta anche in maniera simbolica, giustiziando Bergamini per questioni legate a fatti sessuali o ad una relazione sentimentale “scomoda”.
Tuttavia, nonostante la perizia redatta un anno dopo la morte del calciatore sia, ora, riemersa fra le carte dell’indagine, la procura di Castrovillari – nella persona dello stesso Giacomantonio – ha voluto smentire la notizia categoricamente, aggiungendo anche di aver avuto “un sussulto alla vista della locandina che riportava la notizia apparsa sul Quotidiano della Calabria”. Il procuratore di Castrovillari, dunque, ha definito la notizia un “falso scoop”: le mutilazioni e la devastazione del bacino del calciatore ci sono state ma, secondo quanto sostenuto dalla procura di Castrovillari, sarebbero state causate da “schiacciamento” e non da arma da taglio.
Nel panorama investigativo, però, le certezze paiono davvero poche, considerando il fatto che se si fosse trattato effettivamente di evirazione punitiva, le indagini sarebbero state in qualche modo manipolate, non rilevando un elemento tanto agghiacciante quanto rilevante ai fini investigativi, indirizzandosi, invece, su binari ben differenti, fra cui la pista del traffico di droga: quest’ultima ipotesi, però, nonostante fosse stata battuta per lungo tempo, si sarebbe rivelato un “binario morto” secondo la procura, considerando anche il fatto che dai rilievi effettuati sulla Maserati Biturbo del calciatore non sarebbe emersa alcuna manomissione nè alcun tipo di doppiofondo e, pertanto, nessun elemento parrebbe confermare il suo coinvolgimento in traffici di stupefacenti.
In tanta oscurità, dunque, l’unico punto fermo pare essere la determinazione certa ed inconfutabile di quanto accaduto quel pomeriggio di Novembre: in tal senso, dunque, la procura attende nei prossimi giorni l’esito dell’ultima perizia, in ordine cronologico, commissionata al professor Testi dell’Università di Torino. Sarà sufficiente a scrivere la parola fine su questo giallo?