Il match di Champions League tra Inter e Trabzonspor è alle porte e per Gasperini l’affaire modulo rischia di trasformarsi in esonero. Sono già noti i malumori del Presidente Moratti che ha mal digerito la sconfitta col Palermo e quel modulo che probabilmente limita le potenzialità della squadra. IL PROBLEMA DEL MODULO. Il 3-4-3 del tecnico di Grugliasco sembra il maggior imputato dell’inizio di stagione zoppicante. Posto che serve tempo alla squadra per metabolizzare movimenti e schemi tattici del nuovo assetto, ciò che non convince è l’adattabilità degli interpreti in rosa a questo sistema di gioco. Un punto cruciale è l’utilizzo di Wesley Sneijder. Il talento olandese, infatti, è il numero 10 tipo. L’uomo che gioca dietro alle punte, il trequartista che sta scomparendo pian piano nel calcio moderno. E’ un calciatore che ama ricoprire la zona centrale del campo per ispirare i compagni con le sue intuizioni geniali, quei passaggi in profondità che eludono il fuorigioco e regalano uno contro uno col portiere agli attaccanti. Può vantare enormi qualità come palleggiatore ed ha superba visione di gioco e rapidità di decisione nel fare il passaggio giusto. Tutte caratteristiche che non si adattano al ruolo dell’ala dove Gasperini lo posiziona per rimanere fedele alla propria idea di squadra. Sneijder non ha nel Dna calcistico il cambio di passo e il cross dal fondo. Mal digerisce il lavoro di elastico tra attacco e centrocampo da fare sull’esterno anche perchè è dispendioso e ne limita lucidità e creatività. E infatti come visto contro il Palermo anche se schierato sulla fascia sinistra tende ad accentrarsi e a ricoprire la sua posizione naturale di trequartista. Questo movimento inevitabile rischia di ingolfare il centrocampo e di lasciare spazio sull’esterno agli avversari. Al momento Snejder dietro alle punte è la cosa miglior che l’Inter riesce ad offrire in fase di attacco, ma non si concilia col 3-4-3. Altro aspetto importante potrebbe essere il ruolo di Maicon che l’allenatore dell’Inter farà giocare più avanzato come quarto di centrocampo. L’impressione è che il brasiliano riesca ad esprimere al meglio la propria esplosività partendo da terzino puro. Fa della progressione la propria forza, infatti, e per sprigionarla ha bisogno di grandi spazi che riesce a trovare solo dalla retroguardia. Altri interrogativi riguardano una difesa a 3 composta da giocatori di grande esperienza come Walter Samuel, ma non più capaci della reattività richiesta per bloccare da soli i guizzi degli attaccanti. In passato le diagonali difensive dei due terzini hanno risolto molte situazioni delicate all’Inter di Mourinho, ma anche di Leonardo. A condire il problema difensivo, poi, c’è stata la scelta di Gasperini di schierare Javier Zanetti nei tre dietro lasciando in panchina il giovane Ranocchia che sarebbe perfetto in una difesa di questo tipo. Restano, poi, da stabilire le situazioni di Zarate e di Pazzini. Per l’argentino, sostituito dopo solo mezz’ora nell’esordio in campionato, oltre al dubbio in merito al suo valore assoluto c’è un dilemma tattico. La domanda è si sia in grado di fare le due fasi difensiva e offensiva sulla fascia come vuole il 3-4-3 gasperiniano. Nell’esperienza laziale, infatti, era il calciatore più talentuoso del team e per questo poteva permettersi cali di intensità e fasi di anonimato durante i match alternati a sprazzi di vivacità. Ma proprio questa scarsa attitudine al sacrificio e alla partecipazione al gioco di squadra avevano indotto Edi Reja a relegarlo in panchina in diverse occasioni. Nel caso di Pazzini l’esclusione contro il Palermo potrebbe essere stata dettata soltanto da questioni di turn over in vista dell’Europa che conta. Certo è che l’ammirazione del Gasp per Diego Milito è nota a tutti. Inoltre l’argentino è l’attaccante che più di tutti conosce il calcio del tecnico e più di tutti ne sa interpretare filosofia e meccaniche. Ma in casa Inter un Pazzini panchinaro non è pensabile come lo stesso Moratti ha fatto trapelare.