Filtra clamorosa un’indiscrezione in questo fine settembre 2012: è la volta buona che Berlusconi abbandoni il Milan, cedendolo a una facoltosa famiglia di industriali italiani come i Ferrero?
Il tema del “disimpegno” del Cavaliere dal “giocattolo di famiglia”, a livello sia di interesse personale che di sforzo economico, popola oramai periodicamente le prime pagine dei giornali sportivi e non da poco tempo, e l’idea che possa trattarsi di poco più di una chiacchera da bar, così come di un invito degli Ultras rossoneri delusi dalla campagna acquisti a passare la mano a una proprietà più facoltosa, oramai non fa più notizia.
Ciò che ha fatto lievitare l’attenzione mediatica e reso la voce più credibile è stata sicuramente la notizia di un potenziale acquirente che non fosse il fantomatico investitore arabo “misterX ” pronto a sperperare petroldollari nel calcio (vedi Manchester City), ma un imprenditore nostrano come Giovanni Ferrero, CEO dell’omonima azienda.
La presenza di un nome “forte” era quello che mancava alla voce di corridoio degli ambienti finanziario-sportivi per trasformarsi in una possibile notizia di trattativa, o comunque per godere di maggiore credito. Quanto alle premesse, non si può dire che il trend degli ultimi anni del sodalizio Berlusconi-Milan non sia stato abbastanza unidirezionale: l’allontanamento dell’ex-Premier dalle vicende rossonere per uno scomodo sovrapporsi con i suoi impegni istituzionali è diventato un dato di fatto, e analogamente la volontà di non spendere e spandere come in passato in barba ai conti in rosso è diventato un principio di gestione sportiva che a breve diverrà tassativo per tutti i club.
Di riflesso i risultati sportivi hanno risentito del minore sforzo economico, e se si eccettua la forte campagna acquisti del Milan di due stagioni fa, dal retrogusto vagamente politico e che guarda caso ha portato a dei trionfi anche sul campo, il trend degli ultimi anni è stato quello di acquistare all’ultimo minuto sfruttando le offerte di mercato per allestire una formazione competitiva, ma non schiacciasassi, e palesemente senza l’obbiettivo di centrare il primato europeo, se non nei proclami “istituzionali” di inizio stagione. Un inno quindi alla sana gestione, che non si è potuta esimere in estate dal cedere i pezzi pregiati come Thiago Silva e Ibrahimovic e rimettere a posto definitivamente i conti societari: ci si domanda ora se non sia questo risanamento l’anticamera di un passaggio di proprietà, e se si a che condizioni e con che modalità.
Ammettendo anche più di un semplice interessamento del gruppo Ferrero, e che questo non sia un tentativo speculatorio volto a celare altre manovre o trattattive, non si può non valutare un duplice aspetto, vale a dire in primis considerare una manovra del genere principalmente un investimento finalizzato a un ritorno di immagine più che un ritorno economico (è noto infatti come investire nel calcio sia spesso un gioco a perdere), e successivamente accertare se ci siano possibilità di rilevare totalmente il club, magari ponendosi a capo di una cordata di imprenditori, o di entrare solamente nell’azionariato, magari affiancando l’attuale proprietà.