Perdere il derby è un po’ come tradire le passioni e i desideri di centinaia di migliaia di tifosi. Questo nella Capitale lo sanno bene. La sfida tra Roma e Lazio è qualcosa di più importante, forse, dello stesso campionato. Una partita che va vinta, non giocata. E non è un caso che, dopo la sconfitta maturata domenica pomeriggio all’Olimpico, l’ambiente giallorosso sia andato in fibrillazione. Perché l’avvio di stagione non è certo quello sognato da dirigenza e tifosi, e probabilmente neanche da Zeman e calciatori. Ma le delusioni aumentano, le tensioni pure, e lo spogliatoio rischia di saltare da un momento all’altro. Compresa la panchina del boemo. Perso il derby, le chiacchiere stanno a zero.
Ma che stamo a fa? – La filosofia zemaniana è cosa nota a tutti. Attaccare, attaccare e ancora attaccare. Poi se si subisce qualcosa non importa. L’importante è segnare sempre un gol in più rispetto all’avversario. Perché l’imperativo è divertire e divertirsi. Qualcosa, però, evidentemente in casa romanista non sta funzionando. A partire dalla gestione delle partite. Sempre troppo “allegra” – eufemismo – per accontentare i palati fini. E la classifica. Fatto sta che le rimonte clamorose la Roma le ha subite in serie quest’anno. Ultima in ordine temporale proprio quella messa in atto dalla Lazio di Petkovic. Roba da mordersi le mani. Senza considerare accorgimenti tattici da suicidio, che in serie A si pagano cari. E allora, che stamo a fa? Il trend inizia a preoccupare tutti. E nonostante le smentite (l’ultima proprio in queste ore) la panchina di Zeman traballa maledettamente. E al diavolo la serenità del progetto. La Roma ha un organico importante, gli obiettivi sono sulla carta ancora tutti raggiungibili. Ma, probabilmente, il nodo non riguarda solo la gestione tecnica.
Spogliatoio in fermento – Pjanic dice che quelli rivolti alla panchina dopo il gol non erano insulti. Certo, a giudicare dal tono, non saranno stati neanche nettare e ambrosia. E il pugno sferrato da De Rossi sul volto di Mauri, invece? La sensazione è che dalle parti di Trigoria non si respiri un’aria serena. Troppi i dubbi che i giocatori nutrono nei riguardi di un progetto tattico “sbarazzino”, troppe le scelte non condivise che si ammassano sul morale della squadra. E non solo. E, volendo aggiungere la ciliegina, probabilmente molti giallorossi convivono a fatica. Chissà. Per ora sono solo voci. O mezze soffiate sempre, però, smentite. Di certo, qualcosa che non va c’è. Lo si capisce da certe reazioni, da certi atteggiamenti. Il caso De Rossi sta infiammando tifosi e club di mezza Europa (ma sarà vero?), con il City in testa alla cordata di paperoni milionari. Pjanic è l’altro romanista in uscita. Non è tra i titolari per Zeman, e i rapporti sembrano ai minimi storici. Per ora si smentisce tutto: Baldini si è affrettato a togliere Capitan Futuro dal mercato.
Fiducia a tempo – Date le premesse, è facile ipotizzare una fiducia ad orologeria per Zeman. Il boemo esorcizza l’esonero, e la dirigenza prosegue nel suo mantra collaudato. L’allenatore non è in discussione. Ma se le prossime tre gare dovessero andare male è probabile che le pressioni si facciano così forti da non lasciare scampo a Zeman. Roma è un ambiente complesso. Se vinci sei un semidio, se perdi cadi nella polvere. Il tutto con rapidità estrema. E poi, beh, poi ci sono le fastidiose voci su De Rossi. Il centrocampista giallorosso è nell’immaginario di tutti il prossimo capitano della Roma. Se viene messo in discussione, o si presenta lo spettro della cessione, il primo a pagare lo scotto è il mister. Provare per credere.