Il Pallonaro

Fabrizio Corona condannato a 5 anni per estorsione a Trezeguet

I propositi per il nuovo anno per Fabrizio Corona erano quelli di metter la testa a posto, facendo una vita più regolare e meno ad alta velocità, dopo anni di scorribande, eccessi, provocazioni e quant’altro.

Fabrizio Corona | © DAMIEN MEYER/AFP/Getty Images

Oggi, però, giunge per lui una tegola che potrebbe in qualche modo minare la sua volontà di cambiamento, ossia la condanna a cinque anni di reclusione da parte della Corte d’Appello di Torino, relativa al caso di tentata estorsione ai danni dell’allora calciatore della Juventus, il bomber franco – argentino David Trezeguet, per un ammontare di 25.000 euro estorti e mai restituiti alla ex punta bianconera.

In tal caso, i giudici hanno inasprito la pena inizialmente comminata, che era pari a tre anni e quattro mesi, anche alla luce del fatto che per Corona si tratta di una condotta reiterata, dopo i casi analoghi accaduti ai danni del pilota Marco Melandri e del calciatore brasiliano Adriano, quando si trattò sempre di utilizzo improprio di immagini private (quindi non di interesse pubblico) che non possono essere nè vendute nè archiviate, tantomeno facendo pressione sui soggetti interessati.

All’epoca dei fatti, il 2009, il re dei paparazzi aveva estorto la somma a David Trezeguet a causa di alcuni scatti realizzati da un uomo dell’agenzia di Corona, durante alcune serate in giro per locali nella movida milanese, che lo ritraevano in compagnia di una misteriosa ragazza con la quale, con tutta probabilità e stando a quanto testimoniavano gli scatti in possesso del tatuatissimo Corona, avrebbe trascorso anche una nottata nel Maggio del 2009, perchè Trezeguet fu immortalato di buon mattino all’uscita dall’abitazione della ragazza in questione.

La condanna, dunque, punisce severamente il compagno di Belèn Rodriguez che, però, per mezzo del suo stesso avvocato Giuseppe Lucibello non pare aver intenzione di evitare quegli atteggiamenti di vittimismo, che richiamano una “persecuzione legale” dovuta al nome “ingombrante” dell’imputato.

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