Coppa America bilanci e delusioni

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Finita la Coppa America è tempo di bilanci per tutte le nazionali che hanno partecipato alla competizione, sicuramente questa 43ma edizione è stata molto strana e ha regalato spesso delle sorprese, i pronostici, infatti, quasi mai sono stati rispettati e a riprova di questo sono state le clamorose qualificazione ai quarti di Venezuela, Perù e Paraguay, ai danni di compagini molto più accreditate alla vigilia, come l’Argentina, la Colombia, il Brasile e l’attesissimo Cile del nuovo blaugrana Alexis Sanchez. Partiamo dalle dolenti note, le squadre che ovviamente hanno più deluso non solo i propri tifosi ma anche quasi tutti gli addetti ai lavori, sono state Brasile e Argentina. La compagine carioca è arrivata alla competizione con molte speranze, ma a dire il vero non con una precisa idea di gioco, pur potendo contare su un potenziale offensivo strabiliante e su una difesa composta da elementi di altissimo livello. Proprio l’attacco è stato però quello che ha maggiormente deluso, il quartetto Neymar, Pato, Robinho, Ganso, reduce da un’annata vittoriosa con i rispettivi club, non hanno confermato quanto di buono fatto nel corso della stagione, anzi specialmente il talentino inseguito da mezza europa e pronto ad accasarsi a Madrid, sponda Real, non ha mai dato quel qualcosa in più che noi tutti ci aspettavamo dopo averlo visto in azione da protagonista in Coppa Libertadores, poco veramente troppo poco per chi è acclamato come l’erede di Pelè. Stesso discorso vale per un altro erede designato, quel Pato accostato alla vigilia della Copa al Fenomeno Ronaldo, che però di fenomenale ha mostrato molto poco, salito alle cronache di questa estate più per la sua storia d’amore con Barbara Berlusconi che non per le sue prestazioni in campo. Nonostante il fallimento però, la federazione brasiliana ha deciso, almeno per il momento, di confermare Mano Menezes  alla guida tecnica per dare continuità ad un progetto che prevede la conquista del Mondiale casalingo del 2014. Della stessa opinione non dev’essere stata la Federazione Argentina, che dopo la bruciante eliminazione ai quarti per mano dell’Uruguay, poi campione, è costata la panchina a Batista, un tecnico che non ha mai entusiasmato nè il popolo argentino legatissimo al pur non preparato Maradona, nè da Grondona gran capo dell’ AFA che lo aveva voluto per sostituire El Diego, alla fine del Mondiale sudafricano. El Checho c’ha provato in diversi modi a dare un gioco alla propria squadra, ma nonostante un attacco stellare, quello che è parso mancare alla squadra albiceleste è stata un’anima, l’assenza di un metronomo di centrocampo che potesse dettare i tempi e l’eccessiva aspettativa riversata su Leo Messi, osannato come nuovo Maradona sono stati fatali. Proprio la Pulce è stato il grande assente di questa manifestazione, mai in palla, poco reattivo e spesso anzi offuscato dalle prestazioni dei propri compagni di reparto, vedi Aguero.

© Maxi Failla/AFP/Getty Images
Troppe pressioni per uno che al Barça sembra un extraterrestre e che con indosso la casacca della propria nazionale torna un comune mortale con errori e giocate a metà, ciò che è parso evidente durante questa copa è che Messi è un fenomeno, ma non un capopopolo come lo era Maradona, parafrasando le parole di qualche giorno fa di Maxi Lopez, la colpa della disfatta e della scarsa verve di Leo, è che il Barcellona è un collettivo dove Messi si esprime alla grande da solista, l’Argentina no e lui ne risente.

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