Il riconoscimento è di quelli importanti ed apprezzati, ancor di più per un allenatore giovane che si è affacciato solo lo scorso anno sulla panchina di una grande squadra come la Juventus e che, al primo tentativo, ha raggiunto l’obiettivo di conquistare lo scudetto, di raggiungere la finale di Coppa Italia e di conquistare la Super Coppa Italiana nel mese di Agosto. Tutto ciò si aggiunge al fatto che la Juventus di questa stagione è in testa alla classifica dall’inizio del campionato e che sta ben figurando anche in Champions League, cercando di ritagliarsi un ruolo da outsider: per questo, la panchina d’oro di Conte sembra un riconoscimento indiscutibile, nel senso che nessuno più di lui lo avrebbe meritato, guardando ai risultati. Quello del sergente di ferro, maniaco dei dettagli e del lavoro, incapace di digerire una sconfitta in meno di 24 ore è un’etichetta che sarà difficile scrollarsi di dosso ma, probabilmente, sono quest gli “ingredienti” che ne hanno determinato una così rapida ascesa nell’Olimpo dei grandi tecnici. Un riconoscimento che gli hanno attribuito i suoi stessi colleghi e che, per questo motivo, risulta essere ancora più gradito.
La panchina d’oro di Conte per la stagione 2011/2012 fa sì che questo riconoscimento ritorni a Torino dopo che l’ultima volta in cui un tecnico juventino venne eletto miglior allenatore dell’anno fu Marcello Lippi nella stagione 1995/1996, proprio colui che fu uno dei punti di riferimento per la carriera di Conte-giocatore, che ha militato in bianconero dal 1991 al 2004, attraversando sia la prima epoca Lippi che la seconda, prendendo e facendo propri i valori calcistici e psicologici del tecnico Viareggino riproponendoli – attualizzati – nella Juventus di oggi. La società bianconera, probabilmente, lo ha scelto proprio per questo, perchè aveva intravisto in lui quello spiraglio di rinascita dopo gli anni bui e difficili del post-Calciopoli, lo ha messo al centro del progetto e non ne è stata delusa: d’altronde, Antonio Conte aveva dato prova delle proprie qualità vincendo la panchina d’argento nella stagione 2008/2009, quando centrò la promozione in serie A con il Bari.
Il suo arrivo alla Juventus ha riportato quella fame di vittoria a tutti i costi, quel desiderio di ricercare il massimo risultato senza accettare la parola “accontentarsi”, senza tollerare l’idea del secondo posto, lottando sempre con il coltello fra i denti, senza tollerare l’idea di una soluzione differente all’infuori del duro lavoro, dell’impegno e della concentrazione assoluta, ma anche sulla capacità di cementare il gruppo, focalizzandosi sui valori della squadra e dell’unione di intenti, aldilà delle individualità dei singoli. Il maggior merito di Antonio Conte è stato proprio questo, la capacità di metter da parte le sue idee calcistiche fondate sul modulo 4-2-4 per adattare lo schieramento tattico della sua Juventus alla figura del giocatore di maggiore qualità, ossia Andrea Pirlo, mettendo la squadra a correre per lui in maniera da esaltarne il rendimento, ma non in chiave individualistica bensì collettiva, avendo ben presente che il massimo rendimento del “faro” avrebbe certamente coinciso con il massimo rendimento nella squadra.
Antonio Conte finora ha avuto ragione ma, coerente con il suo modo di essere, la panchina d’oro appena ricevuta a Coverciano rappresenterà per lui soltanto un ulteriore punto di partenza, un nuovo stimolo per ripartire dopo la sconfitta contro la Roma ed in vista della ripresa degli allenamenti di domani, da quando la sua Juventus dovrà ricominciare a “marciare” ai suoi ordini, senza accettare nessun’altra battuta d’arresto.