È un Riccardo Riccò più che mai battagliero quello presentatosi alla procura antidoping per rispondere della nota vicenda che lo vide in pericolo di morte a causa di un ricovero per blocco renale forse causato da una autotrasfusione di sangue dello stesso Riccò.
“Mi sento ancora un ciclista e voglio tornare a correre”. Sono queste le prime parole di Riccardo Riccò, al termine dell’audizione (durata circa un’ora e mezza) presso la Procura Antidoping del Coni. “Non ho niente da nascondere – ha aggiunto – sto cercando una squadra che mi permetta al più presto di svolgere la mia professione. Ritiro? Gli attestati di stima dei tifosi mi hanno fatto cambiare idea, e se me lo permetteranno tornerò subito a correre”
Molto forti sono anche le dichiarazioni dell’ avvocato di Riccò, Fiorenzo Alessi: “Al momento attuale non ci sono motivi per aspettarsi da parte della Procura Antidoping una richiesta di squalifica per Riccò. Non vedo provvedimenti nel breve periodo”, ed ancora: “Molti parlano di sconfitta per il ciclismo – ha aggiunto – ma non sono d’accordo. Non condivido il pensiero del presidente del Coni, Gianni Petrucci, che deve smettere di dire basta al ciclismo dopato: la cosa giusta da dire è basta con lo sport dopato e soprattutto basta con lo sport che vuole il risultato a tutti i costi. In questo senso, ritengo che la legge penale del 2000 sia ampiamente superata perchè non è più attuale e andrebbe modificata”
E opinione di chi vi scrive che le parole forti di Gianni Petrucci sono arrivate forse anche con troppo ritardo rispetto a quanto accaduto in questi anni. Per quanto riguarda Riccò, forse è stato proprio l’ ex cobra a voler raggiungere il risultato a tutti i costi, rischiando anche il bene più prezioso e cioè la vita.