Continuano le confessioni di Tyler Hamilton contro il suon ex capitano nonché compagno di squadra in tanti Tour, Lance Armstrong.
Le rivelazioni dell’ex campione olimpico a cronometro 2004 (medaglia restituita la settimana scorsa all’antidoping Usa) sono arrivate per intero dopo le anticipazioni dei giorni scorsi a 60 minutes, storica trasmissione di inchiesta giornalistica andata in onda domenica sera negli Stati Uniti. A 60 minutes Hamilton, racconta anche di una positività di Armstrong a un controllo antidoping effettuato durante il Giro di Svizzera 2001, che il texano correva per preparare quello che sarebbe stato il terzo dei suoi sette Tour consecutivi. “Me lo disse Lance stesso, ma non era affatto preoccupato – ricorda Hamilton -. Era tranquillissimo e ci rideva sopra. Quel suo atteggiamento mi aiutò tantissimo a non preoccuparmi: io pensavo che se fosse risultato positivo la squadra avrebbe perso la sponsorizzazione e io e almeno altre 50-60 persone il lavoro. C’è tanto da perdere risultando positivi. Ma Lance aveva fatto un accordo con l’Uci e ci pensarono loro a risolvere la situazione”.
Ancora Hamilton: “Ho visto personalmente Lance doparsi, era il corridore più importante in squadra e aiutava anche gli altri a farlo. Usava farmaci proibiti come facevano tutti, era quella la cultura del ciclismo in quel periodo. Era il leader, e per far parte della squadra, per esempio quella del Tour del 1999, si aspettava da te che fossi disposto a tutto per aiutarlo a vincere: era l’unico obiettivo”. Hamilton racconta dei sistemi usati dalla U.S. Postal: le sostanze dopanti venivano distribuite in sacchetti bianchi per il pranzo; i prelievi del sangue venivano fatti prelevando i corridori direttamente in aeroporto e le sacche riutilizzate in seguito. “Ricevere quei sacchetti bianchi era una sorta di onore, ti faceva pensare di essere forte abbastanza da far parte della squadra migliore”.
Dalle accuse Armstrong si difende, attraverso i suoi avvocati ed Internet, definendo Hamilton un “bugiardo in cerca di soldi per scrivere un libro” che ha sempre negato di aver preso sostanze dopanti anche quando è risultato positivo.
Sta di fatto che ormai le ombre sul texano re di sette Tour, ancora sotto indagine federale per cospirazione e frode, sono sempre più lunghe anche se si corre seriamente il rischio che ormai, di queste vicende, il pubblico sia completamente stufo e disinteressato verso uno sport che non concede più margini di credibilità agonistica.
Foto: Ap