Categoria: Basket

  • NBA, scambio tra Charlotte e Detroit. Deron Williams free agent

    NBA, scambio tra Charlotte e Detroit. Deron Williams free agent

    In attesa del Draft 2012, che si terrà nella notte italiana (ore 2.00 circa) al Prudential Center di Newark, in NBA le squadre iniziano a muoversi in vista della prossima stagione. Trade di notevole rilevanza quella effettuata tra i Charlotte Bobcats ed i Detroit Pistons: la guardia Ben Gordon, ex anche dei Chicago Bulls, approda in North Carolina nella squadra peggiore dell’intero campionato. Percorso inverso per l’ala Corey Maggette che invece vola in Michigan per rinforzare il reparto a disposizione di coach Lawrence Frank.

    I Bobcats ricevono anche una prima scelta futura da Detroit, perchè con lo scambio si accollano il super contratto di Gordon che nei prossimi anni prenderà ben 25 milioni di dollari. Nella scorsa stagione Gordon ha tenuto una media di 12.5 punti a partita, con una sontuosa prestazione da 45 punti e 9/9 dalla lunga distanza contro i Denver Nuggets; il cestista di origine britannica, eletto miglior sesto uomo dell’anno nel 2005 quando militava nei Chicago Bulls, chiude la sua esperienza a Detroit con un bilancio sicuramente non esaltante e una media complessiva di soli 12,4 punti a partita in 3 stagioni. Un rendimento mediocre se si pensa al faraonico contratto concessogli dal G.M. Joe Dumars quando lo prese da free agent.

    Soddisfatti comunque i Bobcats che acquisiscono il tiratore da 3 punti che mancava nel roster (nell’ultima stagione percentuale pessima dello 0,295%) ma non è solo questa la lacuna da colmare e nei prossimi giorni ci saranno ulteriori movimenti.

    Deron Williams | © Warren Little/Getty Images

    Si muovono anche i Rockets che spediscono Chase Budinger a Minnesota in cambio della 18esima scelta in questo Draft. Probabile che Houston, che ora ha a disposizione le scelte numero 14, 16 e 18 cerchi di arrivare a qualche nome grosso per rinforzare la squadra. Il nome che circola più insistentemente è quello di Dwight Howard, il migliore centro della NBA, che la dirigenza dei Magic vuole cedere onde evitare di perderlo a parametro 0 la prossima Estate. Anche Howard vuole andare via da Orlando e così se l’interesse delle parti convergerà è possibile che tutti possano guadagnare dall’eventuale trade.

    Intanto la superstar Deron Williams dei New Jersey Nets ha comunicato di non aver esercitato la player option a sua disposizione diventando così free agent. Ora è pronto a vagliare tutte le possibili destinazioni.

  • Draft NBA 2012, scocca l’ora di Anthony Davis

    Draft NBA 2012, scocca l’ora di Anthony Davis

    Manca ormai veramente poco e poi scoccherà l’ora del Draft NBA 2012, uno degli appuntamenti più interessanti ed uno degli eventi più seguiti non solo dal pubblico americano ma anche nel resto del Mondo. Domani, giovedì 28 giugno, al Prudential Center di Newark, nel New Jersey, casa abituale dei Nets (ma ora abbandonata dato che la squadra dal prossimo anno giocherà a Brooklyn), andrà in scena la selezione dei migliori prospetti universitari ed europei, scelte che sono molto importanti per le franchigie NBA visto che questa del Draft è una delle tappe fondamentali per poter costruire squadre competitive.

    Sarà uno dei Draft più ricchi di talento della storia, i team avranno l’imbarazzo della scelta nella selezione dei prospetti. Proprio a causa della grande quantità di talenti a disposizione a prima vista è molto difficile fare un pronostico e riuscire a mettere tutte le tessere del puzzle al posto giusto. Solo una cosa è certa al 100%: Anthony Davis, lungo di Kentucky University, sarà la prima scelta assoluta. Il centro dei Wildcats ha dominato l’intera stagione NCAA mettendo a segno 14,2 punti a partita con 10,4 rimbalzi e quasi 5 stoppate di media. Alla fine del torneo è stato nominato anche migliore giocatore della competizione e numerosi sono stati i riconoscimenti vinti per le sue qualità difensive. Il suo punto forte infatti è la difesa (come dimostrano le 5 stoppate di media per incontro), mentre per la fase offensiva dovrà lavorare ancora su alcuni fondamentali per diventare un vero e proprio top player in NBA. L’altezza non è proprio notevole per districarsi bene nel ruolo di centro tra i professionisti ma compensa la mancanza di qualche centimetro (è alto 2 metri e 08, caratteristica fisica che ne fa più un’ala grande) con 2 braccia lunghissime che gli permettono di arrivare per primo sui rimbalzi e di proteggere al meglio il proprio canestro con stoppate terrificanti. In molti, per queste caratteristiche fisiche e tecniche, lo hanno paragonato a Dwight Howard, il centro degli Orlando Magic, che è attualmente il migliore nel ruolo in NBA.

    La destinazione di Davis (figlio d’arte) è scontata: andrà ai New Orleans Hornets che nella notte della Draft Lottery sono stati molto fortunati a salire dalla quarta posizione alla prima scavalcando in serie Cleveland Cavaliers, Washington Wizards ma soprattutto Charlotte Bobcats, rimasti molto delusi dato che puntavano sul fenomeno di Kentucky per rilanciarsi dopo la stagione orrenda che li ha eletti peggior team della storia della NBA per percentuale di vittorie.

    Anthony Davis | © Ronald Martinez Getty Images
    Le ultime voci vogliono proprio i Bobcats interessati a scambiare la loro seconda scelta: i team che si stanno muovendo per acquisire il pick di Charlotte sono i Cavaliers (per mettere a disposizione del rookie of the year Kyrie Irving un altro talento importante) e gli Houston Rockets che stando alle ultime voci, una volta presa la seconda scelta assoluta, potrebbero fare un bel pacchetto regalo agli Orlando Magic per avere in cambio Dwight Howard.

    Dietro a Davis nulla è dato per scontato: in molti dicono che il numero 2 sarà Thomas Robinson, ala di Kansas University, che ha dato battaglia proprio a Davis nella Finale NCAA. Altri pensano che in questa posizione verrà chiamato Michael Kidd-Gilchrist, ala piccola e compagno di squadra di Davis a Kentucky, prospetto dai margini di miglioramento spaventosi. In discesa le quotazioni di Harrison Barnes che fino a qualche anno fa era dato come prima scelta assoluta in qualsiasi anno si fosse dichiarato per il Draft NBA. Le opache stagioni (2) con North Carolina University però hanno fatto scendere l’appeal. Peccato perchè nel vederlo tirare riporta alla mente il grande Kevin Durant. Chissà però che non riesca a rilanciarsi in NBA, Lega forse più adatta al suo stile di gioco rispetto al college basket.

    In ascesa le quotazioni di Bradley Beal, terribile guardia tiratrice di Florida University, e di Andre Drummond, centrone vecchio stampo che fa gola a molti per coprire i buchi a centro area. Il suo punto debole sono i tiri liberi, percentuale orrenda dello 0,295. Per avere un buon futuro dovrà migliorare questo aspetto.

    Tra tutti gli altri menzioniamo Austin Rivers, figlio di Doc Rivers attuale coach dei Boston Celtics: una guardia molto talentuosa che la franchigia del Massachusetts cercherà in ogni modo di acquisire per permettere a papà Doc di allenare il figlio Austin.

    Ancora poche ore e poi sapremo tutte le scelte delle squadre NBA.

  • I Boston Celtics sfideranno l’Olimpia Milano il 7 ottobre 2012

    I Boston Celtics sfideranno l’Olimpia Milano il 7 ottobre 2012

    E’ ufficiale: la NBA ha reso noto che i Boston Celtics, 17 campionati vinti nella Lega americana di pallacanestro, la squadra più titolata degli stati Uniti, sfideranno in amichevole l’Emporio Armani Milano il 7 ottobre 2012 al Forum di Assago. E’ il ritorno della NBA in Italia, a 2 anni di distanza dal clamoroso successo della partita di precampionato che vide i New York Knicks di Danilo Gallinari e Mike D’Antoni essere ospitati proprio dall’Olimpia.

    L’appuntamento, molto atteso dai tifosi italiani, si inserisce nell’NBA Europe Live Tour 2012 che va sempre più definendosi: si parte il 5 ottobre ad Istanbul, per la sfida tra il Fenerbahce del neo allenatore Simone Panigiani ed i Boston Celtics, il 6 ottobre a Berlino gara tra l’Alba e gli ex campioni in carica dei Dallas Mavericks del leader tedesco Dirk Nowitzki. Il 7 ottobre la già citata sfida tra Milano e Boston, si chiude in Spagna dove ci sarà l’ultima partita tra Dallas ed una squadra ancora da definire ma in queste ore dovrebbe arrivare anche quest’ultima conferma.

    “Siamo orgogliosi di essere una delle 4 squadre di Eurolega scelte per competere contro i team NBA, a dimostrazione del livello di credibilità raggiunto dal nostro club e il prestigio di cui Milano e il pubblico di Milano godono a livello mondiale. Lo consideriamo un premio anche per i nostri tifosi che hanno riempito il Forum, uno dei pochi impianti italiani che rispettino le norme Eurolega, in occasione della finale scudetto, dopo che in 2 anni l’affluenza media nelle gare di Eurolega è quasi raddoppiata”.

    Boston Celtics | © Jim Rogash/Getty Images
    Queste le parole del presidente Livio Proli. Sergio Scariolo, coach della nazionale iberica e dell’Emporio Armani già si pregusta l’evento:

    “E’ sempre un piacere giocare contro le squadre NBA, cosa che mi è capitata altre volte in carriera. Sopratutto per una parte dei giocatori il livello di motivazioni è altissimo. Inoltre questo evento ci permetterà di rinsaldare ulteriormente il rapporto con i nostri tifosi cementato durante gli ultimi playoff”.

    Evento da non perdere dunque, si presume che i biglietti saranno polverizzati in poche ore come già successo in passato.

  • Simone Pianigiani al Fenerbahce, contratto biennale

    Simone Pianigiani al Fenerbahce, contratto biennale

    Come già ampiamente anticipato qualche giorno fa, in occasione della conferenza stampa che ha sancito il suo addio alla Montepaschi Siena, Simone Pianigiani è il nuovo allenatore del Fenerbahce. Per lui contratto biennale con opzione per il terzo anno. L’annuncio è stato dato dallo stesso club turco con una nota sul proprio sito ufficiale.

    Pianigiani ha accettato la corte del Fenerbahce soprattutto per la grande disponibilità economica sul mercato che la dirigenza ha assicurato all’allenatore toscano: le cifre sono tali da far girare la testa, soprattutto in un momento critico come questo per lo sport europeo che deve fare i conti con la recessione economica. Si parla di un budget da 20 milioni di euro, che per il basket del “Vecchio Continente” sarebbero una cifra che definire sostanziosa è poco.

    Secondo quanto riportato dalla stampa turca, l’ex coach della Montepaschi Siena ed attuale Commissario Tecnico della Nazionale italiana percepirà circa 800mila euro a stagione con il ricco club di Istanbul.

    Simone Pianigiani | © JANEK SKARZYNSKI/AFP/Getty Images
    Pianigiani, 43 anni, ha un curriculum che parla da solo visto che negli ultimi 6 anni (da quando è diventato coach di Siena) ha vinto 6 scudetti consecutivi (record per il basket italiano), 4 Coppe Italia, 5 Supercoppe Italiane portando a casa gli ultimi 13 trofei del nostro basket. Per 2 volte ha guidato Siena alle Final 4 di Eurolega, nel 2008 (al primo anno sulla panchina toscana) e poi di nuovo la scorsa stagione. Gli eccellenti risultati conseguiti lo hanno portato sulla panchina dell’Italia dal dicembre 2009 quando prese il posto di Carlo Recalcati. Con Siena percorso da record dato che ha vinto 323 partite su 389 totali, pari all’83% di successi, percentuale che sale all’88,9% nel solo campionato e al 90,8% ai playoff. Nella stagione 2008/2009 la sua Montepaschi, imbattuta in Coppa Italia, Supercoppa e playoff, vinse 43 partite su 44 in Italia.

    Pianigiani ha già fatto sapere alla dirigenza del club turco i nomi su cui intente puntare: in pole c’è il lungo David Andersen di Siena (ambìto anche dal CSKA Mosca del neo allenatore Ettore Messina), seguìto dal compagno di squadra alla Montepaschi Bo McCalebb. Più indietro David Hawkins, Romain Sato, Ksistof Lavrinovic e Rimantas Kaukenas, tutti giocatori già allenati nel recente passato.

  • LeBron James, il Re dell’NBA finalmente è salito sul trono

    LeBron James, il Re dell’NBA finalmente è salito sul trono

    Miami, AmericanAirlines Arena, 21 giugno 2012. Da qualche minuto è finita gara 5 delle Finals NBA tra i padroni di casa degli Heat e gli ospiti degli Oklahoma City Thunder, letteralmente demoliti per 121-106. E’ la partita che regala al team della Florida il suo secondo titolo della storia, dopo quello della stagione 2006. I giocatori degli Heat rendono omaggio agli sconfitti, il rispetto viene prima di tutto il resto. Poi indossano magliette e cappellini celebrativi per la vittoria. I tecnici allestiscono al centro del parquet il necessario per la premiazione. La squadra si raduna, i sorrisi si sprecano, la gioia è tanta, la soddisfazione enorme.

    Tra tutti però c’è un viso molto più sorridente rispetto a quello degli altri, lo si nota distintamente. Le telecamere lo cercano, lo immortalano, i fotografi cercano di cogliere sul viso le sfumature migliori. L’attenzione è tutta rivolta ad un uomo, uno solo e soltanto, LeBron James, King James: il Re della NBA finalmente è salito sul trono. Ci sono voluti 9 lunghi anni, 2 Finali perse in passato ed un trasferimento dalla sua Cleveland a Miami per compiere il suo destino. Un destino che aveva riservato solo ed esclusivamente soddisfazioni personali, con premi individuali in abbondanza, riconoscimenti che fanno piacere, che fanno accrescere l’autostima ma che non valgono nulla (o quasi) se non riesci a diventare il numero uno conducendo la tua squadra al titolo.

    Ieri James ha spazzato via tutte le maldicenze dei critici e dei detrattori che hanno dovuto fare ammenda e cospargersi il capo di cenere di fronte alle cifre spaventose di un giocatore che ha disputato dei playoff mostruosi. Serie di Finale chiusa in doppia doppia di media in punti e rimbalzi (quasi 29 punti e 10 rimbalzi tondi tondi), ha chiuso i conti in gara 5 con una sontuosa tripla doppia da 26 punti, 11 rimbalzi e 13 assist. Ha asfaltato i Thunder con il suo talento, riuscendo a capire anche quando coinvolgere i compagni che a turno si sono fatti trovare pronti. Ma non va dimenticato neanche il resto della post season, a partire dalla serie contro gli Indiana Pacers che si stava mettendo male dopo che la franchigia di Indianapolis si è trovata avanti 2-1 con gara 4 da giocare in casa. James ha ribaltato le sorti della sfida. E come non ricordare la strepitosa gara 6 al Boston Garden, con i suoi Miami Heat spalle al muro e sull’orlo dell’eliminazione (3-2 per i Celtics): LeBron ha sfoderato una prestazione leggendaria come qualche decennio fa fece il suo illustre predecessore Michael Jordan proprio a Boston. Una performance che resterà nella storia e negli annali del basket fatta da 45 punti, 15 rimbalzi e 5 assist (da 25 anni non si registravano cifre del genere nei playoff NBA), con soli 7 errori al tiro (19/26). Probabile che proprio in questa gara Miami ed il suo leader abbiano posto le fondamenta per arrivare al titolo. Un merito ulteriore è quello di aver infuso nei compagni la sua stessa voglia di vincere, una peculiarità che è stata messa in evidenza nella serie di Finale contro Oklahoma City.

    LeBron James | © Ronald Martinez/Getty Images
    Spesso i numeri dicono tutto, racchiudono l’essenza, la verità, non mentono mai. Ma tralasciano dei dettagli, dei particolari che risultano poi molto più determinanti: stiamo parlando dell’atteggiamento di James sul parquet, della sua forza mentale. Ha letteralmente distrutto ogni avversario ed ogni squadra che gli si sono presentati davanti, pronti a sbarrargli la strada verso l’anello, il suo anello. Il suo viso emblematico valeva più di mille parole, i suoi occhi mettevano in mostra rabbia, determinazione e voglia di vincere. Poche volte in passato abbiamo visto il fenomeno di Akron così concentrato, così desideroso di voler giungere dove aveva deciso di arrivare. Le sue parole a fine gara sono veritiere come non mai:

    Era solo questione di tempo, sapevo che prima o poi avrei vinto questo titolo che significa tutto per me. La sconfitta dello scorso anno mi è servita tanto perchè ho fatto un passo indietro ed ho capito che stavo giocando solo con odio dentro per zittire coloro che mi criticavano dopo il mio trasferimento da Cleveland. Ho capito che non era il modo giusto di affrontare le cose. Se l’anno scorso giocavo con tanto odio, tanta rabbia, tanta voglia di dimostrare qualcosa, questa volta invece ho giocato con amore, l’amore per la pallacanestro. In estate sono tornato alle basi e ad occuparmi dei fondamentali. Come il gioco spalle a canestro, andando a lezione da Olajuwon. Ringrazio tutti i miei compagni e lo staff tecnico, anche grazie a loro ora il mio sogno è realtà!

    Parole di felicità e di umiltà. Di voglia di crescere. Ancora. Nonostante sia universalmente già riconosciuto come il giocatore di basket più forte e completo di tutti.

    Il momento più significativo della premiazione dei Miami Heat è stato quando LeBron James ha stretto il Larry O’Brien Trophy, il trofeo consegnato alla squadra campione: il numero 6 degli Heat lo ha stretto forte a sè quasi come se fosse un figlio, gli ha sorriso, ha sussurrato alcune parole (che ovviamente non sapremo mai), lo ha baciato per poi alzarlo al cielo. Il gesto del trionfo, il gesto della liberazione, il gesto più bello che un campione del suo talento merita. La maledizione è finita, caro LeBron, goditi il titolo ed il tuo momento. Il prossimo passo è ripetersi, e poi farlo più volte. Solo così si entra nella storia, solo così si entra nella leggenda!

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  • Miami Heat campioni NBA, Thunder demoliti. LeBron James eletto M.V.P.

    Miami Heat campioni NBA, Thunder demoliti. LeBron James eletto M.V.P.

    I Miami Heat sono i nuovi Campioni NBA: un successo meritatissimo per il team della Florida che in gara 5 demolisce gli Oklahoma City Thunder per 121-106 chiudendo la serie delle NBA Finals 2012 sul 4-1. E’ il trionfo anche di LeBron James che a 27 anni e dopo 9 stagioni nella Lega (con 2 Finali perse, nel 2006 e nel 2011) riesce a conquistare il titolo che tanto desiderava. Per il fenomeno di Akron anche un altro riconoscimento importante: a fine gara viene eletto M.V.P. delle Finals, un premio che va ad aggiungersi a quello di M.V.P. della regular season. Un dominio netto per James che suggella il tutto con una fantastica tripla doppia nella partita decisiva, scrollandosi di dosso anche l’etichetta di “perdente di successo” che molti detrattori gli avevano affibbiato nel corso di questi anni. Il sortilegio è spezzato ed ora per lui si aprono nuovi orizzonti. La mente corre veloce alla sua strepitosa prova di gara 6 a Boston nella Finale di Conference dove con gli Heat spalle al muro e ad un passo dall’eliminazione (sotto per 3-2 contro i Celtics) diede prova del suo talento con una partita clamorosa al Boston Garden, una performance che rimarrà nella leggenda al pari di quelle di Michael Jordan nel recente passato. Forse è proprio in quella partita che gli Heat hanno compiuto il passo decisivo per vincere il titolo, quello è stato l’emblema di una stagione e di un gruppo che rimarrà negli annali del basket. Per Miami si tratta del secondo titolo nella storia della franchigia, dopo quello della stagione 2005/2006 ottenuto contro i Dallas Mavericks che riscatta ampiamente la Finale persa lo scorso anno, sempre contro i texani.

    Il dominio degli Heat in gara è assoluto: i ragazzi di coach Spoelstra mettono in campo tanta voglia di vincere, tanta aggressività ed una forza mentale fuori dal comune ed annichiliscono sin dai primi minuti gli avversari, letteralmente dominati in ogni aspetto del gioco. Il primo quarto va in archivio sul 31-26 per i padroni di casa.

    Miami allunga nel secondo periodo, quando mancano 5 minuti all’intervallo lungo gli Heat sono già sul -17 (53-36): feroci in difesa, concreti in attacco, i ragazzai di Spoelstra devastano i Thunder grazie alle giocate fenomenali di un James inarrestabile. Oklahoma City in chiusura di frazione però riesce a limitare i danni per chiudere con un passivo di soli 10 punti che pare davvero oro colato per quanto visto in campo (59-49).

    LeBron James, Miami Heat | © DON EMMERT/AFP/GettyImages
    L’inizio della ripresa sorride agli ospiti che grazie a Durant si riportano sotto (-5) in pochi minuti. Ma questi Miami Heat non hanno paura di nessuno: in un batter d’occhio iniziano a piovere triple nel canestro bluarancio, Miller è una sentenza, Battier e Chalmers segnano con facilità, Bosh è il padrone dell’area pitturata e James dispensa magìe sui 2 lati del campo. Ancora lo scatenato Miller da 3 punti ed un canestro più fallo di Wadefanno capire che questa gara non può sfuggire ai padroni di casa che volano sul + 26 (93-67) ad un minuto dalla fine del terzo quarto.

    Il massacro degli Heat sui Thunder si affievolisce solo nella frazione concluisva: Miami infatti amministra tranquillamente l’ampio margine e conclude l’incontro sul 121-106 che sancisce il trionfo della squadra della Florida. Sugli spalti l’entusiasmo è alle stelle e per una volta tanto la solitamente “fredda” AmericanAirlines Arena si trasforma in una bolgia, un entusiasmo contagioso che ha accompagnato gli Heat per tutto l’incontro. C’è solo gioia a Miami, ma a fare da contraltare ci sono le lacrime di un comunque grandissimo Kevin Durant per la Finale persa, lacrime asciugate dalla mamma e dal papà che abbracciano il figlio. Una scena che fa capire quanto questo ragazzo potrà dare al basket NBAnei prossimi anni, un giocatore lontano dagli stereotipi moderni, con la testa sulle spalle e dei valori (come quello della famiglia) che lo porteranno sicuramente lontano nella sua carriera.

    E’ proprio il prodotto di Texas University il miglior marcatore del match con 32 punti ed 11 rimbalzi. Seguono Westbrook ed Harden con 19 punti a testa. Assolutmente nullo il contributo dei vari Ibaka, Perkins e Collison (13 punti complessivi in 3). I padroni di casa invece hanno la meglio grazie alla sontuosa tripla doppia di un LeBron James da antologia del basket che chiude con 26 punti, 11 rimbalzi e 13 assist (e 2 stoppate). A dare man forte al numero 6 degli Heat ci pensa un fantastico Mike Miller che nonostante i noti problemi alla schiena (che potrebbero anche minare il suo futuro in NBA) infila 23 punti in 23 minuti giocati, risultando un cecchino infallibile dalla distanza (7/8 nelle triple). Grandi performance anche per Chris Bosh (24 punti) e Dwyane Wade (20), positivo il solito Shane Battier sui 2 lati del campo.

    Per gli Heat e la città di Miami è l’ora di festeggiare, i Thunder invece dovranno cercare di capire i loro errori e ripartire in vista di un futuro che comunque li vedrà protagonisti (e magari vincenti) nei prossimi anni.

    RISULTATI NBA FINALS 2012, 21 giugno:

    Miami HeatOklahoma City Thunder 121-106
    Mia: James 26, Bosh 24, Miller 23
    Okl: Durant 32, Westbrook 19, Harden 19

    LA SERIE DELLA FINALE NBA:

    2) Oklahoma City Thunder vs 2) Miami Heat serie 1-4 Heat. MIAMI VINCE IL CAMPIONATO 2011/2012

    GLI HIGHLIGHTS:

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    TOP 5:

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    IL VIDEO DELLA PREMIAZIONE DEI MIAMI HEAT:

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    FOTOGALLERY MIAMI HEAT vs OKLAHOMA CITY THUNDER:

    Foto Credit: Getty Images

  • NBA, Dunlap nuovo coach di Charlotte. Lewis vola da Belinelli

    NBA, Dunlap nuovo coach di Charlotte. Lewis vola da Belinelli

    La stagione NBA ancora non é conclusa dato che nelle Finals 2012 i Miami Heat di LeBron James conducono sugli Oklahoma City Thunder di Kevin Durant per 3-1 (stanotte gara 5) ma le squadre rimaste fuori dalla post season iniziano già a muoversi sul mercato in vista del Draft per preparare al meglio la prossima annata.

    I primi a battere un colpo sono stati i Charlotte Bobcats di Michael Jordan, che deve riscattare la poco edificante nomèa di proprietario peggiore della storia: il suo team infatti nella regular season 2011/2012 è diventato il peggiore nella storia della Lega, la franchigia con la più bassa percentuale di vittorie in assoluto (0,106 dovuta a soli 7 successi e ben 59 sconfitte) che ha “scavalcato” quella di Philadelphia di qualche decennio fa.

    Licenziato Paul Silas, subito dopo i 23 KO di fila nel finale di stagione, Jordan ha scelto Mike Dunlap come nuovo head coach: l’ormai ex allenatore di Saint John’s University, 54 anni, ha avuto la meglio su altri tecnici più quotai come l’assistente degli Indiana Pacers Brian Shaw e l’assistente dei Lakers Quin Snyder. Jordan avrebbe voluto affidare la panchina a Jerry Sloan, ex tecnico degli Utah Jazz, che ebbe come rivale nelle famose Finali NBA del 1997 e 1998 (vinte entrambe da M.J.). Sloan però non è stato convinto dal progetto tecnico ed ha declinato l’offerta.  L’esperienza più significativa di Dunlap in NBA è quella con i Denver Nuggets di George Karl (dal 2006 al 2008) dove fu primo assistente dell’allenatore. Ora la nuova sfida alla guida dei disastrati Bobcats, compito non facile ma neanche impossibile visto che Charlotte ha la seconda scelta assoluta nel prossimo Draft del 28 giugno che si preannuncia come uno dei migliori di sempre visti i numerosi talenti che si sono “dichiarati” per l’NBA.

    Rashard Lewis | © Streeter Lecka/Getty Images

    Si muovo anche gli Orlando Magic, che dopo i licenziamenti di coach Van Gundy e del general manager Smith, coprono almeno uno dei 2 “buchi”: il ruolo di dirigente è stato affidato a Rob Hennigan, ormai ex assistente di Sam Presti agli Oklahoma City Thunder. I Magic sperano che Hennigan possa costruire una squadra molto competitiva così come ha fatto il suo mentore Presti con i Thunder. Per la panchina di Orlando il nome caldo è quello di Shaw, il già citato assistente allenatore dei Pacers.

    Il primo scambio in vista del nuovo campionato lo firmano invece Washington Wizards e New Orleans Hornets: in Louisiana arriva l’ala Rashard Lewis ed il suo contrattone da 24 milioni di dollari (secondo giocatore più pagato della NBA dopo Kobe Bryant, davvero un’assurdità visto il rendimento dell’ex Orlando Magic e Seattle SuperSonics negli ultimi anni) ed in più la 46esima scelta al Draft. Nella Capitale approdano invece il centro Emeka Okafor e l’ala Trevor Ariza, che rinforzano pesantemente i Wizards. L’acquisizione di Lewis da parte degli Hornets si potrebbe spiegare anche con la voglia di tagliarlo immediatamente (cosa che non potevano fare con Ariza e Okafor dovendone scegliere solo 1): con la clausola Amnesty infatti il giocatore scomparirebbe dal bilancio della squadra e i “Calabroni” potrebbero investire i soldi risparmiati (circa la metà dei 24 milioni di dollari dovuti al giocatore) sul prossimo mercato, liquidità utile anche per poter eventualmente rifirmare il nostro Marco Belinelli che a New Orleans ha trovato la sua dimensione dopo 5 anni in giro per l’NBA.

  • Westbrook non basta ai Thunder, Miami va sul 3-1

    Westbrook non basta ai Thunder, Miami va sul 3-1

    I Miami Heat battono gli Oklahoma City Thunder per 104-98 in gara 4 delle NBA Finals 2012 e si portano sul 3-1 nella serie. Per la squadra della Florida, alla terza vittoria di fila sugli avversari di turno, ci sarà la possibilità, nella prossima partita, di chiudere i conti  dato che il match sarà da giocare sempre sul parquet amico. Ma attenzione a dare per morta Oklahoma City che già nel turno precedente, sotto per 2-0 contro i San Antonio Spurs, riuscì a rimontare e vincere la serie per 4-2 con 4 successi consecutivi ottenuti ai danni di un team reduce da 20 vittorie di fila e complessivamente con una striscia di 30 risultati positivi in 32 partite.

    Pronti-via ed i Thunder iniziano fortissimo trascinati da un Westbrook in serata di grazia che guida i suoi sul 13-3. Il play di Oklahoma City è indiavolato e costringe coach Spoelstra a chiamare 2 timeout già nei primi 8 minuti di gioco quando il punteggio recita 25-12 in favore degli ospiti anche grazie all’apporto di Collison che piazza 6 punti in pochi minuti (ma il suo contributo si chiuderà qui). Sul finire di frazione una tripla di Cole rende meno pesante il passivo per gli Heat che sono sotto addirittura per 33-19!

    Nel secondo quarto Miami ritorna in campo più concentrata, alza nettamente l’intensità difensiva e con un parziale di 7-0 (ancora grazie a Cole) costringe coach Brooks al timeout. I Thunder però restano senza segnare per ben 4 minuti e così Chalmers infila il canestro del provvisorio -1 (33-32). Westbrook spezza il parziale di 13-0 dei padroni di casa con una giocata fulminea (35-32) ma Wade impatta il risultato con una bomba. Si va avanti punto a punto fino alla conclusione del primo tempo: gli ospiti dopo i 33 punti siglati in apertura, sono costretti ad acconentarsi di soli 16 punti nel secondo periodo e Miami resta in partita sul -3 (49-46).

    La ripresa si apre con continui botta e risposta da ambo le parti, James riesce a portare anche in vantaggio gli Heat (59-58 dopo 4 minuti) ma gli ospiti non demordono e restano attaccati agli avversari che possono contare su un grande Wade, sulla continuità di Chalmers e su un LeBron James già a ridosso della tripla doppia (20 punti, 12 assist e 9 rimbalzi). La frazione si conclude sul 79-75 per Miami.

    Miami Heat | © Mike Ehrmann/Getty Images

    James però inizia ad accusare i primi sintomi della fatica nell’ultimo quarto (i crampi lo costringono più volte a piccoli riposi in panchina) ma ad ergersi a protagonista assoluto per i padroni di casa è Mario Chalmers: 12, infatti, i punti infilati in questo frangente che portano il team della Florida sull’85-79 sfruttando anche il periodo di confusione di Harden che perde alcuni palloni banalmente. 9 punti di fila di Westbrook rimettono in carreggiata i Thunder (90-88 per Miami). Spoelstra chiama timeout ma non basta perchè la premiata ditta Durant-Westbrook opera il sorpasso (92-91) a 4 minuti dal termine. I tifosi sugli spalti tremano di paura ma James, nonostante i dolori fisici segna una tripla fondamentale (l’unica della sua gara) per il 97-94 quando alla sirena mancano poco meno di 3 minuti. Wade porta i suoi compagni sul +5 (99-94), ancora un immarcabile Westbrook riduce il gap sul 99-96. Ma sono pochi i secondi che restano da giocare e Miami chiude i conti con i tiri liberi. Gli Heat trionfano 104-98.

    Ai Thunder non bastano i 43 punti (20/32 al tiro), 7rimbalzi e 5 assist di uno strepitoso Russell Westbrook che a lungo ha predicato nel deserto mettendo a segno da solo quasi la metà dei punti totali di Oklahoma City. L’unico a dare man forte alla “combo-guard” degli ospiti è Kevin Durant che alla fine piazza 28 punti, poi il vuoto con James Harden autore di 8 punti che replica il poco lusinghiero 2/10 al tiro della gara precedente, pur acchiappando 10 rimbalzi. Il resto dei giocatori bluarancio mette a segno appena 19 punti con 5 giocatori e questo ovviamente non può bastare. Miami invece trionfa grazie all’ennesima grande prestazione di LeBron James, che pur giocando nell’ultimo quarto con i crampi riesce ad arrivare quasi in tripla doppia con 26 punti, 9 rimbalzi e 12 assist (restano comunque da valutare le sue condizioni fisiche in vista del prossimo incontro che è solo a 48 ore di distanza). Eccellente anche la gara di Dwyane Wade da 25 punti, ma l’uomo del giorno è Mario Chalmers che esplode letteralmente nella decisiva frazione ed infila 12 dei suoi 25 punti totali con canestri pesantissimi che regalano in pratica il successo. 13 punti e 9 rimbalzi per Chris Bosh, positivo dalla panchina Cole autore di 8 punti.

    Come già detto, per gara 5 si resta a Miami, ultima gara sul parquet della Florida: gli Heat dovranno capitalizzare ancora una volta il fattore campo e se vittoria sarà, James e compagni diventeranno i campioni NBA. Oklahoma City però giocherà agguerrita più che mai, per cercare di riportare la serie nella propria Arena dove potrebbe clamorosamente ribaltare la sfida. Nella storia delle Finali NBA mai nessuna squadra è riuscita a rimontare quando si è trovata sotto per 3-1, più in generale nei playoff solo 8 volte su 186 occasioni un team che si è trovato in svantaggio per 3-1 ha poi concluso vittoriosamente sul 4-3 (una percentuale di circa il 4%). Vedremo se i Thunder riusciranno a riscrivere la storia della NBA in questa occasione che non devono lasciarsi sfuggire.

    RISULTATI NBA FINALS 2012, 19 giugno:

    Miami HeatOklahoma City Thunder 104-98
    Mia: James 26, Wade 25, Chalmers 25
    Okl: Westbrook 43, Durant 28, Harden 8

    LA SERIE DELLA FINALE NBA:

    2) Oklahoma City Thunder vs 2) Miami Heat serie 1-3 Heat

    GLI HIGHLIGHTS:

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    TOP 5:

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  • Simone Pianigiani lascia la Montepaschi Siena

    Simone Pianigiani lascia la Montepaschi Siena

    E’ ufficiale: Simone Pianigiani lascia la Montepaschi Siena. Dopo aver conquistato neanche 48 ore fa il sesto titolo consecutivo sulla panchina biancoverde in soli 6 anni, il tecnico ha deciso che era ora di voltare pagina in vista del futuro. Pianigiani ha comunicato le sue intenzioni nel corso di una conferenza stampa con il presidente Ferdinando Minucci.

    Queste le parole dell’allenatore:

    Oggi è il mio ultimo giorno da allenatore della Mens Sana e questa è la comunicazione ufficiale di una cosa che si era capita già l’altra sera dopo lo scudetto. Avevamo parlato di questa scelta già da qualche mese, c’è stato anche poco bisogno di parlare come spesso è capitato con Minucci. Ieri ci abbiamo messo 5 minuti per confermarcelo. Ma sono stati comunque giorni difficili. Ringrazio tutti, in particolare il mio gruppo di lavoro e Minucci che mi ha dato sempre fiducia, anche prima di diventare allenatore“.

    Pianigiani ovviamente non ha ancora ufficializzato la sua prossima destinazione, che con ogni probabilità sarà il Fenerbahce Ulker Istanbul, club dal progetto ambizioso e con una nuovissima arena da ben 15mila posti per non parlare della disponibilità economica quasi illimitata come dimostra la storia recente dovuta in questo periodo all’incredibile “boom” del basket turco.

    Il Fenerbahce per dare una svolta ai risultati ha deciso di puntare sul coach italiano più vincente di sempre per percentuale di successi. In questa esperienza estera, la prima lontano dalla sua Siena, lo affiancherà come assistente Luca Dalmonte (la stessa coppia che guida la nostra Nazionale) che per motivi economici non è stato confermato a Pesaro, dove aveva raggiunto una sorprendente semifinale.

    Simone Pianigiani, Montepaschi Siena | © Jasper Juinen/Getty Images

    Pianigiani, 43 anni compiuti da circa 3 settimane, era stato promosso capo allenatore della Montepaschi nell’Estate del 2006, dopo 11 anni passati a fare il “secondo” dei vari Pancotto, Melillo, Dalmonte, Rusconi, Frates, Ataman e Recalcati. Per lui 5 scudetti vinti a livello giovanile sempre con Siena. Da quando ha preso il comando della prima squadra ha sempre vinto lo scudetto, per 6 anni di fila, nuovo record per il campionato italiano di basket. Dal 2009 inoltre ha sempre vinto la Coppa Italia, per un totale di 4 volte. I numeri parlano chiaro, nel suo palmares vanno gli ultimi 13 trofei italiani, Supercoppa compresa. Per 2 volte ha portato Siena alle Final Four di Eurolega, nel 2008 (al primo anno sulla panchina toscana) e poi di nuovo lo scorso anno. Gli eccellenti risultati conseguiti lo hanno portato sulla panchina dell’Italia dal dicembre 2009 quando prese il posto di Carlo Recalcati. Con Siena il percorso è da record dato che ha vinto 323 partite su 389 totali, pari all’83% di successi, percentuale che sale all’88,9% nel solo campionato e al 90,8% ai playoff. Nella stagione 2008/2009 la sua Montepaschi, imbattuta in Coppa Italia, Supercoppa e playoff, vinse 43 partite su 44 in Italia.

    Si chiude dunque un’era a Siena, con il club in odore di rifondazione anche per motivi economici, a causa di riduzione del budget disponibile. Molti giocatori andranno via, in primis Bo McCalebb, uno dei cestisti più forti in Europa. La squadra sarà affidata a Luca Banchi, il vice di Pianigiani in questi 6 anni di successi.

  • Montepaschi Siena nella storia, sesto titolo di fila

    Montepaschi Siena nella storia, sesto titolo di fila

    La Montepaschi Siena entra nel libro dei record del campionato italiano di basket: i toscani infatti battono con il risultato di 84-73 l’Emporio Armani Milano in gara 5 e chiudono al serie della Finale scudetto 2012 sul 4-1, conquistando il titolo di Campione dI’talia per la sesta volta di fila, evento mai accaduto nella nostra Serie A. Siena entra così di diritto nell’Olimpo del grande basket assieme alle squadre italiane più forti del passato remoto e recente. Per i biancoverdi si tratta del settimo titolo complessivo, ed il dominio tecnico, fisico e mentale negli ultimi anni è stato davvero imbarazzante.

    Milano parte fortissimo e trova buona verve da oltre l’arco dei 3 punti grazie ad un super Mancinelli che infila 8 dei primi 11 punti biancorossi. Siena però resta attaccata agli avversari e nel finale del primo periodo trova anche il vantaggio sul 19-18. La differenza in favore dei padroni di casa arriva nei 2 quarti centrali chiusi rispettivamente sul 23-13 e 21-13, un divario che l’Olimpia non riuscirà più a colmare. I 26 punti concessi in 20 minuti tra secondo e terzo periodo sono devastanti sugli uomini di coach Scariolo, la panchina biancoverde cambia l’inerzia del match: Zisis gestisce a meraviglia gli attacchi contro la zona, Lavrinovic segna a ripetizione e Aradori mette tanta aggressività. Milano invece si blocca con un Bremer inutile. Si va al riposo lungo sul 42-31.

    L’Olimpia approccia nel modo sbagliato la ripresa, segnando un solo canestro in 6 minuti con Bourousis e viene stritolata da una difesa di Siena che protegge a meraviglia l’area pitturata. Stonerook e Lavrinovic infilano punti dall’arco mentre Milano sbaglia ben 4 triple consecutive. McCalebb fa il bello e cattivo tempo sul parquet portando i suoi compagni sul +22 (57-35 al 26esimo).

    La Montepaschi Siena Campione d'Italia | © Paolo Bruno/Getty Images

    A questo punto Scariolo tenta il tutto per tutto con un quintetto leggero: Rocca mette in crisi Andersen, Gentile regala un pò di fisicità ed Hairston comincia finalmente a piazzare qualche punto dopo aver sonnechiato per buona parte del match. Una sua schiacciata corona un parziale di 3-10 in avvio di quarto periodo per il provvisorio -12. McCalebb riallunga, ma Milano torna a macinare gioco e canestri alzando notevolmente il ritmo offensivo: Hairston, Bourousis e Gentile fanno tremare i tifosi di casa sugli spalti portando l’Emporio Aramani sul 6 (77-71) a 2 minuti dal termine, la situazione manda Pianigiani su tutte le furie. Poi però a chiudere la contesa ci pensa Stonerook con una bomba che taglie le gambe agli avversari. Il sigillo sulla vittoria e sullo scudetto lo mette Lavrinovic con la schiacciata della sicurezza.

    A fine gara lungo applauso per coach Simone Pianigiani, l’artefice del miracolo Montepaschi, che andrà via dalla panchina senese (resta da capire solo dove). Poi i festeggiamenti per l’ennesimo titolo, per l’ennesimo trionfo davero meritato e per l’entrata di diritto nella storia del nostro basket con il sesto scudetto consecutivo.

    Milano esce sconfitta nonostante i 18 punti e 7 rimbalzi di Ioannis Bourousis, i 15 e 5 rimbalzi del grande ex Malik Hairston ed i 10 di Stefano Mancinelli, a quota 9 chiude Alessandro Gentile. Per i biancoverdi padroni di casa brilla Ksistof Lavrinovic autore di una gara da ben 22 punti e 7 rimbalzi, 16 sono invece i punti di Bo McCalebb mentre dalla panchina Zisis riesce a portare alla causa 15 preziosissimi punti. Non meno importanti gli 11 di capitàn Shaun Stonerook a cui si devono aggiungere anche 6 rimbalzi mentre Pietro Aradori e David Andersen combinano per 15 punti complessivi.

    BASKET PLAYOFF SERIE A 2012, RISULTATI 17 giugno:

    Montepaschi Siena-EA7 Emporio Armani Milano 84-73
    Siena: Lavrinovic 22, McCalebb 16, Zisis 15
    Milano: Bourousis 18, Hairston 15, Mancinelli 10

    LA SERIE SCUDETTO:

    1) Montepaschi Siena vs 2) EA7 Emporio Armani Milano serie 4-1 Siena. Montepaschi Campione d’Italia