In questi anni si è più volte parlato del maxi processo a Calciopoli come una grandissima bolla di sapone basata su scoop giornalistici e fomentato dall’esposizione mediatica. Non volendo entrare nel merito, in attesa che la giustizia faccia il suo corso, mettendo finalmente alla gogna i colpevoli e portando a galla i fatti reali, gradiremmo però che gli organi di stampa questa volta facciano da fedeli cronisti del Processo in corso a Napoli evitando di strumentalizzare con l’ormai famosa strategia “divide et impera” di romana memoria.
Le dichiarazioni dell’ex segretario del CAN estrapolate ieri dagli organi di stampa non facevano altro che aumentare i sospetti sul come avveniva il sorteggio arbitrale accusa peraltro già smentita da una sentenza della Corte di Appello del Tribunale di Roma.
Per aiutarvi a farvi una vostra idea su questa vicenda riportiamo dal blog dell’Uccellino di Del Piero la trascizione integrale della deposizione rilasciata da Martino Manfredi alla Procura di Napoli.
“Mi viene chiesto come poteva essere falsato il sorteggio arbitrale tanto da poter predeterminare gli abbinamenti arbitri-partite così come emerso e se in merito a tali aspetti possa avere in qualche modo conoscenza di specifiche circostanze. Rispondo affermativamente nel senso che ora intendo spiegare. Nel corso degli anni le sfere sono sempre state le stesse e con il passare del tempo le stesse presentavano visibili segni di usura. In particolare a causa dei difetti di apertura e chiusura delle sfere, nel corso dei sorteggi le stesse venivano battute per terra per aprirle e proprio tale azione meccanica aveva provocato con il passare del tempo una perdita della vernice nella parte della rigatura per l’avvitatura di ciascuna semisfera (erano palline di metallo laccate con vernice colorata, ndACB). Tale mancanza della verniciatura differiva da sfera a sfera per grandezza della chiazza. Tale usura riguardava in modo particolare le sfere di colore giallo contenente i biglietti indicanti gli arbitri mentre erano di numero inferiore quelle verdi e rosse che presentavano tali segni distintivi. Generalmente l’estrazione delle sfere avveniva prima delle partite e poi dell’arbitro ma non so indicare le volte in cui è avvenuto il contrario o in cui l’azione è avvenuta in contemporanea. Al sorteggio venivano portate un numero di buste corrispondente a seconda della stagione ad un numero di fascie in cui venivano suddivise le gare ovvero se il sorteggio prevedeva che le partite fossero suddivise in un dato numero di fascie. A tale numero corrispondeva naturalmente un medesimo numero di arbitri divisi per tale fascia. I sorteggi mediamente duravano poco, tra i 10 e i 15 minuti circa, e si svolgevano in un’atmosfera solitamente serena caratterizzata anche da pause dovute a scambi di battute fra i designatori e le persone presenti alla designazione tanto da determinare un atteggiamento solitamente amichevole e non certo di rigido controllo. Mi viene chiesto quindi a cosa potesse servire l’inserimento di una pallina gialla caratterizzata da segni distintivi e rispondo che ciò era legato all’esigenza dei due designatori di poter individuare una scelta arbitrale a loro gradita aggirando il sorteggio davanti al notaio. In pratica, il momento importante era rappresentato dalle pause di cui sopra accennato laddove Pairetto da una parte e il giornalista dall’altra rimanevano sospesi con le sfere tra le mani all’interno dell’urna stessa affermando la sfera prescelta o anche dopo che la sfera raccolta era stata portata fuori dall’urna e prima che fosse aperta. In pratica Pairetto, a cui spettava l’onere di scegliere la palla verde o rossa relativa alle partite, nel caso in cui era necessaria abbinare una scelta arbitrale individuata dai designatori, temporeggiva con scioltezza per qualche istante in attesa che il giornalista designato provvedesse a prendere la pallina gialla”.
Il pm Narducci a questo punto interrompe il teste contestando al presidente le dichiarazioni e riportando uno stralcio della deposizione dello stesso Manfredi ai Carabinieri nel Maggio del 2006 “Torno a spiegare per farmi comprendere meglio la prassi regolare che Bergamo e Pairetto avrebbero dovuto osservare durante le fasi dell’estrazione delle palline. Pairetto doveva estrarre le palline relative alle partite. Si voleva che Pairetto doveva leggere il bigliettino relativo alla partita di calcio sorteggiata e solo in quel momento il giornalista scelto, che si trovava a fianco di Paolo Bergamo, avrebbe dovuto a sua volta estrarre la pallina contenente il nome dell’arbitro, così poi da poter determinare il regolare abbinamento partita-arbitro”. Quindi prosegue: “Sia in occasione dell’incontro Milan-Juve, sia in occasione di quest’altra gara di quel campionato – lasciamo stare per un attimo adesso di quale gara si tratta – mi sono accorto che Gigi Pairetto, magari contestalmente colloquiando con qualcuna delle persone presenti in sala, non aveva fatto la prescritta operazione da prassi, ma aveva indugiato ed aveva poi estratto realmente la pallina e letto il bigliettino della gara solo dopo che aveva notato quale era la pallina concretamente presa nelle mani dal giornalista”. E prosegue: “Cioè dunque le dice che al di là del colpo di tosse in questa circostanza ed in un’altra che lei non riesce a collocare esattamente nel tempo, aveva notato una variazione della prassi”.
Ed ecco la risposta di Manfredi: ““Praticamente.. essendo comunque il giornalista a scegliere la pallina dell’arbitro.. il tergiversare era.. gli piaceva comunque mettere la mano dentro e girare in attesa della scelta del Pairetto della pallina della partita, quindi il tergiversare io lo intendevo dire.. magari mentre il Pairetto stava per prendere la pallina nel frattempo già il giornalista ha messo la mano dentro l’urna e girato le palline degli arbitri e scelto la pallina che avrebbe estratto dopo comunque che Pairetto avesse scelto la pallina della partita. Non so se sono stato chiaro..”