Ieri le stanze del Tribunale di Napoli hanno ospitato la prima udienza del 2011 al Processo a Calciopoli che presto, a meno di clamorosi ritardi, partorirà la sentenza di primo grado dando una impronta la processo allo stato attuale contorto e con tanti angoli in chiaroscuro.
L’udienza è partita con la “battaglia” tra i pm e il colleggio della difesa per l’acquisizione del dossier Telecom con lo spionaggio a Luciano Moggi, Massimo De Santis e Paolo Bergamo mentre ha rigettato il documento Telecom del processo Stasi sul delitto di Garlasco e sull’attendibilità del lavoro dei carabinieri sulle celle.
Massimo De Santis prende la parola e monopolizza l’attenzione “Mi è stato insegnato che le intercettazioni sono mezzo di ricerca della prova, ma qui l’intercettazione è diventata prova. Non mi è stato permesso di difendermi perché c’erano spezzoni di telefonate, che sono rimaste nell’ombra. Poi scopro che Facchetti e Moratti, dietro suggerimenti di un arbitro, Nucini, organizzavano insieme a Tavaroli indagini illecite. Che fine hanno fatto queste indagini? Mi viene mossa l’accus di aver procacciato informazioni, ma chi è che mi ha fornito queste informazioni? Un tale Pepe Guglielmo, autista del Csm, zio di un calciatore attuale della Juventus, che mi chiedeva consigli su quale procuratore potesse seguire il nipote, mi chiedeva di Zavaglia. Se fossi stato il braccio armato di Moggi mi sarebbe stato facile indirizzarlo”.
Interessante anche la deposizione dellex assistente arbitrale Enrico Ceniccola “Hanno parlato di ‘combriccola romana’, ma allora come mai hanno accusato solo me e De Santis? Hanno tirato fuori la storia delle magliette in regalo dopo Lecce-Juve, ma succedeva ovunque, anzi in quel periodo il Milan regalava borsoni, abbigliamento e orologio dell’Adidas, e l’Inter tutto della Nike, oltre ad un maglione di cachemire. Contini, Babini, Brighi e Copelli avevano un rapporto quotidiano e amichevole con il dirigente del Milan Meani, e non sono in questo processo”.