Lo hanno definito il “giallo Buffon” e così è stato, almeno fino alle interviste post gara che hanno svelato l’arcano, la ragione della sua rabbia furiosa al triplice fischio finale della partita vinta dagli Azzurri contro la Germania. Immagini quasi surreali, di totale contrasto fra gli umori festanti del gruppo Azzurro e dei tifosi italiani ed il volto scuro del capitano, che abbandona il campo in tutta fretta, spintonando via chi prova ad abbracciarlo, come Demetrio Albertini ed il secondo portiere Morgan De Sanctis (ed anche la mascotte dell’Europeo, ndr) per correre negli spogliatoi, a sbollire la tensione in solitudine. Niente festeggiamenti per l’ennesima vittoria contro i tedeschi che, alla vigilia, sembravano un ostacolo quasi insormontabile, niente celebrazioni per una finale Europea che mancava da dodici anni e che è stata centrata contro tutti i pronostici e nonostante le tensioni e le difficoltà con cui questa spedizione in Polonia e Ucraina è stata preparata, niente sorrisi, neppure accennati.
Eppure, dopo i gol di Mario Balotelli, Gigi aveva esultato alla grande, come spesso gli capita di fare, con gli occhi spalancati dalla gioia per il risultato eccezionale che stava maturando, per il modo in cui gli Azzurri stavano fronteggiando un avversario fino a ieri imbattuto: grinta e caparbietà, lucidità e voglia di stare in campo con raziocinio, di stupire tutti con le idee di gioco. Lo sguardo determinato del numero uno, però, lasciava intendere di come il nostro capitano ci credesse fin dall’inizio, di come bramasse raggiungere questo obiettivo, di regalare un altro sogno al popolo italiano, come nel mondiale di sei anni fa: lo ha detto lui stesso, svelando di aver trascorso la notte della vigilia di Italia-Germania a rivedere su You Tube i video delle piazze in festa nel post Italia-Inghilterra dei quarti di finale, per caricarsi con la passione e l’entusiasmo dei tifosi. Quell’ intensità “assorbita” dai video, Gigi Buffon ieri l’ha trasferita in campo, partendo dalla sua concentrazione assoluta nel cantare l’inno Nazionale, con gli occhi chiusi ed a voce alta, e poi la grande carica mostrata in campo, la reattività sui pericoli tedeschi, la lucidità nel guidare il reparto difensivo.
Buffon sente la maglia Azzurra come pochi altri, crede nei suoi sogni (come lui stesso aveva scritto su Facebook alla vigilia, ndr) e trasmette il suo sentimento in ogni gesto, come un capitano, più di un capitano: una guida per lo spogliatoio, un motivatore, un consigliere per i più giovani. Sente su di sè l’onore e l’onere del suo ruolo, e lo esercita in maniera impeccabile, anche a costo di rimproverare l’amico e compagno di squadra Claudio Marchisio dopo il 3 a 0 fallito, richiamandolo a gran voce per rimarcare che tali occasioni non devono essere sprecate, soprattutto in una semifinale perchè “l’Europeo non è una cosa seria, di più”.
Per tutte queste ragioni, un leader navigato come lui, che sul campo ha vissuto gioie incredibili e delusioni cocenti, ha preferito non festeggiare la vittoria di ieri, semplicemente perchè non era soddisfatto della sofferenza vissuta nel finale, quando qualche leggerezza di troppo avrebbe potuto costarci molto cara, con il rigore di Ozil nel primo minuto di recupero, e con altri tre ancora da giocare, che aveva messo a rischio un match dominato e controllato per novanta minuti. “In una partita così, in cui si gioca per qualcosa di unico, per un traguardo così prestigioso, non è giusto che si soffra negli ultimi cinque minuti e si scherzi con il fuoco” – questo il Buffon-pensiero – considerando che, se i tedeschi avessero trovato il pareggio nel finale, ai supplementari la gara “sarebbe finita 9-2 per loro”.
Anche se appariva in netto contrasto con il sentimento di giubilo generale, dunque, la rabbia del nostro capitano deve essere letta in maniera totalmente positiva, intendendola come grande fame di vittoria, come voglia di guidare i giovani del gruppo a crescere ancora, anche a costo di “rompergli le scatole”, trasmettendo loro l’importanza di riuscire a chiudere le gare al momento giusto, con il necessario cinismo che consente di non correre rischi inutili in match tanto delicati. Il tempo dei sorrisi potrebbe arrivare tra pochi giorni ma, per ora, teniamoci stretto il nostro “ Buffon Furioso“, in parallelo con il celebre Orlando di Ludovico Ariosto: la sua mentalità vincente è il cuore pulsante dello spogliatoio Azzurro.
Video della rabbia di Buffon al termine di Italia-Germania:
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