Dopo il momento del dolore, dello sconcerto e dell’ultimo saluto, è il momento della verità sulla morte di Piermario Morosini, venticinquenne calciatore del Livorno stroncato improvvisamente il pomeriggio di sabato 14 Aprile, accasciandosi sul campo di calcio di Pescara, proprio durante la partita del campionato di serie B fra la squadra livornese e quella adriatica. Giungono in queste ore, infatti, i primi risultati dell’ autopsia su Morosini – durata circa otto ore – condotta nei giorni seguenti alla sua scomparsa, che hanno mostrato un’ area cicatriziale nella zona ventricolare sinistra, che potrebbe essere una prova della causa che ha fermato il cuore di “Moro”, ossia una miocardite.
Per avere una conferma ulteriore sarà necessario attendere l’esito degli esami più approfonditi, ossia quelli istologici, che potrebbe giungere fra un cinquantina di giorni circa: nel caso in cui l’ipotesi miocardite venisse confermata anche dall’analisi sui tessuti, la spiegazione più plausibile alla morte del giovane calciatore sarebbe che il suo apparato cardiocircolatorio sarebbe andato “in tilt” proprio a causa dell’infezione che avrebbe provocato un “danno materiale ed interrotto il circuito, causando fibrillazioni ventricolari”, così come ha spiegato il medico legale Cristian D’Ovidio. In particolare, alla luce di quanto ha precisato lo stesso dottor D’Ovidio, la corrente elettrica nel cuore “va in una certa direzione”, mentre la miocardite avrebbe provocato una sorta di “corto circuito”.
Se tale ipotesi fosse confermata, dunque, resterebbe da capire quale possa essere stata l’infezione alla base della miocardite: secondo quanto emerge, potrebbe essere stata causata anche da un banale raffreddore o mal di gola, e il percorso “evolutivo” della problematica potrebbe esser rimasto nascosto ai controlli medico-sportivi effettuati perchè spesso tali danni sono “minimi e confondibili con anomalie congenite che si rivelano soltanto quando il circuito viene interrotto in modo tragico” così come spiega il dottor Angelucci, l’anatomopatologo dell’Università di Chieti, ossia l’istituto presso il quale è stata svolta l’autopsia.
Si attendono, dunque, ulteriori conferme dalle analisi nel prossimo mese, così come si attendono sviluppi sulle indagini che mireranno ad accertare eventuali responsabilità nei soccorsi.