Autore: slevin

  • La Lituania doma l’Argentina. Ora sfida agli Stati Uniti

    La Lituania doma l’Argentina. Ora sfida agli Stati Uniti

    LITUANIA-ARGENTINA 104-85

    Partita a senso unico tra Lituania e Argentina, con i baltici che volano su percentuali pazzesche dall’arco per la prima metà di gara svilendo poi qualsiasi tentativo di rimonta sudamericano. Le cifre sono da paura, e fanno impressione: dopo 18 minuti la Lituania viaggia con un 8 su 8 dai 6.25, mentre l’Argentina è a quota 0 su 9. Un abisso che si riflette nei 20 punti di distacco dell’intervallo lungo, 50-30, con Jasaitis e Kalnietis assoluti protagonisti.

    E’ difficile immaginare che qualcosa cambi nella ripresa, l’atletismo dei lituani esplode con 2 schiacciate ad inizio ripresa (55-30) mentre Scola ormai è a 3/12. E quando i sudamericani passano a zona, contro un’avversaria che arriva a 11/15 nelle triple, le cose peggiorano. E’ una disfatta: al 25esimo la Lituania va a +30 (65-35).
    Nemmeno la proverbiale grinta di Prigioni (sua la prima tripla sudamericana dopo 10 errori), Scola e Delfino (25 alla fine i suoi punti) riesce poi ad invertire una tendenza evidente, perché dall’altra parte c’è sempre un uomo pronto a far male: prima Pocius, poi Maciulis, quindi Delininkaitis ricacciano indietro l’Argentina allargando la forbice fino all’85-53 del 30esimo.
    I ragazzi di Sergio Hernandez provano quindi una rimonta disperata nell’ultimo parziale, ma riescono solo a ridurre il margine di una sconfitta comunque netta, con la schiacciata di Jasaitis e il layup di Jankunas che fissano il definitivo 104-85, un biglietto da visita niente male in vista della semifinale contro gli “States”. Arrivata a Istanbul facendo notizia soprattutto per le grandi assenze, la Lituania ha costruito attorno a Linas Kleiza (17 punti, 9 rimbalzi stasera) una squadra bilanciata e vincente. E pensare che i baltici sono ai Mondiali grazie ad una Wild-Card!

    Lituania: S. JASAITIS (19 pts), L. KLEIZA (9 rib), P. JANKUNAS (5 ast)
    Argentina: C. DELFINO (25 pts), F. OBERTO (5 rib), P. PRIGIONI (6 ast)

  • NFL, NFC Conference: L’analisi completa della nuova stagione 2010-2011

    NFL, NFC Conference: L’analisi completa della nuova stagione 2010-2011

    Dopo aver esaminato le 4 division della AFC conference con l’analisi sulle sue 16 squadre, passiamo alla disamina dell’altra Conference della NFL ovvero la NFC. Proprio qui si trovano i campioni in carica, i New Orleans Saints che grazie ad una super difesa che si tramuta in attacco sono riusciti a trionfare lo scorso anno.
    Ma passiamo all’analisi delle squadre:

    NFC WEST

    La stagione 2010 nella NFC West si preannuncia combattuta, soprattutto per via della smobilitazione generale a cui sono stati sottoposti gli Arizona Cardinals, franchigia che negli ultimi anni aveva quasi dominato ad Ovest e che ora sembra essere stata scavalcata dai san Francisco 49ers arrembanti, pronti a riprendersi un titolo divisionale che manca ormai da diverso tempo; dietro a questa coppia, sono tutti da scoprire i nuovi Seattle Seahawks di Pete Carroll e i St.Louis Rams, che si presentano ai nastri di partenza con un Sam Bradford in più e tante nuove aspettative.

    Arizona arriva da due titoli divisionali conquistati in altrettante stagioni, ma cercare un tris che per la franchigia di Phoenix sarebbe di fatto storico sembra difficile, se non addirittura impossibile, viste le tante perdite che la squadra allenata da Ken Wisenhunt ha dovuto affrontare durante questa offseason, dove ha perso diversi tasselli della difesa e due importanti perni dell’attacco, su tutti, il quarterback veterano Kurt Warner. Anche la cessione di Anquan Boldin, perno dell’attacco e di Rolle, difensore di razza, sembra pesare moltissimo. A Phoenix Wisenhunt ha cominciato un rinnovamento che sembra essere quantomeno necessario, anche per dare la possibilità ai tanti talenti draftati in questi anni di emergere, in modo da garantire ai Cardinals di rimanere ai vertici della NFC West; ovvio, quest’anno, assicurarsi un biglietto diretto per i playoffs non sarà facile, ma nonostante le tante partenze di peso gli investimenti fatti nelle scorse stagioni e proseguiti quest’anno dovrebbero permettergli di lottare fino all’ultimo.

    Coach Mike Singletary è riuscito nell’intento di rendere nuovamente competitivi i Niners, che dopo qualche stagione non brillantissima sono tornati a chiudere in positivo il 2009, raggiungendo quota 8 vittorie, un risultato che mancava da tempo; un tempo in cui non sono mancate le rivoluzioni e le innumerevoli ricostruzioni, a cominciare dall’attacco, che ha cambiato per cinque volte offensive coordinator dal 2005 ad oggi.
    Migliorati rispetto alla passata stagione, grazie soprattutto agli innesti di due importanti lineman offensivi dal grande futuro e dalla solita produttività di Frank Gore, i Niners si presentano ai nastri di partenza come la formazione da battere all’interno della West, forti di un head coach che sembra finalmente aver le idee chiare sulla strada che dovranno percorrere a San Francisco per tornare in alto e ricongiungersi con la loro straordinaria storia; l’importante, ovviamente, sarà trovare quella continuità di prestazioni mancata nel recente passato.

    A Seattle comincia la nuova era di Pete Carroll, che dopo l’esperienza a New England e le numerose vittorie conquistate con Southern California ha deciso di rimettersi in gioco e darsi una nuova chanches in NFL, dove farà di tutto per ricostruire dei Seahawks in costante discesa dal 2005, anno della partecipazione al Superbowl e della vittoria nel Championship NFC, ad oggi.
    Per riprendere la strada interrotta negli ultimi due anni di gestione Holmgren, l’ex allenatore dei Trojans ha deciso di affidarsi, a sorpresa, su uno dei giocatori che con il suo predecessore ha giocato i suoi anni migliori, il quarterback Matt Hasselbeck, preferito ai tanti campioncini in erba presenti all’ultimo draft e confermato nonostante gli acciacchi non gli abbiano permesso di trovare quell’eccellenza riconosciutagli in passato.
    Compagine tosta ma comunque avviata ad una ricostruzione (con prospetti veramente interessanti quali i difensori Anthony McCoy e Russell Okung ed il forte ricevitore Golden Tate) che rischia di non essere tanto breve, i Seahawks proveranno a giocarsi le loro carte nella West, anche se è molto probabile che lotteranno con i Rams per non chiudere in coda alla division; il ritorno in NFL di Carroll, insomma, non si presenta per nulla facile, e dopo aver cercato in tutti i modi di creare una nuova Southern California ingaggiando tanti suoi ex talenti, da Bush a Leinart fino a Jarrett, si è dovuto arrangiare con quello, come si è soliti dire, che gli ha passato il convento, o meglio, che gli hanno concesso di prendere le altre squadre.
    Stagione di transizione, l’ex coach dei Trojans, l’idea è che il coach dei Trojans dovrà lavorare parecchio per riportare i Seahawks verso le vette toccate ad inizio dell’ultimo lustro.

    L’obiettivo per i ragazzi allenati da coach Steve Spagnulo è uno solo, fare meglio del 2009, e la cosa, sinceramente, non dovrebbe essere nemmeno troppo difficile, visto che per peggiorare la situazione occorrerebbe emulare i Detroit Lions versione 2008, che riuscirono a chiudere la regular season senza vincere nemmeno una partita, un rischio che ha riguardato i Rams da vicino già la scorsa stagione; un rischio plausibile, visto che dal 2007 ad oggi la franchigia del Missouri ha confezionato una fase calante da brivido, cominciando dalle 3 sole vittorie ottenute in quell’anno e passando per le 2 del 2008 fino ad arrivare all’unica, misera, affermazione, dello scorso campionato, quando la win conquistata proprio contro la compagine del Michigan ha contribuito a salvare la baracca e, molto probabilmente, lo stesso capo allenatore.
    Per invertire una tendenza al ribasso ormai divenuta una costante delle ultime stagioni, e per scongiurare l’ennesimo trasferimento per una squadra che sul finire del secolo scorso è già passata da Los Angeles, dove potrebbe tornare a breve, a St.Louis, il coaching staff ha deciso di dare un taglio netto al recente passato, lasciando partire il veterano Marc Bulger e puntando su una delle stelle più splendenti dell’ultimo Draft, il quarteraback da Oklahoma Sam Bradford, colui che avrà il compito di rilanciare i Rams. Nonostante siano ancora sottoposti ad una profonda ricostruzione, i Rams hanno accumulato, grazie anche ad una serie di annate pessime, un buon numero di talenti a roster, che se amalgamati e istruiti a dovere potrebbero riportare la franchigia del Missouri ben presto in vetta alla West; per quest’anno, ovvio, sarebbe importante cercare di stringere il solco che si è creato tra le sconfitte e le vittorie nelle ultime, sciagurate, stagioni, dando a Bradford il tempo di crescere per diventare quel campione che sembra destinato ad essere.

    NFC SOUTH

    La division dei campioni in carica dei New Orleans Saints, ma la nostra analisi passerà prima per gli Atlanta Falcons, la vera delusione della scorsa stagione. Con il QB Ryan reduce da un esordio eccellente e Smith con un anno di esperienza come head coach, e dopo un’ottima stagione 2008-2009 terminata solo al cospetto dei Cardinals futuri campioni della NFC, tutto sembrava andare nella direzione dei Falcons come forza giovane ed in piena ascesa della division, se non dell’intera conference.
    In più nel mercato il GM Dimitroff si era mosso al fine di portare a casa il TE più produttivo della lega Tony Gonzalez, che pareva il tassello mancante ad un attacco esplosivo.
    Invece le premesse non sono state rispettate, soprattutto a causa degli infortuni, e non è arrivata nemmeno la post season, anche se per la prima volta nella storia della franchigia si è avuta una stagione vincente in 2 anni consecutivi.
    La stagione 2010 ha premesse simili a quella appena conclusa, ma la squadra sembra più solida e matura, e quindi più capace di mantenerle.
    Partendo dal QB Matt Ryan, i report estivi parlano di come abbia speso molto tempo in palestra ingrossandosi e rafforzandosi, migliorando la palla profonda e non perdendo in mobilità, anzi, nella preseason ha fatto vedere dei miglioramenti nello scrambling.
    Insomma Atlanta è chiamata al pronto riscatto sui campi NFL, il talento non manca, la tenuta mentale sarà da valutare.

    Dopo anni in cui sono state deluse le aspettative, in cui la difesa vanificava gli sforzi di un attacco difficilmente arginabile, è arrivata la maturazione tanto attesa coronata con la vittoria del primo Super Bowl.
    La curiosità sarà ora quella di vedere se la maledizione del titolo sarà superata, visto che negli ultimi 5 anni, i campioni in carica hanno mancato i playoffs in 2 occasioni, e nelle altre 3 non sono mai andati oltre al divisional, quindi ben lontani anche solo all’avvicinarsi ad un repeat.
    Inoltre nessun team nella South ha mai vinto per due anni consecutivi la division, quindi almeno a livello di cabala, i Saints dovranno fare molta fatica per confermarsi a certi livelli.
    La perdita più rilevante è stata quella legata allo scambio dell’offensive tackle Jamaal Williams in direzione Washington. In questo caso è stata fatta una scelta prettamente economica. Williams ha saltato la scorsa stagione per infortunio, ma la OL ha sopperito alla sua mancanza con Jermon Bushrod che è stato un LT molto convincente, tanto da optare per il sacrificio di Williams e liberarsi soprattutto del suo contratto.
    Inoltre a fine secondo giro del draft è arrivato Charles Brown che è un’acquisizione molto importante che dà profondità e futuribilità al reparto, rendendolo ancora più talentuoso e completo.
    Ovviamente il lavoro della linea sarà fondamentale per i running backs. Reggie Bush è ormai chiaramente una delusione rispetto a quelle che erano le attese che si erano create il giorno in cui passò al professionismo.
    Attese mantenute solo nella sua stagione da rookie, purtroppo dopo non ha sviluppato il suo gioco rendendolo un RB capace di correre anche nel mezzo, e questo ne ha limitato l’impatto.
    Rimane però un giocatore importante nel sistema di Sean Payton perchè molto versatile e pericoloso anche in ricezione oltre che negli special teams, ed ecco perchè è stato confermato dai Saints nonostante sia ben lontano da ciò che credevano di aver draftato non più di 4 estati fa.
    Brees coordinerà tutto nel ruolo di quarterback. Se lo standard di rendimento si manterrà uguale, sarà difficile battere i campioni anche se le aspiranti a detronizzarli non mancano di certo.

    Tampa Bay ha lavorato molto bene in off season. Ha tagliato alcuni rami secchi ed ha condotto un draft solido, che ha portato ad una aggiunta di talento a basso rischio.
    Purtroppo la situazione di partenza del roster era così bassa che la prospettiva non cambia di molto rispetto alla stagione appena trascorsa, e così vedremo ancora la franchigia della Florida in ritardo rispetto alle avversarie.
    Il team è comunque giovane, quindi la consolazione è che la prospettiva di lungo periodo è piuttosto buona.
    Risulta difficile credere che questi giovani possano già esplodere ora, ma il futuro, se le promesse e le premesse verranno mantenute, potrebbe portare a nuovi successi dopo la conquista del titolo nel 2002 sotto la guida di Jon Gruden che ora sembra ai tifosi solo uno sbiadito ricordo.

    A Charlotte la parola d’ordine è invece ripartire. I Panthers 2 stagioni fa erano la prima potenza della division ed una delle corazzate della NFC, salvo calare sensibilmente le proprie quotazioni contestualmente alla caduta di Delhomme, che ha concluso l’anno malissimo ed ha cominciato il 2009 nella stessa maniera, finendo prima per perdere il posto e venendo tagliato poi. In estate è stato draftando Jimmy Clausen da Notre Dame.
    Il rookie si presenta come un QB già pronto a prendere in mano il timone di un team, discreta precisione, discreto braccio.. appunto, tutto discreto ma non eccelle in nulla. Meglio sotto il profilo delle letture perchè esce da una pro-style offence reale, e quindi presenta già una certa dimestichezza a digerire un sistema NFL. La squadra non può ambire alle posizioni di vertice, ma nell’arco del campionato è probabile che si tolga qualche bella soddisfazione.

    NFC NORTH

    Per l’ennesimo anno consecutivo Brett Favre ha facilitato il compito degli analisti NFL.
    Solamente dopo ferragosto il futuro hall of famer da Kiln, Mississipi, ha fugato ogni dubbio sul suo ritorno dopo che 3 compagni di squadra sono volati a casa sua e lo hanno trascinato al training camp.
    Quindi, anche la prossima stagione, il quasi quarantunenne, già nonno, tornerà per quella che sarà la sua 20esima e, forse, ultima stagione. Deve dirsi che Favre arriva da una delle migliori stagioni della sua carriera e i dubbi legati al ritorno erano per la maggior parte collegati alla salute di una caviglia maltrattata dai Saints lo scorso gennaio, seppur una certa dose di protagonismo non può escludersi.
    Quella ai nastri di partenza è una stagione nella quale la division in oggetto, per storia, tradizione e rivalità (una delle più accese e combattute), sembra ritornata ai fasti del suo glorioso passato.
    Forse, per la prima volta dopo molti anni, tutte le squadre si presentano con delle ambizioni e con delle interessanti prospettive.
    Con il ritorno dell’ex packers, i Vikings si presentano come la squadra favorita per lo scettro della divisione e non solo. La squadra è rimasta intatta ed è stata aggiunta anche profondità nelle secondarie.

    Iniziamo l’analisi dai Chicago Bears: Jay Cutler dovrà dimostrare di essere uno dei QB migliori della NFL. Ora o mai più dopo i fallimenti delle stagioni precedenti. L’importante movimento si è verificato a livello di coaching staff dove è stato ingaggiato come offensive coordinator uno degli allenatori più controversi degli ultimi anni, Mike Mart, chiamato a portare a Chicago il suo attacco pass-oriented in una franchigia sempre famosa per il suo running game.
    Quella da descrivere è una squadra che dal lato difensivo, se in giornata, non ha niente da invidiare a nessun altro NFL team. Può contare su una linea difensiva molto solida, guidata dall’aggressività di Tommie Harris con l’aggiunta del neo arrivato Julius Peppers, 81 sacks in otto stagioni e 25 nelle ultime due.
    Brian Urlacher e Lance Briggs costituiscono una coppia di LBs tra le più temibili, sperando che il veterano-giocatore franchigia abbia finalmente recuperato dall’infortunio al polso e dai problemi alla schiena. Roach e Tinoisamoa si combattono l’ultimo starting spot di un reparto comunque molto profondo. Le secondarie possono essere il punto debole della difesa e si è riparato alla perdita di Vasher con l’acquisizione di Tim Jennings dai Colts e con il ritorno di Chris Harris da Carolina.
    Prevedere il risultato finale di questa compagine è uno dei pronostici più difficili da fare in quanto ci sono tutte le possibilità di una stagione con molte vittorie e soddisfazioni ma anche il rischio di un crollo totale. Molto probabilmente tutto dipenderà dall’inizio perché un avvio positivo potrebbe aggiungere entusiasmo in una squadra dove il talento non manca in nessun ruolo.

    Detroit Lions: anno 2 dopo Millen. La strada intrapresa sembra quella giusta nonostante le 2 vittorie della stagione scorsa possano ancora sembrare pochine. Per il secondo anno successivo il nuovo GM Martin Mayhew ha concluso una offseason da applausi con un draft condito dalla gemma Suh e una free agengy aggressiva con aggiunte in quasi tutti i reparti.
    L’attacco riparte dall’ex rookie Matthew Stafford, proveniente da una stagione d’esordio sicuramente positiva impreziosita dal drive conclusivo contro i Browns. Da lui ci si aspetta un ulteriore salto di qualità: di sicuro i Lions, dopo anni, possono affermare di avere un quarterback attorno al quale costruire la squadra. A fargli da chioccia, come back-up Shaun Hill, appena arrivato da San Francisco.
    Cosa aspettarsi quindi dai Lions?
    Di sicuro non i playoff. Tuttavia dopo anni di mediocrità si può contare la presenza di giocatori nelle posizione chiave attorno ai quali costruire una squadra che potrebbe riportare alla postseason la franchigia della città della Ford. Quantomeno un aumento delle vittorie dovrebbe essere garantito.

    Green Bay Packers: Mike McCarthy in ginocchio dopo il fumble di Rodgers nel WildCard Playoff contro i Cardinals. Ecco da dove riparte la franchigia del Wisconsin. La squadra era riuscita a recuperare dopo una partenza a dir poco imbarazzante (17 a 0 nel primo quarto) e sembrava destinata a scontrarsi con l’amato-odiato ex idolo Brett Favre per un posto al Super Bowl ma il destino l’ha pensata diversamente.
    I “cheeseheads” si presentano praticamente invariati alle porte di un nuovo campionato che potrebbe riportarli ai vecchi fasti. Ted Thompson ha abituato negli ultimi anni ad una offseason molto calma ma quest’anno è riuscito addirittura a superarsi se si pensa che le uniche note degne di menzione sono solamente gli allungamenti ai contratti dati ai super veterani Tauscher e Clifton.
    L’attacco rimane, quindi, guidato da Aaron Rodgers e non potrebbe essere altrimenti dopo che l’ex golden bears ha fatto ricredere anche i critici più nostalgici. 30 TD pass conditi da 7 INT e 4 rushing Td sono solamente alcuni dei numeri che riassumono la scorsa stagione e che dimostrano che, nonostante la dipartita di Favre, il passing game al Lambeau non è passato di moda. Su di lui poggiano le speranze gialloverdi. In molti tra gli analisti vedono la franchigia del Wisconsin come possibile protagonista a Dallas il prossimo febbraio: molto, se non tutto dipenderà dal miglioramento della pass rush in quanto l’attacco ha dimostrato di poter mettere i punti a tabellone.

    Praticamente risolto l’unico dubbio della offseason con il ritorno dell’ex nemico Favre al comando dell’attacco, i Minnesota Vikings si presentano sulla carta come una delle candidate più autorevoli non solamente per arrivare al SuperBowl ma anche per portare a casa il Vince Lombardi Trophy.
    Un drive assurdo ha impedito alla franchigia di Minneapolis di sbancare New Orleans dopo che durante la partita si era data dimostrazione di superiorità nei confronti dei padroni di casa.
    La squadra si presenta intoccata nei punti di forza e dopo aver trascinato letteralmente Favre al training camp pronta a ricominciare la marcia proprio lì dove si era interrotta. Qualche perplessità viene suscitata da un coaching staff forse non all’altezza delle ambizioni anche se deve dirsi che Childress ha sempre aumentato ogni anno il numero delle vittorie.
    Come detto Brett Favre si ripresenta al comando di un attacco ormai non più monodimensionale arrivando da una delle stagioni più positive dell’intera carriera. Alla sue spalle l’ormai bocciato Tarvaris Jackson il quale, anche alla luce di come è stata condotta la vicenda Favre, vede al capolinea la sua esperienza ai Vikings. Importante sarà l’asse tra Favre ed il “talentissimo” Adrian Peterson, il miglior running back della NFL (assieme a Chris Johnson) ma che può giocare anche da ricevitore: un’arma formidabile che potrebbe risultare letale per gli avversari.
    Senza possibilità di essere smentiti si può affermare che tutto quello che arriverà che non sarà almeno una presenza all’atto conclusivo della stagione dovrà essere etichettato come fallimento o delusione.
    I Vikings si presentano come una squadra pronta a vincere e con tutte le carte in regola per andare fino in fondo. Destano qualche perplessità l’età in certe posizioni chiave e la situazione infortuni dei WR Harvin e Rice senza poi contare che lo stesso Favre torna dopo un intervento ad una caviglia malconcia.

    NFC EAST

    In questa division Dallas parte con i favori del pronostico ed ha un’opportunità colossale da non perdere (Super Bowl da giocare in casa!), mentre Giants, Redskins ed Eagles sono squadre che possono stravolgere la classifica, che dipenderà soprattutto dagli scontri diretti.

    Per Dallas dunque la possibilità è ghiotta ed irripetibile, la squadra sembra essere all’apice delle proprie possibilità di vincere un titolo con la gestione attuale, e la prospettiva di alzare il trofeo davanti al proprio pubblico è tutto quello che Jerry Jones desidera.
    I Cowboys giocheranno per la storia, per essere il primo team di sempre a vincere il Super Bowl nel loro impianto, e proprio per questo motivo l’impegno richiesto sarà massimo, e la pressione che l’organizzazione avrà addosso sarà molto alta, come d’altronde lo sarà quella vissuta da Wade Phillips, che potrebbe avere l’ultima opportunità di vestire i panni del capo allenatore sotto Jerry Jones, la cui pazienza potrebbe finire presto.
    I Cowboys riportano in campo uno degli attacchi più prolifici dell’intera Nfl, dotato di un passing game altamente efficace, e di un reparto running backs profondo e, si spera, finalmente in salute. Tony Romo è un quarterback rigenerato, maturo, reduce dal suo miglior football giocato in carriera , che in cifre è tradotto in 4.483, 26 touchdowns e solo 9 intercetti, che testimoniano il notevole miglioramento fatto a livello di decisioni prese.
    Per Dallas è l’occasione della vita, e le motivazioni saranno alte come non mai, se si aggiunge il riscatto nei confronti della disfatta allo scorso Divisional contro Minnesota: la squadra è riuscita a sfatare il mito della vittoria ai playoffs che non arrivava da dodici anni, ma a Jerry Jones serve ben di più per ritenersi soddisfatto, a maggior ragione in un anno dove i texani sono indicati per andare fino in fondo.

    I New York Giants del “generale” Tom Coughlin sono spesso stati indecifrabili: si è passati dalla squadra mai capace di andare troppo avanti nei playoffs attrezzata con un quarterback senza attributi a quella miracolosa capace di battere i Patriots semi-perfetti al Super Bowl, per poi ritornare nel mistero e deludere le aspettative che, date le circostanze, avrebbero chiamato molte di più delle 8 vittorie ottenute nel campionato passato.
    Eli Manning, nel frattempo, gli attributi li ha fatti crescere a dismisura dimostrando di essere capace di vincere e di mantenere la calma in situazioni particolarmente difficili e pressanti, chiudendo il 2009 con 4.021 yards, 21 passaggi vincenti e 14 intercetti nonostante un reparto ricevitori tutto nuovo e tutto da testare.
    E chi lo voleva per forza limitato al ruolo di fratellino sfigato di Peyton si è ricreduto presto, dinanzi a quello che è diventato un ottimo quarterback nel leggere le situazioni, capace di aggiustare le chiamate in corsa e leader vocale migliorato rispetto alle timidezze iniziali.
    Parte della colpa dei fallimenti recenti è stato un gioco di corse passato dall’essere il punto di forza estremo dell’attacco, a tratti incontenibile, alla quasi totale inefficacia dell’anno scorso, terminato al diciassettesimo posto della lega per yards medie a gara. Unito ad un’efficienza limitata in redzone, solo poco più del 48% delle opportunità trasformate in 6 punti, il fatto è simbolico nei riguardi di Manning e dei suoi ricevitori, che hanno prodotto comunque 402 punti, ottavo miglior risultato in assoluto.
    A New York, sponda Giants ovviamente, desiderano un veloce e pronto ritorno ai playoffs, che potrebbe trovare diversi ostacoli per il grande livello divisionale, e che potrebbe vedere i Giants partire in apparente svantaggio a causa di una difesa quasi completamente nuova, molto inesperta, che dovrà vivere sulle giocate dei defensive ends per mascherare le altre lacune.
    Eli Manning, che si scontrerà con Peyton alla seconda settimana di campionato, è pronto per guidare un attacco giovane ma collaudato, quindi per mantenere saldo il posto a Coughlin, che vive ogni anno sull’orlo del precipizio, servirà segnare almeno come l’anno scorso.

    I Philadelphia Eagles hanno definitivamente voltato pagina rinunciando ai servizi di Donovan McNabb, quarterback che è stato tra i migliori di sempre nella storia della franchigia, e giocatore simbolo di un periodo che ha visto Phildelphia arrivare ad un passo dal Vince Lombardi Trophy.
    L’organizzazione, tuttavia, è solida ed Andy Reid è un allenatore di grandissime capacità tattiche e gestionali, che faranno in modo di non far sentire ai caldi tifosi del Lincoln Financial Field questa annata come una ricostruzione, ma come una continuazione del progetto vincente portato avanti in tutti questi anni.
    Dopo 2 partecipazioni da titolare al posto di McNabb, comincia ufficialmente l’era di Kevin Kolb su lunga distanza, nel senso che sarà titolare per un anno intero e dovrà dimostrare di possedere le attitudini per restare saldamente al posto di comando.
    Kolb ha tutte le caratteristiche richieste per giostrare la West Coast della versione Reid, che è sbilanciata storicamente verso la fase aerea, può eseguire tutti i lanci con precisione sul medio-corto, e può innescare un discreto numero di armi, dato il talento presente a roster.
    L’intesa con il miglior ricevitore a disposizione, DeSean Jackson, era stata già lampante quando, nelle 2 gare citate, Kolb aveva trovato ugualmente il modo di imbeccare il miglior playmaker di squadra, responsabile di 8 mete da oltre 50 yards e di 12 totali, ottenute tra corse, ricezioni, ed azioni di special team.
    Inutile sostenere, in quanto già abbastanza ovvio, che l’annata degli Eagles sarà tanto più duratura quanto migliori saranno le prestazioni di Kevin Kolb, l’uomo nuovo della squadra ed il principale responsabile del funzionamento di un attacco che deve produrre tanto per limitare le concessioni di una difesa che è stata la 19esima della NFL per punti lasciati agli avversari. Reid ha l’esperienza e la bravura necessaria per guidare ancora in alto questa squadra, l’ha fatto in passato con registi di livello inferiore e potrebbe farlo ancora, visto che a Kolb, apparentemente, non manca nulla per dare continuità a questo grande e rispettabile ciclo vincente.

    Cosa dire dei Washington Redskins? Nella capitale è arrivato un gigantesco repulisti con qualche anno di ritardo di troppo, che ha portato a cambiamenti radicali nel modo di condurre la squadra a livello dirigenziale e tattico, con facce nuove in tutti i settori più importanti dell’organizzazione.
    Dan Snyder è rimasto il solito, vulcanico, proprietario con la sola differenza che ha finalmente capito di dover mettere a tacere la lingua in settori che non gli competono, e Vinnie Cerrato, co-autore dei disastri epici combinati in fase di mercato, è stato allontanato, così come lo è stato Jim Zorn, troppo gentleman per essere un head coach nella spietata NFL.
    Il nuovo general manager Bruce Allen avrà il compito di far rendere meglio il processo di draft attraverso lo dipartimento scouting ed effettuare decisioni più oculate, sulle quali avrà possibilità di intervenire anche il nuovo head coach, Mike Shanahan, l’uomo che ci voleva per predersi sulle spalle una squadra con simili tradizioni.
    La franchigia ha un volto nuovo anche all’interno del campo, con l’ex Eagles Donovan McNabb preso attraverso una trade per dare un impatto immediato ad un ruolo che non ha mai avuto un giocatore del suo spessore nelle ultime 2 decadi.
    L’ex rivale divisionale porterà la leadership che Jason Campbell, lasciato andare ad Oakland, non ha mai avuto.
    Il miglioramento è netto, sulla carta, ma tutto il lavoro svolto e digerito forzatamente in fretta, dovrà tradursi in vittorie in una division molto competitiva, che vede almeno 2 squadre avanti ai Redskins in termini di qualità e possibilità di fare i playoffs.
    Il progetto è senz’altro a breve termine, vista l’età di McNabb, ma l’opportunità per tornare agli antichi fasti è davvero vicina, specialmente se arriverà, dalla famiglia Shanahan, la continuità che questa squadra storica meriterebbe finalmente di avere a livello gestionale.

  • NFL, AFC Conference: L’analisi completa della nuova stagione 2010-2011

    NFL, AFC Conference: L’analisi completa della nuova stagione 2010-2011

    Parte questa notte alle ore 2.30 italiane la nuova stagione NFL, con un match che si preannuncia altamente spettacolare tra i campioni in carica dei New Orleans Saints e i Minnesota Vikings che sono state le 2 finaliste della NFC Conference lo scorso anno.
    In particolare c’è attesa sul fronte dei Vikings per valutare le condizioni di forma di Brett Favre, che per la terza volta aveva annunciato il ritiro e per la terza volta ha poi cambiato idea presentandosi per l’ennesima stagione ai nastri di partenza.

    Ma andiamo ad analizzare le squadre favorite, le possibili sorprese e le franchigie che non potranno ambire a piazzamenti alti nelle 2 Conference della NFL, ovvero la AFC e la NFC. Le 2 Conference sono divise in 8 “Division”: AFC West, AFC South, AFC North, AFC East, NFC West, NFC South, NFC North, NFC East. Vediamo l’analisi della AFC Conference.

    AFC WEST

    La AFC West division sarà molto probabilmente dominata dai San Diego Chargers, dietro la lotta è serrata, con i Kansas City Chiefs che potrebbero fare un salto di qualità importante, sfruttando appieno l’ottimo investimento fatto su Cassell la passata stagione, per superare la concorrenza di Oakland e Denver, con i primi, soprattutto, che paiono essersi rinforzati rispetto alla brutta stagione 2009-2010.

    Denver dopo aver scambiato lo scorso anno la stella Jay Cutler a Chicago, quarterback dal talento indiscusso, si è ripetuta quest’anno con Brandon Marshall, ricevitore spedito a Miami. Dal Draft è arrivato il quarterback, talentuoso ma ancora acerbo, Tim Telbow. Spetterà a coach Josh McDaniels trovare l’amalgama per la buona riuscita del progetto.

    I Kansas City Chiefs hanno cercato di tornare a lottare per la division già nella scorsa stagione, mettendo le mani su uno dei migliori quarterback che il mercato free agents metteva a disposizione, ma l’arrivo di Matt Cassel non è bastato ad azzerare, o almeno ridurre, il gap che li distanziava dai Chargers, veri dominatori della West nelle ultime stagioni; consapevole di questo, l’head coach Todd Haley ha deciso di puntare ad un upgrade ulteriore, ed oltre ad aggiungere qualche buon giocatore si è diretto con decisione su due nuovi coordinator, cercando elementi che garantissero allo stesso tempo esperienza e qualità.
    Sono stati messi sotto contratto 2 dei migliori allenatori sulla piazza, l’ex di Notre Dame Charlie Weiss, genio offensivo, e l’ex head coach dei Browns Romeo Crennel, specialista della difesa; 2 uomini importanti ed esperti, 2 aggiunte che dovrebbero permettere ai Chiefs di trovare la giusta strada per riemergere.
    Kansas City che ha cambiato poco dalla stagione passata sembra essersi rinforzata proprio nei ruoli in cui aveva le necessità maggiori, che ha coperto con attenzione sfruttando le vie del Draft e della free agency, inoltre, l’aggiunta di 2 allenatori come quelli già citati dà alla squadra di Haley qualche credenziale in più per esporsi come principale contender di San Diego all’interno della division.

    Gli Oakland Raiders puntano al rilancio dopo la disastrosa stagione passata e lo fanno con un nuovo coach, Tom Cable che sembra poter dare le linee guida per la rinascita. L’arrivo dai Washington Redskins del quarterback Jason Campbell potrebbe rivelarsi una scelta azzeccata. I Raiders, che sembrano essere migliorati tantissimo in diversi reparti, sembrano però ancora lo specchio di una franchigia dove i lavori in corso sono all’ordine del giorno, e anche se rispetto al recente passato la situazione è notevolmente migliorata, c’è la convinzione che per operare il definitivo salto di qualità manchi ancora qualcosa; per quest’anno, incominciare a lottare per non chiudere più in coda alla division, sarebbe già un buon risultato.

    La favorita quindi resta San Diego anche se la perdita del running back LaDainian Tomlinson, passato ai New York Jets potrebbe farsi sentire. Il suo posto in squadra sarà preso da Darren Sproles che a livello di talento non ha nulla da invidiare all’ex compagno. A guidare le azioni di attacco il solito Philip Rivers, chiamato al definitivo salto di qualità ed alla consacrazione nel ruolo di quarterback. San Diego non vuole proprio lasciare nulla al caso, e consapevole di avere tra le mani una squadra piuttosto completa, sia in attacco che in difesa, ha cercato di blindare pure gli special teams, che oltre a puntare su un ottimo returner come Sproles, dovranno poter tornare a contare su uno dei migliori calciatori della NFL ovvero il kicker Nate Keading che negli scorsi playoff non ha entusiasmato.
    Team con pochissimi punti deboli, parte con i favori del pronostico nella West, e con la serissima aspirazione di arrivare fino in fondo.

    AFC SOUTH

    La AFC South division è cresciuta molto: come squadre di punta non ci saranno solo i soliti Indianapolis Colts ma quest’anno cercheranno di dare battaglia anche gli Houston Texans, pronti a qualificarsi per la prima volta ai playoff, e i Tennessee Titans, che lo scorso anno ebbero un apartenza disastrosa che ne condizionò l’entrata nella post season. Solo i Jacksonville Jaguars sembrano non competitivi, anche se poi la parola spetterà al campo.

    Colts favoriti dunque, anche perchè il team che sarà nuovamente guidato da Jim Caldwell possiede tutte le caratteristiche per ripetere una profonda corsa all’interno dei playoffs , reduce com’è da un record assoluto NFL fatto di almeno 12 vittorie in 7 campionati consecutivi, striscia ancora aperta, ed 8 biglietti di fila staccati per accendere alla postseason, altro traguardo che dimostra la lungimiranza e la bravura con cui il management ha costruito una delle squadre più vincenti di sempre a livello di regular season. Manning è una sicurezza, Reggie Wayne il suo fido scudiero tra i ricevitori assieme a Dallas Clark (il miglior tight ends della Lega). La squadra potrebbe anche fare il colpo grosso e vincere il campionato, il talento è enorme (si pensi anche ai vari Pierre Garcon, Austin Collie, Joseph Addadi, Dwight Freeney e Robert Mathis) quasi una vera e propria corazzata.

    A giudicare dallo svolgimento dei fatti, si potrebbe arrivare alla conclusione che Jeff Fisher abbia speso gran parte della sua offseason a pensare a come sarebbe potuta finire la scorsa annata se solo i suoi Titans fossero partiti con il piede giusto.
    Dopo un 2008-2009 con sole 3 sconfitte le prospettive erano molto, ma molto diverse per un team che è partito con 6 sconfitte consecutive lasciando increduli tifosi e addetti ai lavori, prima di vivere un forte cambiamento arrivato a seguito di aggiustamenti difensivi e soprattutto con il cambio al timone di regia, dove Kerry Collins ha definitivamente lasciato il posto a Vince Young, apparentemente recuperato dopo le crisi di personalità che lo avevano colpito in passato.
    Se solo, difatti, i Titans avessero disputato ogni partita come hanno fatto nella seconda parte della loro avventura, avrebbero potuto ripetere l’ottima regular season di due anni fa, e riscattare quell’uscita prematura dai playoffs.
    Potranno riprovarci quest’anno, contando su quello che è oggi il miglior running back della NFL, Chris Johnson, che ha stabilito il nuovo record ogni epoca per yards guadagnate dalla linea di scrimmage precedentemente appartenente a Marshall Faulk, e mira a prendersi anche il record di yards corse in singolo campionato di Eric Dickerson, essendoci già andato molto vicino con le 2.006 percorse nel 2009.
    La stagione si preannuncia comunque positiva.

    Se gli Houston Texans non giocassero nella AFC South, o meglio se non fossero costretti ogni anno a misurarsi per ben 2 volte con le squadre che ne fanno parte, in particolar modo Titans e Colts, probabilmente avrebbero già centrato da tempo l’obiettivo di qualificarsi alla postseason per la prima volta nella loro storia.
    La stagione parte con buone aspettative considerando che nella precedente si è avuto un record vincente (9-7), non ci sono stati infortuni gravi per Matt Schaub, che a posteriori si è rivelato l’uomo giusto per il nuovo ciclo dei Texans e che nel 2009 si è permesso il lusso di accumulare cifre spaventose, quali 4.770 yards e 29 passaggi vincenti a fronte di 15 intercetti, cifre che, tra una rinuncia e l’altra, gli sono valse il primo Pro Bowl di carriera, del quale è stato anche l’M.V.P.
    Su queste basi poggiano le certezze dei Texans, assieme al rinnovo contrattuale dato ad Andre Johnson reduce da un’annata ad altissimi livelli. Ed i tempi per la prima post season ormai sono maturi.

    I Jacsonville Jaguars partono in ultima posizione nella division ma non bisogna darli totalmente per spacciati: in squadra c’è il talento di 2 giocatori sui quali si basa la squadra che sono Maurice Jones-Drew, folletto velocissimo dotato di una fisicità fuori dal comune, un gigante intrappolato nel corpo di un nanerottolo molto arduo da fermare, che fa girare l’attacco quasi da solo come confermato dal primo eccellente anno da titolare, finito con 1.391 yards e 15 mete, e Mike Sims-Walker, uno dei migliori ricevitori della Lega. Spetterà al quarterback Garrard innescarli, e la stagione dei Jaguars dipenderà soprattutto da loro.

    AFC EAST

    Dopo un decennio di tirannia Patriots, la AFC East division vede questa volta in pole position i New York Jets, decisi a non arrestarsi fino alla fine, fino al Super Bowl, dopo l’AFC Championship raggiunto lo scorso anno.
    Ma le insidie proprio dei New England Patriots e dei Miami Dolphins, rafforzatisi parecchio sul mercato, sono da tenere in forte considerazione. Più staccati i Buffalo Bills che guarderanno molto probabilmente le altre 3 squadre darsi battaglia per la supremazia.

    Ed iniziamo proprio dai Bills: nuovo corso per Buffalo e non poteva essere altrimenti dopo il record negativo dello scorso anno.
    Nonostante ciò i Bills non avranno molto tempo per trovare la chimica giusta: nelle prime 4 partite di stagione regolare incontreranno già tutte e 3 le rivali di division e questo prevedibilmente segnerà il prosieguo del loro cammino, in un modo o nell’altro. Molto più probabile in senso negativo ma occhio a dare per spacciati gli uomini di coach Chan Gailey.

    Dopo la cocente sconfitta nella AFC wild card, i Patriots ripartono per sfruttare appieno il talento dei loro fuoriclasse prima che cominci la loro inesorabile parabola discendente.
    Non sarà facile riconfermarsi in testa alla AFC East e lo scorso anno persino il guru Bill Belichick è stato messo sotto processo dagli addetti ai lavori a causa di scelte non sempre al di sopra di ogni sospetto.
    In campo a ricevere gli ordini del coach tre volte campione del mondo ci sarà come sempre Tom Brady (371 passagi completi pr 4.398 yards conquistate con 28 td e 13 intercetti), assestatosi nuovamente su livelli di eccellenza dopo lo sfortunato 2008 che lo aveva visto out per tutta la regular season con un ginocchio da ricostruire.
    L’ex prodotto di Central Michigan ha ripreso in mano le redini del gioco offensivo e il suo 2009 è culminato il 18 ottobre con i 6 TD pass contro i Titans nella bufera di neve del Gillette Stadium.
    Il numero 12 rimane titolare inamovibile e una leggenda nel New England, così ci saranno veramente le briciole da spartire per Brian Hoyer e il rookie da Oklahoma State Zac Robinson; dovranno essere bravi a sfruttare l’occasione qualora le situazioni lo permettano, come aveva saputo fare il carneade Matt Cassel 2 anni or sono.
    Se dici Brady, l’associazione mentale porta al suo bersaglio preferito, Randy Moss (83 ricezioni per 1264 yards con 13 td): il problematico talento da Marshall, sotto gli ordini di Belichick, è maturato, nonostante talvolta l’anno passato abbia mostrato insofferenza davanti ad alcune valutazioni del suo head coach. L’idea complessiva sui Pats è che restano un osso duro per tutti, anche per i rinnovati Jets di coach Ryan.
    Vedremo se i grandi talenti offensivi saranno sotenuti a dovere da una difesa che non sembra singolarmente di primissimo livello, ma se c’è una cosa che Bill Belichick ci ha abituato a vedere, è la sua capacità di spremere dai suoi atleti sempre il massimo e creare innovativi sistemi di gioco.
    I tifosi dei Patriots sono lì ad attendere che tutto questo avvenga.

    I Miami Dolphins hanno operato benissimo sul mercato prendendo uno dei migliori ricevitori della Lega come Marshall, ma la costruzione di un nuovo gruppo potrebbe ritardare il processo di vittoria di squadra. Chad Enne si prenderà il posto di titolare in cabina di regia a discapito di Chad Pennington, la squadra messa insieme da coach TonySparano e Bill Parcells sembra ben assemblata e completa nei ruoli e, con l’addizione di Marshall in attacco, esprimerà anche un gioco divertente, ma la sensazione è che ciò potrebbe bastare in altre division, ma forse non nella super competitiva AFC East di quest’anno.

    Infine passiamo all’analisi del team da battere, i New York Jets che, dopo parecchi anni costretti ad inseguire rivali di division e conference, lo scorso campionato hanno dimostrato di esserci eccome, superando da outsider i primi 2 turni dei playoff, prima di inchinarsi ai Colts nell’AFC Champs.
    Così il G.M. Tannenbaum (fresco di rinnovo di contratto fino al 2014), all’apertura del mercato, ha fatto subito il botto portando a casa LaDainian Tomlinson, runningback in declino, ma capace di produrre sicuramente ancora un biennio alla grande.
    La dirigenza è altrettanto convinta di aver trovato in coach Rex Ryan (anche lui ha allungato fino al 2014) una guida non proprio simpatica a tutti, ma molto preparata e così si è provato a muoversi per vincere adesso e subito: vedremo se l’obiettivo verrà raggiunto.
    In cabina di regia spazio al secondo anno da USC Mark Sanchez (2444 yards lanciate con 12 TD e 20 intercetti subiti) che, buttato in mischia dal suo coach nell’anno da rookie, ha pian piano zittito tutti i detrattori e condotto i biancoverdi ad un risultato insperato.
    Ciò che stupisce maggiormente di questo ragazzo di 24 anni non ancora compiuti è la maturità e il carisma con cui conduce i compagni: quest’anno coach Ryan sarebbe già felice se il suo pupillo ripetesse l’anno da matricola confermando questa leadership, poiché il baricentro della squadra sarà ancora spostato sui giochi di corsa.
    I runningback , abbiamo detto, erano, sono e saranno l’ago della bilancia del team che ha sede a Florham Park: partito Thomas Jones, che ha comunque ben figurato, è arrivato LaDainian Tomlinson (223 corse per 730 yards con 12 TD, prima stagione della carriera sotto le 1000 yards), uno dei runningback più determinanti degli ultimi 10 anni , ma che nelle ultime stagioni ha subito qualche acciacco di troppo che l’hanno condizionato non poco nella sua carriera agonistica. A San Diego sono sicuri di aver fatto loro l’affarone, liberandosi di un contratto pesante non più supportato da prestazioni all’altezza, i Jets si assicurano un atleta multidimensionale pericoloso e nei giochi di corsa, e quando supera la linea di scrimmage per ricevere (20 ricezioni nell’ultimo anno, ma precedentemente mai sotto le 51).
    L’ex numero 21 dei Chargers dovrà condividere il palco con Shonn Greene (108 corse, 540 yards conquistate e 2 TD), che è esploso fragorosamente nell’anno da rookie e molti sono pronti a scommettere sulla sua definitiva consacrazione quest’anno.
    La dirigenza è riuscita a migliorare la coppia Jones – Greene, e c’è da credere che ai defensive coordinator avversari verranno dei bel mal di testa nel tentativo di arrestare questa forza d’urto. In piuù c’è l’aggiunta di Santonio Homes, arrivato dagli Steelers, 2 delle mani più sicure ed efficaci dell’intera Lega.
    Attacco migliorato, difesa mantenuta a livelli assoluti, ora i Jets hanno da dimostrare sul campo di essere superiori ai rivali di division (e di Conference).
    Ma come inizio non cè male veramente.

    AFC NORTH

    La AFC North del 2010 si preannuncia piuttosto combattuta. Se i Ravens sono visti come favoriti, i Bengals hanno voglia di bissare l’anno passato e gli Steelers vogliono rimediare al mancato anno di playoff che si portano sulle spalle. I Browns sono diversi gradini dietro rispetto a tutti, ma stanno tentando di ricostruire.

    Partiamo proprio da Cleveland. Quali possono essere le aspettative per un tifoso dei Browns, che non vede la propria squadra ai Playoff dal 1994? Prossime allo zero. Si vive di piccole speranze, di sguardi volti al futuro, di attese per qualche miracolo.
    Anche in questo 2010, Cleveland è di fatto la squadra numero 4 nella AFC North ed una delle ultime dell’intera NFL. L’obiettivo comune è ripartire. Ripartire dal record di 5-11 del 2009-2010 (con 4 vittorie conquistate nelle ultime 4 partite) e tentare di migliorare quella 32esima posizione in Total Offense che è soltanto uno dei numeri imbarazzanti che i Browns hanno messo su nella scorsa stagione. Si riparte anche da un nome nuovo alla presidenza, quello di Mike Holmgren che ha voluto confermare il Coach Eric Mangini nonostante gli scarsi risultati.
    Ultimi in Total Offense nel 2009-2010 si diceva. Potrebbe essere questo il punto di partenza da dove migliorare e per farlo si potà usufruire di un nome nuovo: quello di Jake Dehlomme, acqistato dai Panthers in questa off-season, che subito è stato inserito nella squadra titolare, visto anche il poco traffico per un posto da partente. I Browns hanno mancanze praticamente in ogni reparto. Le acquisizioni adoperate in free agency e quindi l’arrivo di giocatori come Delhomme e Fujita, sono senz’altro apprezzabili ma non sufficienti. Dal Draft i nuovi prospetti dovranno crescere dunque la stagione si preannuncia particolarmente difficile.

    Cosa dire invece dei Cincinnati Bengals? L’imperativo categorico è: non sottovalutarli mai!
    Lo scorso anno nessuno avrebbe meso due lire sulla squadra di Marvin Lewis; eppure sono riusciti a fare una gran figura, vincendo la division con un record di 10-6 e dunque andando ai playoff. Non ci sono state grosse perdite in Off-season ed anzi, i Bengals potranno contare sulla testa matta di Terrell Owens, arrivato proprio recentemente a Cincinnati. Stessa squadra dello scorso anno più Owens. Ingredienti che hanno i presupposti per un nuovo, positivo 2010.
    Si riparte ancora una volta da Carson Palmer, che nella scorsa stagione è riuscito a mettere da parte i problemi fisici, ad andare oltre le 3.000 yards (3.094 per l’esattezza) e a segnare 21TD su passaggio. Presumendo che le sue condizioni fisiche restino buone anche il prossimo anno, potrebbe essere una stagione tra le più proficue nella sua carriera, viste le “armi” a disposizione che ha davanti a lui. Il reparto running back dei Bengals si risolve in una singola persona: Cedric Benson.
    L’ esplosione vera e propria di Benson si è avuta di fatto soltanto l’anno scorso, ma era dai tempi dei Bears che si era capito che il ragazzo aveva talento.
    Grazie alle sue portate, i Bengals si sono piazzati noni in NFL per yards guadagnate sulle corse e non vediamo motivi per cui Benson non possa bissare anche quest’anno e anzi, l’obiettivo è quello di riuscire a battere le 1.251 yards (in 13 partite) messe a segno nel 2009-2010. Tra i ricevitori è arrivato da Tampa Bay Antonio Bryant ma un infortunio ne sta limitando l’impiego. I titolari saranno quindi il solito devastante Chad Ochocinco ed il neo arrivato Terrel Owens. Una coppia formidabile che non farà dormire sonni tranquilli agli avversari. I Bengals si apprestano a vivere una stagione dove devono confermare ciò che realmente possono fare. Lo scorso anno nessuno avrebbe puntato su di loro; quest’anno qualcuno potrebbe aspettarsi la loro forza e partire prevenuto.
    La difesa resta solida e non ha subito perdite. Le linee secondarie sono davvero di ottimo livello; il reparto LB è in crescita continua e farà la differenza. In attacco, Benson deve continuare quanto di positivo ha fatto in questi anni. Palmer, sperando per lui che possa restare in salute, può contare su 2-3 armi offensive davvero niente male, con un duo Owens-Ochocinco che davvero non si vede tutti i giorni.

    Il 21 Aprile 2010, l’attuale Commisioner dell’NFL Roger Goodel decide di squalificare il QB Ben Roethlisberger per aver violato la famosa “NFL’s personal conduct policy”.
    Viene squalificato per 6 giornate (che poi diventeranno 4, che poi potranno essere ancora ridotte). E’ un colpo durissimo per il quarterback, ma soprattutto per tutti i tifosi dei Pittsburgh Steelers. Perdere il proprio idolo per 4-6 settimane può essere determinante anche ai fini del risultato di gioco stesso.
    La nuova stagione degli Steelers comincia dunque negativamente, un po’ come era finita. Dopo aver vinto il Super Bowl nel 2008-2009 infatti, gli Steelers escono con un record di 9-7 che, se pur positivo, non glli è sufficiente per raggiungere i playoff. Ripartire dunque, augurandosi di non avere quegli infortuni (vedi Polamalu ad esempio) che hanno sicuramente condizionato per gran parte, la negatività dell’anno 2009.
    Sostituire Big Ben almeno per le prime 4 partite è stato il problema maggiore degli Steelers nella offseason. La battaglia interna si è giocata tra i QB Dennis Dixon e Byron Leftwich. Sebbene il primo dei citati abbia già disputato una buona prestazione nell’anno precedente contro i Ravens, sembra che l’ex Jaguars Leftwich sia in vantaggio, anzi diciamo pure che salvo stravolgimenti dell’ultim’ora, sarà proprio lui a partire titolare dalla prima giornata. La squadra è ben assortita e profonda ed ha voglia di vendicare la scorsa stagione anche se ha perso il proprio ricevitore principe Santonio Holmes, colui che a pochi secondi dal termine decise a favore degli Steelers il Super Bowl di 2 anni fa.
    La division è tuttavia piuttosto agguerrita ed appunto le prime partite potrebbero giocare un ruolo fondamentale.

    I Baltimore Ravens cominciano questa nuova stagione da favoriti.
    Per la quasi totalità dei Bookmakers americani, Baltimore è la squadra meglio attrezzata per vincere la division. Del resto è diverso tempo che si dice che ai Ravens servirebbe un ricevitore per far meglio.
    Quel ricevitore è finalmente arrivato e risponde al nome di Anquan Boldin.
    Grazie ad una trade con i Cardinals, i Ravens sono dunque riusciti a portare a casa un pezzo molto pregiato che può davvero fare la differenza offensivamente. Unito al solido quarterback Joe Flacco dovrebbe formare una catena quasi inarrestabile. I Ravens devono far fruttare a pieno le combinazioni Flacco-Boldin e far quindi pesare l’ingresso di un nuovo ricevitore che tanto serviva al braccio del QB. Inoltre, devono mantenere la solidità difensiva che da tempo li contraddistingue e cercare di limitare gli errori che potrà commettere il loro reparto più debole, quello delle secondarie. Rispettando questo piccolo promemoria, ci sono davvero i presupposti per una stagione più che positiva.

  • Stati Uniti in semifinale, super Durant manda KO la Russia

    Stati Uniti in semifinale, super Durant manda KO la Russia

    USA-RUSSIA 89-79

    Gli Stati Uniti hanno battuto la Russia nel terzo quarto di finale dei Mondiali di basket in Turchia.
    Buona la prova degli americani che nel secondo tempo hanno operato l’allungo decisivo non voltandosi più indietro conducendo senza troppi affanni la partita fino al termine. Sugli scudi il solito Kevin Durant autore di 33 punti con 5 rimbalzi, ben assistito da Billups con 15 e dal compagno di squadra ad Oklahoma City Russell Westbrook che ne ha messi a referto 12.
    La Russia ha fatto ciò che ha potuto ma si è trovata con troppi problemi di falli che l’anno costretta al cedimento al cospetto dei più quotati avversari e soprattutto di Durant che ha fatto il bello ed il cattivo tempo nella metacampo degli europei.

    Il piano russo è molto ovvio in avvio di partita: difesa forte e fisica, utilizzo dei lunghi a centroarea, gestione a ritmo basso e tanta tattica (zona e falli spesi a centrocampo) per impedire agli States di esprimere il loro atletismo in campo aperto. E nel primo tempo la tattica di Blatt porta anche un discreto successo, le triple di Bykov e Vorontsevich tengono i russi avanti (8-9), prima che Durant e Billups rispondano per il controsorpasso americano (15-9): la Russia alterna difesa a zona e ad uomo, ferma sistematicamente le transizioni in maniera fallosa, e nella girandola di cambi dalla panchina (per i tanti falli compiuti), Blatt trova anche rincalzi all’altezza della situazione come il baby-playmaker Khvostov (8 e 5 assist) ed il dominio a centro-area di Mozgov (13 punti). I pick’n’roll tra i 2 sono quasi devastanti, e con un Vorontsevich ancora una volta spettacolare in difesa e a rimbalzo (doppia doppia da 14 punti e 12 rimbalzi), i russi chiudono il primo quarto sul 25 pari. Gli “States”, privati della loro arma principale ovvero il contropiede in campo aperto, si reggono soltanto sull’istinto di Kevin Durant (33 punti, 11/19 al tiro), che al primo intervallo è già a quota 13.
    Khvostov e Vorontsevich allungano all’inizio del secondo quarto sul +4 (25-29), prima che i problemi di falli dello stesso Khvostov e Mozgov rompano gli equilibri trovati da Blatt. Bykov tiene a galla i russi per un paio di minuti (30-35) con attacchi sagaci e pazienti, ma quando le mani dei tiratori si raffreddano ed il centro-area perde peso con l’uscita del futuro centro dei New York Knicks, gli Stati Uniti rientrano con Eric Gordon, Durant ed Iguodala (12-0 di parziale contro la zona per il 42-35). La Russia si sblocca soltanto con un piazzato di Vorontsevich dalla media a 30 secondi dalla sirena, e all’intervallo lungo si trova sotto di 5 lunghezze, 44-39. Durant ha già toccato quota 17, e l’importanza della stella dei Thunder nell’economia offensiva della squadra di “coach K” è testimoniata dal fatto che, oltre a lui, soltanto Rose e Iguodala hanno messo a referto più di un canestro su azione.

    Nel secondo tempo le brutte notizie arrivano solo per i russi dato che Mozgov compie 2 falli consecutivi e arriva a quota 4: richiamato in panchina, la zona pitturata perde di peso e centimetri e Russell Westbrook ne approfitta per piazzare i primi contropiedi in campo aperto con il divario che si allarga sul +15 (65-50). La Russia, con un Ponkrashov e un Monya ampiamente sotto tono rispetto al solito, costruisce pochissimo in attacco e continua a latitare dall’arco, e il mini parziale di 4-0 firmato da Vorontsevich e Kaun serve soltanto per fissare il 70-56 all’ultimo intervallo.
    Quarto periodo che si apre ancora peggio del terzo visto che Gordon e Durant portano gli U.S.A. sul massimo vantaggio (81-63). La Russia prova a rientrarre ma prima una tripla di Billups e poi Durant con un paio di canestri uccidono definitivamente la gara: termina quindi 89-79 e gli americani raggiungono Turchia e Serbia nelle semifinali ed attendono il risultato di stasera tra Lituania ed Argentina per conoscere la loro prossima avversaria.

    USA: K. DURANT (33 pts), L. ODOM (12 rbs), C. BILLUPS (5 ast)
    Russia: S. BYKOV (17 pts), A. VORONTSEVICH (12 rbs), D. KHVOSTOV (5 ast)

  • Mondiali di basket: La programmazione per i quarti, in campo gli Stati Uniti

    Mondiali di basket: La programmazione per i quarti, in campo gli Stati Uniti

    Questa è la programmazione per il 9 settembre dei quarti di finale del Mondiale di basket di Turchia 2010

    Si parte alle 17 con Stati Uniti-Russia. Un incontro che, almeno sulla carta potrebbe essere già scritto, ma da tenere d’occhio ci sarà il divario di centimetri sotto i tabelloni, con i russi che potrebbero approfittare di questa superiorità. Tutto andrà in mano a Kevin Durant per gli “States” che dovrà prendersi la squadra sulle spalle e trascinarla alle semifinali.
    Alle 20 i quarti saranno chiusi dalla sfida tra la “sorpresissima” del torneo turco, ovvero la Lituania, arrivata ai Mondiali solo attraverso una wild-card e che ora si trova tra le prime 8 squadre al Mondo, e la solida Argentina, priva di Ginobili e Nocioni ma guidata uno Scola in stato di grazia che fin qui è risultato decisivo visto che è il miglior marcatore del torneo e da molti è indicato come il possibile M.V.P. della manifestazione.
    Sfide molto interessanti che sulla carta non presentano divari molto netti. L’ultima parola come al solito spetterà al campo.

    Ovviamente gli orari delle partite indicati sono all’ora italiana, perchè ricordiamo che in Turchia c’è un’ora in più di discrepanza.

    Giovedì 9 settembre

    ore 17:U.S.A.-Russia
    ore 20:Lituania-Argentina

  • La Turchia distrugge la Slovenia

    La Turchia distrugge la Slovenia

    TURCHIA-SLOVENIA 95-68

    Quasi un massacro nel secondo quarto di finale dei Mondiali di basket in Turchia: i padroni di casa della Turchia hanno letteralmente travolto la Slovenia per 95-68, dando ancora una volta dimostrazione di essere una squadra compatta, efficace e pericolosa, e non solo per l’apporto del pubblico che comunque a tratti diventa quasi frastornante per gli avversari.
    La Slovenia ha fatto ciò che ha potuto, ma serve ben altro per contrastare lo strapotere turco visto fin qui nella manifestazione.

    La gara dura pochi minuti, la squadra di Becirovic non può nulla contro gli avversari che la costringono a tirare col 35%. Ma la Turchia non solo è forte fisicamente, corre e sa anche passare bene la palla (24 assist, 7 dei quali di Hedo Turkoglu) risultando una macchina perfetta per il basket di oggi. Nachbar coglie Turkoglu un pò impreparato in avvio e la Slovenia parte bene, ma la Turchia rientra subito con il nuovo giocatore dei Phoenix Suns e Ilyasova, concludendo il primo quarto con un 10-0 che la portasul 27-14. E Guler, entrato dalla panchina, capitalizza al meglio le palle recuperate e gli errori sloveni con una micidiale transizione fino ad un rapido +21 (44-23). Qui Boscia Tanjevic esagera: ha già 3 giocatori sopra i 208 centimetri in campo, rimette anche Turkoglu da guardia ottenendo un quintetto altissimo che in pochi possono permettersi di schierare al Mondo, da 206 centimetri di media, che difende a zona.
    La Slovenia viene inesorabilmente sopraffatta dalla grandezza e dalla stazza degli avversari e non riesce a rientrare. E quando i turchi tornano alla normalità con Ilyasova, il vantaggio si dilata fino al +28 del 30esimo minuto. Virtualmente la partita è finita, nonostante la classe dell’ex milanese Becirovic, con 6 assist. Partita che si trascina verso i secondi finali e il risultato è eclatante: 95-68. Grande Ilyasova protagonista con 19 punti e 5 rimbalzi. Ottima anche la prova di Turkoglu, a referto con 10 punti, 4 rimbalzi e 7 assist. Agli sloveni non bastano invece i 16 punti a testa di Becirovic e Nachbar. Ora per la Turchia ci sarà la Serbia, giovane, esuberante e senza paura. Gara da non perdere!

    Turchia: E. İLYASOVA (19 pts), E. İLYASOVA (5 rbs), H. TÜRKOĞLU (7 ast)
    Slovenia: B. NACHBAR (16 pts), P. BREZEC (5 rbs), S. BECIROVIC (6 ast)

  • Gallinari: “Spero di essere con l’Italia ai prossimi Europei”

    Gallinari: “Spero di essere con l’Italia ai prossimi Europei”

    Danilo Gallinari torna a parlare della nazionale italiana di basket. Il giovane talento dei New York Knicks spera di poter far parte del gruppo che disputerà i prossimi europei in Lettonia, anche se ancora non dà nulla per scontato:

    • E’ un bellissimo obiettivo, spero con tutto il cuore di poter far parte di quel gruppo ma c’e’ ancora una stagione intera da giocare e vedremo solo alla fine. E’ un gruppo super, giovane e composto da persone straordinarie, ci sono le possibilita’ per fare molto bene e non vedo l’ora di poter lavorare con la squadra!“.

    Nonostante le difficolta’ in fase di qualificazione, (che ha visto gli “Azzurri” piazzarsi dietro Montenegro ed Israele, dovendo disputare inizialmente gli spareggi, poi superflui visto l’allargamento dell’Europeo da 16 a 24 squadre), ora l’ Italia punta in alto guardando alla competizione:

    • Effettivamente ci sono le possibilita’ di costruire qualcosa di importante, ma per arrivare a certi livelli serve lavorare molto assieme, e con l’Europeo spero che si possa aprire un bel ciclo“.

    Ha concluso Gallinari. Anche perchè un’Italia al completo nei suoi 3 elementi di spicco, ovvero Andrea Bargnani, Marco Belinelli e Danilo Gallinari, fa davvero paura a tutti.

  • Il video della “bomba” qualificazione di Teodosic in Serbia – Spagna

    Il video della “bomba” qualificazione di Teodosic in Serbia – Spagna

    Ecco il video dell’incredibile canestro da 3 punti di Milos Teodosic che ha deciso la partita contro la Spagna valida per i quarti di finale del Mondiale di basket di Turchia 2010 e che ha consentito alla Serbia di approdare alle semifinali del Torneo, eliminando gli ormai ex campioni d’Europa e del Mondo.

    [jwplayer mediaid=”106314″]

  • La Serbia compie l’impresa, Spagna eliminata

    La Serbia compie l’impresa, Spagna eliminata

    SERBIA-SPAGNA 92-89

    Impresa della Serbia che nel primo quarto di finale dei Mondiali in corso di svolgimento in Turchia, riesce ad eliminare dopo una partita indimenticabile i campioni del Mondo e d’Europa in carica della Spagna, grazie ad una precisione millimetrica da 3 punti e grazie ad una giocata a pochi secondi dal termine di Milos Teodosic, che ha bucato il canestro iberico quasi da centrocampo.
    Partita bellissima, tirata, combattuta e anche nervosa, dove la Serbia ha fatto vedere di potersela giocare con chiunque, pur avendo un nucleo di giocatori giovanissimo. Ovviamente come negli ottavi di finale, nel derby slavo con la Croazia, sono emersi limiti di tenuta mentale, l’unico vero difetto di questa squadra talentuosa, quando dal +8 a pochi minuti dal termine si è passati al pareggio iberico con un parziale di 13-3, prima che Teodosic riportasse le cose nel giusto verso per i serbi. Secondo campanello di allarme dopo i 7 punti recuperati dalla Croazia nell’ultimo minuto di gioco nella scorsa partita, anche se alla fine le vittorie sono comunque arrivate con reazioni caratteriali da non trascurare.
    Esce di scena la Spagna, che abbandona il Mondiale a testa alta dopo una partita che sembrava persa e che è stata quasi recuperata, prima dell’imprevedibile finale. Ma i rimpianti per la”Roja” ci sono tutti e sono riscontrabili nel cattivo girone di qualificazione alle gare ad eliminazione diretta, ed alla poca concentrazione in alcuni frangenti di gara, cosa che una nazionale esperta e vincente come quella iberica non dovrebbe mai fare. Ed alla fine questi errori si sono pagati.

    La partita sin dalle prime battute è stata vibrante, intensa e giocata su ritmi altissimi (come dimostrerà anche il punteggio finale, 92-89) con la Serbia sempre in controllo di gioco e risultato, che scappa sul 23-13 con 11 punti di Bjelica, opzionato da Treviso ma poi trasferitosi a Vitoria, e 11 di Velickovic nei primi 7 minuti di gioco. La Spagna non demorde e ricuce lo strappo grazie alle seconde linee e ad uno strepitoso Navarro che chiude il primo quarto a quota 13 punti. Ma le risorse degli slavi non hanno limiti: Krstic entra solo nel secondo parziale ma dimostra di essere un grande fattore, Llull e Vazquez provano a tenere in partita i campioni ma grazie a Teodosic e Keselj la formazione serba scappa sul + 8 a metà partita, nonostante i 16 punti di Navarro e ben 3 triple di Garbajosa che tengono a galla gli iberici. Rubio è un fantasma, Fernandez non riesce ad incidere e nonostante le buone percentuali da oltre l’arco dei 3 punti (ma la Serbia ha fatto costantemente sempre meglio dalla lunga distanza) la”Roja” è costretta ad inseguire.

    Il secondo tempo però inizia con la riscossa di Navarro e compagni che in pochi minuti riescono ad operare il sorpasso sul 53-52. La gara diventa anche durissima oltre che spettacolare, Scariolo rinuncia a Rubio (solo 3 punti, con una tripla nell’ultimo periodo) per giocare con Navarro e Llull assieme, ma la differenza la fa Velickovic, un 207 centimetri veloce come pochi, che batte sistematicamente Garbajosa e Reyes. Crescono Krstic e Gasol, la Serbia mantiene un qualcosa in più rispetto agli avversari, gioca con la maturità di una squadra anziana sulle debolezze degli avversari e con il rookie Savanovic, il più vecchio del gruppo (27 anni) ma debuttante in nazionale, si trova +8 all’inizio dell’ultimo quarto.
    La Spagna per ricucire lo strappo si affida a Fernandez e Navarro e riesce ad arrivare a -3 (79-76) ma 2 triple, contro la zona, di Bjelica e Savanovic (10 punti nei 6 minuti iniziali dell’ultimo quarto) portano la Serbia a un passo dalle semifinali (86-78). Sembra finita anche perchè i serbi da oltre l’arco sono impeccabili ma Navarro e ancora un ottimo Fernandez portano ad un nuovo -3. Una tripla straordinaria di Keselj sembra dare fiato alla Serbia ma Gasol rilancia le speranze spagnole impattando sull’89-89 a soli 25 secondi dalla fine del match. L’inerzia pare dalla parte degli iberici, ma la rimessa degli slavi va nelle mani di Teodosic, che “gigioneggia” con il pallone fino a 3 secondi dalla fine, quando, portato fin quasi a centrocampo dall’ottima difesa dei campioni d’Europa e del Mondo, spara letteralmente un siluro che buca il canestro con una precisione assurda. Sugli spalti è il tripudio per i tifosi serbi, quelli spagnoli crollano in un incubo, e restano solo 3 secondi: rimessa che finisce nelle mani di Garbajosa che sulla pressione difensiva perde palla. Finisce 92-89, i campioni sono costretti ad abdicare, la Serbia continua a sognare, con una formazione giovane e spumeggiante (solo 24 anni di media). Grande Teodosic (12 punti, 5 rimbalzi e 8 assist per lui, e soprattutto l’invenzione decisiva a fine gara), si mettono in evidenza anche Keselj e Velickovic con 17 punti a testa, senza dimenticare la doppia doppia sfiorata da Krstic (13 punti e 9 rimbalzi).
    Fattore determinante il tiro della formazione slava che chiude con il 50% dal campo (15/30) e se questo tipo di soluzione continuerà ad entrare con costanza come già successo finora in tutto il Mondiale, saranno grossi guai per tutte le altre formazioni.

    Serbia: VELICKOVIC (17 pts), KESELJ (17), SAVANOVIC (15), BJELICA (14); KRSTIC (9 rbs), TEODOSIC (8 ast)
    Spagna: NAVARRO (27 pts), GARBAJOSA (18), FERNANDEZ (15); GARBAJOSA (6 rbs), NAVARRO (5 ast)

  • Mondiali di basket Turchia 2010: La programmazione per i quarti di finale

    Mondiali di basket Turchia 2010: La programmazione per i quarti di finale

    Questa è la programmazione dei quarti di finale del Mondiale di basket di Turchia 2010.

    Si comincia domani con le sfide Serbia-Spagna e Turchia-Slovenia.
    La prima sfida, tra slavi e campioni in carica andrà in scena alle ore 17 italiane, con gli iberici che dovranno fare molta attenzione ai serbi guidati da un sempre più leader Nenad Krstic che dovrà essere limitato dal giovane Marc Gasol, fratello minore del più noto Pau.
    Alle 20 invece i padroni di casa della Turchia, finora perfetti nel loro cammino, testeranno le ambizioni della giovane Slovenia guidata dal playmaker dei Phoenix Suns Goran Dragic. Turchi favoriti ma occhio all’energia degli sloveni. L’apporto del pubblico poi risulterà sicuramente determinante.

    Giovedì altre 2 bellissime sfide: si parte alle 17 con Stati Uniti-Russia, in un incontro che, almeno sulla carta potrebbe essere già scritto, ma da tenere d’occhio ci sarà il divario di centimetri sotto i tabelloni, con i russi che potrebbero approfittare di questa superiorità. Tutto andrà in mano a Kevin Durant per gli “States” che dovrà prendersi la squadra sulle spalle e trascinarla alle semifinali.
    Alle 20 i quarti saranno chiusi dalla sfida tra la “sorpresissima” del torneo turco, ovvero la Lituania, arrivata ai Mondiali solo attraverso una wild-card e che ora si trova tra le prime 8 squadre al Mondo, e la solida Argentina, priva di Ginobili e Nocioni ma guidata uno Scola in stato di grazia che fin qui è risultato decisivo visto che è il miglior marcatore del torneo e da molti è indicato come il possibile M.V.P. della manifestazione.
    Sfide molto interessanti che sulla carta non presentano divari molto netti. La parola passa dunque al campo…

    Ovviamente gli orari delle partite indicati sono all’ora italiana, perchè ricordiamo che in Turchia c’è un’ora in più di discrepanza.

    Mercoledì 8 settembre

    ore 17:Serbia-Spagna
    ore 20:Turchia-Slovenia

    Giovedì 9 settembre

    ore 17:U.S.A.-Russia
    ore 20:Lituania-Argentina