Autore: slevin

  • NBA: Rubio pronto a sbarcare a Minnesota

    NBA: Rubio pronto a sbarcare a Minnesota

    ©AFP PHOTO/ LLUIS GENE (Photo credit should read LLUIS GENE/AFP/Getty Images)
    Sarà Ricky Rubio il prossimo playmaker dei Minnesota Timberwolves. Il giocatore, già selezionato dalla franchigia di Minneapolis nel Draft del 2009 con la quinta scelta assoluta, ha trovato l’accordo con la sua squadra e dal prossimo anno inizierà la sua avventura in NBA. Queste le sue parole nella conferenze stampa di addio al Camp Nou:

    • Finalmente ho deciso di cominciare la mia avventura in NBA. E’ sempre stato il mio sogno, e ora voglio perseguirlo in pieno. Sono molto grato nei confronti del Barcellona, il club dove ho giocato nelle ultime 2 stagioni: qui sono cresciuto tanto, ho stretto amicizie profonde, e ho lottato per traguardi importanti come Eurolega, ACB, Coppa del Re, Supercoppa. Non avrei mai pensato di poter vincere così tanti titoli. Ed è stato proprio tutto quello che ho vinto in Europa a darmi la forza per andare in America: da un punto di vista individuale, le cose sarebbero potuto anche andare meglio, ma il basket è uno sport di squadra, e in questo senso ho avuto successo come parte di un team.
    • Sono emozionatissimo, mi sento come un bambino a cui è stata data una caramella enorme. Quello che mi spinge ad andare in America è la possibilità di misurarmi con i giocatori più forti del mondo. Voglio vedere se sono capace di confrontarmi con loro, se posso giocare a così alto livello, ma non posso saperlo fino a quando sarò là. Quando si prende una decisione così importante, è normale essere un po’ spaventati. Non ho mai lasciato Barcellona, non ho mai vissuto in un’altra città e per me è un’esperienza tutta nuova. Sono un po’ impaurito ma anche attratto da questa avventura. Non mi spaventa, però, l’idea di giocare in NBA: stiamo sempre parlando di pallacanestro, di buttare una palla in un canestro e di condurre la squadra alla vittoria“.

    Minnesota nell’ultima stagione ha avuto il peggior record NBA (17 vittorie e 65 sconfitte), tuttavia ha una buona base di giocatori dal talento indiscutibile che potrebbero permettere alla franchigia un salto di qualità nella prossima annata, magari sotto la guida di un allenatore nuovo e vincente che imposti, anche psicologicamente, nuove idee in un gruppo che sembra di livello ma in cui ognuno sembra giocare solo per le proprie statistiche personali.

  • Basket, Finale Scudetto: Siena fa 3-1 e vola verso il titolo

    Basket, Finale Scudetto: Siena fa 3-1 e vola verso il titolo

    Simone Pianigiani – Allenatore Montepaschi Siena | © Josep Lago/Getty Images
    La Montepaschi Siena batte in gara 4 della finale scudetto del campionato italiano di Serie A di basket la Bennet Cantù ed ora è ad un passo dalla conquista dell’ennesimo titolo nazionale. E’ il secondo quarto dei biancoverdi che risulta decisivo con un parziale di 23-11 che taglia le gambe ai padroni di casa, che non riescono più a ricucire tutto il gap accumulato. Più volte Cantù si porta sul -4 ma a respingere indietro gli assalti della Bennet ci pensano Bo McCalebb e Rimantas Kaukenas autori rispettivamente di 21 e 18 punti nel match. Per gara 5 si torna a Siena, la situazione dei lombardi pare veramente disperata, sarà quasi impresa impossibile espugnare il parquet toscano e prolungare la serie almeno per un’altra partita. BENNET CANTU’-MONTEPASCHI SIENA 65-69 (17-19, 28-42; 46-53) Bennet Cantù: Micov 5, Markoishvili 11, Leunen 10, Marconato, Green 13; Scekic 16, Mazzarino 8, Mian 2, Tabu 0. N.e.: Diviach, Maspero, Abass. All.: Trinchieri. Montepaschi Siena: McCalebb 21, Carraretto 2, Lavrinovic 6, Kaukenas 18, Stonerook 9; Zisis 2, Ress 0, Michelori 2, Aradori 0, Moss 7. N.e.: Udom. All.: Pianigiani. LA SERIE DELLA FINALE SCUDETTO 1 MONTEPASCHI SIENA-2 BENNET CANTU serie 3-1 Siena

  • NHL, Stanley Cup: Trionfa Boston, Vancouver demolita 4-0

    NHL, Stanley Cup: Trionfa Boston, Vancouver demolita 4-0

       

    © Bruce Bennett/Getty Images
    Dopo ben 39 anni di attesa, i Boston Bruins ritornano sul tetto del Mondo dell’hockey: i gialloneri battono nella decisiva gara 7, a Vancouver, i rivali dei Canucks, stra-favoriti secondo molti addetti ai lavori alla vittoria finale, per 4-0. Un risultato ineccepibile ed indiscutibile (e questo vale anche nel complesso, per quello che abbiamo potuto vedere nel corso delle partite precedenti) che ha scatenato la gioia dei tifosi dei Bruins e mandato nella disperazione i tifosi canadesi, sentimento poi sfociato in deprecabili atti di vandalismo e guerriglia in città con macchine rovesciate ed incendiate, vetrine mandate in frantumi, negozi distrutti e saccheggiati, e per finire lanci di bottiglie contro gli agenti che tentavano di ristabilire un minimo di ordine, episodi già visti nel 1994, quando Vancouver era stata sconfitta in finale dai New York Rangers, anche allora in gara 7. Ci sarebbe, secondo le fonti anche un ferito. Il sindaco della città, Gregor Robertson si è anche scusato per gli incidenti causati dalla follia dei tifosi Canucks.     Partita bellissima perchè i padroni di casa partono benissimo ma uno straordinario Tim Thomas nega più volte la gioia del goal a Vancouver. Il goalie di Boston sembra un muro a protezione della sua porta e ripartendo in contropiede i Bruins passano addirittura in vantaggio: la rete è siglata da Patrice Bergeron che batte Luongo con un tiro preciso che termina prima sul palo e poi si infila alle spalle dell’estremo difensore canadese. Il vantaggio degli ospiti però non demoralizza Vancouver che prova con ogni mezzo a riequilibrare il match ma Thomas è insuperabile e così Boston trova anche il raddoppio nel secondo quarto con il rookie Brad Marchand. Per i Canucks è una mazzata terribile perchè poco dopo pur essendo in superiorità numerica i canadesi subiscono anche la rete del 3-0 ad opera ancora di Bergeron anche se le responsabilità di Luongo sono evidentissime. I padroni di casa iniziano a sentirsi impotenti nei confronti degli avversari: alla fine del secondo periodo sono 21 i tiri scagliati contro Thomas senza riuscire a segnare mentre i Bruins con soli 13 tiri ottengono ben 3 goal. Nell’ultima frazione è quasi commovente la prova dei Canucks che provano in tutti i modi il disperato assalto per un miracoloso recupero ma Thomas non concede nulla ed a 2 minuti dalla fine arriva il sigillo finale ancora di Marchand. Delirio a Boston, sconforto invece sugli spalti di Vancouver, il tempo scivola via veloce e lascia spazio alla gioia irrefrenabile dei gialloneri. Thomas viene premiato come M.V.P. delle finali con il Conn Smythe Trophy ed i numeri dimostrano il suo valore: il goalie 37enne dei Bruins, dopo aver chiuso la regular season diventando il portiere numero 1 della storia della NHL, migliorando la percentuale di salvataggi che apparteneva a Dominik Hasek (portiere paratutto dei Sabres degli anni 90), termina gara 7 con 37 parate diventando il goalie che ha fatto più parate in una post season (ben 798) ed in una serie di finale (238). E’ il primo portiere nella storia della Lega a vincere una gara 7 di Stanley Cup con uno shutout, concedendo solo 8 goal ai Canucks in 7 partite. Numeri da record che dimostrano l’importanza del goalie per la sua squadra. Ma un elogio va anche al resto del team, a partire da Bergeron e Marchand (decisivi in questa gara con una doppietta a testa) passando per l’ultra-quarantenne Recchi (al suo terzo trionfo) che poco dopo ha annunciato il ritiro da vincente, per finire al capitano Zdeno Chara (che ha alzato al cielo il trofeo che spetta ai Campioni NHL), ed ai soliti noti Ference, Krejci, Lucic, Ryder, Seguin. Nota di merito anche all’allenatore Julien che esce nettamente vincitore dal confronto con il collega Vigneault. I Canucks si interrogano sulle prestazioni poco efficienti di R0berto Luongo, ma a deludere sono un pò tutti, in primis i gemelli Sedin, trascinatori nella regular season, ma apparsi decisamente sottotono in Finale. Improvvisamente Boston cancella i brutti ricordi dei playoff dello scorso anno quando entrò nella storia dalla parte sbagliata facendosi rimontare da 3-0 a 3-4 dai Philadelphia Flyers (nettamente inferiori) pur avendo il vantaggio del fattore campo (solo altre 2 volte nella storia della Lega era riuscita una rimonta simile ma mai nei tempi moderni). Un anno dopo tutto è dimenticato: i Bruins entrano nella leggenda, ora, dalla parte giusta e dopo quasi 40 anni di attesa diventano i Campioni del Mondo per la sesta volta! Stanley Cup, 15 giugno 2011 Vancouver Canucks-Boston Bruins 0-4 LE SERIE DELLA FINALE Vancouver Canucks (1)-Boston Bruins (3) serie 3-4 Bruins (BOSTON VINCE LA STANLEY CUP)

  • Basket, Finale Scudetto: Cantù resta in corsa, battuta Siena

    Basket, Finale Scudetto: Cantù resta in corsa, battuta Siena

    In gara 3 della Finale Scudetto del campionato italiano di Serie A di basket risorge la Bennet Cantù che batte la Montepaschi Siena e si mantiene in corsa nella serie accorciando il divario sul 2-1.

    Simone Pianigiani – Allenatore Montepaschi Siena | © Josep Lago/Getty Images
    Da notare che quella dei lombardi contro i toscani è la prima vittoria dopo una serie di 23 sconfitte consecutive. 80-71 il risultato finale, con la Montepaschi che parte meglio e chiude il primo quarto avanti per 19-14. Il ritorno di Cantù è travolgente e già nel secondo quarto prende la testa del match, la gara viene giocata sul filo dell’equilibrio ma nei caldissimi ultimi minuti la Bennet non trema e porta a casa una vittoria essenziale per restare in vita e per alimentare le proprie speranze di titolo. Ottima per i padroni di casa la prova di Green con 16 punti, 3 rimbalzi e3 assist, in doppia cifra anche Mazzarino (15 punti) e Micov (14 punti e 6 rimbalzi) e Scekic (10 punti). A Siena non basta uno straordinario Lavrinovic, il migliore tra le fila biancoverdi con i suoi 22 punti e 6 rimbalzi, bene anche McCalebb (16 punti), sottotono invece 2 pedine importanti come Kaukenas e Moss in doppia cifra di punti (11 a testa) ma lontani dai propri standard abituali. L’appuntamento è ora per gara 4 venerdi’ sera, sempre a Cantù. BENNET CANTU’-MONTEPASCHI SIENA 80-71 (14-19, 39-33; 54-49) Bennet Cantù: Micov 14, Scekic 10, Markoishvili 7, Leunen 7, Marconato 4, Mazzarino 15, Mian, Diviach ne, Tabu 7, Maspero ne, Abass ne, Green 16. Allenatore: Trinchieri. Montepaschi Siena: McCalebb 16, Hairston 2, Carraretto 5, Lavrinovic 22, Kaukenas 11, Ress, Michelori 4, Udom ne, Jaric, Stonerook, Aradori, Moss 11. Allenatore: Pianigiani. LA SERIE DELLA FINALE SCUDETTO 1 MONTEPASCHI SIENA-2 BENNET CANTU serie 2-1 Siena

  • NBA Finals: Le Pagelle Dei Miami Heat

    NBA Finals: Le Pagelle Dei Miami Heat

    Dopo aver dato i voti alla squadra Campione, i Dallas Mavericks, passiamo ai perdenti, i Miami Heat, secondo molti i veri favoriti in queste Finals 2011 che sono usciti non solo sconfitti ma anche distrutti dal confronto con i texani.

    DWYANE WADE, 7,5: Finchè regge fisicamente è lui l’unico appiglio della franchigia della Florida. Talento purissimo con un innato senso per il canestro, atletismo ai limiti dell’irreale, per stazza fisica e modo di giocare ricorda più di chiunque altro il più grande giocatore di basket di tutti i tempi, ovvero Michael Jordan. Il problema è che molto probabilmente non è al pari dell’ex fenomeno dei Bulls sul piano psicologico (in primis perchè l’immenso Mike non si lasciava andare a gratuiti siparietti con i compagni finchè la partita non era finita), tuttavia cerca di salvare tutto il salvabile e da questa serie è l’unico che esce con un voto positivo (assieme a Mario Chalmers). La mazzata definitiva alle sue ambizioni ed al suo fisico è inferta da Brian Cardinal che dopo pochi minuti di gara 5 (con la serie sul risultato di 2-2) lo mette KO provocandogli un infortunio all’anca che limita di molto la sua efficacia da quel momento in poi, e Miami affonda irrimediabilmente. Avrebbe avuto un posto di diritto nella “leggenda” se pur infortunato avesse condotto la sua squadra ed i suoi compagni al titolo (così come fece proprio Jordan in passato contro i Jazz, oppure il rivale attuale in questa Finale Dirk Nowitzki che non si è curato del suo infortunio al dito e della febbre in gara 4 risultando anzi sempre decisivo). Nel 2006 era stato proprio lui a svoltare l’inerzia delle Finals sempre contro i Mavs, in gara 3, quando sotto di 13 punti a 6 minuti dal termine e con 2 gare già perse sul groppone, la stella degli Heat diede vita ad uno show che permise alla sua squadra di vincere la partita e successivamente di portare a casa anche le altre 3 chiudendo i conti sul 4-2, diventando l’M.V.P. della serie e portando in Florida un titolo insperato. Sembra passata ora una vita da quel momento anche perchè gli avversari di allora si sono presi, ampiamente, la loro rivincita. Resta l’impressione che sia stato l’unico dei Big Three a non mollare mai.

    MARIO CHALMERS, 7: Se Miami avesse vinto il titolo, la città avrebbe dovuto ringraziare molto di più lui che il tanto osannato LeBron James. Gioca tutte le 6 partite a livello altissimo, è sempre presente nel momento del bisogno, e dimostra di essere molto migliorato perchè da 3 infila canestri a ripetizione ed in questa specialità pare a molti l’unico vero giocatore affidabile. A Dallas buca (sia in gara 3 che in gara 5) per 2 volte la retina avversaria con tiri da centrocampo, poi logicamente il talento non è dei migliori e non può essere lui a risolvere le partite, ma quando viene chiamato in causa fa il suo lavoro ed anche alla grande, Bibby (l’altro play in squadra) esce distrutto dal confronto con lui, sarà il titolare nel ruolo di playmaker per i prossimi anni (sempre che in Florida non decidano di stravolgere tutto). Gran bella sorpresa.

    UDONIS HASLEM, 6: Dopo un lungo infortunio la condizione fisica non può essere al meglio ma pian piano il lungo dei rossoneri riusciva a dare sempre qualcosa in più. L’unico in grado di poter difendere come si deve su Nowitzki (lo dimostra il tiro sbagliato dal tedesco sulla sirena finale di gara 3 con una difesa eccellente del numero 40 di Miami), ma la sua abnegazione non è bastata, troppi compagni di squadra hanno “toppato” nel momento cruciale della serie. Anche lui sarà una pedina importante per gli Heat del futuro. Anche perchè con lui si esauriscono i giocatori di Miami con un voto sufficiente.

    MIKE MILLER, 5,5: Su di lui lo staff dirigenziale della Florida aveva puntato tantissimo in Estate ma le aspettative non sono state rispettate. Lo scorso anno si era dimostrato l’unico giocatore da salvare dei Washington Wizards, ala piccola atipica con una fortissima propensione al rimbalzo e mago nel recupero dei palloni vaganti, eccellente nelle percentuali da 3 punti, buon realizzatore, molto spesso vicino ai 20 punti. E’ stato l’ombra di sè stesso in questa annata e nelle Finals ha dimostrato il suo disagio. Probabilmente gli verrà data una seconda occasione, ma in un’altra squadra renderebbe meglio.

    CHRIS BOSH, 5: Di lui si ricorda un lampo in gara 3, con il jumper decisivo che aveva riportato avanti per 2-1 gli Heat nella serie. Poi scompare nelle successive gare, abbina buoni primi tempi con seconde frazioni di gara da “desaparecidos”: Tyson Chandler non gli concede nulla, farebbe meglio a non “gasarsi” troppo e restare più umile, perchè al momento se la franchigia della Florida dovesse sacrificare una delle 3 stelle, lui sarebbe il prescelto. Alcune volte le cifre non dicono tutto, soprattutto se i punti si mettono a segno all’inizio per poi scomparire nella mediocrità nei finali di gara, dove invece un’altro signore (Nowitzki) si diverte a piazzarne ben 62 negli ultimi quarti.

    MIKE BIBBY, 4: Arrivato a metà stagione per risolvere i problemi in cabina di regia di Miami, non solo non incide ma risulta addirittura dannoso. Per ovviare alle sue mancanze Chalmers deve fare gli straordinari.

    LEBRON JAMES, 4: Mezzo voto in meno perchè alcune volte appare veramente puerile ed infantile nei modi di fare (si veda lo “scimmiottamento” che ha fatto di Dirk Nowitzki con la febbre), un famoso coach della NFL un giorno ha detto: “Qualche volta per avanzare di un miglio, bisogna tornare indietro di un metro”. La sensazione è che lui debba mettere in opera questo insegnamento, ed i motivi sono sotto gli occhi di tutti. E’ il grande sconfitto della serie, non incide come dovrebbe perchè nei finali di gara si limita ad una decina di punti (e poco più) mentre il leader avversario, un tedesco che non ha mai abbandonato la nave con cui era partito per l’avventura NBA, ne infila ben 62 e dimostra cosa vuol dire portarsi e caricarsi una squadra, uno Stato che sogna con le sue prodezze, sulle spalle.
    Dovrà sorbirsi ancora una volta un’Estate di critiche (dopo quelle dello scorso anno per via di “The Decison”), vedremo come ne uscirà, di certo c’è che a 27 anni sulle sue dita non c’è traccia di “anelli” NBA, se prima c’era la scusa che a Cleveland lui doveva fare ogni cosa (segnare, difendere, essere leader, trascinare un’intera città) ora questa scusa non può reggere più perchè a Miami ha tutto ciò che ha sempre sognato. Nel momento in cui Wade si infortuna ci si aspetterebbe che prenda lui il comando delle operazioni ma fallisce miseramente, alcune volte sfiora il ridicolo perchè invece di prendersi le sue responsabilità delega Mario Chalmers come prima opzione offensiva, una cosa che, per quanto abbia giocato bene il buon Mario, non può essere ammessa da un giocatore con il suo talento che ha la nomea di “Prescelto” per succedere a Michael Jordan! Anche Dan Gilbert (proprietario dei Cavaliers che con James si è lasciato malissimo) è riuscito a levarsi un sassolino dalla scarpa: sul social network Twitter la prima cosa che l’owner di Cleveland ha scritto appena finita la Finale è stato un incisivo “nel basket non esistono le scorciatoie!”. Chi vorrà intendere, intenda…

    ZYDRUNAS ILLGAUSKAS, JOEL ANTHONY, ERICK DAMPIER: La batteria di lunghi di Miami risulta a tutt’ora NON PERVENUTA.

    ERIK SPOELSTRA, 5: Esce demolito dal confronto con il rivale Carlisle, prova anche ad imitarlo quando nelle ultime 2 gare rispolvera Eddie House (così come Carlisle aveva piazzato Barea in quintetto al posto di Stevenson) ma ovviamente le mosse vanno studiate prima di essere messe in pratica. Ha il merito di aver costruito un ottimo sistema difensivo, ma la pallacanestro giocata dalla sua squadra nella metà campo degli avversari è orribile, se non fosse per i contropiedi spettacolari che allestiscono i Big Three: gioco statico, assenza totale (o quasi) di schemi, si vedono per gran parte del tempo i famosi “uno contro uno” dei 3 “tenori”. Dallas ha mostrato una circolazione offensiva di palla da manuale, l’attacco dei Mavs è stato il migliore visto nella Lega, ma coach Carlisle ha vinto le Finali dando ai suoi giocatori anche una buona impronta difensiva, cosa che prima, in regular season si era vista poco e niente. Spoelstra non ha saputo essere la suo livello, perchè all’ottima difesa non è riuscito a dare un attacco in grado di essere prolifico. Ecco la vera sconfitta dell’allenatore di Miami.

    LEGGI LE PAGELLE DEI DALLAS MAVERICKS

  • NBA Finals: Le pagelle dei Dallas Mavericks

    NBA Finals: Le pagelle dei Dallas Mavericks

     

    nba.com
    Diamo i voti ai protagonisti delle Finals NBA 2011, iniziando ovviamente dalla squadra Campione, i Dallas Mavericks.   Ed iniziamo, come sembra più giusto, dal giocatore simbolo dei texani, colui che è anche stato eletto M.V.P. delle finali (poco alla volta seguiranno tutti gli altri): DIRK NOWITZKI, 10: Leader vero di una squadra che per 13 anni è stata un’eterna incompiuta, il momento più importante per lui e per il team avviene nell’Estate scorsa quando decide di rinnovare nuovamente il contratto con i Mavericks piuttosto che cercare la “scorciatoia” (come invece ha fatto qualche altra star della Lega!) di andare ad unirsi ad altri campioni per tentare l’assalto al tanto agognato titolo. Scelta giustistissima perchè con i nuovi innesti (Tyson Chandler su tutti) i texani  diventano una formazione forte e competitiva e, come si è visto in questi playoff, sicuramente la squadra con il gioco più lineare e pulito dell’intera NBA. Ma il condottiero è sempre e solo lui, il tedesco di Wuzburg, splendido atleta di 215 centimetri dalla mano favolosa. Straordinario in gara 2 quando è decisivo nella vittoria a Miami, ancora di più in gara 4 quando con un infortunio al dito e quasi 39 gradi di febbre mette KO gli avversari con una prestazione che si avvicina a quella di Michael Jordan (anche lui con 39 di febbre) nella Finale del 1997 sul campo degli Utah Jazz di Stockton e Malone. Niente e nessuno è riuscito, questa volta, a rovinare il suo sogno, ha tenuto una media di 26,5 punti e 9,5 rimbalzi a partita, segnando nei decisivi quarti periodi ben 62 punti! Manca la lode per via dei primi 2 quarti di gara 6 dove ha tirato male (3 punti con 1/12 dal campo) ma ovviamente  rispolvera il suo talento nel finale con 10 punti (sui 21 totali) che sugellano la vittoria biancoblu. Immenso. JASON TERRY, 9,5: E’ lui l’uomo in più quando Nowitzki non può essere presente, è lui il compagno ideale per supportare il tedesco nei momenti decisivi. La guardia nata a Seattle gioca dei playoff di livello assoluto (da leggenda il record NBA per i playoff di 9/10 dalla lunga distanza in gara 4 contro i Lakers, una prestazione che ha spazzato via gli ex campioni e posto fine “all’Era Phil Jackson” con i gialloviola). Non trema mai, sempre sicuro di sè e dei suoi mezzi. Era uno dei 2 reduci (l’altro era Nowitzki) della Finale del 2006 sempre contro gli Heat (serie che però venne persa da Dallas), il desiderio di vendetta era grande e questo lo ha motivato a tal punto da diventare devastante anche per la coppia James-Wade. JASON KIDD, 9: A 38 anni riesce a reggere in marcatura sia su James che su Wade, nonostante i 2 avversari abbiano rispettivamente 12 e 10 anni di meno, dimostra che non serve l’atletismo per limitare chi dell’atletismo fa la propria arma principale (Derrick Rose dei Chicago Bulls, M.V.P. della regular season, a soli 22 anni nella serie precedente aveva sofferto la coppia degli Heat non riuscendo ad opporsi difensivamente, spazzato via dal vigore fisico dei 2 assi di Miami). Una lezione per tutti, dal grande “Giasone”, con 2 movimenti di piede riesce a sbarrare la strada ed a tamponare le giocate “uno contro uno” dei temibili avversari. Abbina a tutto ciò la solita, grande vena di playmaker (un vero piacere guardare la circolazione di palla dei Mavs) e nel momento di piazzare il tiro da oltre l’arco è una sentenza. Titolo stra-meritato anche per lui. J.J. BAREA, 8,5: Prende il posto in quintetto dopo gara 3 con i Mavericks sotto 2-1 nella serie, diventa così importante che non lascia più il posto da titolare ed i texani vincono tutte le altre 3 partite consecutive. La variabile impazzita della serie, un portoricano di soli 175 centimetri che si diverte a fare il bello e cattivo tempo a suo piacimento, quasi non si crede ai propri occhi quando lo si vede sgusciare via nell’area intasata ed affollata da bestioni di 210 centimetri per appoggiare il tiro al canestro, sembra quasi un prestigiatore che fa sparire il pallone e lo fa riapparire nel canestro quando ormai è troppo tardi per fermarlo. Abbina a queste qualità un favoloso tiro da 3 punti che lo rende in pratica indecifrabile per la difesa avversaria. Diventa in definitiva una pedina irrinunciabile nello scacchiere di coach Rick Carlisle. TYSON CHANDLER, 8: Fantastica la storia di questo centro di quasi 2 metri e 20, perchè negli ultimi 3 anni la sfortuna si era abbattuta su di lui e sulle sue caviglie. Dopo essere esploso a New Orleans con Paul e West, gli infortuni convinsero la dirigenza a sbarazzarsi di lui in uno scambio con i neonati Thunder quasi per nulla, ma Oklahoma City dopo le visite mediche lo rispedì al mittente dicendo che non era integro e la sua carriera a forte rischio. Alla fine dell’anno lo presero i Bobcats in uno scambio con Okafor ma a Charlotte non entusiasmò e così dopo solo un anno venne in pratica regalato a Dallas. Qui risorge e in questa prima stagione diventa uno dei centri più affidabili della Lega, presenza intimidatrice in difesa, ottimo rimbalzista in attacco con licenza di schiacciare a piacimento sugli assist di Kidd. La sua favolosa annata si denota dal fatto che nelle ultime 3 partite delle Finals annulla il rivale Chris Bosh in tutti i secondi tempi (dopo che lo stesso Bosh aveva deciso gara 3 con un jumper per il provvisorio vantaggio di 2 ad 1 per Miami nella serie). Copre nel migliore dei modi l’unica lacuna che i Mavs hanno avuto per tutti questi anni, ovvero il ruolo di centro, diventando così essenziale. SHAWN MARION, 7,5: Quando dopo le prime partite di regular season si è infortunato Caron Butler, ala piccola titolare, nessuno poteva immaginare l’importanza che avrebbe avuto Marion in questa stagione. Invece l’ex giocatore di Phoenix, Toronto, e Miami, dato per molti come per finito, si trasforma improvvisamente e diventa parte irrinunciabile del sistema di gioco di Carlisle. In molti dicevano negli anni passati che solo Mike D’Antoni ai Suns era riuscito a renderlo un vero fenomeno, ora si sa che non è così perchè le qualità ci sono, bastava solo avere fiducia in lui, ripaga Dallas nel migliore dei modi possibili con grandi giocate difensive sia su Wade che su James ed in attacco è semplice ed efficace chiudendo con una media punti di 13 a partita. DESHAWN STEVENSON, 7: Da tempo va ripetendo che LeBron James è un giocatore sopravvalutato, oggi gli si deve dare ragione. Le ruggini risalgono a quando era un punto fermo dei Washington Wizards e puntualmente la sua squadra veniva eliminata dai Cleveland Cavaliers del “Prescelto” nei playoff della Eastern Conference. Compie anche lui la sua vendetta nel modo e nel momento migliore possibile, anonimo nelle prime 3 partite quando da titolare non riesce ad opporsi agli avversari, uomo di sostanza quando viene spostato in panchina per far spazio a Barea dopo gara 3. Preciso dalla lunga distanza, da quel momento in poi svolge il suo compito nel migliore dei modi, forse perchè (merito di coach Carlisle) partendo come sostituto svanisce come per magia tutta la pressione che gravava sulle sue spalle. Anche lui diventa un prezioso tassello per il completamento del puzzle. Menzione d’onore a Brian Cardinal, che di talento ne ha ben poco, ma si dimostra un fido gregario quando viene chiamato in causa, soprattutto in difesa dove si può notare la sua durezza ed a farne le spese è Wade che nel primo quarto di gara 5 rimedia un infortunio all’anca che deciderà in negativo le sorti degli Heat. Voto 6,5. Coach RICK CARLISLE, 10: Capolavoro tecnico-tattico-psicologico per questo allenatore che a prima vista potrebbe essere più famoso per la somiglianza con l’attore Jim Carrey che per altre qualità. Nella sua carriera ha dimostrato di poter diventare uno dei migliori ma non è mai stato apprezzato a pieno, in Texas ha trovato la sua dimensione costruendo una squadra splendida nel suo modo di giocare la pallacanestro. Ma il suo genio esce fuori quando capisce che apportando qualche aggiustamento alla difesa (nonostante gli interpreti non siano più ragazzini per l’età) può mandare in confusione Miami. E così avviene, ridicolizza nelle scelte in ogni singolo istante e momento il suo collega Spoelstra, tiene in pugno la serie permettendo psicologicamente ai suoi ragazzi di esprimersi al meglio ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti dato che i suoi giocatori nell’ultimo quarto spesso e volentieri annichiliscono gli Heat con super rimonte. Anche per lui vale il discorso fatto per tutti gli altri, il titolo è ampiamente meritato. Gli auguriamo che sia il primo di una lunga serie, così la sua incredibile somiglianza con Jim Carrey passerà sicuramente in secondo piano. LEGGI LE PAGELLE DEI MIAMI HEAT

  • NHL, Stanley Cup: Boston domina 5-2, si va a gara 7 a Vancouver

    NHL, Stanley Cup: Boston domina 5-2, si va a gara 7 a Vancouver

    Ancora una vittoria interna nella Finale NHL: i Boston Bruins battono 5-2 i Vancouver Canucks, pareggiano la serie sul 3-3 e si giocheranno il tutto per tutto sul ghiaccio canadese domani notte.

    Dreamstime
    Partita chiusa già dopo il primo periodo, perchè Boston dal quinto al nono minuto piazza una serie di 4 goal con Marchand, Lucic, Ference e Ryder. Roberto Luongo, goalie dei Canucks, sembra avere le colpe sui primi 2 goal dei gialloneri, molto evitabili, così al terzo goal subito in pochi minuti, Vigneault, coach dei canadesi decide di sostituirlo con Schneider che comunque poco dopo niente può sul quarto goal dei Bruins. Incredibile come il rendimento di Luongo possa variare così tanto in casa ed in trasferta: finora nelle 3 partite disputate sul ghiaccio amico per lui 2 shootout e 2 soli goal subiti, mentre a Boston le statistiche dicono di un portiere in forte confusione: 15 goal subiti in totale su 66 tiri scagliati verso la sua porta, un rendimento pessimo che ha influenzato anche il gioco dei suoi compagni di squadra. La partita quindi è subito i discesa per i padroni di casa che tremano un attimo nel terzo periodo quando Henrik Sedin accorcia le distanze e Jannik Hansen sigla la rete del 4-2 con ancora 16 minuti da giocare, gli arbitri però controllando il replay si accorgono che sul goal di quest’ultimo il puck tocca il palo e non attraversa la linea di porta e la rete viene annullata. Boston si riporta in avanti e sigla il 5-1 con Krejci, il definitivo 5-2 viene siglato da Lapierre. Thomas superlativo come al solito con 36 salvataggi, da segnalare anche la prestazione dell’ultra-quarantenne Recchi che mette a referto ben 3 assist per i compagni. Ora si ritorna a Vancouver per la decisiva gara 7. Qui la NHL incoronerà la nuova squadra regina della Lega. Stanley Cup, 13 giugno 2011 Boston Bruins-Vancouver Canucks 5-2 LE SERIE DELLA FINALE Vancouver Canucks (1)-Boston Bruins (3) serie 3-3

  • Basket, Finale Scudetto: Siena sul 2-0 contro Cantù

    Anche gara 2 termina come la prima partita della serie di Finale del campionato italiano di Serie A di basket: la Montepaschi Siena batte 81-69 la Bennet Cantù e raggiunge un tranquillo 2-0 nella sfida al meglio delle 7 gare che permette alla formazione di Simone Pianigiani di affrontare le prossime 2 partite esterne con un grande vantaggio.

    Cantù parte meglio ed infatti chiude il primo quarto avanti 25-23, il risveglio dei padroni di casa avviene nella seconda frazione di gioco anche se fino al 15esimo minuto di gioco a guidare gara 2 è sempre Cantù che si spinge fino al +6 (41-35). Qui arriva la risposta di Siena che con un parziale di 14 6 ribalta completamente la partita ed i biancoverdi vanno al riposo in vantaggio 49-47.

    E’ la spinta decisiva per la Montepaschi che nella ripresa stringe le maglie difensive e non concede quasi nulla agli avversari, mentre a fare la differenza in attacco sono McCalebb, Lavrinovic e Kaukenas che aiutati da una tripla di Zisis portano il primo pesante break della partita (67-56). Siena va in automatico e la Bennet perde fiducia nei propri mezzi, il risultato è il divario che si allunga ulteriormente con il provvisorio 76-59 al 37esimo. Negli ultimi 3 minuti gli ospiti trovano i canestri che rendono meno amara la sconfitta, finisce 81-69 e Siena ha mezzo scudetto già in tasca.

    Protagonisti del match McCalebb (12 punti), Lavrinovic (top scorer con 16 punti), Hairston e Kaukenas (10 punti a testa), per gli ospiti ci sono le buone prove di Scekic (12 punti e 9 rimbalzi), Tabu e Leunen (10 punti) . Gara 3 sarà in programma il 15 giugno a Cantù dove gli uomini di coach Trinchieri dovranno necessariamente vincere per restare aggrappati alla serie.

    MONTEPASCHI SIENA-BENNET CANTU’ 81-69 (23-25, 49-47; 67-56)

    Montepaschi Siena: McCalebb 12, Hairston 10, Kaukenas 10 , Michelori 6 , Stonerook 3; Zisis 5, Carraretto 5, Lavrinovic 16, Ress 4, Aradori 5, Moss 5. N.e.: Monaldi. All.: Pianigiani.

    Bennet Cantù: Micov 7 , Markoishvili 9, Leunen 10 , Marconato 9, Green 4; Scekic 12 , Mazzarino 8, Mian, Tabu 10. N.e.: Broggi, Diviach, Maspero. All.: Trinchieri.

    LA SERIE DELLA FINALE SCUDETTO

    1 MONTEPASCHI SIENA-2 BENNET CANTU serie 2-0 Siena

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    NBA Finals: La premiazione dei Dallas Mavericks [Video]

    nba.com
    Queste le immagini della premiazione dei nuovi Campioni NBA dei Dallas Mavericks. La squadra texana in Finale ha battuta per 4 partite a 2 i rivali dei Miami Heat, secondo molti i veri favoriti nella corsa al titolo 2011. I Mavericks hanno però dimostrato, sopratutto nel corso dei playoff, di non temere nessuno e di essere la migliore squadra tra quelle partecipanti alla post season. Le perle di questa splendida cavalcata sono sicuramente l’eliminazione degli ex campioni dei Los Angeles Lakers, schiantati in semifinale di Conference con un netto ed inequivocabile 4-0 (sommersi sotto una miriade di tiri da 3 punti) e proprio la serie di Finale contro Miami che ha messo in atto la vendetta dei texani contro la squadra che 5 anni fa riuscì a ribaltare una serie che pareva ormai segnata ed a prendersi il titolo di Campioni proprio ai danni dei Mavs. Miglior modo, per scacciare via i brutti ricordi, non poteva esserci per Dirk Nowitzki (eletto M.V.P. delle Finali) e compagni. LEGGI L’ANALISI DI GARA 6 [jwplayer config=”120s” mediaid=”81040″]

  • NBA Finals: Top 5 Miami Heat-Dallas Mavericks [gara 6]

    NBA Finals: Top 5 Miami Heat-Dallas Mavericks [gara 6]

    Ecco le migliori 5 azioni di gara 6 delle Finals NBA tra Miami Heat e Dallas Mavericks. La partita è stata vinta da Dallas che grazie al successo ha conquistato il punto decisivo che ha messo fine alla serie di Finale, che si è chiusa sul 4-2 in favore dei texani.

    Per la prima volta nella loro storia i Mavs si laureano campioni NBA, un successo aspettato per tanto tempo, ottenuto proprio contro i rivali di 5 anni fa che beffarono proprio i Mavericks in una delle Finali più pazze finora mai viste.

    Vittoria ampiamente meritata per Dallas che ha dimostrato in questi playoff di essere la squadra più forte. Delusione in casa Heat, soprattutto per LeBron James che ancora una volta (anche con una squadra diversa dai Cavaliers) manca l’assalto al tanto desiderato titolo.

    LEGGI l’ANALISI DI GARA 6

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