Se qualcuno pensava che il Manchester United fosse stato un caso isolato e solo una convergenza di eventi a favore si è sbagliato: dopo essersi preso la soddisfazione di aver battuto in entrambe le sfide ed eliminato i Red Devils, l’Athletic Bilbao del Loco Bielsa continua ad incantare e si impone a Gelsenkirchen in Germania superando i padroni di casa dello Schalke per 4-2 ai quali non è bastato il solito Raul per avere la meglio sui baschi: l’ex Real Madrid firma la doppietta personale che rafforza il suo primato nella classifica dei migliori marcatori nelle coppe europee (76 reti all’attivo) ribaltando momentaneamente lo 0-1 segnato da Llorente. La squadra di Bielsa si scatena nel finale quando nell’ultimo quarto d’ora è capace di andare in rete per ben tre volte: lo stesso bomber basco riporta il punteggio in parità, poi De Marcos e Muniain ipotecano la semifinale per i rojiblancos. Tra sette giorni al San Mames lo Schalke dovrà battere l’Athletic con tre gol di scarto (o due nel caso dovesse arrivare a 5 reti) per compiere l’impresa.
Il confronto Spagna – Germania dell’andata dei quarti di Europa League finisce 2-0, con il Bilbao vince anche l’Atletico Madrid che contro l’Hannover trova una vittoria sofferta allo scadere con Salvio. La squadra di Simeone si porta subito in vantaggio con Falcao, si pensa ad una gara tutta in discesa e invece Diouf spaventa i colchoneros che rischiano di crollare nella ripresa prima che l’attaccante argentino fissi il punteggio finale sul 2-1 con un gran gol a giro permettendo così all’Atletico di giocare per due risultati su tre al ritorno in Germania.
Continua il momento no del Valencia, dopo le due sconfitte di fila nella Liga gli spagnoli cadono ad Alkmaar e tra una settimana al Mestalla saranno costretti a premere sin da subito sull’acceleratore: Topal replica al vantaggio di Holman ma è Martens a regalare un prezioso successo agli olandesi.
Nell’ultimo match lo Sporting Lisbona batte il Matalist Kharkiv per 2-1, gli ucraini, che fino al 91′ sembravano ormai spacciati, restano in corsa grazie al calcio di rigore trasformato da Xavier, gol fondamentale in vista del match di ritorno in Ucraina. Per lo Sporting erano andati a segno Izmailov e Insua.
RISULTATI E MARCATORI ANDATA QUARTI DI FINALE DI EUROPA LEAGUE
Scattano stasera i quarti di finale di Europa League con le gare d’andata. Balza subito all’occhio la doppia sfida Germania – Spagna con le sfide Atletico Madrid – Hannover e Schalke – Athletic Bilbao, quest’ultima sarà il campo principale essendo il quarto di finale più equilibrato e più in bilico: l’undici di Gelsenkirchen è una delle candidate principali alla conquista del trofeo, l’attacco a disposizione del tecnico Huub Stevens è esplosivo potendo contare sull’esperienza del miglior realizzatore in assoluto nelle competizioni europee Raul e sulla prolificità di Huntelaar che in questa stagione viaggia ad una media superiore al gol a partita nonchè capocannoniere della competizione. Di fronte i Minatori troveranno l’Athletic di Bielsa, capace non solo di eliminare il Manchester United nel turno precedente ma di batterlo in entrambe le sfide, sia al San Mames che all’inespugnabile Old Trafford. I baschi si sono rivelati squadra dai due volti, straordinari in Europa mentre faticano più del dovuto nella Liga dove sono reduci da 3 ko di fila e un pareggio.
L’altro incrocio tedesco-spagnolo vede l’Atletico Madrid, che aveva eliminato la Lazio nei sedicesimi, affrontare l’Hannover, i bookie danno ampiamente favorita la squadra di Diego Simeone che è riuscito nell’intento di dare un senso alla stagione dei colchoneros e che ha come obiettivo la finale di Bucarest del prossimo 9 maggio. Pericolo numero uno per i teutonici è il bomber Radamel Falcao che sarà supportato da Adrian, Arda Turan e l’ex Juve Diego.
Tutt’altro che scontato il match tra Az Alkmaar e Valencia, gli spagnoli partono con i favori del pronostico ma saranno impegnati nella difficile trasferta in terra olandese dove era caduta anche l’Udinese di Guidolin. L’Az, attualmente prima in classifica in Eredivisie, si è dimostrata squadra solida e pericolosa che può mettere in difficoltà un Valencia che sta perdendo colpi anche nelle Liga.
Infine chiudiamo con Sporting Lisbona – Metalist Kharkiv. I portoghesi, che hanno eliminato la corazzata Manchester City, sulla carta sono superiori all’avversario ma occhio a sottovalutare gli ucraini che negli ottavi hanno compiuto una vera e propria impresa eliminando l’Olympiakos ribaltando il risultato nei minuti finali dimostrando così grande tenacia. Lo Sporting è avvertito.
Il programma dei quarti di finale di Europa League (0re 21:05)
1. Atletico Madrid – Hannover 2.Az Alkmaar – Valencia 3. Schalke – Athletic Bilbao 4.Sporting Lisbona – Metalist Kharkiv
Stevan Jovetic per il dopo Del Piero. Sembra questo l’orientamento della dirigenza in vista di quest’estate per colmare il vuoto in campo che lascerà il numero 10 al termine di questa stagione quando le strade della leggenda bianconera e della Juventus si divideranno sì ma solo temporaneamente.
Del Piero infatti di appendere le scarpe al chiodo, prima di assumere un incarico in società, non ne vuol sentir parlare e, nonostante abbia dimostrato, a dispetto della sua non più giovane età (calcistica s’intende, ndr), di poter essere ancora decisivo, il presidente Agnelli non sembra intenzionato a proporgli un prolungamento del contratto, indispettito forse dall’essere stato messo spalle al muro lo scorso anno dall’uscita del capitano quando Alex espresse pubblicamente tramite un video la volontà di firmare il rinnovo in bianco.
Nella lista di Marotta è entrato così anche l’attaccante montenegrino della Fiorentina che alla Juve ritroverebbe il compagno in nazionale Mirko Vucinic. Nonostante la giovane età, 23 anni il prossimo mese di novembre, Jovetic ha già accumulato una discreta esperienza nel nostro campionato essendo sbarcato a Firenze nell’estate del 2008 per volere del ds viola Pantaleo Corvino che, pur di non lasciarsi soffiare il talento appena 19enne, assicurò un assegno sostanzioso di 8 milioni di euro al Partizan Belgrado. Una mossa rivelatasi subito azzeccata perchè a suon di gol, soprattutto in Champions, e di prestazioni brillanti, Jovetic convinse l’allora tecnico Prandelli di meritarsi un posto tra i titolari insidiando la leadership di uno come Adrian Mutu. Poi la stagione maledetta con l’infortunio rimediato in allenamento ai crociati del ginocchio che lo costrinse a stare lontano dai campi per 9 mesi e saltare l’intero campionato 2010-2011, quest’anno il grande rientro con la sua migliore stagione a livello realizzativo, 12 reti in 20 presenze che però non stanno aiutando la Fiorentina ad uscire dalla crisi.
Se il suo talento è indiscutibile, quello che potrebbe turbare i possibili acquirenti è l’integrità fisica del giocatore poichè quello riportato due anni fa è un infortunio serio. In estate con molte probabilità Jovetic lascerà Firenze, i viola infatti dovranno ripartire con un nuovo progetto tecnico e con un nuovo direttore sportivo, dal momento che la proprietà ha già reso noto che al termine di questa stagione Corvino e la Fiorentina prenderanno due strade diverse, il quale progetto dovrà essere finanziato proprio dai milioni, non meno di 25, ricavati dalla cessione del pezzo pregiato della sua rosa, ovvero Jo-Jo sul quale la concorrenza della big europee quali Real Madrid e Chelsea è agguerrita.
Ventidue anni dopo Roberto Baggio, con Jovetic Firenze si troverebbe a dover digerire un altro boccone amaro assistendo nuovamente all’operazione che portò il miglior giocatore della Fiorentina ad indossare gli odiati colori bianconeri.
Una storia gloriosa e lunga 139 anni rischia di venire spazzata via per sempre per colpa di amministrazioni scellerate e poco oculate: i Rangers, uno dei club più antichi e prestigiosi d’Europa e il più titolato di Scozia fondato nel lontano 1873, sono sull’orlo di un precipizio e rischiano di scomparire dal palcoscenico calcistico per un debito nei confronti del fisco britannico che ammonta a circa 110 milioni di euro, un conto salato da pagare.
E’ una corsa contro il tempo, venerdì 30 marzo 2012 rappresenta infatti il termine ultimo per salvare il club di Glasgow dal fallimento che, con il trascorrere delle ore, si materializza sempre di più come un incubo per i milioni di tifosi dei Gers che mai avrebbero immaginato una sorte così crudele e una fine così dolorosa: 54 campionati, 33 Coppe di Scozia, 27 Coppe di Lega e 1 Coppa delle Coppe hanno reso i Glasgow Rangers il club più titolato in patria e nel mondo, tutto questo potrebbe non esistere più se nel giro di un paio di giorni nessun investitore interessato a rilevare il club formulerà una proposta d’acquisto e risanerà il debito verso l’erario che ha causato una pesante penalizzazione in classifica di 10 punti.
Eppure i giocatori avevano provato, da parte loro, a compiere il miracolo riducendosi lo stipendio addirittura del 75% per salvare il club dallo scorso febbraio in amministrazione controllata, ad oggi non è bastato. Prima di scomparire però i Rangers si sono presi un’ultima soddisfazione, quella di battere un’ultima volta i rivali storici del Celtic nell’Old Firm, la stracittadina, evitandogli di conquistare con 7 giornate d’anticipo il titolo di campione di Scozia in casa propria, all’Ibrox Park, il che sarebbe stata una beffa doppia senza precedenti. Lee McCulloch e compagni guidati in panchina dalla bandiera Ally McCoist, tra mille difficoltà, hanno onorato come meglio non potevano l’impegno battendo gli acerrimi nemici per 3-2 regalando forse l’ultima gioia ai i Blu Noses, i propri sostenitori.
L’Old Firm è molto più che un semplice derby di calcio, rappresenta infatti una diversità totale fra le due “fazioni” che affonda le proprie radici profonde in questioni extra-calcistiche principalmente di ragione politica e religiosa: i protestanti dei Rangers,unionisti e fedeli alla corona della regina e alla monarchia contro la minoranza cattolica del Celtic, la cui anima è quella degli indipendentisti irlandesi (il club è stato fondato appunto da una comunità di irlandesi di dottrina cattolica emigrati in Scozia agli inizi del ‘900). Famosi sono infatti i vessili che espongono le due tifoserie, da una parte l’Union Jack (la bandiera del Regno Unito) e dall’altra quella dell’Irlanda con bandiere biancoverdi. Uno spettacolo coreografico senza paragoni. Due correnti di pensiero e culture e tradizioni diverse che sono coesistite per oltre un secolo, non senza feroci scontri, nella vita come nel calcio.
I Rangers, se fallimento sarà, ripartiranno dalla Scottish Third Division, la quarta divisione scozzese e l’ultima serie dei campionati professionistici scozzesi, obbligatoriamente con un’altra denominazione perdendo così nome e storia in attesa che poi qualcuno possa ridare loro quello stesso nome e quella stessa storia gloriosa che hanno fatto un’epopea lunga quasi un secolo e mezzo. Ma come intonano i Blu Noses ad Ibrox e tra le vie di Glasgow “Our club will never die“.
Due vittorie esterne nelle prime due sfide dei quarti di finale di Champions League. Se per il Real Madrid la trasferta nella capitale cipriota Nicosia era una pura formalità, quella del Chelsea in terra lusitana rappresentava un impegno insidioso poichè il Benfica in casa concede poco o nulla all’avversario (chiedere al Manchester United per credere, ndr).
APOEL – REAL MADRID – L’urna di Nyon aveva servito su un piatto d’argento la qualificazione alla semifinale a Mourinho, il Real si era ritrovato infatti sorteggiato con la squadra cenerentola della Champions ma, allo stesso tempo, autentica rivelazione per aver terminato in testa il proprio girone davanti a Zenit San Pietroburgo e Porto prima ed eliminato poi agli ottavi il più quotato Lione: l’Apoel. Lo splendido colpo d’occhio dei 23 mila del Neo GSP Stadium di Nicosia è di certo la nota più bella della serata, spinti dall’entusiasmo dei supporters il fortino dell’Apoel resiste per ben 70 minuti: i ciprioti tengono bene il campo nel primo tempo ma Mourinho nella ripresa indovina i cambi inserendo Kaka e Marcelo che si renderanno determinanti: l’ex Milan sale in cattedra pennellando prima il cross per la testa di Benzema e siglando poi la rete del raddoppio merengues dopo una discesa sulla sinistra proprio del connazionale terzino, rete che tramortisce i giocatori dell’Apoel in campo ma non i tifosi sugli spalti che continuano imperterriti nei loro cori. Lo 0-3 finale con il quale si chiude il match è di Benzema che firma la sua personale doppietta per il suo settimo centro in questa edizione della Champions League mettendo in cassaforte la qualificazione alla semifinale, improbabile, per non dire impossibile, infatti che nella gara di ritorno al Bernabeu il sorprendente Apoel di Ivan Jovanovic, che comunque vada a finire è stata protagonista indiscussa in Champions, riesca a recuperare le tre reti di svantaggio e a ribaltare addirittura il risultato.
BENFICA – CHELSEA – Al da Luz di Lisbona c’è il pubblico delle grandi occasioni, 60 mila “cuori rossi” per trascinare al successo il Benfica che vede la possibilità di centrare la semifinale di Champions che manca da 22 anni. Le Aquile però devono fare i conti con un Chelsea rivitalizzato dalla cura Di Matteo e che pare ormai aver voltato pagina dopo l’esperienza insoddisfacente in panchina di Villas Boas. Primo tempo equilibrato e giocato a ritmi bassi da entrambe le squadre senza particolari sussulti, nella ripresa, dopo la fase di studio preliminare, i padroni di casa alzano il ritmo alla ricerca della rete che servirebbe per giocare il ritorno con maggiore tranquillità concedendo però in questo modo ai londinesi veloci e pericolose ripartenze soprattutto con l’indiavolato Ramires. Ed è proprio grazie ad una sua accelerazione ad un quarto d’ora dal termine che il Chelsea trova il gol, lanciando in profondità sull’out di destro Fernando Torres il quale è bravo a resistere alla carica di un avversario e a servire al centro per Kalou che non deve far altro che spingere la sfera in rete alle spalle di Artur ipotecando la semifinale. Nonostante l’assalto finale, il Benfica non impegna mai seriamente Cech ritrovandosi così a giocarsi il tutto per tutto tra sette giorni a Stamford Bridge.
La vittoria sull’Inter nel derby d’Italia ha dato una dose di carica emotiva in più alla Juventus che non ha neanche il tempo per festeggiare il secondo successo stagionale e il quinto del dopo Calciopoli sulla rivale storica (2 quelli dell’Inter e 3 i pareggi, ndr) che è già tempo di proiettarsi alla prossima delicata sfida di campionato contro il Napoli allo ‘Stadium’, ennesimo banco di prova per i bianconeri guidati da Conte che poi incroceranno i partenopei nuovamente il 20 maggio prossimo per la finale di Coppa Italia.
Nella gara con l’Inter è emerso nuovamente un dato statistico che deve far riflettere i dirigenti in prospettiva della prossima stagione, ovvero la sterilità degli attaccanti e il basso rapporto tra gol e occasioni da rete prodotte nell’arco dei 90 minuti di gara. Basti pensare che domenica scorsa è stato un difensore, Caceres, a sbloccare il risultato mentre poi era stato necessario l’intervento di Alessandro Del Piero, uno che sbaglia raramente quando si tratta di metterla dentro, per mettere il risultato al sicuro.
Il miglior realizzatore è Alessandro Matri con 10 centri stagionali tutti in campionato, anche l’ex bomber del Cagliari però recentemente è stato colpito dal “mal di gol”, non va a segno da oltre un mese, dal 25 febbraio quando fu autore del pareggio importantissimo ai fini della corsa scudetto ai danni del Milan a San Siro. Poi soltanto una serie di prestazioni sotto la sufficienza, per ultima quella contro l’Inter nella quale ha avuto diverse occasioni per sbloccarsi non sfruttate per imprecisione sottoporta. Il secondo marcatore della squadra, a quota 8, è Claudio Marchisio seguito poi da Mirko Vucinic che, dopo tanti flop, è riuscito ad andare in gol con una certa continuità nelle ultime uscite con Bologna, Fiorentina e Milan di Coppa Italia, risultando decisivo in particolar modo contro i rossoneri siglando la rete decisiva ai supplementari per la qualificazione alla finale. Male invece Fabio Quagliarella, due reti all’attivo per lui e tanti gol sbagliati, ancora peggio ha fatto Marco Borriello, mai andato in rete quando è stato chiamato in causa al contrario di Del Piero se si considera che il numero 10 è l’attaccante che è stato utilizzato di meno (a parte Borriello che però è arrivato a Torino solo a gennaio) di quelli presenti in rosa.
E considerando come l’anno prossimo la Juventus tornerà, quasi certamente, a respirare aria europea, Marotta dovrà reperire sul mercato un attaccante, il tanto declamato top player, che possa curare questa “malattia”: in cima alla lista del dg ci sono sempre due nomi, uno è Gonzalo Higuain l’altro è Luis Suarez il quale a fine stagione molto probabilmente lascerà il Liverpool perchè desideroso di giocare la Champions League il prossimo anno. Dei due sicuramente è l’uruguagio che ha le più alte probabilità di indossare la maglia bianconera, sia per l’abbordabile costo del cartellino (27-28 milioni rispetto ai 40 di Higuain) sia perchè difficilmente il Real Madrid si priverà dell’attaccante argentino.
Ma negli ultimi giorni nella “volata” per l’attacco bianconero si è intromesso anche quell’Edin Dzeko fortemente corteggiato nell’estate di due anni fa dal club di Corso Galieo Ferraris e che a fine stagione potrebbe essere scaricato da Roberto Mancini. Un ritorno di fiamma quello per il centravanti bosniaco che a Manchester è chiuso da Balotelli, Aguero, Silva, Nasri e il rientrante Tevez. Più fredde invece le piste che portano a Robin Van Persie dell’Arsenal, sul quale è forte l’interesse proprio di City e Real, e Leandro Damiao dell’Internacional di Porto Alegre.
Si è conclusa allo Juventus Stadium l’avventura di Claudio Ranieri sulla panchina dell’Inter. La sconfitta nel derby d’Italia contro la rivale storica nella partita in cui il presidente Moratti attendeva un segnale chiedendo una reazione d’orgoglio in una stagione nata male e che si è incanalata per finire peggio è costata cara al tecnico romano al quale in serata è stato comunicato l’esonero.
La decisione di sollevare dall’incarico Ranieri è stata presa da Moratti in persona che più volte nell’ultimo periodo, a fronte di risultati a dir poco sconfortanti, aveva rinnovato la fiducia all’allenatore, arrivato sulla sponda nerazzurra del Naviglio lo scorso 22 settembre per sostituire Gian Piero Gasperini, nonostante questa mattina il numero uno del club di via Durini, intercettato come di consueto fuori dagli uffici della Saras, aveva espresso la volontà di confermare Ranieri fino al termine della stagione.
E invece in serata è arrivato il comunicato ufficiale della società Inter attraverso il quale si ringrazia il tecnico per l’impegno e la professionalità dimostrata in questi mesi confermando inoltre la voce trapelata e circolata nel pomeriggio con il tecnico della Primavera fresco vincitore del NextGen Series (la Champions League delle squadre giovanili sebbene non sia ancora riconosciuta come competizione ufficiale, ndr) Andrea Stramaccioni, 36 anni, promosso alla guida tecnica della prima squadra.
Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che questo potesse essere l’annus horribilis di una squadra che solo 2 anni fa alzava al cielo di Madrid la Champions League riconquistata dopo oltre 60 anni (allora era ancora Coppa Campioni) conquistando uno storico Triplete, e invece l’avvio chock in campionato, l’attuale ottavo posto in classifica e l’eliminazione dalla Champions League perdendo il doppio scontro negli ottavi contro un avversario, il Marsiglia, decisamente alla portata dei nerazzurri hanno fatto sprofondare la situazione. Toccherà al giovane emergente Stramaccioni, il terzo allenatore stagionale dell’Inter dopo appunto Gasperini e Ranieri, evitare un fallimento completo cercando almeno di agguantare, perse anche le speranze di terzo posto che dà la possibilità di disputare i preliminari di Champions, un piazzamento valido per l’Europa League e non rimanere fuori dalle competizioni europee per la prossima stagione che creerebbe una perdita economica, per mancanza di introiti derivanti dalle coppe, notevole.
Alzi la mano chi avrebbe pronosticato una vittoria della Ferrari in questo week-end. Tutti vedevano come candidata al successo finale una McLaren, quella di Hamilton o quella di Button, qualcuno avrebbe puntato sul riscatto di Vettel che, dalla terza fila, avrebbe potuto emulare la gara di sette giorni fa in Australia quando riuscì a risalire fino alla seconda piazza forte dell’ottimo passo gara di cui gode la Red Bull a dispetto della non brillantezza sul giro secco, i “romantici” erano attrattati dall’idea di vedere Michael Schumacher, che scattava dalla terza piazza in griglia, di nuovo trionfatore in un GP di Formula 1 a distanza di 6 anni dall’ultima volta ma mai nessuno, a parte qualche sprovveduto, avrebbe potuto pensare ad un Fernando Alonso sul gradino più alto del podio oggi dopo la non confortante qualifica del sabato e i problemi di messa a punto con l’aerodinamica e lo scarso feeling con gli pneumatici Pirelli che si sono intravisti sette giorni fa a Melbourne.
E invece a transitare per primo sotto la bandiera a scacchi è stato proprio il pilota spagnolo che si è aggiudicato il Gran Premio della Malesia, secondo appuntamento del Mondiale 2012 di Formula 1, per la prima inaspettata affermazione stagionale e la 28esima in carriera. Certo, non ci fossero state le bizzarie del meteo difficilmente Alonso avrebbe potuto gioire con le McLaren che al semaforo verde erano riuscite a conservare le prime due posizioni prima che l’acquazzone abbattutosi sul circuito di Sepang rovinasse i piani della scuderia di Woking costringendo Charlie Whiting (il direttore di gara, ndr) a far entrare in pista prima la safety car e qualche minuto dopo a far esporre la bandiera rossa interrompendo la gara annullando così tutto il vantaggio accumulato dalle Frecce d’Argento in 9 giri di corsa.
Interruzione di gara durata quasi un’ora in attesa che il meteo concedesse una tregua, a quel punto il pericolo maggiore era rappresentato dal buio dal momento che erano state già oltrepassate le cinque del pomeriggio ora locale e le nuvole che nascondevano i raggi del sole non giocavano a favore di una conclusione naturale della gara potendo rendere la visibilità dei piloti molto ridotta. Alla ripartenza, avvenuta in regime di safety car, le posizioni si sono consolidate fino a quando Button non ha deciso di aprire le danze dei pit-stop seguito al giro successivo da Hamilton e Alonso e progressivamente tutti gli altri. E questa sarà la chiave di svolta, il leader della gara ha perso secondi preziosi ai box venendo scavalcato dallo spagnolo che si è ritrovato in testa al Gran Premio rientrando davanti alla Sauber di Sergio Perez mentre le due McLaren si sono ritrovate leggermente più indietro, con Button davanti all’anglo-caraibico. Il trionfatore di Melbourne però non è stato perfetto come una settimana fa e commette una leggerezza tamponando alla curva 9 Karthikeyan: la fermata ai box per sostituire l’ala anteriore danneggiata è obbligatoria compromettendo così la sua gara.
Alonso, passato in testa, con pista libera e bagnata si è esaltato e ha inanellato 4 giri veloci consecutivi rifilando 7 secondi a Perez, 14 ad Hamilton e oltre 20 a Vettel che nel frattempo era riuscito a risalire fino alla quarta posizione superando il compagno di squadra Webber mentre le due Mercedes di Schumacher e Rosberg hanno sofferto di mancanza di grip perdendo posizioni così come Massa che è scivolato nelle retrovie. Ma la gara vive le sue fasi più entusiasmanti negli ultimi 15 giri, con la pista che è andata progressivamente asciugandosi Perez si è trovato a proprio agio con le nuove condizioni del tracciato imponendo un ritmo impressionante e recuperando addirittura un secondo al giro sullo spagnolo, ai -5 dal traguardo è partito l’assalto del giovane pilota messicano oramai giunto negli scarichi di Alonso ma l’inesperienza ha giocato un brutto scherzo a “Chejo” che è andato lungo alla curva 14 perdendo tutto quello che aveva guadagnato in precedenza. Nonostante dal muretto gli ingegneri cerchino di convincerlo di accontentarsi della straordinaria seconda piazza (sarebbe il suo primo podio in Formula 1), Perez, pilota in orbita Ferrari, si è ributtato con ardore all’inseguimento di Fernando mettendolo di nuovo nel mirino. Ma è troppo tardi, Alonso transita primo sotto la bandiera a scacchi facendo commuovere ingegneri e tecnici e balzando in vetta alla classifica del Mondiale.
Dato più che confortante, considerate le premesse, per gli uomini di Maranello è quello di aver girato sugli stessi tempi di McLaren e Red Bull, lo spagnolo poi ci ha messo del suo quando si è trattato di effettuare lo strappo decisivo sui rivali con la sua guida pulita. Sul gradino più basso del podio è salito Hamilton che ha replicato il terzo posto dell’Australia dopo essere partito entrambe le volte dalla pole position, mentre Vettel nei giri finali ha forato lo pneumatico posteriore sinistro mentre si trovava in quarta posizione che lo ha costretto ad un’ulteriore sosta ai box giungendo fuori dalla zona punti in 11esima posizione. Quarto posto per Webber seguito dall’ottimo Kimi Raikkonen, il finlandese, autore di una buona qualifica ma retrocesso di 5 posizioni per aver sostituito il cambio sulla sua Lotus il sabato, ha guidato come se i due anni lontani dalla Formula 1 non fossero mai esistiti, portando a casa un meritato quinto posto. Straordinaria anche la gara di Bruno Senna che ha portato la Williams al sesto posto dimostrando di avere buone qualità al di là del cognome pesante che porta. A chiudere la top ten le due Force India di Paul di Resta (settimo) e Nico Hulkenberg (nono) divise dalla Toro Rosso di Jean Eric Vergne che ha conquistato i suoi primi punti iridati e Michael Schumacher in decima mentre Button e Massa sono giunti in 14esima e 15esima posizione.
Il brasiliano era già stato messo in discussione e il suo avvio di stagione tutt’altro che confortante di certo non lo aiuterà ad evitare un avvicendamento a fine stagione, se non addirittura prima, al volante della Ferrari, magari con quello stesso Sergio Perez che oggi ha compiuto una vera e propria impresa con una vettura, la Sauber, che non è il massimo della competitività portandola ad uno storico traguardo. A dimostrazione che l’exploit è tutto frutto della bravura del pilota, la deludente prestazione del compagno di squadra Kobayashi. La Formula 1 potrebbe aver trovato nel messicano una nuova stella.
Dal caldo torrido australiano a quello umido malese, la Formula 1 non conosce sosta e a distanza di pochi giorni si trasferisce qualche migliaio di chilometro più in là a nord-ovest di Melbourne per affrontare in questo week-end il Gran Premio della Malesia. Archiviato il primo appuntamento del Mondiale 2012 in Australia con la strameritata vittoria di Jenson Button, piloti e team si troveranno di fronte al prima vero banco di prova della nuova stagione dal momento che l’Albert Park, essendo un circuito cittadino, presenta caratteristiche completamente differenti rispetto ad uno permanente come lo è quello di Sepang.
RICORDANDO SIC – E quando si sente Sepang la memoria non può far altro che rievocare dolorosi e tristi ricordi, facendoci tornare indietro di qualche mese quando quella maledetta mattina dello scorso 23 ottobre durante il Gran Premio della Malesia classe MotoGP Marco Simoncelli perse la vita in un incidente dalle dinamiche assurde e inspiegabili come se il destino avesse voluto riservargli una sorte così tragica e portarlo via con sè a soli 24 anni. La Ferrari non si è sottratta dal ricordare il centauro romagnolo con Fernando Alonso e Felipe Massa che hanno situato nei pressi della curva 11, quella dove Simoncelli ha perso il controllo della sua Honda per essere poi travolto dalle moto di Rossi ed Edwards che lo seguivano da vicino, un cartello come quelli che vengono esposti al muretto per le comunicazioni tra piloti e box con su scritto “Sic sempre con noi“.
INCOGNITA METEO E CIRCUITO – Sepang sarà anche una delle tappe più impegnative di tutto il Mondiale, il clima estremo della Malesia metterà a dura prova sia la resistenza fisica dei piloti, che con il passare dei giri si troveranno a guidare in dei veri e propri “forni” anzichè in un abitacolo normale di una vettura di F1, che la resistenza meccanica dei propulsori che faranno più fatica a respirare a causa dell’elevato tasso di umidità presente nell’aria. Gran parte dei piloti, Alonso in testa, al termine del GP d’Australia ha preferito partire immediatamente per Kuala Lumpur appunto per abituare meglio il proprio organismo alle difficili condizioni ambientali della Malesia. Per non parlare dell’incognita meteo, qui la minaccia è rappresentata dai monsoni che in questo periodo dell’anno sono all’ordine del giorno e la probabilità di brevi acquazzoni o violenti temporali è elevata, previsti tra l’altro dalle previsioni meteo del week-end.
Il circuito presenta due rettilinei molto lunghi e quasi paralleli, su quello d’arrivo verrà posta la zona entro la quale potrà essere utilizzato il sistema DRS in gara, oltre ad una serie di varianti molto veloci e tornanti in corrispondenza dei quali le vetture potrebbero soffrire di sottosterzo. Sarà perciò fondamentale trovare il giusto compromesso tra carico aerodinamico e velocità di punta considerata l’eterogeneità del circuito.
I BOOKIE DICONO McLAREN – L’ottima prova sia in qualifica che in gara di Melbourne pone la McLaren come la principale candidata a conquistare pole e vittoria anche se la vettura da battere rimane pur sempre la Red Bull che in Australia ha pagato una performance tutt’altro che esaltante in qualifica dimostrando di avere poi un ottimo passo gara; il campione del mondo in carica Vettel è stato chiaro ammettendo di aspettarsi un altro exploit della scuderia di Woking: “La McLaren è la squadra da battere anche a Sepang, anche in questo weekend partono da favoriti. La Red Bull ha ancora bisogno di messa a punto“. Button gode di una splendida forma e ha ormai raggiunto un ottimo feeling con la sua Freccia d’Argento, i bookmakers lo danno per favorito al pari del compagno di team e poleman in Australia Hamilton, cui vanno valutati eventuali contraccolpi psicologici per essere stato meno veloce del connazionale nell’ultimo week-end così come lo è stato per gran parte della scorsa stagione. Sul podio anche Vettel, quote molto più elevate per Webber, le due Mercedes di Rosberg e Schumacher e Alonso che sa di avere in mano una vettura non solo ancora di molto inferiore a McLaren e Red Bull ma che dovrà lottare con Mercedes e Lotus per la zona punti. Dando un’occhiata alle statistiche, la Ferrari è la scuderia che vanta il maggior numero di successi, ben 5, a Sepang con Schumacher che su questo circuito è salito sul gradino più alto del podio per 3 volte. Due successi a testa per Alonso, Vettel e Raikkonen mentre Button si è affermato al volante della Brawn nel 2009 quando poi si laureò campione del mondo. Ancora nessuna gioia per Hamilton.
IL PROGRAMMA – Si parte domani con le prime prove libere alle 10 locali quando in Italia saranno le 3 del mattino, la seconda sessione all’alba (7:00 italiane). Sabato le terze prove libere alle 6 e le qualifiche ufficiali alle 9 mentre la gara domenica è prevista alle 10 del mattino sempre ora italiana (alle 16 locali).
E’ uscito dal cuore dei tifosi bianconeri con la stessa velocità con la quale era entrato, Milos Krasic tra qualche apparizione in campo ma soprattutto tanta panchina e tribuna quest’anno è finito forse troppo frettolosamente nel dimenticatoio. Sembra ieri quando il biondo serbo era ormai diventato idolo della curva bianconera ed arma letale a disposizione dell’allora allenatore Gigi Del Neri con le sue discese sulla fascia destra che lasciavano sul posto il malcapitato avversario di turno e con i suoi gol e assist per i compagni trascinando la Juventus nelle zone alte della classifica, tanto da essere paragonato, questa sì in maniera troppo frettolosa, ad un certo Pavel Nedved, uno dei giocatori simbolo della recente storia della Vecchia Signora.
A distanza di pochi mesi il rapporto tra l’esterno ex Cska Mosca e la Juventus si è ormai logorato in maniera irrimediabile. Ad inizio stagione sulla panchina della Juventus non c’è più Del Neri ma il capitano di un tempo, sotto la gestione Lippi, Antonio Conte: tra i due non c’è feeling, lo si intuisce sin dalle prime amichevoli estive. Il tecnico chiede al giocatore maggiore sacrificio e più disciplina tattica ma il serbo non riesce ad assimilare gli schemi di Conte rimediando solo prestazioni al di sotto della sufficienza come se i dettami tattici dell’allenatore ne avessero limitato il potenziale. Nove presenze e solo una rete a Catania è il bilancio stagionale del serbo che a gennaio ha la possibilità di andare via: prima il Tottenham e poi lo Zenit San Pietroburgo di Spalletti si fanno avanti per il serbo che però rifiuta le destinazioni per giocarsi le ultime chance in bianconero, lui che aveva sognato di indossare quella maglia tanto da pagarsi di tasca propria un aereo pur di arrivare puntuale a Torino per non arrivare neanche un minuto in ritardo alla conferenza stampa prevista per la sua presentazione.
Dopo tanta frustrazione, oggi lo sfogo di Krasic al quotidiano di Belgrado Vecernje Novosti al quale confessa di essere pentito per non essere andato via da Torino e di non aver intrapreso una nuova avventura fuori dai confini italiani:
“E’ ormai chiaro che sono fuori dai giochi alla Juventus, non c’è spazio per me e tutto quello che posso fare è continuare a lavorare per mantenermi in forma per un nuovo club la prossima stagione. C’erano offerte dallo Zenit San Pietroburgo e dal Tottenham per un prestito, ma io ho preferito rimanere alla Juve perché pensavo che avrei avuto un’altra possibilità. Ovviamente col senno di poi è stata una decisione sbagliata, e sarebbe andata molto meglio se fossi partito. Certo, lasciare la Juve mi rende triste, nessuno sarebbe felice di lasciare un club così importante in queste circostanze, ma Conte non mi vede ed è meglio per tutti se me ne vado“.