Autore: Simona Granieri

  • Chievo – Cesena, Beretta sfida il suo passato

    Chievo – Cesena, Beretta sfida il suo passato

    Chievo – Cesena di domenica pomeriggio alle ore 15, sarà una grande occasione per il Cesena per provare a rilanciarsi in chiave salvezza e, soprattutto, per risollevarsi nell’umore e nelle ambizioni, fin qui depressi dai risultati non eccezionali ottenuti.

    E’ questo il parere del neo tecnico Cesenate Beretta, giunto sulla panchina romagnola proprio alla vigilia della delicata trasferta di Verona per sostituire Arrigoni, che analizza la vigilia della gara sottolineando come, in casa Cesena, ci sia principalmente un problema psicologico da affrontare e risolvere, sostenendo che “manca un po’ di entusiasmo” nello spogliatoio, e che c’è amarezza nell’ambiente: pertanto, l’unico modo per uscire da tale situazione è fare risultati positivi. Per questo, Beretta chiede alla squadra di dare il 150% in campo per “partire con slancio”, mostrando razionalità e lucidità in campo, oltre che maggiore determinazione.

    Uno dei veterani dello spogliatoio bianconero, il portiere Francesco Antonioli, è uno degli uomini più discussi delle ultime partite del Cesena, in controtendenza con quanto di buono mostrato in carriera ed anche nella scorsa stagione, quando fu uno dei protagonisti indiscussi della salvezza dei romagnoli.

    Mario Beretta | © Gabriele Maltinti/Getty Images

    Il tecnico del Cesena, però, prima di dirigere l’allenamento di rifinitura in vista della trasferta di Verona contro il Chievo, sua ex squadra guidata nella stagione 2004-2005, parla proprio del suo portiere, rassicurando sulle sue condizioni psicologiche: “L’ho visto bene Francesco, è sereno. Le colpe sui risultati negativi non sono da attribuire ai singoli giocatori o ad episodi e, se nelle ultime uscite ha fatto qualche errore di troppo è perché è un momento negativo per l’intera squadra”. Responsabilità divise con il collettivo, dunque, anche e soprattutto per non caricare il portiere di troppe responsabilità e di pressione negativa.

    Formazione del Cesena ancora top secret, anche se trapelano alcune informazioni chiave; probabile una difesa a quattro, con atteggiamento molto prudente, e con la coppia d’attacco Iaquinta-Mutu e con Santana in veste di trequartista.

    La probabile formazione del Cesena sarà, dunque, la seguente, con modulo 4-3-1-2: Antonioli fra i pali, Ceccarelli, Rodriguez, Rossi, Pudil in difesa, Guana, Colucci, Parolo a centrocampo; Santana sulla trequarti, Vincenzo Iaquinta e Adrian Mutu di punta.

    In casa Chievo, la serenità è la parola d’ordine, soprattutto dopo la vittoria della scorsa settimana a Genova, e la conquista di quota 30 punti, rassicurante traguardo parziale, che significa meno dieci dalla quota salvezza, i fatidici 40 punti. Il tecnico del Cesena, dunque, dichiara di temere particolarmente Sergio Pellissier, l’attaccante gialloblu più pericoloso sotto il profilo realizzativo e per i movimenti che lo caratterizzano. Il tecnico Di Carlo, però, ha il problema squalifiche da affrontare, con ben tre gialloblu che salteranno la sfida con il Cesena a causa dei cartellini rimediati nella trasferta di domenica scorsa a Marassi contro il Genoa: Bradley, Thereau, Dramè.

    La formazione gialloblu, dunque, dovrà tener conto di queste assenze importanti, e si schiererà con modulo 4-3-1-2, con i probabili seguenti undici in campo: Sorrentino in porta, Sardo, Andreolli, Acerbi, Jokic in difesa; Luciano, Rigoni, Hetemaj; Cruzado sulla trequarti, Pellissier e Paloschi in avanti.

    Dirigerà la gara del Bentegodi il signor De Marco di Chiavari.

  • Milan – Juventus 1-1, una notte per cuori forti

    Milan – Juventus 1-1, una notte per cuori forti

    E’ una notte come tutte le altre notti, è una notte con qualcosa di speciale… 25 febbraio 2012, Milan – Juventus, “la scala per il paradiso” come l’hanno definita, è “la notte dei desideri”, come direbbe Lorenzo Jovanotti. La notte dei desideri, dei sogni, delle ambizioni, dell’adrenalina per chi la vive da tifoso e per chi la gioca, per i campioni in campo e per gli allenatori in panchina.

    Una gara che poteva essere trampolino di lancio verso il sogno tricolore anche se c’è ancora molta strada da percorrere fino al termine del campionato: quest’anticipo di primavera favorisce l’atmosfera da grande sfida, da match decisivo.

    Era la notte dell’assenza di Zlatan Ibrahimovic, punto di riferimento dell’attacco rossonero, ma senza Ibra il Milan aveva già dimostrato di poter far bene con un attacco più imprevedibile e dinamico, senza punti fissi, che avrebbe potuto far male alla difesa bianconera, solida ma a volte troppo statica. Così è stato, infatti, con un ottimo Robinho ed un grande El Sharaawy, subentrato a Pato, e – di contro – un Bonucci in grande confusione, autore del passaggio sbagliato che ha favorito il gol di Nocerino (peraltro, anche deviato, ndr).

    Era la notte del ritorno (dopo la gara d’andata di Coppa Italia, ndr) di Andrea Pirlo a San Siro, nello stadio che lo ha venerato ed adorato per un decennio, applaudendo i suoi colpi di genio e le sue deliziose pennellate: la maglia bianconera, dopo solo una stagione, sembra gli stia molto bene indosso e per i tifosi bianconeri è stato colpo di fulmine. Andrea, però, nella notte milanese ha subìto le difficoltà della Juventus e non ha brillato particolarmente nel suo ex stadio.

    Era la notte della sfida, dalla panchina, fra due ex grandissimi protagonisti delle sfide del passato recente, Alessandro Del Piero e Filippo Inzaghi, prima compagni di squadra nella Juve di fine anni ’90, con un pizzico di rivalità all’interno dello spogliatoio, e poi avversari dopo il passaggio di SuperPippo in maglia rossonera, anche nella notte di Manchester, amara per i bianconeri e, di contro, dolcissima per i rossoneri, che conquistarono la Champions League 2003. Per loro c’era la speranza di giocare qualche scampolo di gara, sognando di mettere la firma – probabilmente l’ultima – su questa sfida tanto affascinante che conoscono alla perfezione: una speranza, però, resa vana dalle ragioni tattiche imposte dal match, con la necessità di recuperare lo svantaggio per la Juventus e di mantenere il gol di superiorità da parte del Milan.

    E’ una notte che rievoca tante altre notti con gli stessi colori in campo, ma con diversi protagonisti, dalle sfide epocali degli anni ’90, quando i due club dominavano in Italia ed in Europa guidati da Marcello Lippi e Fabio Capello, rendendo il campionato un vero e proprio duopolio, che lasciava poco spazio alla sorpresa ma che offriva grande spettacolo in campo, con campioni che hanno scritto pagine di storia del nostro calcio: Gianluca Vialli, Roberto Baggio (che giocò con entrambe le maglie), Paolo Maldini, Ciro Ferrara, Van Basten, Didier Deshamps, Boban; e poi, negli anni immediatamente successivi, Zizou Zidane, Shevchenko, Edgar Davids, Clarence Seedorf, Alex Del Piero, Pippo Inzaghi.

    Van Bommel e Pirlo | © Valerio Pennicino/Getty Images

    E’ stata la notte della sfida in panchina tra Antonio Conte e Massimiliano Allegri, diversi per carattere, stile, personalità e modo di condurre la squadra, il primo caratterizzato dalla proverbiale grinta con cui affrontava da giocatore ogni match e dall’assoluta concentrazione in ogni istante, maniacale nella cura dell’allenamento e della preparazione settimanale che conduce alla gara. Il secondo in apparenza più rilassato, più scanzonato nei modi di fare “scapigliati” e tipicamente “toscanacci”, ma che ha già dimostrato di poter condurre vittoriosamente un grande gruppo alla conquista di traguardi importanti, come lo scudetto dello scorso anno.

    Doveva essere uno scontro fra due diverse impostazioni di calcio, per tradizione e per vocazione, che si confrontano dialetticamente in campo, riflettendo anche le diverse personalità dei loro condottieri: il Milan estroso,  tutto “genio e sregolatezza”, in cui svettano due uomini simbolo come Prince Boateng ed Ibrahimovic, grandi assenti di questa sera, e la Juventus corsa e dinamicità, pressing e velocità, in cui i singoli trovano la loro massima espressione nella forza del collettivo e dei suoi indispensabili corridori, senza, però, rinunciare alla qualità di alcuni interpreti d’eccezione, di un altro pianeta, come Pirlo e Buffon. Il campo, però, ha mostrato un volto diverso del Milan, inedito finora, caratterizzato da grinta ed aggressività tipicamente bianconere: la foga agonistica dei rossoneri ha mandato in confusione per gran parte dell’incontro gli Juventini, sorpresi dall’atteggiamento degli avversari ed incapaci di reagire, almeno fino al pareggio di Matri, salvati soltanto dal grande orgoglio.

    Gli errori arbitrali hanno condizionato il match, almeno così pare, con il gol negato a Muntari che – secondo la versione rossonera – sarebbe più grave del fuorigioco (inesistente) fischiato a Matri: quel che è certo, però, che dallo scontro diretto la Juventus esce con la consapevolezza dello “scampato pericolo”, galvanizzata dall’imbattibilità preservata. Il Milan, da parte sua, ha mostrato una grinta eccezionale, inattesa, ed una superiorità sul piano del gioco, ma è stato palese il calo fisico nei minuti finali, di cui la Juventus è stata brava ad approfittare, mostrando una tenuta fisica eccellente ed un grande cuore.

    Peccato per il grande nervosismo in campo, con il pugno (da prova tv) sferrato da Mexes a Borriello, il fallaccio da espulsione di Vidal, e la mini rissa finale, all’imbocco del tunnel degli spogliatoi. E’ stata, dunque, una gara al cardiopalma, intensa e tesissima, per soli cuori forti: basti pensare che Adriano Galliani, a fine primo tempo ha lasciato San Siro per problemi di pressione.

    Il duello, dunque, continua: la gara ha lasciato importanti indicazioni per entrambi i club, dalle quali ripartire subito, nella speranza che la vis polemica non prenda il sopravvento sulle questioni di campo.

  • Lazio – Reja, prima l’Atletico poi il divorzio?

    Lazio – Reja, prima l’Atletico poi il divorzio?

    In casa Lazio, nel giorno del delicato quanto complesso match contro l’Atletico Madrid in Europa League, in cui i biancocelesti devono provare a capovolgere l’ 1-3 subìto all’andata in casa all’Olimpico, regna il caos dopo le dimissioni avanzate da Edy Reja e poi respinte dalla dirigenza.

    Il tecnico friulano, infatti, nella giornata di ieri aveva deciso di non partire insieme alla squadra alla volta di Madrid, rassegnando di fatto le dimissioni, a seguito della discussione accesa con il presidente Lotito e con Igli Tare, che si erano recati presso il centro sportivo di Formello per verificare le condizioni della squadra dopo le ultime sconfitte contro Atletico Madrid, in Europa appunto, e Palermo in campionato che hanno evidenziato una squadra appannata e confusa, che ha subito ben otto gol in sole due partite.

    Edy Reja, dunque, nella giornata di ieri ha inviato una lettera a mezzo fax in cui comunicava alla società la decisione di volersi dimettere: il presidente Lotito, però, fermamente convinto della necessità di non destabilizzare la squadra e lo spogliatoio in un momento cruciale della stagione (considerando anche il fatto che la Lazio è comunque in ottima posizione di classifica in campionato, ossia terza al pari dell’Udinese, ndr) ha deciso di respingere le dimissioni di Reja e di convincerlo a partire insieme alla squadra per la capitale spagnola, per non abbandonare i suoi in una serata Europea che si preannuncia molto difficile da affrontare.

    Pertanto, prima di partire alla volta di Madrid, il tecnico non è parso eccessivamente loquace, e si è limitato a rilasciare poche parole, in cui ha fotografato con il solito pragmatismo quali sono le imminenti necessità della sua Lazio: concentrazione per affrontare al meglio la gara con l’Atletico al Vicente Calderòn, onorare l’impegno e fare una bella figura.

    edi reja | © getty images

    Sul suo futuro, invece, Reja non si è pronunciato non rispondendo alle domande di coloro che gli chiedevano se quella di Madrid fosse la sua ultima panchina biancoceleste, dichiarando di voler parlare solo della gara, anche se in merito alla discussione con il presidente ed il direttore sportivo Tare, si è lasciato sfuggire un commento molto netto: “C’è stata una divergenza di opinioni“, riferendosi – molto probabilmente – agli screzi avuti con la dirigenza in merito alle questioni legate alla conduzione del mercato di Gennaio e, di contro, ai rimproveri ricevuti dal presidente Lotito per i continui cambi di formazione.

    Dopo le dimissioni presentate formalmente da Reja alle ore 14 di ieri, mercoledi 22 Febbraio, e poi respinte dalla società, la Lazio si riserva ora la possibilità di valutare, a partire dalla giornata di Venerdì, quale debba essere il da farsi, sempre nell’ottica del bene della squadra, vagliando diverse opzioni: dal tecnico della Primavera Bollini, a Simone Inzaghi, a De Canio. Per oggi, però il bene della squadra coincide esclusivamente con la necessità di affrontare nel miglior  modo possibile la trasferta europea, cercando di ovviare alle problematiche evidenziate dalla squadra nelle ultime uscite; è lo stesso Reja ad ammettere che la squadra non sta attraversando un grande momento di forma, con molti giocatori non al meglio della condizione ma il tecnico friulano non cerca alibi e pone l’obiettivo di rendere la vita difficile all’Atletico, fermo restando che gli avversari – guidati  dall’ex laziale Diego Simeone – sono un’ottima formazione che esprime ottimi valori in campo.

    In merito alla gara di questa sera, inoltre, viene naturale chiedersi quale sarà l’atteggiamento dei giocatori biancocelesti in campo ed, in particolare, se “giocheranno per il loro tecnico”: a tale interrogativo, nella conferenza stampa di presentazione, ha risposto Kozak, che ha voluto sottolineare come nello spogliatoio non ci sia stato alcun problema fra i giocatori ed il tecnico, e che pertanto i giocatori vorrebbero andare avanti insieme ad Edy Reja.

    Per quanto concerne le questioni di campo, la Lazio questa sera scenderà in campo con il seguente undici, privo del bomber Miroslav Klose: Marchetti, Diakitè, Dias, Biava e Zauri, Ledesma, Matuzalem, Candreva, Hernanes Lulic, Kozak.

  • Donato Bergamini, è stato omicidio. Lo confermano i Ris

    Donato Bergamini, è stato omicidio. Lo confermano i Ris

    Dopo la riapertura del caso e le prime informazioni trapelate nei giorni scorsi dalle analisi condotte dai Ris di Messina, esiste una certezza finalmente acquisita sulla morte di Donato Bergamini, ex calciatore del Cosenza in serie B, morto nel Novembre 1989 a seguito di circostanze finora rimaste misteriose, investito da un camioni in corsa e trascinato sull’asfalto per circa sessanta metri nei pressi di Roseto Capo Spulico, nell’alto Jonio Cosentino, sulla Statale 106. Negli anni trascorsi finora, l’interrogativo più frequente era stato il seguente: omicidio o suicidio?

    Oggi, esiste una risposta, un punto di partenza: è stato omicidio, poichè quando fu investito dal Fiat Iveco, Denis, così era chiamato dagli amici, era già morto. La conclusione, attesa da 22 anni dalla famiglia del calciatore che non ha mai creduto all’ipotesi del suicidio, è contenuta nella relazione depositata quest’oggi dai Ris di Messina presso il Tribunale di Castrovillari. La notizia di fondo, dunque, è che qualcuno ha ucciso il calciatore e poi ha inscenato il suicidio per depistare le possibili indagini investigative, supportato anche dalla versione dei fatti dell’unica testimone presente, ossia la compagna di Bergamini, Isabella, che ha sempre dichiarato di aver visto Denis “buttarsi a pesce sotto il tir in corsa” e, subito dopo, di aver rassicurato il conducente del tir dicendogli che “Denis aveva voluto suicidarsi“.

    Donato Bergamini

    Il fitto mistero, comunque, in questi 22 anni ha lasciato molti spiragli aperti alle ipotesi investigative, soprattutto considerando che coloro che conoscevano e frequentavano Denis in quel periodo faticavano a credere all’ipotesi del suicidio, perchè ricordavano il centrocampista di buon umore, sia nello spogliatoio che con i compagni, scherzoso ed allegro: tutt’altro che depresso per amore, anche perchè era stato lui a lasciare Isabella e non il contrario. Inoltre, il mistero più fitto coinvolge anche la telefonata improvvisa ricevuta da Bergamini mentre si trovava, il 18 Novembre 1989, in ritiro con la squadra, e che lo spinse a lasciare Cosenza alle 15.30 e dirigersi in direzione Taranto, percorrendo proprio la Statale 106 in compagnia di Isabella, la sua ex ragazza.

    Le supposizioni più insistenti, soprattutto nell’immediatezza dell’accaduto, riguardavano un possibile coinvolgimento della ‘ndrangheta cosentina ed, in particolare, un coinvolgimento del calciatore stesso in presunti traffici di sostanze stupefacenti, con l’acquisto (probabilmente impostogli da ambienti malavitosi, ndr) di un’auto dal doppio fondo nel portabagagli, di quelle solitamente adoperate per il trasporto di droga. Inoltre, pare che Bergamini fosse spaventato da alcune misteriose ed insistente telefonate che riceveva in quei giorni, che lo inquietavano particolarmente almeno stando alle dichiarazioni del papà del giocatore e di Michele Padovano, ex compagno di squadra di Denis ai tempi del Cosenza di Gigi Simoni.

    La perizia depositata dai Ris, dunque, sarà ora un nuovo punto di partenza per riaprire concretamente il caso “omicidio Bergamini” e dare giustizia ad un ragazzo che ha perso la vita a soli 27 anni, e la cui memoria, fino ad oggi, ha subìto soltanto false notizie ed illazioni infondate. Denis Bergamini, però, non è mai stato dimenticato dalla città di Cosenza e, soprattutto, dal tifo rossoblu più acceso, al punto da intitolargli la Curva Sud dello stadio San Vito, il cuore del tifo cosentino, che ha sempre invocato verità per Denis.

  • Caos Lazio, Reja si dimette dopo lite con Lotito ma parte per Madrid

    Caos Lazio, Reja si dimette dopo lite con Lotito ma parte per Madrid

    Tensione crescente in casa Lazio, dopo i non brillanti risultati della squadra contro l’Atletico Madrid in Europa League e contro il Palermo in campionato, con un diverbio molto acceso che nella giornata di ieri ha coinvolto il patron biancoceleste Claudio Lotito, Igli Tare, ed il mister friulano Edy Reja, solitamente pacato ed equilibrato nelle sue esternazioni, sfociato, oggi, nella decisione del tecnico friulano di rassegnare di fatto le dimissioni dalla panchina Laziale.

    Il “misfatto” è accaduto ieri al termine dell’allenamento a Formello, dove il presidente ha voluto incontrare la squadra per tastare il polso dello spogliatoio, soprattutto da un punto di vista psicologico, e comprendere le reali motivazioni alla base delle difficoltà riscontrate in quest’ultimo periodo, che fanno da contraltare ad una prima parte della stagione disputata ad altissimi livelli. La presenza di Lotito e le critiche mosse dal presidente al tecnico, però, devono avere indispettito Edy Reja, che già contestava al presidente una gestione non appropriata della sessione del mercato di riparazione di Gennaio.

    Lo scontro verbale, dunque, sarebbe stato “condito” anche da parole grosse, almeno stando a quanto riporta l’agenzia di stampa Italpress, che hanno costituito un preludio all’inatteso quanto clamoroso divorzio, annunciato in queste ore, a breve distanza dalla gara di ritorno dei sedicesimi di Europa League contro l’Atletico Madrid, in programma giovedì sera nella capitale spagnola.

    Nell’aria, infatti, si respirava la possibile rottura fra Reja e la Lazio al termine della stagione, a causa di alcuni dissapori legati proprio alla gestione del calciomercato, ma era difficile prevedere che ci potessero essere degli sviluppi tanto rapidi e repentini nella questione da indurre il tecnico a dimettersi quest’oggi.

    edi reja | © getty images

    Edy Reja, infatti, negli ultimi periodi, aveva criticato apertamente i mancati rinforzi da parte della società, sottolineado ironicamente come stesse aspettando “rinforzi per il mercato di Marzo” e, di conseguenza, il presidente Lotito (noto per il suo carattere fumantino, ndr) ha deciso di non rivolgere la parola al suo tecnico durante il viaggio di ritorno dalla Sicilia, dopo la sconfitta di Palermo. Il presidente, dunque, aveva scelto la via del silenzio, mentre Reja covava il risentimento nei suoi confronti, esploso poi nel litigio della giornata di ieri ed, oggi, nella decisione di dimettersi e di non partire per Madrid con la squadra. Le dimissioni però sono state respinte dal presidente del club biancoceleste, ragion per il tecnico ha deciso di partire ugualmente con la squadra alla volta di Madrid rimandando di fatto l’addio alla panchina laziale di qualche ora, dopo la trasferta nella capitale spagnola di Europa League per una questione di responsabilità verso la squadra.

    Intanto, per quanto concerne le questioni propriamente di campo, domani sera per la gara contro l’Atletico Miroslav Klose non è stato convocato per la sfida europea, poichè fermato ancora da un fastidioso mal di schiena che lo tormenta già da domenica scorsa, quando fu costretto ad uscire nell’intervallo della gara contro il Palermo, e l’assenza del bomber tedesco potrebbe rendere ancora più complesso il compito già molto arduo dei biancocelesti che hanno l’obbligo di provare a ribaltare il pesante 3-1 subìto all’andata allo stadio Olimpico.

    Subito dopo la gara di Europa League, però, per la Lazio sarà tempo di rituffarsi in campionato probabilmente con una nuova guida tecnica nel tentativo di non render vano il cammino comunque positivo realizzato finora, che vede la Lazio comunque al terzo posto in classifica, con 42 punti all’attivo, al pari dell’Udinese.

  • Ibrahimovic investe una reporter. Milan “non è colpa sua”

    Ibrahimovic investe una reporter. Milan “non è colpa sua”

    Ancora rogne per Zlatan Ibrahimovic, nella settimana più delicata della stagione, quella che conduce al big match di sabato sera Milan Juventus e, di conseguenza, alla decisione del giudice sportivo circa la riduzione o meno della squalifica di tre giornate inflitta allo svedese dopo l’episodio di Milan-Napoli e dello schiaffo ai danni del partenopeo Aronica.

    In attesa della sentenza, però, ieri pomeriggio è accaduto un episodio spiacevole che ha coinvolto lo stesso attaccante rossonero: all’uscita del centro sportivo di Milanello, infatti, Zlatan si trovava alla guida della sua automobile, percorrendo il rettilineo in direzione Caranago; come spesso accade al termine degli allenamenti, molti tifosi attendevano l’uscita dei giocatori proprio sul rettilineo stesso e, per evitare la folla, Zlatan ha accelerato notevolmente.

    zlatan ibrahimovic | © Claudio Villa/Getty Images

    Nel mentre, una giornalista di un’agenzia che opera nel gossip, al passaggio dell’auto di Ibrahimovic, ha sporto il proprio braccio con il microfono stretto fra le mani, per provare a strappare qualche dichiarazione allo svedese: il calciatore, però, non si è fermato ed ha continuato la sua corsa. L’impatto ha, dunque, procurato danni al microfono oltre che alle dita dell’inviata, V.R. le sue iniziali, che ha subito chiamato l’ambulanza che l’ha soccorsa e trasportata nel più vicino ospedale. Sul posto, inoltre, è intervenuta anche una pattuglia della Polizia Provinciale di Varese, e la ragazza ha deciso di sporgere denuncia per l’accaduto nei confronti dell’attaccante rossonero.

    Probabilmente, Zlatan Ibrahimovic non si è accorto della presenza della giornalista mentre sporgeva il braccio con il microfono, ma è anche vero che, dopo l’urto, non si è neppure fermato per capire cosa fosse accaduto: un gesto, sicuramente, deprecabile.

    Il Milan, però, ha deciso di prendere una netta posizione in supporto alla posizione del proprio tesserato, dichiarando ufficialmente che “Da dati oggettivi risulta che non può essere addebitata alcuna responsabilità, sotto qualsiasi profilo, in relazione all’evento verificatosi ieri all’uscita del centro sportivo di Milanello”.

    Video Ibra investe una reporter a Milanello
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  • Andrea Agnelli risponde ad Abete “Su Conte parole inopportune”

    Andrea Agnelli risponde ad Abete “Su Conte parole inopportune”

    La settimana di avvicinamento a Milan – Juventus di sabato prossimo prosegue condita da qualche polemica di troppo, che coinvolge gli esponenti dei due club ai vertici della classifica di Serie A.

    Il fuoco polemico, questa volta, non riguarda i tecnici o i giocatori, bensì “vertici più elevati”, ed in particolare la sponda juventina con il presidente bianconero Andrea Agnelli che ha risposto in maniera piccata ad alcune dichiarazioni dei giorni scorsi espresse dal presidente della Figc Giancarlo Abete. Per comprendere, dunque, le ragioni alla base del “botta e risposta”, è necessario compiere un passo indietro.

    Il numero uno della Federazione Italiana giuoco calcio, nei giorni scorsi, aveva commentato negativamente le parole espresse dal mister bianconero, Antonio Conte, nel post-partita della gara fra Parma e Juventus, in occasione dei due calci di rigore non concessi in favore della Juventus dal direttore di gara Mazzoleni.

    In quell’occasione, infatti, Conte si era mostrato infastidito per gli errori commessi a discapito della sua squadra, rilevando, inoltre, che ai bianconeri durante l’intera stagione era stato concesso soltanto un calcio di rigore, nonostante la sua squadra fosse solita “imbastire” numerose manovre nell’area avversaria.

    Il presidente Abete, però, non ha mostrato di gradire particolarmente le parole di Antonio Conte, definendole “abbastanza forti, anche se lui stesso ha evidenziato che fa parte del calcio rappresentare situazioni meritevoli di attenzione“. Inoltre, il presidente Abete aveva anche analizzato quali sono i “problemi di fondo” connessi alle lamentele della Juventus a proposito delle designazioni effettuate da Braschi e Nicchi. La Juventus, infatti, nella persona del dg Marotta, si era lamentata di essere raramente diretta da arbitri esperti o internazionali, che darebbero maggiori garanzie in campo. A tal proposito, il presidente Abete aveva ritenuto opportuno precisare che “il problema di fondo sta nel meccanismo delle designazioni, pensate per ruotare i diversi direttori di gara ed evitare che gli stessi dirigano troppo spesso le stesse squadre“: pertanto alla luce di tale meccanismo non è pensabile per nessun club (e neppure per la Juventus, ndr) di essere diretto sempre da fischietti internazionali.

    andrea agnelli | © ROBERTO SALOMONE/AFP/Getty Images

    Dopo le parole di Abete, però, non si è fatta attendere la replica del presidente bianconero Andrea Agnelli, che ha ritenuto “inopportune” le parole del numero uno della federazione. L’inopportunità, in particolare, sarebbe legata al fatto che Giancarlo Abete avrebbe deciso di commentare (e bacchettare) soltanto le parole proniciate da Antonio Conte, non mostrando, quindi, equità di giudizio. In particolare, le parole del presidente Andrea Agnelli in merito alla questione sono state le seguenti: “Abete, in quelità di presidente della Federazione, o decide di commentare ogni settimana tutte le dichiarazioni degli allenatori sugli arbitri, oppure non mi sta bene che commenti solo quelle del nostro tecnico“.

    Il riferimento di Agnelli, tra le righe (ma non troppo, ndr) sarebbe rivolto ai commenti ironici del tecnico del Milan Allegri, pronunciati nel post Cesena – Milan, quando il tecnico livornese aveva sollevato qualche dubbio circa la regolarità del gol segnato da Chiellini contro il Catania, criticando l’atteggiamento degli juventini che “si lamentano solo se capitano episodi a loro sfavore, mentre tacciono se gli errori arbitrali li avvantaggiano“.

    La controrisposta di Abete, comunque, non si è fatta attendere molto: il presidente della Figc, infatti, ha voluto subito chiarire di non aver intenzione di creare alcuna polemica, ritenendo di “aver fatto riferimento solo ad un problema generale, senza aver alcun intento polemico“. In tal senso, dunque, il presidente Abete ha mostrato di non aver gradito affatto quella che, dal canto suo, sarebbe stata una “strumentalizzazione ad hoc delle sue parole“, poichè il suo intento era, e rimane, quello di mantenere – in ragione del ruolo ricoperto – rapporti di grande equilibrio con i grandi club e le loro dirigenze.

  • Mourinho, battuta omofoba a Mosca. “Y esos maricones…”

    Mourinho, battuta omofoba a Mosca. “Y esos maricones…”

    Dopo qualche mese di sostanziale “tranquillità”, probabilmente collegato al fatto che il suo Real Madrid stia dominando la Liga spagnola ed è sempre più proiettato verso la conquista del titolo, strappandolo – dopo diversi anni – agli acerrimi rivali blaugrana, Josè Mourinho torna a pronunciare frasi “pesanti” o, comunque, che faranno parlare molto, almeno fino alla prossima infelice battuta.

    Questa volta, però, a differenza delle precedenti occasioni, la “battuta” non è stata pronunciata in conferenza stampa, nè ai microfoni di qualche televisione: è stata, invece, un’affermazione infelice rivolta ad un suo collaboratore, mentre si trovava sul campo di allenamento del Cska Mosca, in vista della rifinitura della partita di Champions League. Nella fattispecie, si doveva scegliere il colore del pallone con il quale disputare la gara, bianco o arancione, e si “tergiversava” troppo nel riceverne la comunicazione: un’eccessiva perdita di tempo, almeno per i gusti di Josè Mourinho.

    Così, con tono infastidito, il tecnico portoghese ha chiesto al suo collaboratore: “Y esos maricones… No dicen con que balòn se juega?” che, tradotto in italiano, suonerebbe praticamente come un insulto omofobo: “E questi ricchioni non dicono con che pallone si gioca?

    L’insulto è stato captato da alcuni giornalisti spagnoli presenti alla rifinitura sul campo del Cska, dove Mourinho ha dato spettacolo – prima dell’infelicissima uscita – con qualche palleggio di classe ed una serie di rigori filmati dalle telecamere delle Televisioni spagnole: di certo, nella conferenza stampa del post-partita di questa sera, la risposta dei moscoviti non si farà attendere.

    Josè Mourinho | © Denis Doyle/Getty Images

    Prima, però, sarà il campo a dover parlare, ed il Real Madrid di Mourinho non avrà vita facile contro i moscoviti. Il Cska, infatti, pare intenzionato a non rinunciare al suo atteggiamento spregiudicato in campo, neppure contro un avversario tanto blasonato, al punto che il tecnico Slutsky ha dichiarato che “non giocherà per difendersi, perchè non è nel nostro DNA e non siamo in grado di farlo“.

    Una scelta “forzata”, probabilmente, soprattutto alla luce delle manifeste difficoltà dei moscoviti a realizzare la fase difensiva in maniera sufficiente. Contro una difesa mostratasi spesso fragile e vulnerabile, l’attacco stellare delle merengues non dovrebbe avere particolari problematiche: ecco perchè il tecnico del Cska ha dichiarato di voler evitare un atteggiamento eccessivamente prudente ed attendista.

    Se la “forza d’urto” del Cska non dovesse essere tale da poter impensierire Josè Mourinho, la gara in programma alle ore 18 presenterà una componente fondamentale da tener presente: il gelo. Mou, alla vigilia, ha annunciato di non temere particolarmente le condizioni climatiche, poichè i suoi saranno “più forti del freddo“, nella speranza che riescano ad adattarsi bene ai meno dieci gradi previsti per la serata moscovita, oltre che al campo in erba artificiale, non particolarmente gradito nè a Josè Mourinho nè ai suoi calciatori.

    In ogni caso, per Mou la partita di questa sera assume un significato molto importante, avendo affrontato (ed eliminato) proprio il Cska nel 2010, proprio nell’anno in cui trionfò nella finale di Madrid sulla panchina nerazzurra, contro il Bayern Monaco. Quest’anno, invece, la finale si disputerà a Monaco di Baviera, e Mou allena il Real Madrid: verrebbe da dire che cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia.

    Il Real di Mou è un serio candidato alla conquista del titolo e, pertanto, il tecnico portoghese vuole dai suoi la massima concentrazione in questo ottavo d’andata, senza permettersi alcuna distrazione.

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  • Deschamps spalanca le porte di Marsiglia a Del Piero

    Deschamps spalanca le porte di Marsiglia a Del Piero

    Dopo Didier Deshamps, Ciro Ferrara ed Antonio Conte, per Alessandro Del Piero potrebbe esserci il “poker”: ossia, la quarta volta nella propria carriera ad essere allenato da un ex compagno di squadra, e nel caso particolare, per la seconda volta proprio da Didier Deschamps, ex veterano dello spogliatoio bianconero ai tempi di Marcello Lippi, ed in seguito tecnico della Juve in serie B, nella più funesta annata della sua storia terminata, però, con una brillante promozione nel maggio 2007.

    Didier, ora, è il tecnico del Marsiglia che affronterà nell’ottavo di Champions League la traballante Inter di Claudio Ranieri e sta compiendo un buon lavoro con la sua squadra, l’Olympique Marsiglia, che proverà a tendere qualche trappola ai nerazzurri: Deschamps, d’altronde, ha un “conto aperto” con Ranieri, considerando che – proprio dopo la sua ottima annata sulla panchina bianconera – venne sostituito dal tecnico romano, lasciando la società in maniera non propriamente idilliaca.

    Per ora, mister Didier è, dunque, pienamente concentrato sul prossimo ed imminente impegno in campo ma nelle interviste preparatorie al match non si sottrae dal rispondere a qualche domanda attinente il suo futuro e, soprattutto, il futuro della sua squadra, individuando un “rinforzo da sogno”, proprio nella persona di Del Piero, che a fine stagione vedrà scadere il suo contratto bianconero.

    In tal senso, in merito all’ipotesi di un prossimo futuro di Alex nella Ligue 1, la prima divisione transalpina, Didier si lascia scappare un auspicio ed un annuncio rivolto proprio al numero 10 bianconero: in un’intervista rilasciata alla Rai, infatti, sostiene di aver grande stima nei confronti di Del Piero e della sua carriera, precisando che – fermo restando che sarà Alex a decidere il futuro della sua carriera – sarebbe onorato di accoglierlo all’OM, e lo farebbe “a braccia aperte“, proprio perchè “è un campione ed un grande uomo ed ho avuto la fortuna di conoscerlo come compagno di squadra e poi come giocatore“.

    Didier Deschamps | © David Cannon/Getty Images

    Parlare di Alex, poi, rimanda automaticamente il discorso alla situazione in casa bianconera, proprio nella settimana più delicata ed importante della stagione in cui si sta vivendo la “marcia di avvicinamento” al big match di San Siro contro il Milan. A proposito della Juventus di Conte, altro suo ex compagno di spogliatoio nella Juventus anni ’90 che vinse a iosa scudetti, Coppe nazionali ed europee. Didier Deschamps, dunque, invia un consiglio amichevole all’indirizzo di Antonio Conte , invitandolo a non preoccuparsi troppo del contesto che sta intorno alla sua squadra, ossia ai giornali, televisioni e radio, ma di pensare esclusivamente alle questioni di campo, lavorando per provare ad ottenere grandi risultati con la Juventus.

    Le parole di Deschamps appaiono come un suggerimento all’indirizzo dell’amico Conte, per provare a distoglierlo dal clima di polemiche innescato dagli episodi arbitrali delle ultime settimane, dai commenti piccati, dalle battute ironiche di Allegri e dall’attesa per la decisione del giudice sportivo circa l’eventuale riduzione delle giornate di squalifica nei confronti di Zlatan Ibrahimovic.

    Preservare la serenità dello spogliatoio bianconero secondo Deschamps è la chiave fondamentale, che potrebbe consentire di proseguire sulla positiva strada fin qui intrapresa. Un cammino importante quello della Juventus di Conte, che – secondo Didier – “è partito favorito dal fatto di conoscere bene l’ambiente, la società, la mentalità e la città“, ma oltre a tali elementi, ve ne sono altri che costrituiscono un importante “plus” che potrebbe fare la differenza: il calore dello Juventus Stadium, con il suo ambiente caldissimo, ed una società che ha investito tanto e che sta lavorando bene.

    In un contesto di tale “idillio bianconero”, dunque, l’ex centrocampista della Juve non può sottrarsi dall’azzardare un paragone fra la squadra di Conte e quella di Lippi: quella di mister Marcello “era forte ed ha fatto molto bene, ma anche questa ha i mezzi per andare lontano e per regalare grandi soddisfazioni“.

  • Genoa Chievo 0-1, le pagelle. Sorrentino paratutto, Thereau letale

    Genoa Chievo 0-1, le pagelle. Sorrentino paratutto, Thereau letale

    Il Genoa perde la terza partita consecutiva subendo ancora una sconfitta scaturita da ingenuità difensive, restando fermo a trenta punti in classifica ed incrinando, probabilmente, la posizione del suo tecnico in panchina. Il fattore Marassi, che finora aveva in qualche modo “salvato” la stagione dei rossoblu, disastrosi in trasferta ma competitivi in casa, è venuto meno sgretolando un’ulteriore certezza del Grifone.

    Il Chievo, invece, conquista una vittoria fondamentale in trasferta, con gol di Cyril Thereau, alla sua quinta rete stagionale, che batte Frey e, soprattutto, la difesa genoana, sempre più distratta e pasticciona, la più perforata del campionato di Serie A. Nel Chievo in grande evidenza il portiere Sorrentino, decisivo soprattutto nell’occasione più netta per il Genoa, con Jankovic: il portiere gialloblu merita la palma di migliore in campo con la sua parata su Jankovic che vale quanto un gol realizzato.

    Le pagelle di Genoa Chievo

    Genoa

    Frey 6 Incolpevole in occasione del gol subìto, un portiere del suo calibro non merita una difesa tanto distratta a “proteggerlo”. Attento nelle altre occasioni, dove è bravo a farsi trovare pronto

    Marco Rossi 5 Il capitano del Genoa non è un difensore: questa può essere un’attenuante, ma la sua prestazione non è all’altezza, arriva in ritardo su gol di Thereau

    Granqvist 5 Distratto e svagato, non dà garanzie sufficienti soffre molto la presenza di Pellissier e Thereau

    Kaladze 5.5 Nervoso, poco preciso, goffo quando prova ad andare nell’area avversaria come saltatore. Rimedia anche il cartellino giallo

    Constant 5.5 Potrebbe proporsi di più, invece resta troppo statico e non riesce a pungere a dovere

    Veloso 5.5 Prova qualche tiro da fermo, qualche inserimento e qualche cross. Nulla di più

    Biondini 6 Il centrocampo rossoblu tiene il pallino del gioco, con un possesso palla complessivo di circa trenta minuti. Tutto ciò, però, non porta punti. Anche lui finisce la gara ammonito, ma è uno dei più reattivi dei suoi

    Kucka 5 Ancora una volta, molto sottotono: dà spesso l’impressione di girare a vuoto

    Jankovic 6 E’ sua la migliore occasione per il Genoa, parata in maniera provvidenziale da Sorrentino che gli nega la gioia del gol. Prova qualche buona azione confezionando assist per Palacio

    Palacio 5.5 Oggi non brilla, non segna ed inventa poco, ad eccezione del perfetto assist per Jankovic, poi neutralizzato da Sorrentino

    Sculli 5 Nervoso e confusionario: litiga con Sardo, protesta in più circostanze e rimedia un’inutile cartellino giallo

    Chievo

    Sorrentino 7 Il migliore in campo; sempre attento ed impeccabile, straordinario nella parata su tiro di Jankovic, realizzata da terra, quando sembrava ormai battuto. In forma “Europea”

    Sardo 6 Gara attenta e precisa, senza sbavature: un po’ nervoso, soprattutto sul finire del primo tempo. Ci prova in un’occasione con il suo tiro da fuori

    Andreolli 6 Preciso e lucido in molte  circostanze, chiude bene su Palacio, rendendogli la vita difficile. Anche lui rimedia il cartellino giallo

    Acerbi 6 Nel complesso, porta a termine una buona gara

    Dramè 5.5 Anche lui appare troppo nervoso in campo, rimediando l’ammonizione da diffidato

    Rigoni 6 Qualche errore di troppo, che denota poca precisione in fase di impostazione. Rimedia con la grinta

    Luciano 5.5 Non sempre nel vivo del gioco, non sempre propositivo sulla fascia. Sostituito al 75′ da Vacek

    Cruzado 6 Il suo ruolo ibrido non è di facilissima interpretazione, ma la sua gara è sufficiente. Esce al 76′ sostituito da Nicolas Frey, fratello del portiere Genoano Sebastian, quando Mimmo Di Carlo decide di puntellare la sua retroguardia

    Bradley 6.5 Gara di buona grinta e grande intensità per lo statunitense, rimedia, però, una pesante ammonizione

    Thereau 6.5 Autore del gol decisivo, che regala al Chievo la vittoria ed i tre punti pesanti. E’ sempre vivace e nel vivo del gioco confermando che l’intesa con Pellissier è ottima

    Pellissier 6 Non segna, ma si rivela prezioso anche come assist-man; è suo, infatti, il passaggio decisivo per la rete dello 0 a 1 di Thereau

    HIGHLIGHTS GENOA CHIEVO 0-1

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